Quid novi?

Ottavio Rinuccini


Ottavio RinucciniFiorì sul finire del cinquecento e il principiare del secento.Nato di nobile famiglia, cavalier prode e gentile, colto e leggiadro poeta, cantore e musico eccellente, fu assai caro ai Medici, e dicesi che fu scelto a maestro di musica e di canto di Maria de' Medici, poi regina di Francia. Maria de' Medici era una delle più belle, delle più colte e delle più amabili principesse del suo tempo. Ottavio era bello di persona, di un carattere dolce e amabilissimo. S' innamorò di Maria; e questa passione fu per lui cagione di lunghi e gravi affanni. Maria de' Medici vedeva in lui un amico dell' infanzia, il cavaliere più compito di Firenze, il più leggiadro poeta d' Italia; e non era, e non poteva essere insensibile alle rime che in onore di lei dettava il Rinuccini; le rime più armoniose che vanti la lingua italiana, e qualunque altra lingua che sia. La natura di questo amore non era altro che una reciproca rispettosa ammirazione dei loro pregi.Quando Maria de' Medici divenne regina di Francia, Ottavio l' accompagnò a Parigi: allora la regina Maria cangiò contegno, e seppe far tacere una passione non degna del suo novo stato; sacrificò il suo cuore al dovere; divenne invisibile e impenetrabile al poeta innamorato, e si conservò, sino alla tomba, fedele al più infedele di tutti i re.Ottavio, che non si credeva poter vivere senza vedere, senza adorare colei che aveva amata e adorata fin dall' infanzia, quando si vide chiuso l' adito alla regina del suo pensiero, a Maria de' Medici, per cui avea lasciato la patria diletta, la conversazione dei parenti e degli amici, e tutto; per cui viveva errante e infelice in terra barbara e straniera, fu per darsi alla disperazione; fu per troncarsi con le sue stesse mani la vita. Nel delirio della passione ei se la prendeva col rio destino, e coll' empio cielo, e con tutti; e più di tutto, in una delle più sentite e più energiche sue canzoni, ch' è la sesta di quelle da noi pubblicate, ei se la prendeva coi francesi, e chiamava la Francia il perfido lido, e barbaro il loro cielo, e barbara gente, e barbari nemici i francesi, che gli avean rapita l' idolatrata reina del suo pensiero. In questa pericolosa esaltazione di spirito, lo massime religiose, succhiate col latte, e nel bollore della gioventù quasi dimenticate, gli tornarono a mente; e furon la sua tavola di salvamento. Tornò in se stesso, vide la follìa della sua passione, la vanità delle umane speranze; rinunziò affatto alle fallaci lusinghe del mondo, e tutto il resto dei suoi giorni volle consacrare negli esercizi della religione e della pietà. Andò a rinchiudersi in un convento di frati domenicani in Colonia, ove morì. Egli fu l' inventore dei drammi per musica: la prima opera in musica che si vide su le scene italiane fu la sua Euridice. Compose oltre i drammi, diverse laudi spirituali, che sono a stampa. E così ancora si trova stampato, per cura di suo figlio Pier Francesco, un volume di poesie liriche (Firenze, coi torchi dei Giunti, 1622). Oltre a questo volume a stampa, si trovano ancora inedite molte pregevoli rime, le quali tutte riunite formerebbero un grosso volume. E tra queste, Rinaldo e Armida; Aminta e Clori, cantate. Due dei suoi più originali e più graziosi componimenti, che per la prima volta vengono ora alla luce delle stampe: e con questi quattordici madrigali scelti, finora inediti, estratti da diversi codici, e otto canzonette, inedite la seconda, la terza, la sesta, la settima e l' ottava; edito le altre quattro nella raccolta di Remigio Romano, ma senza nome di autore, le quali ora, su la fede e l' autorità di più codici, son restituite a Ottavio Rinuccini.Francesco TrucchiPoesie Italiane inedite di Dugento Autori, Volume 4, pag. 101 (pdf 100)