Quid novi?

De claris mulieribus 006


CAPITOLO VI.Minerva, che per altro nome fu chiamata Pallas.Minerva, che per altro nome fu chiamata Pallas, vergine fu famosa di tanta nobiltà, che molti stolti uomini hanno creduto, quella non essere nata d’uomo. Dicono alcuni, che questa al tempo di Ogige re fu veduta e conosciuta prima in Troja, appresso il lago Tritonio, non lungi dal minor golfo delle Sirti: e perchè in processo di tempo vi videro quella non veduta innanzi far molte cose, fu creduto, quella esser nata senza madre della testa di Giove, e discesa dal cielo, non solamente appresso dei rozzi Africani, ma eziandio dei Greci, i quali in quel tempo avanzavano tutti gli altri di sapere. Al quale errore tanto fu dato più fede, quanto di quella fu più occulta l’origine. E innanzi all’altre cose vollero che ella fusse ornata di perpetua verginità: la qual cosa acciocchè fusse creduta con più piena fede, facevano una finzione, che Vulcano, Dio del fuoco, cioè la cupidità della carne, per lungo spazio combattè con quella, e che egli fu vinto. Ancora vollero che ella trovassi l’arte della lana, non saputa per infino a quel tempo, e la insegnò agli Ateniesi. Ella trovò come la lana fusse purgata, come fusse pettinata, come filata, come fussero ordinate le fila, e tessuto collo pettine, come dopo la tessitura fusse calcata co’ piedi. E a lode di quell’arte si fa menzione della maravigliosa prova che fu tra lei e Aracne di Colofonia. Ancora ella trovò l’usanza dell’olio, non conosciuto dagli uomini infino a quel tempo: ella insegnò agli Ateniesi rompere l’uliva, colla macina, e priemere quella collo torcitorio. Per la qualcosa, essendo imparato, dare molta utilità, fu creduto, che fusse attribuito a lei la vittoria contro a Nettuno di porre lo nume ad Atene. Ancora dicono, che ella trovò i numeri nell’ordine lo quale noi ancora serviamo. Ancora dicono, che per artifizio di questa fu trovato prima il carro; fu trovato fare armi di ferro, coprirsi il corpo con armi, ordinare tutte le leggi alle schiere dei combattitori; e che ella insegnò come si viene alla battaglia. Ancora credono che ella trovasse prima la trombetta, ovvero la piva dei pastori, dagli òssi d’alcuni uccelli, ovvero di canne di palude e che dal cielo ella le gittasse, perchè, sonando, quelli fanno enfiare la faccia. Perchè dico io più parole per tante maravigliose cose? L’antichità, donatrice delle Deità attribuì a quella la Deità. Per lo quale rispetto mossi quelli di Atene, pigliarono lo nome di quella; perchè quella città pareva atta a studio, per lo quale ciascuno diventa savio e prudente; e pigliarono quella per sua, e consacrarono a quella per la sua fortezza; edificarono a quella un tempio, e consacrarono a lei; figuraronla in quello con aspri occhi, paurosa, perchè rade volte si vede a che fine vada la intenzione del savio; vollero che quella tenesse un elmo in capo, perchè lo consiglio del savio è coperto ed armato; con un giachetto indosso, perchè il savio è sempre armato a ogni colpo di fortuna; armata di una lunghissima lancia, acciocchè noi comprendiamo che il savio vede da lungi; ancora ella è difesa di uno scudo di cristallo, e in quello intagliata la testa di Medusa, perchè ogni coperitura al savio è chiara; perchè di sapere serpentino lo pretendiamo sì armato, che gl’ignoranti paiano di sasso guardando a quegli. A sua sguardia ponevano la civetta a significare, che gli savj veggono così di notte come di dì. Finalmente la rinomanza, e la riverenzia di questa Dea è sì sparta per lungo e per traverso, e tanto gli ha acconsentito l’antico errore, che poco meno che per tutto l’universo furon fatti templi e sacrificj in onore di quella; e montò tanto, che in Campidoglio appresso di Giove ottimo massimo le fu fatta una cappella, e tra sommi Dii Romani questa era tenuta Dea, e Giunone reina. Nondimeno sono alcuni grandissimi uomini, li quali affermano, che le cose dette non sono state d’una Minerva, ma di molte; alle quali io consentirò volentieri, acciocchè le famose donne sieno state più in numero.Giovanni BoccaccioDe claris muljeribusVOLGARIZZAMENTODI MAESTRO DONATO ALBANZANI DA CASENTINO[ca. 1336 - fine secolo XIV]