Quid novi?

Rime eteree 01-05


Rime etereediTorquato TassoIAvean gli atti leggiadri e 'l vago aspettogià rotto il gelo ond' armò sdegno il core,e le vestigia de l' antico ardoreconoscea già dentro al cangiato petto;e nutrir il mio mal prendea dilettocon l' esca dolce d' un soave errore,sì mi sforzava il lusinghiero Amoreche s' avea ne' begli occhi albergo eletto:quand' ecco novo canto il cor percosse,e spirò nel suo foco, e 'n lui più ardentirendé le fiamme da' bei lumi accese.Né crescer sì, né sfavillar commossevidi mai faci a lo spirar de' venti,come il mio incendio allor forza riprese.IISu l' ampia fronte il crespo oro lucentesparso ondeggiava, e de' begli occhi il raggioal terreno adducea fiorito maggioe luglio a i cori oltra misura ardente.Nel bianco seno Amor vezzosamentescherzava, e non ardia di fargli oltraggio,e l' aura del parlar cortese e saggiofra le rose spirar s' udia sovente.Io, che forma celeste in terra scorsi,rinchiusi i lumi, e dissi: "Ahi, come è stoltosguardo che 'n lei sia d' affisarsi ardito!"Ma de l' altro periglio non m' accorsi:che mi fu per l' orecchie il cor ferito,e i detti andaro ove non giunse il volto.IIINinfa, onde lieto è di Diana il coro,fiori coglier vid' io su questa riva;ma non tanti la man cogliea di loro,quanti fra l' erbe il bianco piè n' apriva.Ondeggiavano sparsi i bei crin d' oro,ond' Amor mille e mille lacci ordiva,e l' aura del parlar dolce ristoroera dal foco che da gli occhi usciva.Fermò la Brenta per mirarla il vagopiede, e le feo del suo cristallo istessospecchio a' bei lumi ed a le treccie bionde.Poi disse: "Al tuo partir sì bella imagopartirà ben, Ninfa gentil, da l' onde,ma 'l cor fia sempre di tua forma impresso".IVFuggite, egre mie cure, aspri martiri,sotto 'l cui peso giacque oppresso il core:ché per albergo or lo destina Amorea le sue gioie, a' suoi dolci desiri.Sapete ben che quand' avien ch' io mirique' soli accesi di celeste ardore,non sostenete voi l' alto splendore,né 'l fiammeggiar di duo cortesi giri.Ma via fuggite, qual notturno e foscostormo d' augelli inanzi al dì, che tornaa rischiarar questa terrena chiostra.E già, s' a certi segni il ver conosco,vicino è 'l sol che le mie notti aggiorna,e veggio Amor che me l' addita e mostra.VVeggio, quando tal vista Amor m' impetra,sovra l' uso mortal madonna alzarsital, ch' entro chiude le gran fiamme, ond' arsi,riverenza, e stupor l' anima impetra.Tace la lingua allora e 'l piè s' arretra,e i miei sospir son chetamente sparsi:pur nel pallido volto può mirarsiscritto il mio affetto, quasi in bianca pietra.Ben ella il legge, e 'n dir cortese e piom' affisa, e forse perché ardisca e parle,di sua divinità parte si spoglia.Ma sì quest' atto adempie ogni mia voglia,ch' io più non cheggio, e non ho che narrarle,ché quanto unqua soffersi allora oblio.Torquato Tasso