Quid novi?

Francesco Maria Molza 3


XVIDi M. Francesco Maria Molza 21È pur caduta la tua gloria, ahi lasso, Per quel ch’io odo, Amore, e ’l tuo bel regno Freddo rimaso e del maggior suo pegno, Quel che mai non credei, spogliato e casso.Mentre ella qui fra noi con saldo passo Il mondo, che d’averla non fu degno, Rallegrò di sua vista, chiaro segno Ebbe il mio stile, or sì dimesso e basso.Però s’io parlo in rime fosche e scure La colpa è pur di lei, poiché morendo Portato s’ha di me la miglior parte.Dura legge e crudel ch’altri ne fure Sempre il migliore; io per me, Febo, appendo A questo sasso con la cetra l’arte.22Torna, Amore, a l’aratro, e i sette colli, Ov’era dianzi il seggio tuo maggiore, Spogliato e nudo del sovran suo onore, Fuggi con gli occhi di duol gravi e molli.O speranze fallaci, o pensier folli ! Morta è colei sul bel giovenil fiore Che ad alta speme apriva ogni umil core; Taccio di me che sole altro non volli.Dunque, miser, la stiva in vece d’arco Usar potrai, e in panni vili avolto Fender co’ bovi le campagne intorno;Ch’ella giungendo a l’ultimo suo varco Ogni atto vago estinse, e a te fu tolto L’usato ardire: o benedetto giorno!23Qual vaghezza o furor ti prese, o Morte, Quando la man stendesti nel bel crine, Forse per por tante bellezze al fine E far le glorie invidiando corte?Prima averrà che ’l sole il giorno apporte A noi dal fosco occidental confine, E sfaccia il fango e ’nduri le pruine, Ch’elle sian mai per nessun tempo morte.Il suo sembiante non ch’a i giorni nostri Ne i petti viva, in or sì bella e ’n marmi Vedrà Faustina ancor più d’una etade,E i miglior fabbri di lodati inchiostri L’han fatto statua d’altre carte, e ’n marmi È sacra al tempio dell’eternitade.24Qual si vede cader dal ciel repente Lucida stella ne l’estivo ardore, Tal cadendo ha ciascun colmo d’orrore Quel sol ch’ogni fredd’alma fece ardente.Oggi la beltà è morta, oggi son spente Le faci ove le sue già accese Amore, Oggi, reciso d’ogni grazia il fiore, Pari il mondo al suo fin ruina sente.Ne i diversi anni il duol non vario appare, L’un sesso e l’altro un danno istesso preme, E risuona MANCINA in ogni canto.I giovan saggi e le donzelle rare, Lei sospirando sol, le danno insieme Queste d’onesta e quei di bella il vanto.25Alma, che già ne la tua verde etade Meco di dolce e chiaro foco ardesti, E me seguendo i spirti e i sensi desti A chi n’afflige or sol in libertade,Pon mente da le belle alme contrade Come son volti in rei i modi onesti, Fatti al ben pigri ed al contrario presti, E vincati di me qua giù pietade.Salutami ’l buon MARCO e ’l MOZZARELLO, Il COTTA e tutto quel ben nato coro Che teco alberga a l’amoroso giro;Digli ch’al viver mio turbato e fello Pace li cheggio, e costà su fra loro Breve udienza a qualche mio sospiro.26Signor, se a gli onorati e bei desiri, Cui dietro siete altieramente volto, Fortuna mai non cangi o turbi il volto, E ’l ciel cortese ogni suo lume giri,E se chi tanto de gli altrui martiri Si pasce, e de’ miei più, che brama or molto, Al dir vostro d’amor leggiadro e colto Grazia e dolcezza eternamente spiri,De l’essilio infelice e de’ miei fieri Sospir v’incresca, ond’ho quest’aer pieno, Che lieto dianzi le mie rime udiva,E fra suoi lauri vincitori altieri Serpa di mirto un ramoscello almeno, D’aver servato chi d’amor periva.27Se ’l sol tra quanto ’l suo bel carro gira Non vide ancor in questo secol vile Sembianza al suo Fattor tanto simile Quanto la vostra, ond’a ben far s’aspira,Frenate, io prego, omai gli sdegni e l’ira, Di lui seguendo ’l ben lodato stile, Che mai non sprezza chi si pente umile E in brieve adietro ogni furor suo tira,E sì come è di cuor tenero e piano Per essempio di noi, ch’acciò n’invita, Sempre ha la mente al perdonar rivolta:Dunque porgete al gran disio la mano, Che sol di voi ragiona, e date aita A l’alma che peccò sol una volta.28Poi ch’al voler di chi nel sommo Regno Siede Monarca e tempra gli elementi Troncar le fila a me par che ritenti L’invida Parca, e già di ciò fa segno,Tu che vedi il mio male aspro ed indegno, TRIFON mio caro, e grave duol ne senti, Tosto che i giorni miei saranno spenti E fuor di questo mar sorto ’l mio legno,Di queste note per l’amore antico Farai scrivendo a le fredd’ossa onore, Col favor ch’a te sempre Apollo aspira:Qui giace il MOLZA delle Muse amico; Del mortal parlo, perch’il suo migliore Col gran MEDICO suo or vive e spira.29 Signor, se miri a le passate offese, A dir il vero ogni martire è poco, S’al merto di chi ognor piangendo invoco, Troppo ardenti saette hai in me distese. Ei pur per noi umana carne prese, Con la qual poi morendo estinse il foco De’ tuoi disdegni, e riaperse il loco Che ’l nostro adorno mal già ne contese. Con questa fida ed onorata scorta Dinanzi al seggio tuo mi rappresento Carco d’orrore e di me stesso in ira. Tu pace al cor, ch’egli è ben tempo, apporta, E le gravi mie colpe, ond’io pavento, Nel sangue tinte del figliuol tuo mira.30DOLCE, quel benedetto foco ardente, Di cui voi prima Amor arse molt’anni, M’incende l’alma or sì che, de’ suoi inganni Fatta sol vaga, in quel morir consente; E benché ognor più calda e più cocente Senta la fiamma sì che de’ suoi danni Sazia divien, ne gli amorosi affanni De l’arder suo doppia dolcezza sente: Che dal splendor del bel viso sereno, Che neve e rose avanza, e da le care Dolci parole piovve il santo ardore; Onde d’alto desir acceso e pieno Pago rimane, e ben potria infiammare Qual più freddo crudel barbaro core.Francesco Maria MolzaDa: Rime diverse di molti Eccellentissimi Autori (a cura di Lodovico Domenichi - Giolito 1545)