Quid novi?

All'Esimio Poeta e letterato...


All'Esimio Poeta e letterato romano Signor Giuseppe Gioachino Belli.Lettera del suo vecchio amico Francesco Spada.Roma, Tipografia Salvucci. 1856Amico più che carissimo!Le parole mie sono un nulla; e quando pur fossero qualche cosa, certo si rimarrebbero vinte e superate a gran pezza in autorità, da quelle che saran dette adesso, e sempre più in avvenire, da uomini e di dottrina e di lettere, intorno al se gnalatissimo e, a mio sentire, singolarissimo meri to de'tuoi scritti. Le mie parole, torno a ripeterlo, sono un nulla; ma non è questa, secondo me, una buona ragione a non profferirne per nessun conto, almeno sul proposito e nella circostanza del nuovo onore che ti sei acquistato pubbli cando gl'inni ecclesiastici del Breviario, da te sì maestrevolmente volgarizzati.Tu forse non ti apporresti alle mille che quello che io voglio dirtene dovesse incominciar da una confessione. Eppure così è: e pertanto io ti paleserò schiettamente, che sebbene molto eleganti e fedeli mi fossero già sembrate, al solo udirmele da te recitare, le traduzioni di quegl'inni onde m' aveva bene a memoria la letteral tessitura, pure, lontano non poco io era dal giudicarle di tanto merito quanto ve ne ho scoperto di poi, avendole sotto gli occhi, e potendole quindi apprezzare con più adeguata nozione.Io veggo in somma che cotesto tuo lavoro è per crescere, non per diminuir nella fama, conciossiachè instituito secondo quelle recondite e squisite ragioni di arte cui solo la meditazione fa manifeste, e meglio che altri gl'intelligenti sono nel grado di applaudire.Nel trasportar che si faccia da idioma a idioma un originale di prosa o di poesia, eziandio famoso per nobiltà di concetti e per eleganza di stile, io penso, nè mi rimuovo dal crederlo, che fra tutte le qualità più necessarie nel traduttore primeggiar debba la industria. Ma quanto non dovrà essa esser maggiore, tutte le volte che un testo o manchi assolutamente di quelle doti o ne patisca difetto?...Che tu ti sia ritrovato, e troppo sovente, in siffatto caso non abbiam bisogno di dircelo. Nondimeno è altrettanto vero che, dove ciò accadde, qualunque de'tuoi volgarizzamenti, senza punto incorrere nell'accusa d'infedeltà rispetto al suo originale, corregge, raddirizza, compie e ingentilisce quello per modo, che i due inni, a fronte l'uno dell'altro, mentre di tratto dànnotisi a conoscere per fratelli, ti ricordano altresì un caso non raro a vedersi, vale a dire, come ad onta della fraternità e, quel che più è, della somiglianza, due individui possano essere fra di loro, quanto a bellezza differentissimi.E intanto che forse non fu altra volta con maggiore opportunità e insieme moderazione, seguito quel notissimo insegnamento oraziano Nec verbum verbo curabis reddere fidus-interpres, è da notare con quanto garbo abbia tu, dirò così, rispettato le inspirazioni del primo scrittore, fino a voler trasportate scrupolosamente ne' tuoi be'versi non solo tutte le sue idee, ma eziandio l'ordine e la proporzione d'efficienza che esse serban tra loro. E da notare è altresì la nobile franchezza e disinvoltura colla quale incedono que tuoi versi, ad onta e delle molte pastoie e de'molti ceppi che hanno ai piedi. In verità non lasciano trasparire menomamente sulla loro fisonomia nessuna di quelle dolorose contrazioni e molestie che ebbero a patire nel nascere, come nessuna traccia di servitù per la tirannia delle leggi a cui dovettero assoggettarsi. Dalle quali cose seguiterebbe uno specioso effetto; e ciò è che chi potesse al tutto o ignorare o dimenticare quale de'due inni che ha innanzi sia l'originale e quale il tradotto, in molti casi, se non vogliamo dir nella maggior parte, scambierebbe questo per quello.Di un altro pregio cospicuo, (*) e che risplende bellissimo in ciascuno di questi versi, non è quì luogo a parlare; ma ben se ne terrà conto in luogo e in tempo molto migliore che non è il presente! ...Quel pregio, beato chi lo possiede; beatissimo chi sapendo informarne con sincerità ed efficacia di sentimento le produzioni del proprio ingegno, ne fà per sè e per altrui, impulso e merito ad una felicità senza fine!Per tutto questo io congratulo teco di vero cuore: e quindi riguardo il tuo nuovo libro come compiutamente degno del SACRO E ALTISSIMo MECENATE che consentì fregiarlo del suo gran nome!Sono il tuo affezionatissimoFrancesco SpadaDi casa, 16 giugno 1856.(*) Intendasi, del vero sentimento cattolico trasfuso in cotesti versi dall'animo dell'autore.