Quid novi?

Arlevà


Arlevà[Bernoni]: Molto probabilmente arlevà discende da relevare della lingua latina, che aveva valore di "alzare", "rialzare", "sollevare". La volgarizzazione di relevare dette poi vita ad una accezione singolare del verbo: quella di "raccogliere percosse", "prendere busse". Tale accezione è ben presente nella letteratura italiana con "rilevare"(v. Francesco Berni, Orlando, XXIX), mentre nel parlar popolaresco romano essa costituisce il significato esclusivo di arlevà. Quindi, chi tra i Sette Colli riceve colpi, chi si procura bastonature ... arleva. E si tenga presente che l'uso più frequente contempla arlevacce (cioè,"prendercele", "aver la peggio").G. G. Belli: ... Io pisto er pepe, sòno le campane, / rubbo li gatti, tajo l' ogna a un frate, / metto l' editti pe le cantonate, / cojo li stracci e agliuto le ruffiane. / Embè lo sai ch'edè che ciaricévo? / Ammalappena pe pagacce er letto: / anzi, a le du' a le tre, spallo [fallisco] e ciarlèvo ... ("Pe la Madonna de l'Assunta, festa e comprianno de mi' moje").Augusto Jandolo (1873-1952): ... Governò forte e bene / circa vent'anni sani, / ma un brutto giorno puro lui sbajò / e allora ... è naturale, ciarlevò ... ("Cento poesie vecchie e nuove" - Come riusci a sarvasse Mitridate).A proposito di arlevacce va segnalato un passo di Massimo d'Azeglio. Questo passo: "Visto poi che non s'ubbidiva, ci lanciava dietro la sua paterna benedizione: - Vorrei che ci arlevaste (foste picchiati) bene e meglio voi ..." (Da I miei ricordi, capo XXV).[Belli]: Arlevarci: toccar busse. Ciarlevo: Ci rileva, per semplicemente «rileva».[Chiappini]: Arlevacce. Ricevere, Toccar delle busse. Rilevare è usato spesso dai nostri classici nelo stesso significato in cui l'adoprano i romaneschi.[Vaccaro Ge, Voc.Rom.Bell.]: (levà con pref. contratto di movimento in senso inverso ar-) v.t. Rilevare: prender botte, busse (Peresio, Iacaccio, VIII, 8)[Ravaro]: (arc.) - Essere percosso, basonato. Da "levà" nel senso di prendere, ricevere.T1-0027 Pe la Madonna de l’Assunta festa e Comprïanno de mi’ mojje: Ammalapena pe ppagacce er letto: / anzi, a le du’ a le tré, spallo e cciarlèvo. // Duncue che tt’ho da dà, ppòzzi èsse santa?"T2-1900, Oggni uscellaccio trova er zu’ nido: "Sò cco vvoi: è un cosaccio, è un ancinello, / pe ttutto indove va ciarleva bbòtte, / tutt’er monno lo tiè pp’er zu’ zzimbello," (S-1865)