Quid novi?

Gasparo Visconti 6 sonetti


VI.Oh dolcissimo fin de le mie voglie,solo riposo al stanco mio pensiero;sguardo soave umanamente altero.che tanti paradisi intorno accoglie!Riparo e medicina a quante dogliemi possa dare il cieco e nudo Arciero,parlare accorto, per il quale io sperovolare al ciel, con le terrene spoglie.Oh bianca mano, che in un medesmo pontom'impiaghi e sani il cor, mi snodi e leghie mi fai del pensier si dolce impronto!Quando uditi saranno i giusti preghid'un servo a te per fedeltà congiontosi che a l'onesto suo desir ti pieghi?VII.Pace, che fusti da bei labbri toccaChe son de' spirti miei lupi rapaci.Con caldi, ameni e venerandi baci,E dolce mormorar de l' alma bocca.Per le nova saetta al cor mi fiocca,Che poi si accende in mille atti vivaciDesiri ardenti e van sperar fallaci,Che abbatton di ragion la forte rocca.Tu sei pur di pietà sculta e segnata,E fai l'effetto a la pietà diforme;Che 'n te mia guerra par che si raddoppie.Deh sforza alquanto la mia donna ingrataSi che in seguir le care sue sante ormeMio corpo afflitto per ardor non scoppie!VIII.Da quei bei occhi dove Amore indoraSuoi trionfal vittoriosi straliVengoo miei sommi beni e miei gran maliE 'l gaudio immenso che 'l mio duol ristora.Con questi Amor mi tinge e discoloraE colpi mi saetta aspri e mortali,Cari, dolci, soavi e in somma taliChe moro e nasco mille volte l'ora.Da qui sfavillar suol l'ardente guardo,Che fa parere altrui l' affanno un giocoCol peregrin girar leggiadro e tardo.Da questi nasce un invisibil focoNel qual mirabilmente agghiaccio ed ardoChe a mio voler mi strugge a poco a poco.IX.O mia soave, angelica Fenice,Prima che sia d'amor consunto e mortoA me, tuo servo, dà qualche conforto,Poiché de la mia vita sei radice.Da la tempesta orribile e infeliceMia stanca nave ormai riduci in porto;Lassar perire un cor fedele a tortoAl tuo gentile aspetto si disdice.Se 'l Ciel benigno nel suo gran discorso,Bella t' ha fatto più che ogni altra, e pienaDi bellezza, di gloria e di virtute,E se mia stella mi costringe e menaA sperar da te sola il mio soccorsoPerché non mi soccorri, o mia salute?X.L' anime elette che nel sommo coroSon giunte a quel che a suo modo apre e serra,Salendo al ciel lasciaro a noi qui in terraUn giorno consecrato al nome loro.Perché in quel dì la palma e 'l sacro alloro,Ebber vincendo ogni terrestre guerra,Acciò l'esempio insegni al mondo, che erraLa via di conseguir l' alto tesoro.Oggi è la festa consecrata a quellaDa cui lo nome tuo dolce deriva,Che a degne e dolci operazion l'invita.Oggi soccorri a me, sacra mia stella,Che non potresti fare opra più divaChe un morto cor fedel ridurre in vita.XI.Quando a Natura venne il gran concettoDi generar tra noi cosa si bella,Giove e la figlia, ed ogni lieta stella,Fur giunti insieme con benigno aspetto.Il Re del ciel che n'ebbe alto diletto.Fra mille alme gentil, che in cor si cella,Con favor non usato elesse quellaChe infuse nel leggiadro e bel ricetto.Era quieto il mar, quieto il vento.Folgori, tuoni, ogni rancore in bando,E sol d'amor parlava ogni elemento.Quando il bel parto scese in terra e quandoCon gli angeli cantando un bel concento,Costei dal ciel qui venne giubilando.Gasparo ViscontiTratti da: Parnaso Italiano, Volume 11, Lirici, Venezia, Giuseppe Antonelli Editore, 1846.