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Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
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Messaggi del 17/06/2017

Di se stesso

Post n°3976 pubblicato il 17 Giugno 2017 da valerio.sampieri
 

Di se stesso

Non son chi fui: perì di noi gran parte:
Questo che avanza è sol languore e pianto;
E secco è il mirto, e son le foglie sparte
Del lauro, speme al giovenil mio canto;

Perchè dal dì ch’empia licenza e Marte
Vestivan me del lor sanguineo manto,
Cieca è la mente e guasto il core, ed arte
L’umana strage arte è in me fatta, e vanto.

Che se pur sorge di morir consiglio,
A mia fiera ragion chiudon le porte
Furor di gloria, e carità di figlio.

Tal di me schiavo, e d’altri, e della sorte,
Conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,
E so invocare, e non darmi la morte.

Ugo Foscolo

Il verso 13 riecheggia quello Ovidiano delle Metamorfosi: "video meliora proboque, deteriora sequor", vale a dire "vedo e approvo le cose migliori, ma seguo le peggiori". Prima di Foscolo, si erano serviti del verso di Ovidio il Petrarca ("Et veggio 'l meglio et al peggior m'appiglio", Canzoniere, CCLXIV.136) e Matteo Maria Boiardo, nell' Orlando innamorato, Libro I, Canto I.31 ("Ch'io vedo il meglio ed al peggior m'appiglio").

 
 
 

Lettera d'un arichiamato I

Lettera d'un arichiamato (1)

I. Missiva


Cara moglie (li dieci der corente)

Te scrvo 'ste due righe colle quale
te faccio consapé co' la presente
che qui in quartiere stamo propio male.

Eppuro che me pigli un accidente
co' tutto che a stà qui de carnovale
me ce tintichi (2); a dittela papale (3)
me ce ritrovo bene e alegramente

e preferisco de sta qui ingrignito (4)
a fatigà, sudà, magnà la bobba (5)
che a vedé quel tu' grugno inviperito

e sentì quella forbice a tenaja
de tu' madre (che possi morì gobba)
che puro quanno dorme, cuce e taja.

Signora Nina Paja
Numero 23, Palazzo Rei
Santa Lucia 'n Serci, in faccia a lei.

Giggi Zanazzo
17 febbraio 1898
Da: Bojerie vecchie e nove

Note [di Giovanni Orioli]:
1. Cfr. sonetti "Penna in carta" e "La supprica a su' Minenza". - 2. Mi cuocia. - 3. A dirtela francamente. - 4. Sacrificato. - 5. Bobba, bobbia (sbobbia, arcaico dialettale), liquido assai denso e non buono: qui sta per rancio.

 
 
 

Alla Musa

Post n°3974 pubblicato il 17 Giugno 2017 da valerio.sampieri
 

Alla Musa

Pur tu copia versavi alma di canto
Su le mie labbra un tempo, Aonia Diva,
Quando de’ miei fiorenti anni fuggiva
La stagion prima, e dietro erale intanto

Questa, che meco per la via del pianto
Scende di Lete ver la muta riva:
Non udito or t’invoco; ohimè! soltanto
Una favilla del tuo spirto è viva.

E tu fuggisti in compagnia dell’ore,
O Dea! tu pur mi lasci alle pensose
Membranze, e del futuro al timor cieco.

Però mi accorgo, e mel ridice amore,
Che mal ponno sfogar rade, operose
Rime il dolor che deve albergar meco.

Ugo Foscolo

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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