Quid novi?

Canzoniere inedito 1


Alla March. Vincenza Roberti.Poesie di G. G. Belli da Genn. 1822.I.A Cintia.Cintia, in giurarmi, che nel cuor severoGiammai pietà dell'altrui duol ne senti;E che ognor vano incontro a lui s'avventiLo stral tremendo del Fanciullo Arciero:Ah! sempre, o Cintia, o dici il falso, o il vero,Sempre a miei danni e leal parli, e menti;Ne so ben se il tuo labbro in quegli accentiIo più brami verace, o menzognero.Se favol'è, che nel tuo petto il locoNon trovi Amor per annidarvi un laccio,Troppo è quel tuo mentir barbaro gioco.Ma s'è poi ver, c'hai l'anima di ghiaccio,Dillo a chi parla, e non ha in seno il foco,Nor dirlo a me, che mi consumo, e taccio.II.Cintia, se il caldo di mia viva faceNel cuor t'infuse di Cupido il telo,Perchè pregare il Dio sommo di DeloA pro del novo tuo foco ti piace?S'eri pria fredda e più nel dir verace,Dovevi allora scongiurare il Cielo.Che mai del cuor non ti sciogliesse il gelo,Sì necessario alla tua bella pace.Donna, purtroppo hai tu saputo e vistoQual'è il tenore dei destini miei.Che a me disciorre o temperar non lice.Così senza il tuo amor ben sarei tristo,Ma da te amato, oh Dio! son più infelice,Se infelice con me, cara, tu sei.III.Qualor negli occhi, che fe Amor sì bei,Cintia diletta, io ti contemplo fiso,Per ricercarvi il placido sorrisoSolo sostegno delli giorni miei:Tanto severo mi componi il visoCh'io veggo ben che più quella non sei,Quella che mi rendea pari agli DeiCreandomi nel Mondo un paradiso.Ah! se un fallo fec'io degno di morteIl reo fu il labbro, ma innocente il cuore;Anzi la sola rea fu la mia sorte.Non punirmi però con tal rigore;Ch'io non mi sento per soffrir capaceLo sdegno tuo del mio destin peggiore.IV.Comechè immenso sia. donna, il doloreDi che andò sempre la mia vita cinta;Pur la speranza mai non n'ebbi estinta,Ch'io mi nudriva di un destin migliore.Ma incomincio a veder di quale erroreFinor la mente mia s'era dipinta,Or che la speme è presso a restar vintaDa un avvenir de' vecchi dì peggiore.Serpere, o Cintia mia, tacita sentoNe' ripari del sen fiamma vorace,E dal misero cor trarre alimento.Onde ahi! per poco a sostener capaceSarò la forza del nuovo tormento.Ohe niega di lasciarmi ombra di pace.V.Come fiume real verso la foce,O pari a soffio di Maestro vento.Va il tempo innanzi: ed ogni mio momentoIn varia guisa, o mia Cintia, mi nuoce.Quand'io non odo il suon della tua voce,Troppo pel mio desir ei mi par lento:Ma allor che il suono di tua voce io sento,Parmi pel desir mio troppo veloce.Così, o pigro il suo volo ami o gagliardo,Cotanto, o cara, è il mio destin funesto,Che ognor vo' il male, e sempre peggio aspetto.Tardi ti veggo, s'io lo bramo tardo;Ma, se a vederti pria, lo invoco presto,Ahi! che la fin d'ogni mio bene affretto.Giuseppe Gioachino BelliDa: "Canzoniere inedito del Belli" in La età dell'oro - Versi di Giuseppe Gioachino Belli - Roma, Dalla Tipografia Salviucci, 1851