Quid novi?

La vita dell’Omo


La vita dell’OmoNove mesi a la puzza: poi in fassciola (1)tra sbasciucchi, (2) lattime e llagrimoni:poi p’er laccio, (3) in ner crino, (4) e in vesticciola,cor torcolo (5) e l’imbraghe pe ccarzoni.Poi comincia er tormento de la scola,l’abbeccè, le frustate, li ggeloni,la rosalía, la cacca a la ssediola,e un po’ de scarlattina e vvormijjoni. (6)Poi viè ll’arte, er diggiuno, (7) la fatica,la piggione, le carcere, er governo,lo spedale, li debbiti, la fica,er zol d’istate, la neve d’inverno...E pper urtimo, Iddio sce (8) bbenedica,viè la Morte, e ffinissce co l’inferno.Note:1 Il bambino in fasce dicesi sempre cratura in fassciola.2 Baci dati con insistenza.3 Cinghia attaccata dietro le spalle de’ bambini per sorreggerli ne’ loro primi mesi di cammino. Può presso a poco paragonarsi al tormento della corda.4 Canestro in forma di campana, aperto in alto e nella base, entro cui si pongono i bambini, che lo spingono col petto e tengonsi ritti in esso nel camminare.5 Salva-capo contro le cadute.6 Vormiglioni: vaiuolo.7 Digiuno ecclesiastico che principia all’anno ventunesimo.8 Ci.Giuseppe Gioachino BelliRoma, 18 gennaio 1833(Sonetto 781)Note [Morandi] (Vol. 2, pag. 372):3 laccio: Dunque: laccio a Roma, lacci a Pistoia, falde a Firenze, dande a Siena, caide ad Arezzo, dgne a Lucca, e chi più n'ha, più ne metta. - 14 inferno: Col presente sonetto il Belli dovette aver l' intenzione di far concorrenza non solo a quello notissimo del Marini: "Apre l'uomo infelice allor che nasce . .. ," ma anche a quest' altro, assai men noto, in dialetto reatino, di Loreto Mattei (1622-1705): scrittore, del quale recentemente il bravo De Nino ha rinfrescato la memoria nelle sue Briciole Letterarie (voi. II; Lanciano, 1885):Appena l' omo è scito da la coccia, (1)Piagne li guai sèi, strilla e scannaccia; (2)Tra fascia e fasciaturi s' appopoccia, (3)E tutti, co' reerenzia, li scacaccia.Quanno la mamma più no' lu sculaccia,Lu mastro lu reatta e lu scococcia: (4)Quanno è ranne (5) se 'nciafra 'nquae ciafraccia, (6)E co' quaeuno (7) lu capu se scoccia.Tantu attraina pò tantu la 'mpiccia,Scinente (8) che appojatu a 'na cannuccia,'Nciancicà (9) non po' ppiù, se no paniccia. (10)Co' tre stirate 'e cianchi (11) la straspiccia. (12)"Lo nasce e lo morì," icéa Quagliuccia, (13)"Bau accacchiati cöe la sargiccia." (14)Note:1 Propriamente, "il guscio della chiocciola," dal lat. coclea. 2 Strilla e grida con quanto ne ha in canna. 3 Si ravvoltola. 4 Lo ribatte e lo scocuzza. 5 Grande. 6 S'inciabatta in qualche ciabattaccia. 7 Con qualcuno. 8 Insino. 9 Inciancicare; ciancicare, biasciare. 10 Farinata. 11 De cianche: di gambe. 12 La sbriga, la finisce. 13 Diceva Quagliuccia: vecchia celebre pe' suoi dettati. 14 Vanno accoppiati come la salsiccia.Note [Teodonio]:1 lattime: croste lattee. - 4 Con il cercine e le braghe come calzoni. - 7 ssediola: seggetta. - 9 ll'arte: il lavoro; er diggiuno: il digiuno ecclesiastico.Note [Gibellini]: 1 a la puzza: ‘nell’utero’, vicino all’intestino. - 2 lattime: croste lattee. - 3 in vesticciola : indossata da tutti i bambini, anche maschi. - 4 torcolo: «guancialetto di forma circolare che si pone in capo ai bambini per riparo delle percosse nelle cadute» (Chiappini). l’imbraghe: ‘imbragature’, panni fissati alla vita come brache. - 6 L’abbeccè: l’abbecedario. frustate : le punizioni corporali, ancora impartite dai pedagoghi. - 7 rosalìa: rosolia. ssediola: la seggetta per i bisogni corpo rali. - 8 vvormijjoni: morbillo. - 9 arte: mestiere.Note [VS]:Il sonetto è riportato in un gran numero di raccolte tematiche. In "Nun sai c'a lo spedale ce se more?" (Newton Compton, 1994, pag. 9), Marcello Teodonio scrive: "La sequenza della vita va dalla puzza del periodo prenatale alla morte, per precipitare nel buio e nel mistero terribile dell'al di là. In una struttura del tutto priva di aggettivi, il sonetto, costruito su una serie formidabile di precedenti letterari, segna uno dei vertici del desolato pessimismo belliano che si sostanzia nella certezza dell'infinito ripetersi del dolore e della violenza".Annota invece Pietro Gibellini ("Sonetti erotici e meditativi", Adelphi, 2012, Sonetto 143, pag. 223): "Imitazione del sonetto di Giambattista Marino sulla infelicità umana («Apre l’uomo infelice, allor che nasce»), già voltato in dialetto reatino dal secentesco Loreto Mattei, certo noto a B., e in napoletano dal settecentesco Nicolò Capasso.".Il sonetto si trova anche nelle raccolte, curate da Teodonio, "Ricomincia il tormento della scola" e "Er Catachismo".