Quid novi?

Lodovico Castelvetro e Filippo Valentini


IaFilippo Valentini a Lodovico Castelvetro*E larga strada, et ampia entrata a mortealtrui condurre agiato e carco invita,ma disagioso e scarco ire a la vitaper angusto sentier povere porte.Chi qua giù scese a far le genti accortecon opre e con parole ognor n'addita,u' non d'agi e di some alma impeditaentrar più che per ago le ritorte. (1)A sì picciola porta e stretto calletutti i comodi uman lasciar bisogna,e d'ogni peso disgombrar le spalle,che passarvi altrimente in van s'agogna,se 'l saver di Colui forse non falle,cui senza, Atene san nulla, e Bologna. (2)Filippo Valentini  (Modena, 1512 ca. - Grigioni, 1572)a Lodovico Castelvetro (1505-1571)Da: Lodovico Castelvetro, Lettere, Rime, Carmina a cura di Enrico Garavelli, BIT&S Testi e Studi - Edizioni di Storia e Letteratura, 20152 invita] in vita F1, in vlta Let, in ulta Va 3 disagioso] disaggioso Mo2 Let e sgg. e scarco] e carco Mo2 ire] om. Mo2 Let e sgg. 5 qua giù] quaggiù Mo2 10 comodi] commodi Mo2 12 altrimente] altrimenti Let e sgg.*  Struttura metrica: Sonetto ABBA ABBA CDC DCD. Fonti: F1 97v, Mo2 267, Lettera del traslatare, p. 96 (= Let). Ristampato, da Lettera del traslatare, in Valentini, Il principe fanciullo, p. 35 (= Va), Roncaccia, Castelvetro e Valentini, p. 81 e Roncaccia, Il metodo critico, pp. 89-90. Tutto il sonetto, dalla sintassi non sempre perspicua (non per nulla del Valentini era quasi proverbiale l'obscuritas), è costruito sull'opposizione evangelica tra la via larga e spaziosa che conduce alla perdizione e quella stretta e angusta che porta alla vita («Intrate per angustam portam, quia lata porta et spatiosa via, quae ducit ad perditionem, et multi sunt, qui intrant per eam; quam angusta porta et arta via, quae ducit ad vitam, et pauci sunt, qui inveniunt eam!», Mt 7, 13-14).Note:1  Ritorte. Propriamente 'legaccio realizzato attorcigliando vermene o salici verdi'; in questo caso vale semplicemente 'fune, corda' (gdli xvi, pp. 974-975). L'incrocio con Mc 10, 25 («Facilius est camelum per foramen acus transire quam divitem intrare in regnum Dei») rivela un'esegesi per allora assai raffinata del kàmelos neotestamentario.2  Denuncia della nullità della scienza umana, di contro alla profondità della sapienza divina, principio e fondamento di ogni sapere (probabilmente sullo sfondo della paolina predicationis stultitia, 1 Cor 1, 20-21).IbLodovico Castelvetro a Filippo Valentini*Se non vedesti ancor per lunghe o tortevie da l'usato corso suo smarritapunto la queta mente mia romitaa che pur spargi al ciel parole morte? Se sottilmente la strema mia sorte,come ben scorgi, a sostentar m'aita,et, oh!, (1) non manchi innanzi a la partitach'io lasci il troppo a che pur mi conforte,chi non sa ch'al varcar di questa valledi lagrime, (2) la qual ognor menzogna,spirto rabbioso, turba d'alto a valle,chi non vuol affogarvi con vergognafa mestier ch'abbia intorno molte galle? (3)Dunque, il consiglio tuo par d'uom che sogna. (4)Lodovico Castelvetro (1505-1571)risposta a Filippo Valentini  (Modena, 1512 ca. - Grigioni, 1572)Da: Lodovico Castelvetro, Lettere, Rime, Carmina a cura di Enrico Garavelli, BIT&S Testi e Studi - Edizioni di Storia e Letteratura, 20157 et, oh] Et o F1 Let, Ed o Mo2 *  Struttura metrica: Sonetto ABBA ABBA CDC DCD. Fonti: F1 97r, Mo2 254, Lettera del traslatare, p. 95. Ristampato, da Lettera del traslatare, in Cavazzuti, Lodovico Castelvetro, p. 196 (che lo commenta severamente), Valentini, Il principe fanciullo, p. 34, Roncaccia, Castelvetro e Valentini, p. 81 e Roncaccia, Il metodo critico, p. 90. Da notare la partitura simmetrica (Se... Se... Chi... Chi...).1  Credo che si tratti di un o ottativo, analogo al latino utinam. Metricamente è però, chiaramente, una zeppa.2  Calco, un po' banale, del liturgico lacrimarum vallis (non mancano riprese analoghe nella lirica coeva, come il «lagrimosa valle» dei Tasso, padre e figlio).3  Sull'abusata metafora della vita come navigazione Castelvetro innesta l'immagine del 'salvagente' («galle» nel poco convincente significato figurato di 'cosa senza peso' è registrato da gdli vi, pp. 550-551; probabilmente qui andrebbe riconosciuta un'accezione più propria di 'galleggiante', come derivato da gallare, 'galleggiare' ), cioè dei beni materiali, che tengono in superficie il naufrago. Da notare un'eco di O.F. xviii 24. 2 («come s'intorno avesse tante galle»).4   Da registrare possibili echi di Pg 33, 33, Pd 29, 82 e Rvf 264, 88 e soprattutto 49, 8 (dove si riscontra l'intera sequenza di parole-rima menzogna: vergogna: sogna).