Quid novi?

Virginia G.dei Zuccheri


Virginia Gemma dei ZuccheriIn fra le Donne che alle lettere educarono la mente ed il cuore, e coi parti del loro ingegno smentirono in ogni tempo l’avvilimento in cui la calunnia dello Straniero a dispetto del vero le vuole tenute nella nostra Italia non occupa l’ultimo luogo Virginia Gemma de’ Zuccheri di Orvieto. Nel secolo decimoquinto coltivò essa le lettere, e dettando rime soavissime onorò la patria, se, ed il suo sesso. Il nome di Lei vive ancora nel Rosario poetico di tutti i Poeti, dove molte sue poesie si leggono insieme a quelle di letterati valentissimi. Più altre ne sono riportate in raccolte diverse di rime, e Luisa Bergalli la collocò fra le più illusti rimatrici inserendone alcune nella raccolta che fece col titolo - Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d'ogni secolo - publicata in Venezia pei tipi di Antonio Morra nel 1726. Non è dato affermare il tempo determinato della morte di questa cultrice delle lettere, ma nondimeno ciò si giudica con certezza mancata ai vivi prima dell’anno 1500. Il Sonetto in morte di nostro Signore che qui ne piace riportare sia ad esempio della valentia con cui Virginia Gemma de’ Zuccheri seppe corre i più bei fiori nel Parnaso, de' quali ornata la fronte andò tra le donne della patria, e del suo tempo distinta.SonettoUsa a’ vani sospir, misero core,Usa a’ vani sospir, misero core,Or t’ingombra di gioia alta, infinita;Ch’ oggi il Signor morì, per darci vita,E lava col suo sangue il nostro errore.L’ antica servitù, l’ empio timoreTolto n’ ha l' un, l’ altra da noi sbandita:Questa è sola la vittima gradita,Che offrì pei figli suoi, l'eterno Amore.Volgiti a lui, che glorioso siedeAlla destra del Padre, ove m'attende,Ove de’ suoi tesor m'ha fatto erede.E pien di fe, che di la sù discende,Ivi si alza il volto tuo; chè senza fedeIn vano uom s'affatica, e i passi stende.Tratto da: Ritratti poetici con note biografiche di alcuni illustri uomini di Orvieto, Orvieto Presso Sperandio Pompei, 1841, pagina 46