Quid novi?

Canzoniere inedito 2


VI.Qualor Madonna, l'uno o l'altro soleIn me volgendo, mi riguarda, e tace;Divampa nel mio sen tosto una face.Che al cuor s'appiglia, e consumar lo vuole.Poi quando a profferir caste paroleApre quel dolce suo labbro verace;Scender subito in me sento una pace,che pon goder l'elette anime sole.E questa pace, e questa guerra al cuoreMille volte in un giorno si rinnova,Con pari effetto, e con vicenda alterna.Ma ben d'entrambe io ne ringrazio Amore.E benedico questa e quella provaOnde il mio spirto a sua voglia governa.VII.Donna, che Amor mi desti per compagno,Che ognor vien meco, anzi in me sempre albergaDeh! perchè adesso mi volgi le terga,E ti adiri di più, s'io me ne lagno?Ben dovresti pensar, che dove io piagno,Tu sei cagione, che il mio pianto emerga:Eppur non avvien mai, elle una mi tergaDelle lacrime tante, onde mi bagno.Perchè talora, tutto pien di sdegno,10 mi rivolgo al mio ospite cieco,Di tanta ingiuria a dimandar vendetta,Ma è vano ogni pregar: chè quello indegnoIn qual di piano si consiglia teeo.Sempre, ridendo, mi risponde: aspetta.VIII.Io amo una donzella sì vezzosa.Ch'altra non è, che star le possa a paro;Se quel ch'è in mille di gentile e caro,Soavemente in Lei sola riposa.Pietà, benigna; ed onestà, ritrosaLa fanno insiem con bello accordo e raro:Chè tanto ha in sè di cortese e d'avaro,Quanto convene ad angelica cosa.E a chi bramasse qualche cenno avereDi sua beltà, dirò, che gli occhi mieiPiù dolce immago non porrian vedere.Ma dirgli quanto l'amo ah! non saprei:So ben, che per amarla a mio potere,Il cuor m'ho tratto, e l'ho riposto in Lei.IX.Mentre non le badiam, rapida volaLa mortal vita a noi concessa in terra:E questo lampo, di travagli e guerraOffre un viluppo, e una tremenda scuola.Ah! perchè dunque, se una volta solaQualch'aura in essa di piacer s'afferra,Perchè nostra ragion, Donna, tanto erra,Che schifar voglia un ben, che ci consola?Però, sgombrando quella nebbia avaraChe offusca il lume delle tue pupille.Deh! a viver meco più felice impala.E va sicura, che mille anni e millePassati in doglia, non avriano, o cara.Il pregio di due sole ore tranquille.X.La nera chioma inanellata e lieve.Il mobile del ciglio e sottile arco,Per cui disotto al riguardar sì parcoGrazia cotanta il bruno occhio riceve;La rosea guancia, e il collo e il sen di neve,E quello de' sospir tenero varco:Il bel fianco di molle adipe carco:La man lunghetta, e '1 pie ritondo e breve:Non mi vinsero il cor quanto sol'unaDelle molte virtuti, onde si adornaEntro il vago tuo vel l'anima onesta.Perchè serva del tempo e di fortunaBeltà vien meno e al suo nulla ritorna:Ma virtù ferma ed impassibil resta.Giuseppe Gioachino BelliDa: "Canzoniere inedito del Belli" in La età dell'oro - Versi di Giuseppe Gioachino Belli - Roma, Dalla Tipografia Salviucci, 1851