Quid novi?

La Pasqua a Roma


La Pasqua a RomaNote sono le usanze popolari romane legate al periodo pasquale. Il sacerdote, seguìto dal chierichetto benedice le case, sottoposte nei giorni  precedenti a un'accurata pulizia generale. Una tradizione quest'ultima che forse trae origine da antichi costumi risalenti a innocui riti catartici dei pagani.
Un tempo i conoscenti incontrandosi si scambiavano il bacio della pace. L'uno esclamava: Surrexit Dominus. L'altro rispondeva: Deo gratias. Un'altra anche questa tra le gentili abitudini diffuse in quasi tutte le regioni europee.I negozi di generi commestibili gareggiano nel presentare la vetrina più guarnita e più ghiotta: in tal caso la fantasia del negoziante non aveva limiti (si legga al riguardo il sonetto belliano Er giro de le pizzicarie del 5 aprile 1833, nonché la descrizione pittoresca delle botteghe dei pizzicaroli in un passo delle Passeggiate per l'Italia di Ferdinando Gregorovius, Roma, 1907, II, p. 214).Il pasto di Pasqua era solenne e succulento (cfr. Belli, sonetto La Santa Pasqua del 19 aprile 1835).Intorno all'uso delle uova sode e del salame c'è un dotto studio del Belli, fitto di citazioni di autori greci e latini (cfr. G.G. Belli, Lettere Giornali Zibaldone, a cura di G. Orioli, Einaudi, Torino 1962, pp. 531-533) e un sonetto romanesco (L'ova e 'r zalame, del 4 aprile 1834).L'ova toste venivano dipinte in rosso e offerte ai visitatori. La tradizione probabilmente risale al fatto che in periodo di quaresima le uova erano proibite. Invece d'una semplice colorazione, esse vennero talvolta dipinte a regola d'arte; tra le curiosità della biblioteca di Versailles erano conservate, opera nientemeno di Lancret e Watteau, due uova pasquali che i due artisti avevano voluto offrire a Vittoria, figlia di Luigi XV (cfr. G. Orioli, Pasqua romana, in "Capitolium", Roma, aprile 1957, pp. 12-13).
Giovanni Orioli (dalla nota iniziale a "La Pasqua romana" in Giggi Zanazzo, Poesie romanesche, Collana I Classici per tutti, diretta da Bruno Cagli, Avanzini e Torraca Editori, 1969, volume terzo, pag. 525). Le due immagini raffigurano Giggi Zanazzo.