Quid novi?

Giusto de' Conti


Giusto de' ContiScriveva verso il MCCCC o poco dopo.Chi è costei, che nostra etate adornaDi tante meraviglie e di valore?E in forma umana, in compagnia d'Amore,Fra noi mortali come Dea soggiorna?Di senno e di beltà dal ciel s'adorna,Qual spirto ignudo e sciolto d'ogni errore;E per destin la degna a tanto onoreNatura, che a mirarla pur ritorna.In lei quel poco lume è tutto accoltoE quel poco splendor che a' giorni nostriSovra noi cade da benigne stelle:Tal che 'l Maestro de' stellati chiostriSi lauda, rimirando nel bel volto;Chè fe' già di sua man cose sì belle.Giusto de' Conti
DE' CONTI. Romano: Scrisse un canzoniere col titolo La Bella Mano: e son tutte rime in lode della sua donna; ma per lo più imitazioni della poesia petrarchesca, la quale, com'ebbe tocco il sommo, cominciò, per destino di tutte le umane cose, a declinare, appena morto chi l'aveva perfezionata. Però in questo sonetto vedesi un bel lavoro intarsiato di pensieri alti e finissimi; bel lavoro a dir vero; ma pur sempre a mosaico, senza creazione e senza unità di composizione. - L'entrata del sonetto è vivace, e ricorda la Cantica di Salomone, cap. 3, vs. 6, Chi è mai costei che viene dal deserto sì bella? - La voce chiostro del terz'ultimo verso è frequente in tutti i nostri poeti, e deriva dal latino claustrum, recinto: però s'usa metaforicamente per qualunque circonferenza che paia chiusa: e qui gli stellati chiostri significano il cielo, incircoscritto all'umano pensiero, ma che per l'orizzonte pare circoscritto d'ogni parte a' nostri occhi.Da: "Vestigi della storia del sonetto italiano", di Ugo Foscolo, Salerno 1816.