Quid novi?

L’ammalaticcio


L’ammalaticcio«Come va, ssor Loreto?» «Sempre male:pòi bbuttamme (1) per terra cor un deto». (2)«Ma, in zostanza, c’avete?» «Eh, lo spezzialedisce ch’è un male che sse chiama abbèto». (3)«Ve dà ffastidio de salí le scale?»«Antro si mme lo dà! (4) cce vo (5) l’asceto».«Ebbè, affare de nerbi, (6) sor Loreto,tutt’affetto (7) der tempo. E a lo spedalece sete stato?» «A mmé?! ddímme cojjone! (8)Nun zai c’a lo spedale sce se (9) more?»«Avete mille e ppoi mille raggione. (10)Lassate fà, (11) lassate fà ar Ziggnore;e vvederete a la bbona staggionesi (12) ttornate a ddà ssú mmejjo d’un fiore».Note:1 Puoi buttarmi.2 Con un dito.3 Abete per «diabete».4 Altro se me lo dà! Me lo dà certamente.5 Ci vuole.6 Nervi.7 Effetto.8 Fossi pazzo.9 Ci si.10 Ragioni.11 Lasciate fare.12 Se.Giuseppe Gioachino Belli13 gennaio 1837(Sonetto 1875)Note [Teodonio]:13-14 E vedrete che alla buona stagione tornerete a dar su (a rifiorire) meglio d'un fiore-Note [VS]:Il sonetto è riportato anche in "Nun sai c'a lo spedale ce se more?" (Newton Compton, 1994, pag. 11), Marcello Teodonio scrive: "Quando il popolano ha a che fare con quelli che per lui sono i misteri della cultura, in questo caso della scienza medica e delle istituzioni (la scuola, l'ospedale, il fisco, l'amministrazione pubblica), la reazione è di sospetto e di sfiducia, perché neanche è sfiorato dall'ipotesi che davvero qualcuno o qualcosa possa impegnarsi per la sua salvezza. Qui il povero "sor Loreto" esprime con immediatezza il suo stato d'animo affannato e diffidente, mentre il suo interlocutore (più giovane, si direbbe, come suggerisce il reverenziale voi con cui gli parla) conferma quella diffidenza e al tempo stesso proclama la generale fiducia, tra rassegnazione e superstizione, nella Provvidenza e nel naturale svolgersi delle stagioni.".Anche Morandi (Vol. 5, pag. 38) riporta il sonetto, ma privo di sue note personali.