Quid novi?

Ripano Eupilino 02


IVoi, che sparsi ascoltate in rozzi accentii pregi eccelsi della Donna mia,non istupite, se tra questi fiacosa ch'avanzi 'l creder delle genti;poichè, sebbene per laudarla i' tentile penne alzar per ogni alpestre via,quel che meglio però dir si devria,riman coperto alle terrene menti.Nè sia chi dall'esterno mio dolore,onde in pianti mi struggo a poco a poco,misuri la pietà dentro al suo core:perchè, quantunque in ogni tempo e locofar mostra i' soglia del mio grande ardore,assai maggior, ch'i' non dispiego, è 'l foco.IICandido in Cielo e di be' raggi adornosplendeva il Sole oltre l'usato stile,e vestivas'il colle e 'l prato umìled'ogni fior più leggiadro intorno intorno:qual su' rami d'un faggio e qual d'un orno,ogni augel più canoro e più gentiles'udia cantar, sicchè 'l più oscuro e vilefacea col canto a Filomena scorno:per le frondi degli alberi batteaZefiro l'ali, e ogni ruscel più mondosaltellando tra' sassi al mar correa:e con più dolce volto e più giocondoridea Cupido e l'amorosa Dea,il dì che nacque la mia Donna al mondo.IIIIl dì che nacque la mia Donna al mondo,dal lavoro immortal stupida sorsela Madre delle cose, e 'l guardo torsea mirar lo spettacolo giocondo.Indi, volgendo il grave ciglio a tondo,fisò le luci nell'età trascorse:di poi, sorpresa e di sè stessa in forse,fin del suo centro le calò nel fondo.Poi disse: - E qual sì nobile fatturadell'antiche bellezze e delle novegl'illustri pregi alteramente oscura?E di qual parte sì gran Donna move,che coll'alta beltà vince Natura?Se nel Ciel non è fatta, i' non so dove. -IVDonna, se tu scorgessi il grande ardoreche nel mio sen per tua beltà s'apprese,ben diresti che tal mai non accesein cor gentil d'innamorato Amore.Qui star vedresti quel divin Signoretemperando gli strali ond'ei m'offese,ed a' colpi di lui senza difeseservir d'incude il mio medesmo core;e vedresti siccome mi divoradolcemente del petto in ogni locola bella fiamma che vi cresce ognora;e tutti i miei pensieri a poco a poco,come fanciulli timidetti ancora,scaldars'intorno a sì leggiadro foco.
VO pellegrin, che non vedesti maila donna mia, deh su vieni a vedella,ch'io ti giuro che mai altra più bellanel tuo lungo girar vista non hai.D'esser uomo non più ti penseraipoichè sii giunto alla presenza d'ella,tanto al su' aspetto e tanto a la favelladolce in seno piacer ti sentirai.Vien, che nulla varrammi aver parlato,quando tu nel bel guardo e nel bel risomille cose più grandi avrai mirato.Vieni, e in partir da quel benigno viso,e mai cèrcati alcun dove se' stato,tu rispondigli tosto: - In Paradiso. -Giuseppe PariniDa: Alcune poesie di Ripano Eupilino, 1752Glossario (basato sulle note di Ettore Bonora)Alpestre = Alta e perciò difficile.A tondo = All'intorno.Avanzi = Vada al di là.Cércati = Ti chiede.Creder = Ciò che suppone.Dispiego = Rivelo all'esterno.Facea scorno = Vinceva.Fattura = Creatura.Incude = Incudine.Luci = Occhi.Nobile = Superba.Onde = Per il quale.Oscuro = Meno conosciuto.Pellegrin = Straniero.S'apprese = Si è appiccato, si è acceso.Sicché = Tanto che.Stile = Modo d'essere.Umile = Basso, contraposto a "colle".Usato = Consueto.Vedella = Vederla.Vile = Meno nobile.Note (basate sulle annotazioni di Ettore Bonora):I.,1: Voi che ... accenti: cfr. Petrarca, Rime,I.,1: "Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono.II.,1: L'usato stile: cfr. Petrarca: "Tengan dunque ver me l'usato stile".II.,10: Zefiro = Il vento di primavera che spira da ponente.II.,13: Amorosa dea = Venere.III.,3: Madre delle cose = Natura.III.,8: Calò è correzione di celò nell'Errata-corrige del volumetto.IV.,8: Servir d'incude = Il cuore è l'incudine su cui Amore tempera i suoi strali.V.,2: Vedella = Vederla, è usato in rima anche dal Petraca, Rime CCXLVII,8.