Quid novi?

Circe - Aurora volsca - Colle Formello - Pane quotidiano


CirceOgni mattina col sole fra mitili e granchi agli scoglisulla mia barca ondeggiante speculo il fondo marino;triglie squamose, murene, fra l'alghe e scorfani orrendi,dentro il silenzio dell'acqua varcan le soglie dorate.L'alba fosforescente illumina i fior di corallo,segrete nei cupi riflessi dormon le naiadi rosa;splende un giardino silvestre intorno al picciolo golfo,sfioran le rose marine col verso i divini usignoli.Forse vicina la Maga diffonde il musico incanto?Verde soltanto ed azzurro recingono l'infinito.Oh vedess'io su dall'onda emerger le chiome lucentistillanti roride perle sopra il malioso seno!Aurora volscaDietro ai Lepini sbiancano le stellemattutine, nel tramite d'argentoe nella negra Pontide, col vento,brillan sui borghi pallide fiammelle.Svegliano i Volsci in fumide capannela lor gente per !'opere solenni,le vendemmie che videro i millenni.fra botti opime sulle ossute scranne.Ma l'alba come un fiume iridescente,la vasta notte di sua luce inonda,sfiorando i colli incontro all'occidente;l'alba eterna che l'anima giocondadegli uomini risveglia e a lor, dal niente,discopre il tutto e d'amor li circonda.Colle FormelloAddio mia vita libera e tranquillatra i filari di viti illuminatinell'incanto dei vesperi dorati,quando sarà suonata la mia squilla;il mastio verde e il fumido turchinodei Lepini gradanti verso il maree, davanti al solingo casolare,il fico ombroso e il mandorlo reclino.Dovrò lasciarti, e tu, dolce compagna,giunta al mio amore sopra questo colleove il sole nell'anima ristagna,pur vivi senza duolo e senza pianto:su questo colle che nel sole è immersosempre felici dormiremo accanto.Pane quotidianoAhi Ministeri, cellulari enormiove non è che luca alcuna cosae il tempo con la polvere si posasul bordo dei fascicoli uniformi,ove i miei amici, poveri innocenti,sulle insudate pratiche coatti,la colazione fan passare agli attioppur la cena e restringono i denti,grazie vi rendo : mi donaste il panee anche il companatico, col sale;lo scendere e il salir le vostre scalepur fu propizio per la mia dimane;ma, vecchi amici, miei quasi fratelliadoranti la mistica pensione,lasciate tutti la vostra prigione,uscite al sole a cantar gli stornelli.Tristi gli androni a me come per voie tristi le anticamere affollate,le mancie del commesso, le chiamatecol campanello, i frusti corridoi;date le carte al macero, sciamandosui sette colli e nei castelli d'oro,e tutti insieme canteremo un coroalla Dea Libertà, centellinando;centellinando il licore di vinoche infonde in petto agli uomini l'oblio,di libertà sono assetato anch'iopria che in fondo si chiuda il mio destino.Giuseppe BorgioliDa: "Cinzia"Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 127-129