Quid novi?

Gian Domenico Romagnosi


Gian Domenico Romagnosi (nato a Salsomaggiore nel 1761, morto a Corfù nel 1835) in filosofia seguì il razionalismo di F. Crist. Wolf, che, partendo dal Leibnitz, applicava in tutti i campi il principio della ragion sufficiente e riteneva che l'illuminazione intellettuale sia il più alto ufficio morale. Reagì pertanto al sensismo, in cui la conoscenza rimane passiva; e fu suo pensiero fondamentale che la conoscenza implichi il concorso (o, com'egli diceva, la corn potenza) dei sensi e dell'intelletto, il quale applica agli elementi forniti dai sensi le proprie suità psicologiche, che mettono ordine nei dati sensibili. Questa attività formativa dello spirito nella rifles­sione, o «senso logico », fa che le conoscenze siano fatture mentali; ma la mente nostra non può fingerle a suo piacimento, perchè è vincolata dai diversi modi in cui agiscono su di essa gl'impulsi che riceve dalle cose. Così le conoscenze sono segni a cui corrispondono in natura modi d'essere reali. Ammise pertanto l'oggettività del reale e si oppose fermamente all'idealismo trascendentale, nel tempo stesso che comprendeva il significato della soggettività kantiana.Ritenne inoltre che la formazione dello spirito non si possa intendere se non attraverso la storia dell'« incivilimento e, in cui individuo e società sono strettamente collegati. Il progresso umano è connesso, a suo giudizio, con lo sviluppo delle idee: l'esperienza si sviluppa sotto la luce di una ragione di tipo universale; e lo spirito trova la sua libertà nell'equilibrio, nel perfezionamento delle proprie energie, nella scelta dei valori umani. Libertà nell'equilibrio, perfezione delle proprie energie, coscienza dei valori umani costituiscono, secondo il Romagnosi, la mente sana. In questo modo egli, ammettendo la soggettività nella vita dello spirito e ad un tempo ritenendo che la mente umana nel conoscere e nell'agire poggi sopra la realtà, pensava di poter evitare il kantismo e la dottrina « ultrametafisica di Hegel.Il Romagnosi, filosoficamente, nella storia di quel periodo, ha dunque un duplice significato: da un lato impersona risolutamente una delle forme più meditate di reazione critica e romantica al sensismo francese, che, nella seconda metà del Settecento, si era organato nella dottrina superficiale del Condillac; dall'altro rappresenta la tendenza di salvare l'oggettività della conoscenza di contro al soggettivismo.Sue opere principali: Genesi del diritto penale (1791), in cui combatte le dottrina di uno stato di natura anteriore allo stato sociale (è l'opera giovanile, che gli diede la fama e fu tradotta in varie lingue; Introduzione allo studio del diritto pubblico universale; Della costituzione di una monarchia nazionale rappresentativa; Che cosa è la mente sana (1827); Suprema economia dell'umano sapere (1828); Dell'indole e dei fattori dell'incivilimento, con esempio del suo risorgimento in Italia (T832). In questa egli, ammiratore di G. B. Vico, si riconnette, come già in altre opere, alla Scienza nuova; per la concezione nazionale della civiltà si richiama al Machiavelli.Sia filosoficamente sia politicamente è dunque logica la collaborazione del Romagnosi al Conciliatore. Nel 1821 fu imprigionato dall'Austria; lasciato libero, ebbe divieto di insegnare. Ma rimangono nella memoria di tutti i versi dell'ode La terra dei morti (1841) di Giuseppe Giusti:Cos'era Romagnosi?Un'ombra che pensava,e i vivi sgomentavadagli eterni riposi.Il sito Classici italiani di Giuseppe Bonghi riporta un articolo apparso nel N. 3 del Conciliatore (10 settembre 1818). Le notizie trascritte sopra e quelle che seguono sono tratte dalle note a detto articolo.Il Romagnosi, tra i collaboratori del Conciliatore, tentò di eliminare la contrapposizione di classico e romantico come impropria nel senso e nei termini e credette di dare soluzione alla « gran controversia entro una concezione ilichiastica della letteratura, per cui storicamente riguar­dava nel passato le opere vitali di ogni scrittore come adatte all'età e al genio di ogni popolo, e pel nuovo secolo raccomandava agli italiani la composizione di opere rispondenti al pensiero moderno e al genio nazionale. (La parola ilichiastico deriva dal greco elikìa, età).Come è evidente, l'ilichiasticismo del Romagnosi è connesso con la concezione che egli aveva della formazione dello spirito e dell'indole e dei fattori della civiltà.Ma la parola ilichiastico non riuscì a sostituire l'aggettivo romantico, perchè il Romagnosi finiva col dare alla questione una soluzione generica, che non eliminava le ragioni dell'antitesi particolare, che agitava allora le menti.Perciò il Berchet dissentì apertamente dal Romagnosi, protestò « di essere irremovibilmente romantico » e insistette nel distinguere la poesia in romantica e classica perchè essa gli parve « utilissima alla teorica e alla pratica ». Egli rispose al Romagnosi nello scritto el criterio dei discorsi, pubblicato come articolo di fondo nel N. 4 del Conciliatore (13 settebre 1818). Il Romagnosi ribadì le sue idee nell'articolo Delle fonti della coltura italiana, pubblicato nei N. 12 (11 ottobre 1818).Giuseppe Bonghi