Quid novi?

La notte dell’Asscenzione


La notte dell’Asscenzione(Sonetto numero 961)Domani è ll’asscenzione: ebbè, sta notteNostro Siggnore pe bbontà ddivinase ne ssceggne1 dar celo a la sordina,mentre che ll’univerzo o ddorme, o ffotte;e vva ppe ttutte le maése (2) rotte,discenno (3) ar grano: «Alò, ppassa e ccammina: (4)l’acqua diventi latte, eppoi farina, (5)pe ddiventà ppoi pasta, e ppoi paggnotte».Ecco a li bbagarozzi la raggioneche jj’accennémo (6) addosso li scerini,cantanno er curri curri bbagarone. (7)Ecco perché sse mette li luminia le finestre de le ggente bbone: (8)perché Ccristo nun batti a li cammini.Giuseppe Gioachino BelliRoma, 15 maggio 1833Sonetto 961Note:1 Scende.2 Maggesi.3 Dicendo.4 Frase de’ giuocolari nel far passare una o più palle dall’uno all’altro de’ lor bossoletti.5 Veramente crede il popolo che nella notte precedente all’Ascensione discenda appositamente Gesù Cristo a cambiare in latte l’umore acquoso delle spiche.6 Accendiamo.7 La sera della vigilia si attaccano de’ sottili e cortissimi moccoletti sul dorso di grossi scarabei domestici, e cantasi loro con una monotona nenia: Corri, corri, bagaróne, ché domani è l’Ascensione: e i poveri animaluzzi, sentendosi bruciare in questo auto da-fé, corrono.8 Le pie famiglie espongono un lampadario fuori de’ balconi, per illuminare la discesa del Redentore, al grande atto della trasformazione de’ frumenti.