Quid novi?

L'innamorata


"Leona si asciugava di nascosto gli occhi sempre pieni di lacrime, e pregava, pregava ardentemente il Signore, ogni sera prima di andare a letto, ogni domenica in chiesa, ginocchioni per ore e ore, che gli rendesse l'amore del suo amico. Ma codeste preghiere erano fatte senza convinzione, perché senza speranza. Ella sapeva che il Signore non poteva permettere che ella seguitasse a vivere in peccato mortale; e piangeva così, rassegnata, con un gran vuoto nel cuore, aspettando che accadesse quello che fatalmente doveva accadere. A poco a poco, tutti i suoi gioielli, tutti i suoi abiti erano stati portati al Monte di Pietà. Un giorno Paolo era tornato tutto sconvolto, e aveva raccontato che un creditore a cui sua madre non aveva voluto pagare una cambiale di tremila lire, lo aveva minacciato di fare pubblicare il protesto sulla quarta pagina di tutti i giornali di Roma. Il nome di un conte Cappello sulla quarta pagina dei giornali! Egli non sapeva darsi pace. Risolutamente Leona gli aveva proposto di mandare i suoi gioielli al Monte. Dapprima egli era montato su tutte le furie; poi si era lasciato ammansire dai ragionamenti e dalle preghiere della povera donna: - i gioielli non erano perduti; tanto, lei non sapeva che farsene; si sarebbero spignorati presto con altri denari che sarebbero venuti - insomma, egli aveva finito con l'accettare. E tutto quel giorno si era mostrato tenero e appassionato come nei primi tempi del loro amore. Ma il giorno stesso si era ricominciato da capo. E così, a uno per volta, per ottenere una carezza o uno sguardo meno indifferente del solito, ella aveva mandato al Monte anche i vestiti di velluto e di seta, le camicie di batista, i lenzuoli, i cappellini, ogni cosa. E lui accettava, oramai, evitando di domandare come ella avesse fatto a procurarsi il denaro che gli faceva bisogno; raccontandole che presto l'avrebbe compensata di ogni suo sacrificio, e tornando, di lì a poche ore, a tormentarla, a farle il muso duro, a rinfacciarle la propria miseria e il proprio avvilimento.".Il brano, vagamente autobiografico, è tratto dal romanzo L'innamorata, di Evelina Cattermole, nota come Contessa Lara, poetessa e scrittrice assassinata il 30 novembre 1896 dal suo convivente.