Quid novi?

Chi è questa che vien che ogni uom la mira


Guido CavalcantiMorto intorno al MCCC.Chi è questa che vien che ogni uom la miraChe fa tremar di caritate l'a're?E mena seco Amor, sì che parlareNull'uom ne puote; ma ciascun sospira?Ahi Dio! che sembra quando gli occhi gira!Dicalo Amor, ch'io nol saprei contare:Cotanto d'umiltà donna mi pare,Che ciascun'altra inver di lei chiam'ira.Non si poria contar la sua piacenza;Chè a lei s'inchina ogni gentil virtute,E la Beltate per sua Dea la mostra.Non è sì alta già la mente nostra,E non s'è posta in noi tanta salute,Che propriamente n'abbiam conoscenza.Guido Cavalcanti
CAVALCANTI. Fiorentino; fu d'alto animo, e d'acuto ingegno; fu prode in armi; amatore disinteressato della sua patria; lodato dopo la sua morte da tutti gli storici, se non che lo accusano, tutti d'indole troppo altera e sdegnosa. Ma le umane virtù hanno tutte l'innesto d'un vizio. E doveva pur essere dotato di predominante carattere; da che Dante, che pur era nato alterissimo fra' mortali, confessa che Guido, benchè gli fosse amico confidentissimo, gl'imponeva rispetto. Amò una giovane Tolosana; e morì in esilio quindici o venti anni prima di Dante. Vedendosi imminente la morte, poco innanzi di chiudere gli occhi, ne diede avviso alla sua donna con que'versi malinconici:Perch'io non spero di tornar giammai,Ballatetta, in Toscana ecc.Ballatetta è diminutivo di ballata, nome di, canzoni, al canto delle quali guidavasi dalle giovani il ballo. - Nel sonetto qui riportato a're è sincope di aere in grazia della rima: nè oggi si usurperebbe - caritate vuol dir benevolenza graziosa: in questo verso il poeta intendeva che la beltà della sua donna spirasse a quanto stavale intorno quel soavissimo fremito che viene dalla meraviglia e dall'amore improvviso - umiltate, suona dolcezza modesta - piacenza, vocabolo disusato e significava amabilità - per salute intendesi grazia di lume divino, necessaria a conoscere i pregi soprannaturali d'una perfetta beltà corporea e morale. - Raffrontisi questo co' tre seguenti sonetti di Dante, Petrarca e Giusto: trattano tutti quattro lo stesso soggetto, e quasi ad un modo.Da: "Vestigi della storia del sonetto italiano", di Ugo Foscolo, Salerno 1816.