Quid novi?

Giovanni Della Casa


Giovanni Della CasaMorto nel MDLXVI.O sonno! o, della queta umida ombrosaNotte, placido figlio! o, de' mortaliEgri, conforto; obblio dolce de' maliSì gravi, ond'è la vita aspra e noiosa!Soccorri al core omai che langue, e posaNon ave; e queste membra stanche e fraliSolleva: a me ten vieni, o sonno! e l'aliTue brune sovra me distendi e posa.Ov'è il silenzio che il dì fugge e il lume?E i lievi sogni che con non secureVestigia di seguirti han per costume?Lasso! che invan te chiamo; e queste oscureE gelide ombre invan lusingo. Ahi piumeD'asprezza colme! ahi notti acerbe e dure!Giovanni Della Casa
DELLA CASA. Nacque, credo, in Mugello, contado fiorentino, e morì arcivescovo di Benevento: è fama che certi suoi versi alquanto lascivi gli abbiano tolto il cardinalato. Fu bello e forte ingegno. Uscì, se non il primo, certo il più ardito, fuor della turba de' tanti Petrarchisti d'allora, e si fece altro stile. Il merito della sua poesia consiste principalmente nel collocare le parole e spezzare la melodia de' versi con tale ingegnosa sprezzatura da far risultare l'effetto che i maestri di musica ottengono dalle dissonanze, e i pittori dalle ombre assai risentite. Nota come in quest'invocazione al Sonno lo stile, sebbene retoricamente amplificato, pur non pregiudica alla naturale espressione dell'uomo travagliato da' pensieri e dalla veglia; appunto quel verseggiare sì rotto ti fa sentire l'angoscia. La prima terzina è bella d'immagini e di frasi degne di Virgilio. - non ave per non ha, dal latino habet; oggi è fuor d'uso.Da: "Vestigi della storia del sonetto italiano", di Ugo Foscolo, Salerno 1816.