Quid novi?

Quanto più mi distrugge...


Guittone d'ArezzoFioriva intorno al MCCXX.Quanto più mi distrugge il mio pensieroChe la durezza altrui produsse al mondo,Tanto ognor, lasso! in lui più mi profondo,E col fuggir della speranza, spero.Io parlo meco, e riconosco il vero,Chè mancherò sotto sì grave pondo;Ma il mio fermo desìo tanto è giocondoCh'io bramo e seguo la cagion ch'io pero.Ben forse alcun verrà dopo qualche anno,Il qual leggendo i miei sospiri in rima,Si dolerà della mia dura sorte:E chi sa, che colei che or non mi estima,Visto con il mio mal giunto il suo danno,Non deggia lagrimar della mia morte.
Guittone d'ArezzoGUITTONE. Benchè, da cento e più anni innanzi, fosse stato preceduto da molti rimatori, fu il primo forse che abbia dato migliore forma alle rime. In questo suo sonetto non trovo parola che oggi non s'usi. La lingua italiana, con unico esempio nella storia degl'idiomi, conserva freschi per seicent'anni quasi tutti i suoi vocaboli e modi di dire. Le voci moderne l'hanno poco o molto rafardellata; ma la sua schietta e nativa ricchezza sta tuttavia nelle antiche. - giunto, come leggesi nel penultimo verso, si dice anche oggi ed elegantemente in poesia, invece di aggiunto.Da: "Vestigi della storia del sonetto italiano", di Ugo Foscolo, Salerno 1816.