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Osservazioni sulla tortura e singolarmente sugli effetti che produsse all'occasione delle unzioni malefiche alle quali si attribuì la pestilenza che devastò Milano l'anno 1630 - Prima edizione 1804 (di Pietro Verri)

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Il Dittamondo, Libro Primo

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Il Dittamondo, Libro Quarto
Il Dittamondo, Libro Quinto
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Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
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Messaggi del 06/03/2017

Tresteverine

Tresteverine

Occhioni innamorati, trecce belle,
Visetti che affattureno a vedelli,
Treteverine scicche, palommelle,
Pe' voi vojo cantà du' ritornelli:
Chi aspetta maggio pe' coje le rose?
'N Trestevere ce sbocceno 'gni mese
Più belle, delicate e più odorose.
Quanno che dichi: - 'Na tresteverina
Tra le belle de Roma hai detto: una!



E tra le stelle quella matutina.
Chi ancora nu' lo sa che d'è l'amore
Bazzichi pe' Trestevere du' sere,
E sentirà che je succede ar còre! ...
Tutte le sere quanno scegne er sole
Gireno l'angioletti senza l'ale:
Sartine, sigherare e cerarole.
Prima che spunta er sole la matina
Le stelle se ne vann'a un'a una
Come se sveja 'na tresteverina.

Augusto Terenzi (morto 1/1/1911, poco più che quarantenne)
(1902)
Strenna dei Romanisti, 1961, pag. 159

 
 
 

Giovanni Battista D'Azzia

Giovanni Battista D'Azzia, Accademico e letterato, marchese di Laterza, conte di Nola, morto presumibilmente nel 1554.
Di questo autore conosco i seguenti quattro sonetti:
Al foco de gli accesi miei desiri,
Euro gentil, se d'amoroso ardore
Quando talhor l'alto pensier mi mena,
Spiegate ha già l'ardito mio pensiero


Al foco de gli accesi miei desiri,

Al foco de gli accesi miei desiri,
Cse spegner non poria ghiaccio di sdegno,
Temendo ardea; ch'al peso de' martiri
Io venia men senza il mio bel sostegno.

Quando l'alta cagion de' miei sospiri,
Per cui quanto il Sol vede hor sprezzo, e sdegno,
Ver me rivolse in più benigni giri
Gli occhi, e la voce di pietà fe segno.

Come talhor', arida herbetta suole,
Dopo notturna pioggia al caldo estivo,
Risorger lieta a lo spuntar del Sole,

Così allor'io, ch'era di speme privo,
Divenni a quelle angeliche parole;
Che in me già morto, in altri miser vivo.



Euro gentil, se d'amoroso ardore

Euro gentil, se d'amoroso ardore
Giamai l'alma t'accese alcun bel lume,
Spiega in Ponente le veloci piume,
Ov'è colei, che tien seco il mio core.

A cui, con quest'amare onde, che fuore
Spargo da gli occhi in lagrimoso fiume,
Porta i sospiri miei, che per costume
A mille dal mio sen trae il dolore.

Et in sembiante riverente, e humile
Baciale'l piede, e di, che tosto io spero
Rimedio al mio gran duol da' suoi begli occhi.

Ma sò, che d'Aura in bel foco gentile
Sarai converso, in appressarti al vero
Raggio, che virtù infonde ovunque tocchi.




Quando talhor l'alto pensier mi mena,


Quando talhor l'alto pensier mi mena,
A mirar de' vostr'occbi il vivo Sole,
L'accesa voglia tosto trovar suole
Cosa, che'l suo sfrenato ardire affrena.

Perche la vaga luce, alma, e serena
D'una, in altra cagion fà, ch'ei sen vole,
Col cangiato desio, ch'alrro non vuole,
Al vero fin, che'l tutto acqueta, e frena.

Così mirando voi l'alma s'interna
Nel primiero principio; onde beata
Al vostr'Amor via più s'accende, e' nvoglia.

Ne morte fia, che tanto ben le toglia;
Poi che di quest'ardor sempre infiammata
Con Dio vedravvi, ognhor bella, ed eterna.



Spiegate ha già l'ardito mio pensiero

Spiegate ha già l'ardito mio pensiero
Per salir sovra'l ciel, l'amorose ale;
Ch'ove non giunse mai valor mortale
Spero salir per vago, erto sentiero.

E se l'audaci penne al volo altero
Venisser meno , il precepitio equale,
Fora al mio un desire; onde immortale
Sarebbe il salto, e l'honor sempre intero.

Ne di colui, che sì mal resse il lume,
Ne di quei, ch'al morir l'ali hebbe pronte,
Il duro caso può tenermi a freno.

Che quel, mentre rinforza al vol le piume,
Fà, ch'io non tema di seguir Fetonte;
Pur ch'al grande Oceano io caggia in seno.

Giovan Battista D'Azzia
Da: Il sesto libro delle rime di diversi eccellenti autori, nuouamente raccolte, et mandate in luce. Con un discorso di Girolamo Ruscelli. Al molto reuerendo, et honoratiss. monsignor Girolamo Artusio. Con Gratia & Privilegio. In Vinegia Al Segno del Pozzo, 1553.

 
 
 

Francesco Ruspoli

Il ruscello

Il ruscello passeggia nel bosco.
L'acqua s'increspa alla carezza delle fronde.
Si diverte tra i ciottoli antichi.

Ma una larga foglia gialla
che galleggiando pigra discende
dal monte, mi annuncia l'autunno.

Già il merlo chioccia tra l'edera
e il lentischio.
L'ultima estate intiepidisce il sogno.

Maremma morta

Maremma morta
metti una sella all' ultimo cavallo
che voglio andare via da questa terra!
E lega sulla sella una canestra,
con dentro una zanzara imbalsamata,
una ricotta e un fiore di ginestra!
Togli dal fontanile quello stemma,
che me lo porto via nella bisaccia
ora che è imbastardita la maremma!

Francesco Ruspoli
Strenna dei Romanisti,1959, pag. 152

 
 
 

Libri usati

Libri usati

Quer vecchio carettino
pieno de libri usati,
è come un monumento cittadino:
sempre su la piazzetta,
sempre a l'istesso posto.
Accanto c'è la solita donnetta
che venne "sotto costo"
stampe de l'ottocento,
romanzi, scenze, storia, giografia ...

Fra tanti e tanti libri ce n'è uno
ancora in bono stato;
forse, nun l'ha sfoiato mai nessuno.



È un libro de poesie
d'un' epoca lontana.
Oggi la tramontana
soffia su que' li versi
e sfoja, e sfoja, e sfoia,
le paggine ingiallite
come chi legge un libro e nun s' annoja.

L'ombra de quer poeta sconosciuto
rivede que' le paggine vortate
dar vento de gennaro,
e dice "grazie!", co' un sorriso amaro,
ar vento amico che je sfoja el libro
come nessuno l'ha sfojato mai.

Mario Ugo Guattari
Strenna dei Romanisti,1959, pag. 135

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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