Quid novi?

Cesare e Bruto


Cesare e BrutoVia dell' Impero, una sera d'agosto.Il cielo di piombo; a calde folatelo scirocco soffiava - e lievitavanel cuore un'ansia opprimente.L'ansia dello scirocco romanoaffannosa e disperata:ad ogni passo s'apre l'abisso.Ti fermi, ti asciughi,bevi un bicchiere ambratoe riprendi il cammino.Seggo sul bianco travertinoche fa all'amore col sole.Vicino la statua di Cesare.Dictatori Perpetuo!Perpetuo, ripeto e sorridoal pugnale di Bruto.Il Dittatore m'ha colto il sorriso,m'ha colto il pensiero;discende dal suo piedistallo,si siede a me vicino.«Mala Tempora pei dittatori!Se alcuno guarda,subito il suo pensiero ricorre a Brutoe quegli esalta e me spregia.Adirarmi? Perché?Ringrazio anch'io Bruto;fu lui che mi elevòDittatore perpetuo.Misero il Dittatore che muorevecchio stanco su un letto doratoodioso a' nemici, zimbello a' suoi fidi.Vidi l'astro di Bruto sorger sul mio destino;non lo stornai, lo benedissi e quandola sua lama brillò dinnanzi ai miei occhilucidamente, per la prima voltalo chiamai: Figlio mio!Fu il mio capolavoro.Cosa sarebbe la memoria di Cesaresenza il fiotto di sangue versatodal pugnale di Bruto?Chi m'adora e m'esaltasempre dovrebbe alla mia immagineaccoppiar quella di Bruto.Bruto è l'ombra di Cesare;il pugnale è l'ombra della dittatura;il dittatore che vi si sottraefallisce il suo destino».Alfredo SignorettiDa: Strenna dei Romanisti, 1964, pag. 426