Quid novi?

Un segreto


Un segretoLieve la vita mia, d'astratte e anticherovine e di macerierecenti piena,mi rende un senso arcano. Se la primaorigine ne cerco nei ricordiio mi sovvengo, o Roma, il di che, bimbo,soffiando su una foglia di magnoliafortunosa per me più d'una nave,caddi nell'acqua d'una tua fontanae alcun mi ripescò, cui debbo scampoda morte certa, ma non so chi sia.C'era una chiesa, intorno un luminosogiardino; c'eran donne,bambini ed un gridiofestoso. In quell'istantetutto con me scomparvegiù nel liquido buio, per tornaredinanzi alla mia vistamiracoloso. Sùbito fuggii,impaurito non dallo scampatopericolo, bensì dal travolgentesegreto che nel mondov'è anche un minacciatoesistere, prezioso più del vivereconsueto.Ora, fra rive erbite,serene, e sponde di pietra maturavivente ormai più d'una carne umana,Roma, mi sembri tutta una fontanascolpita e immensa: fontana di cielo.Tra le sponde dei colliche s'esaltan d'aranci, di limoni,del pin latino ad essi caro comeai monti della mia terra lontanad'onde si slancian verso il mare i vènti,vedo un continuo naufragare e lento,un eterno risorger di stillantistagioni.Adriano GrandeDa: Strenna dei Romanisti 1956, pag. 94