Quid novi?

Angelo Di Costanzo


Angelo Di CostanzoMorto verso l'anno MDXC.Quella cetra gentil che in su la rivaCantò di Mincio Dafni e Melibeo,Sì che non so se in Menalo o in Liceo,In quella o in altra età, simil s'udiva;Poi che con voce più canora e vivaCelebrato ebbe Pale ed Aristeo,E le grand'opre che in esilio feoIl gran figliuol d'Anchise e della Diva;Dal suo pastore in una quercia ombrosaSacrata pende; e se la move il vento,Par che dica superba e disdegnosa:Non sia chi di toccarmi abbia ardimento;Che se non spero aver man sì famosa,Del gran Titiro mio sol mi contento.Angelo Di Costanzo
COSTANZO. Napoletano: per esso l'arte de' sillogismi in sonetti giunse alla perfezione: sciaguratissima perfezione! Pur questo componimento è il solo, per avventura, nel quale il Costanzo, tenendo altra via, sia riescito poeta. Pare uno de' belli epigrammi greci. È in lode di Virgilio, che nell'egloghe assunse il nome di Titiro. Vedi i quattordici versi concatenati spontaneamente in un solo periodo, così che tu, leggendo, stai pur sempre attento sino alla fine a quella cetra appesa alla quercia. - Il Mincio è fiume del paese mantovano patria di Virgilio. - Dafni e Melibeo sono pastori nelle egloghe di quel poeta. - Menalo e Liceo paesi greci, celebri per la poesia pastorale. - Pale e Aristeo; la prima è Dea de' pastori, l'altro è Semideo che insegnò la cultura delle api: alludesi alle Georgiche virgiliane. - Enea fu figliuolo d'Anchise e di Venere; però nel settimo e ottavo verso s'allude all'Eneide.Da: "Vestigi della storia del sonetto italiano", di Ugo Foscolo, Salerno 1816.