Quid novi?

Elegia albana


Elegia albanaScendevo quasi portato da un'estasi della memoriala galleria dei lecci da Castel Gandolfo ad Albano,scendevo sotto la volta che gli antichissimi alberidi sulle rocce incurvano con nervature neredi bracci intrecciantisi, mentre le foglie minutetrapuntano contro cielo un lavorato soffitto.Scendevo fra gli alberi, senza pensieri ma non dismemore,scordavo la vita di oggi, più memore della lontana,perché con mio padre già venni fanciullo fra questi leccie poi con Onofri poeta e altri amici anche cari;ma tante volte che v'ero passato ammirando,mai scorto avevo sul cielo quel fino ricamo di foglie.Tanto ci vuole, una vita intiera, a vedere! E ti accorgid'un tratto che l'occhio ha sempre meglio imparatol'arte di guardare e comincia a vedere davvero le cosequando la luce del mondo gli sta tramontando dinanzi.Mentre così nell'intimo scoprivo un luogo già amato,passarono carri veloci coi grappoli della vendemmia,(una volta erano asini lenti lenti con doppia bigoncia!);lasciarono in quel fuggire una scia odorosa di uva,e credetti di bere il mosto, inebbriandomi solo all'odorecome della vita fuggita mi dà un capogiro il ricordo.E dopo passò un uomo e mi dette la buona seracol gentile costume della gente che ancora salutain questo paese di vigne, in questa terra albana.Così, fra poco, o miei cari, ci saluteremo laggiù.Giorgio VigoloDa: Strenna dei Romanisti, 1964, pag. 484