Quid novi?

Canzoniere inedito 6


XXVI.Amami, Clori mia, dicea Fileno,Mesto piangendo alla sua donna accanto:Amami: e la di lei stringeasi intantoMano gentile al palpitante seno.Io t'amo, ella rispose; ed il serenoCiglio fe' molle del garzone al pianto:E tanto in me di amore alberga quantoNon arse in petto uman foco terreno.Ciò che alla ninfa sua disse il pastore10 ti direi, se non temessi, o cara,A te grato il mio dir men ch'io lo bramo.Ma pur tentar vogl'io la sorte avara:Il Ciel guidi il mio labbro, ed il tuo cuore:Amami, o Cintia,... ah! tu rispondi: io t'amo.Acrostico.XXVII.Donna, sapete, già volge il terzo annoDa che messo mi son por tal viaggio.Dove un mar fiero ed un terren selvaggioTrovan sempre color che andar non sanno.Ch'egli è ben certo a chi si arresta il danno,0 a chi manco per via viene il coraggio:Perch'io, che lena e troppo ardir non aggi".Temo ad ognora di novello affanno.Ma Voi potete, se il volete, aitaPorgermi pur, mostrandomi la stellaChe ne dirigga al disiato porto.Ond'io, che sol per Voi feci partita,Per Voi sia salvo, c me ne glorj; e quellaE Voi laudi dal lido, ove fui scorto.XXVIII.Quando angoscioso, e pien di pianto il ciglio,Cerco la notte e i solitari lochi,E in brevi suoni ed affannosi e rochiMettendo guai all'upupa somiglio:Se in que' tristi momenti a pensar piglioA' miei felici dì come fur pochi,Subito avvieu che l'avvenire invochiMeglio atato (?) dal cor che da! consiglio.Questo è un inganno della mente inferma,Che quello che disia compone e spera,E in lui si scorda, e si conforta e pasce.Ma la memoria oh Dio presto rinasce:E troppo avanti a lei nuda e leggeraS'erge la speme, e poi non sa star ferma.XXIX.Ardere sempre di segreto Amore,Cercar mercede, e viver di speranza;Ecco la sorte che a fruir m'avanzaNel vano Mondo, ove la vita è un gioco.Chiesta pure dell'una honne abbastanza,Il primo è grande, e non vuol darmi loco:A che dunque io vivrò se così pocoRiman di speme, e tanto di costanza?Ogni pena ah! il so ben sofferta in paceBello fa più lo Amor che si sostiene;E chi sa più soffrir più a donna piace.Eitornin dunque le passate pene;Tutto io sarò di sopportar capace,Intanto che l'Amor vivo mi tiene.Acrostico.XXX.Sia per ragion, per torto, o per inganno,Dov'io con teco, o mia donna, m'adiro,Basta un sorriso tuo, basta un sospiro,Perchè tosto il furor volga in affanno.Allor mi pento e il mio sdegno condannoE a te d'intorno tutto umil m'aggiro:Più attento allora in te riguardo, e miroCiò che altre mille agli occhi miei non hanno.Tanto a un infermo spesso accader suole,Che dopo il mal che li turbò la menteVede più chiaro, e più chiaro favella.Così ne' campi suol nascer sovente,Che dietro ai nembi ritornato il soleRide natura, e a noi sembra più bella.Giuseppe Gioachino BelliDa "Il Canzoniere inedito di G. G. Belli", Estratto dal fascicolo di gennaio 1916 della Rivista d'Italia - Roma Piazza Cavour, Roma - Tipografia dell' Unione Editrice, via Federico Cesi 45In "La Età dell' Oro", Roma dalla Tipografia Salviucci, 1851