Quid novi?

Tarquinia


TarquiniaA Tarquinia, che declinasu la rorida Maremma,brucian stoppie, la collinasi distaglia nella fiemmae le torri addormentatehan la luce dell'acquario,mentre muti voi guardateMontecristo e l'Argentario.Ha riflessi rosa e azzurri,nel mattino, la salina,salgon lugubri sussurridalla viscida marinaed il sale pare nevedove, nudi e screpolati,vanno i piedi dei forzati.Ma le donne di Tarquiniasono belle ed il velamedella cipria è proprio vanosu la pelle color rame.Son sepolti, nel profondo,sotto il tufo ed il terriccio,armi, bare, oro massiccio,reggie, templi, tutto un mondo.Cardinale Vitelleschi,sorgi, cingi la corazza,va a cavallo verso i freschiselci della tua terrazza.Stan belando saporitiagnellini nella cucciae la capra, su i fioritiprati, mangia la mentuccia.Vivon grassi come quagliei ramarri dello stagno.Han cappelli alla Tom Mixe giacconi di fustagno,i mercanti. Dolci serpiuna specie di narcosi,tra le anfore e i corruschisortilegi degli Etruschi,da millenni rende sposi.E sfinite tartarughedisperatamente avanzanotra selvatiche lattughe.S'alza il sole. Due campane,col martello delle aurore,sulla piazza batton l'ore.Zitti. Un fischio le lontanegenti chiama e il litoraleè uno strepito feliceper la caccia del cinghiale,mentre stanno allineatequadre torri smemorate,mentre il Giglio e l'Argentariohan la luce d'un acquario.Diego CalcagnoDa Strenna dei Romanisti, 1965, pag. 72