Quattro SonettiItalia, Italia, o tu, cui feo la sorteDono infelice di bellezza, ond'haiFunesta dote d'infiniti guai,Che in fronte scritti per gran doglia porte;Deh fossi tu men bella, o almen più forte,Onde assai più ti paventasse, o assaiT'amasse men chi del tuo bello a i raiPar, che si strugga, e pur ti sfida a morte!Che giù da l'Alpi non vedrei torrentiScender d'armati; nè di sangue tintaBever l'onda del Pò Gallici armenti;Nè te vedrei del non tuo ferro cintaPugnar col braccio di straniere gentiPer servir sempre o vincitrice, o vinta.2Questa, che scossa di sue regie frondeSol coll'augusto Tronco ombra facea,Gran Pianta eccelsa, e tanto al Ciel s'ergea;Quanto fur sue radici ampie, e profonde:Quella: ove nido facean gl'Ingegni, e dondeVirtù sostegno, e nudrimento avea,E che di gloria i rami alti stendea- Dal Caspio lido alle Tirintie sponde;Ecco cede al suo peso, ecco da l'imeParti si schianta, e ciò, che un tempo resse,Colla cadente Sua grandezza opprime;E come il Mondo al suo cader cadesse,Strage apporta sì vasta, e sì sublime,Che han maestà le sue ruine istesse.
Vincenzo da Filicaja
Quattro SonettiItalia, Italia, o tu, cui feo la sorteDono infelice di bellezza, ond'haiFunesta dote d'infiniti guai,Che in fronte scritti per gran doglia porte;Deh fossi tu men bella, o almen più forte,Onde assai più ti paventasse, o assaiT'amasse men chi del tuo bello a i raiPar, che si strugga, e pur ti sfida a morte!Che giù da l'Alpi non vedrei torrentiScender d'armati; nè di sangue tintaBever l'onda del Pò Gallici armenti;Nè te vedrei del non tuo ferro cintaPugnar col braccio di straniere gentiPer servir sempre o vincitrice, o vinta.2Questa, che scossa di sue regie frondeSol coll'augusto Tronco ombra facea,Gran Pianta eccelsa, e tanto al Ciel s'ergea;Quanto fur sue radici ampie, e profonde:Quella: ove nido facean gl'Ingegni, e dondeVirtù sostegno, e nudrimento avea,E che di gloria i rami alti stendea- Dal Caspio lido alle Tirintie sponde;Ecco cede al suo peso, ecco da l'imeParti si schianta, e ciò, che un tempo resse,Colla cadente Sua grandezza opprime;E come il Mondo al suo cader cadesse,Strage apporta sì vasta, e sì sublime,Che han maestà le sue ruine istesse.