Quid novi?

Poesie romanesche


Poesie romaneschedi Antonio Muñoz - Staderini Editore, Roma, 1940Dalla "Rassegna Italiana" (agosto-settembre 1941-XIX):"Ingegno poliedrico, cui la vasta e non mai superficiale cultura non impedisce di esercitarsi nelle discipline creative più diverse, il tutore dei monumenti e dei tesori archeologici dell'Urbe addandona, per un po', cattedra, ufficio e zona di scavo e dà libero corso ai suoi sentimenti di quirite moderno nato nel rione Ponte, con una raccolta di liriche in vernacolo, che si riallacciano, senza plagio, alla tradizione illustre dei Belli, dei Pascarella, dei Trilussa.Il cimento è stato superato, a parere nostro, con invidiabile disinvoltura e rivela, nel nuovo poeta romanesco, una elaborazione, forse lenta, ma non faticosa, di motivi d'ogni genere, quasi mai culturali, però, scaturiti invece, dal contatto immediato della vita d'ogni giorno, popolaresca, borghese, largamente civica. E non mancano, nemmeno, le effusioni intime, o sentimentali, contenute in un decoro espressivo, che non ha nulla dell'immaginifica verbosità di certi verseggiatori dialettali, che traducono pari pari nell'idioma plebeo le loro prurigini, concepito in una sfera affatto letteraria, cioè asfissiante per ogni genuino germe di vita popolare.Il Muñoz ha ripartito la sua materia, affidata prevalentemente alla classica forma del sonetto, in vari gruppi distinti per categorie di contenuto (Malinconie, Profili e macchiette, Amore, Paggine de storia, Cose de Roma, Cose de 'sto monno e via dicendo), ma i differenti toni elegiaco, satirico, bonariamente filosofico, scanzonato, di umorismo, senza preoccupazioni cerebrali o moralistiche si alternano, nell'uno e nell'altro gruppo di liriche, facendo comparire dovunque l'individualità completa dell'autore. Particolarmente indovinati ci sembrano il poemetto biblico "La Creazzione", il dittico "La padrona ammalata" e "Nun so' romano?".Da "Il Messaggero" (6 ottobre 1941-XIX):"Se Antonio Muñoz, archeologo e scrittore di cose d'arte è particolarmente caro al cuore dei romani, anche la figura del Muñoz poeta è simpatica e amabile. Egli parla ai suoi concittadini nel dialetto dei padri, nel dialetto di Giacchino [sic] Belli, e la sua musa ha molti momenti di arguzia e di felicità. Versi cordiali, sugli amici e per gli amici, senza nessuna pretesa di immortalità. A questa sua attività di poeta Antonio Muñoz dà un piglio faceto, scherzoso: ma spesso il cuore si commuove, l'anima trema in una vera illuminazione dei sentimenti, che sono sempre fini e nobili. Talvolta sono sonetti improvvisati al levare delle mense eppure essi conservano un tal quale profumo d'arguzia e di delicatezza che dimostrano come il loro autore sia, soprattutto, un uomo di cultura e di gusto. Un sonetto dedicato al Ministro Bottai, un altro dedicato al Maestro Bernardino Molinari, un altro ancora dedicato alla Contessa Amadei sono tra le composizioni in cui prevale la faceta ed affettuosa vena conviviale. Altre poesie come "L'ostessa de' Prati", "Er vecchio arzillo" e "Musica" sono vibranti d'una nostalgia quasi pinelliana: altre, infine, come "Strade deserte", "Senza la luna" e "Solitudine" sono dettate da una accoratezza nella quale le prerogative della più autentica poesia risultano immediatamente nell'incanto di chi legge e di chi ascolta".