Quid novi?

Lesbia Cidonia a Palide Lidio


Lesbia Cidonia a Palide Lidio.D'alto incendio di guerra arde gran parteD'Europa, e intorno a lei scorre frementeColla orribil quadriga il fiero Marte;L'Istro e la Neva il sanno, il sa la genteChe la Vistola beve, e sì vicineDel crudo Nume le minacce or sente,Che a lei si avventa, qual per nevi alpineTorrente altier che giù tra balzi scende,E mugghiando terro sparge e ruine.E d'intorno alla Senna ah quai più orrendeDesta empie faci la discordia, oh qualeOnda immensa di fumo al ciel ne ascende!Cresce il rio foco, incontro a cui non valeDe leggi schermo, e va di tetto in tetto,Sin che la reggia furibondo assale.Oh reggia, oh mura, di piacer ricetto,Di gloria un di, come di lutto or sieteE di spavento ahi lagrimoso obbietto!Ma dove, o carmi miei che amar doveteD'umili canne il suon, dove sì audacePer sentiero non vostro il vol stendete?Ah che in questo ov'io seggio, e dove taceOgni strepito d'armi, apriche rive,Miti accenti so chiede amica pace,E in dolce ozio tranquillo imbelli e schiveSempre abborriro il marzïal furoreDe pace amanti le Castalie Dive.Poichè d'ira fremendo e di doloreColl'egizia regina il Nil raccolseNel cerulco suo sen le infrante prore,E poichè Augusto cincitor si sciolseDall'aspro usbergo, e il non più dubbio imperoCon soavi a bear leggi si volse,Nè più Bellona il sanguinoso e fieroSuo flagello agitò, nè più le gentiImpallidîr di trombe al suon guerriero,Delle Muse all'invito impazïentiCorsero i vati al Tebro, e non pria uditiGl'insegnaro a ridir Febei concenti.Maro gli affanni allora e gl'infinitiCantò del Teucro eroe varcati orroriSeguendo il fato, i venti, i Lazj liti.Narrò Tibullo i suoi teneri ardori,Dolci note accordando a flebil cetra,Che Amor di propria man spargea di fiori:E mentre ei Delia e la vezzosa all'etraNemesi alzava, i forti inni scioglieaIl Venosin dalla Dircea faretra,Ond' or bei nomi al tardo oblio togliea,Ed or di rose intatte e mirtee frondeSerti a Glicera e a Lalage tessea.Chiare in quelg'inni di Brandusia l'ondeSplendono ancor dopo tant'anni, ancoraIl Lucretile amene ombre diffonde.Oh come a tanti eletti cigni alloraEco fean lieta i colli e le beateRive cui lambe il biondo Tebro e infiora?Nè lungo a quelle rive avventurateOr men vivace la sua fiamma spiraDe'carmi il genio a cent'alme bennate.Roma, superba Roma, abbatter l'iraTe non poteo del tempo; ancor nudriceTe dell'arte d'Apollo il mondo ammira.Vedi qual figlio oggi additar ti lice,Di Mecenate a um tempo e degli AscreiCultor più esperti emulator felice.Palide egli è. Con piena man gli DeiRicchezze in lui versaro e onore e quantiPregi ornar ponno un'alma eccelsi e bei.Chi di cetre le fila auree sonatiPiù dotto a ricercar, chi più graditeRime elette a temprar fia che si vanti?Voi che sovente la sua voce udite,Campagne amene, e voi d'Arcadia al DioDiletto albergo, ombrose selve, il dite.Ed oh potessi, o selve, un giorno anch'ioA lui dappresso offrirgli in seno a voiDi grat'animo in segno il canto mio!Egli il mio nome co' begl'inni suoiVolle fregiar, e a eternità il commiseChe i nomi ha in guardia de'più chiari eroi;Ei sin dai sette Colli amico arriseAgl'incolti miei carmi, e là talvoltaIntorno intorno a'verdi allôr gl'incise.E ouando il fato estremo avrammi toltaLa dolce aura di vita, e fia da questoInfermo vel l'ignuda alma disciolta,Nè più forse sarà chi sul funestoSasso ove l'ossa mie chiuse starannoUn guardo sol volga pietoso e mesto,E immemori di me forse ahi saranno.Que'che amici sperai, pur sempre chiaraVita i miei versi glorïosi avranno,Poichè, Palide, a te Lesbia fu cara.Contessa Paolina Secco Suardo Grismondi Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano: poeti italiani contemporanei, maggiori e minori, (Paris: Baudry, 1843), p. 1041-42.