Quid novi?

Sul Palatino


Sul PalatinoIo non sono un poeta, un pellegrino,un vagabondo giunto d'oltremareper cercar le tue pietre ed ammirarele tue sacre vestigia, o Palatino;io non vengo a frugare in questa cavadi gloria, dove il popolo latinoscrisse col sangue il giovane destinodel mondo e dove l'uomo scava, scava,scava il passato ... Io cerco un po' di pace,qui dove più assorbente fu il clamoredel mondo, qui dov'arse il vivo cuoredell'universo, simile a una face;dove l'Aquila marzia incanalavala sua potenza, ad ogni nuovo voloamalgamando come in un crogiuolole razze avverse della terra schiava.La gloria... Questi ruderi cadenti,questi avanzi sublimi e sepolcralifuron vivi fastigi, innanzi ai qualiun giorno si prostrarono le genti;furon pareti di superbe stanzequesti muri diruti, queste pietreconsunte, dove al suono delle cetreun giorno s'intrecciarono le danze;furon marmoree volte di fastosesale, che risonaron di conviti,dove cadevan gli ospiti impazziti,soffocati da turbini di rose ...Ma ciò che l'uomo edificò, vetustosi sgretola, si macera, si perde:un prepotente esuberar di verdecopre le soglie del divino Augusto.E il sole splende, il sole che brillavasul colle della gloria e dell'impero,indifferente al piccolo misterodella storia dell'uomo. E l'uomo scava,scava il passato ... Lungo le pendicidel luminoso colle, in vista al Forosolenne, vanno nella luce d'orocoppie d'amanti immemori e felici:gode nel sole, l'anima rapita,la sua fugace inconcludente storia,cantando sull'altare della gloriail canto dell'amore e della vita.Alberto CavalieriStrenna dei Romanisti, 1942, pag. 154