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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Post n°1150 pubblicato il 27 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo Sotto Rifeo, in quella regione lá dove gli Arimaspi fan dimoro, 5 son li smeraldi a guardia del grifone. E cosí per li stremi di costoro, dove noi siamo, per la rena molta truovi formiche assai, che guardan l’oro. O doloroso avaro, anima stolta, 10 che guardi l’or come bruto animale, lo qual non ha ragion né mai l’ascolta, dimmi: ecco la morte; che ti vale? E dimmi, se pur vivi e non ne hai prode, s’altro ne puoi aver che danno e male. 15 L’oro è buono a colui il qual lo gode e fanne bene a’ suoi e dá per Dio e che n’aspetta il cielo e, qua giú, lode. Ma qui taccio di te, aspido rio, per tornar dove lassai, in su la rena, 20 le tue soror col cupido disio. Grandi son come can che s’incatena; dente han qual porco e leonine zampi: di nascondere l’oro è la lor pena. Se ’l dí per torne vai, da lor non scampi; 25 la notte, quando stan sotto la terra, sicur ne puoi portar, ché non v’inciampi". Cosí quel savio accorto, che non erra, seguio lo suo parlare, andando sempre, come tenea il cammin, di serra in serra. 30 "Ancora vo’ che ne la mente tempre la forma del parandro, a ciò che tue, se gli altri noti, questo metti in tempre. La sua grandezza è simile d’un bue e tal qual cervo mostra la sua testa, 35 salvo ch’ello ha maggior le corna sue. Nel Nilo vive piú ch’a la foresta; e tal qual vedi il pel de l’orso fatto, di quel propio color par che si vesta". Indi mi disse la natura e l’atto 40 de la sua vita, sí come la conta, ch’assai mi piacque e parvemi gran fatto. Poi del polipo e del cameleonta m’aperse, come l’uno nasce in mare, in terra l’altro: e la vita m’impronta. 45 "Lo lupo Licaon dipinto pare di tanti color nuovi e sí diversi, che l’uom, che ’l vede, il pel non sa contare. L’istrice truovi in questi luoghi spersi sí grande e duro, che, ove lo spin getta, 50 verretta par che dal balestro versi. Però, quando è cacciato e messo a stretta, sí forte scocca i colpi e li spesseggia, che mal ne sta qualunque can l’aspetta. L’uccello pegaseo par che si veggia di qua e questo a riguardare è tale per novitá, quanto altro che si leggia. Ardito, forte e fiero sta su l’ale; niuna cosa tien piú di cavallo che sol l’orecchia, ché propio l’ha tale. 60 Io dico struzzi molti, senza fallo, e piú altri animal, ciascuno strano, puote veder qual va per questo stallo". Alfin mi nominò lo tragipano, dicendo: "Questo piú d’aguglia cresce 65 ed è quanto altro uccel crudo e villano. Fuor de la fronte due gran corna gli esce simili a quelle ch’a un montone vedi, con le quai s’arma e ferir non gl’incresce". Cosí movendo per l’Africa i piedi, 70 parlando d’una cosa e altra strana, giungemmo dove ancor mi disse: "Vedi". E mostrommi in un piano una fontana, dicendo: "Al mondo non la so migliore a la voce de l’uomo né piú sana". 75 E io a lui: "Se quella di Litore e questa avesse un musico per uso piú li farebbe assai, che ’l vino, onore". La nostra via era come un fuso diritta in vèr levante, dove il Nille 80 percuote Egitto e bagnalo col muso. Io vidi fiammeggiar foco e faville in tanta quantitá, che ’l monte d’Enna non par maggior, quando arde mare e ville. Qui mi volsi a colui, lo qual m’impenna 85 di ciò ch’è il vero, quando sono in dubio, e dissi: "O sol, del vero qui m’insenna. Quel che foco è? Arde bosco o carrubio sopra quel monte, o fallo natura sí come vidi giá sopra Vesubio?" 90 Ed ello a me: "Figliuol, se porrai cura, quando piú presso del monte saremo, vedrai che fuor ne svampa la calura". E poi che ’n quella parte giunti semo, non è si alto il Torraccio a Cremona, 95 come quel foco andare in suso spremo. E, nel forte spirar, tai mugghi sona con voci spaventevoli per entro, che smarrir vi farebbe ogni persona. Allor diss’io: "Ben credo che dal centro 100 de lo ’nferno questa fiamma procede, a gli urli e gridi ch’io vi sento dentro. E certo, se la porta qui si vede d’andare in esso, non m’è maraviglia, ché questa gente non ha legge e fede 105 e poi dimonio ciascun ci somiglia". |
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