Quid novi?

All'Avvocato Filippo Ricci


All'Avvocato Filippo RicciBalùcola rinfronzita e peggioArdon le lampadeE i candelieriAl santo ApostoloFilippo Neri.Di salmi e d'organiSuona la chiesa,E il pio cenacoloNon bada a spesa.Ondate sboccanoDi cenci e galeDa tutti i vicoliDi via papale.Frammiste a nobiliFacce plebeeTra cocchi e polvereCroci e livree.Campane e timpani,Lauri e mortelle,Soldati e ninnoli,Stampe e ciambelle.Poi, dopo i vesperi,L Ave-mariaSpegnerà i moccoliDi sagrestia;E allor baldoriaCon olio e vinoFra i goti oreficiDel Pellegrino.Dottori o grèculi,Tonsori o lippi,Oggi s' infioccanoTutti i Filippi.Serra i tuoi codici,Scansa gl' impicci:Tu pure infioccati,Filippo Ricci.Oggi sii prodigo,Dà pranzo e cena:La buona tavolaÈ gratia-plena.Prepara intingoli,Stura bottiglie,Onore e gloriaDe le famiglie.Guarda: sul trespolo,Carca di anelli ,Per te la treccolaSbuccia i piselli.Dal sole in geminiTocca e maturaVedi la fragolaChe ti scongiura.Or tu magnificoDà cena e pranzo,E d' amicissimiN' avrai d' avanzo.La buona tavolaRallegra il cuore:Il pieno stomacoMantien l' amore.Senza amminicoliDi pranzi e cene,Io, confessiamolo,Ti voglio bene.Ma il pan del prossimoNon sa di sale,Suo loco et temporeNon ci sta male.Or dunque invitami,Fa a modo mio:Di humani patimurN'ho in petto anch'io.Anch' io m' ho un simboloDi quel che bramoNello insaziabilePomo di Adamo.In questo secoloSai che i poetiSon genìa d' uominiPoco discreti,Che non risparmianoA babbo e a mammaQualche ribobolo,Qualche epigramma.Con plettro eburneo,Con cetra al collo,Certi terziariiDel Padre ApolloNon ti ricordano,Mio buono amico,La musca e il flagrioDel tempo antico?Mosche di lauroIncoronate,Che fiutan l' àgapeD' ogni magnate:Flagrioni arteficiDi panegirico,Linguacce tumideDi stil satirico,Giran per l' auleDietro ai congiari,Dietro alle sportule,Dietro ai salari;Ed un ti macera,Uno t' incensa,Prudenti ad tramitesDella dispensa.Ingordi satiriSfacciati e rei,Nipoti d'AttilaFlagellum Dei,Tradiscon l' animaVendon l'onorePer quattro goccioleDi vil liquore,Pescan la regolaDi biasmo e lodoEntro una ciotolaColma di brodo.Dominus domini,Sermo sermonis,Negli illustrissimiC'habent in bonisSon frasche inutiliSon doti escluse,In faccia ai rettiliDel musa musae.Lo stuol famelicoDe' parasitiNon conta i meriti,Conta gl' inviti,E punge e laceraChi non ha cuoco,Chi sa grammaticaMa dona poco.E poi tu sentiliNe' lor sonettiSfogar la boriaDi santi affetti!E poi tu vediliNe' lor sermoniScimiar gli stoici,Far da Catoni!E poi tu ascoltaliNe' lor libelliProclamar gli uominiTutti fratelli!Per questo cancheroChe rode e viziaI puri canoniDella giustizia,Sprezzata e luridaLa poesiaOr dai filosofiSi caccia via,E ben più stimasiDa certi taliIl grasso lucidoPer gli stivali.Ma dove traggemiLa negra bile?Farmi a que' putridiVogl' io simile ?Ah se a tal genereMi credi pare,Serrami l' uscio,Non m' invitare.Giuseppe Gioachino Belli26 maggio 1845Da "Poesie inedite" di Giuseppe Gioachino Belli Romano, Volume 1", Roma, Tipografia Salviucci 1865, pagina 32-40