Un cuore con le ali

Post N° 8


“I bambini di domani”“Desidero incominciare leggendo un brano di Anthony Storr, il quale dice che siamo tutti bambini, anche se molti di voi l’hanno dimenticato.Storr dice: E’ ignominioso essere un bambino. Essere cosi piccolo che puoi venire sollevato e spostato secondo il capriccio degli altri. Essere nutrito e non nutrito. Venire pulito o lasciato sporco. Venire reso felice o lasciato li a piangere. Sicuramente è un tale culmine dell’umiliazione che non è sorprendente che alcuni di noi non si riprendano mai. Perché senza dubbio una delle paure fondamentali è quella di essere trattati come cose e non come persone. Maneggiati, spinti qua e là da forze impersonali, trattati come se non contassimo nulla da quelli che sono più forti, che sono superiori. Ognuno di noi può essere un atomo minuscolo in un universo immenso, ma abbiamo bisogno di illuderci che contiamo… che la nostra individualità attiri l’attenzione. Venire completamente trascurati come persone è una specie di morte nella vita, contro la quale siamo costretti a combattere con tutte le nostre forze.Io credo che quanti di noi lavorino nelle professioni assistenziali sappiano, forse più di chiunque altro, quanto è difficile trovare quell’io, conservare quell’io e potersi fare avanti e dire, non già: Io sono, bensi: Io sto diventando, perché in realtà sotto molti aspetti noi non siamo ancora nati. Eppure, per quel che ne so, non esiste una scuola per la vita, e ci sono pochissimi modelli… individui che possano veramente farsi avanti e dire: Io sto diventando, io sono. E’ meraviglioso, la vita è bella, il mondo è bello.C’è un libro bellissimo che è sempre stato uno dei miei prediletti, L’Idiota di Dostoevskij. Parla del principe Myskin, che è una specie di santo sconsiderato in un mondo peccaminoso.  Sembra che tutto ciò che lui tocca con spirito di bontà si trasformi in sofferenza e disperazione, e lui non lo capisce. Soffre di attacchi epilettici, e ogni volta che ha un attacco ha ispirazioni immense.Dostoevskij  lo descrive così: All’improvviso, in mezzo alla tristezza, alla tenebra e all’oppressione spirituale, appariva un lampo di luce nella sua mente. E con uno straordinario slancio, tutte le sue forze vitali incominciavano a operare alla tensione più elevata. La sua mente e il suo cuore si inondavano di luce straordinaria. Tutta la sua inquietudine, tutti i suoi dubbi, tutte le sue ansie trovavano un sollievo immediato. Ma quei lampi erano soltanto il preludio del momento in cui incominciava l’attacco.Ogni volta che ha un attacco, gli giunge una rivelazione; e a un certo punto, verso la fine del romanzo, tutto balena nella sua mente, e il principe Myskin grida: Oh, Dio, perché non lo diciamo ai bambini?.Io faccio eco a questa frase: Perché non lo diciamo ai bambini? Perché non diciamo loro che hanno una scelta, che possono scegliere l’amore e non la sconfitta? Quando vi guardate in giro, potete vedere che ci sono tanti, tanti sconfitti. Non so cosa ne pensiate voi, ma a me fa paura che ogni anno, negli Stati Uniti, vi siano oltre 26.000 suicidi riusciti. Le statistiche dimostrano che gli atti di violenza sono aumentati del 7 per cento in tutta la nazione. Dove sono finiti coloro che si sposavano e restavano sposati, e tiravano su una famiglia per 20, 30, 50 anni? Perché le cose vanno diversamente? Forse perché siamo stati tutti allevati in giardini recintati, siamo stati protetti contro la vita… come se la vita fosse una terribile bruttura…  e per questo siamo stati allevati dietro muri artificiali, in giardini pieni di fiori e meraviglie. Solo quando arriviamo all’adolescenza, ci arrampichiamo su quel muro e scopriamo di non avere gli strumenti per sopravvivere alla realtà.Non vogliamo soffrire e perciò prendiamo pillole, prendiamo droghe, ci ubriachiamo, ci stordiamo. Abbiamo paura di vivere ma abbiamo ancora più paura di morire. Accusiamo il passato, amiamo accusare il passato, amiamo accusare tutti, nel passato, ma ci sentiamo impotenti di fronte al presente e al futuro. Sospettiamo degli altri, ma soprattutto sospettiamo di noi stessi. Abbiamo dimenticato come ascoltare le nostre voci. Siamo in contraddizione con ciò che viene da noi. Ci lasciamo sfuggire il presente, lo lasciamo andare. Non sappiamo che possiamo scegliere, e che possiamo scegliere la gioia. Non abbiamo uno scopo e non comprendiamo che cosa sia la vita. Non ci chiediamo mai: cosa ci faccio qui?. Forse che siamo qui solo per occupare spazio?Ho trascorso molto tempo in monasteri Zen e buddisti e in ashram dell’India per cercare di imparare il più possibile dal maggior numero di culture. In India vidi una cosa che non avevo mai visto altrove, e che avvenne come per magia. Quando arrivai a Calcutta, scesi dal treno, e non avevo ancora percorso 400 metri, quando, vidi tutto ciò che c’era da vedere della vita! Vidi infelicità, disperazione, vidi bambini che morivano di fame, vidi gente dall’espressione angosciata, vidi gioia e vidi rapimento. Vidi fiori e danze e bellezze e morte. In quattrocento metri… mentre avevo impiegato tanti anni della mia vita solo per incominciare a imparare ce cos’è la vita. Ed è questo che intendo dire quando affermo che noi neghiamo la vita ai bambini. Attendiamo che siano diventati adulti per insegnare loro qualcosa sulla morte. Facciamo in  modo che i bambini credano che la vita sia un letto di rose. Che delusione, per loro, quando scoprono che non è vero! Lasciamo che i bambini ci credano perfetti; e che esperienza devastante è per loro, quando scoprono che non lo siamo! Perché non insegnare cos’è l’umanità, visto che siamo essere umani?Prima d’insegnare ai bambini dobbiamo imparare a parlare con loro. Mi piacerebbe molto scrivere un libro intitolato: Come parlare con i bambini, perché vedo benissimo cosa succede tra gli adulti e i bambini: noi parliamo a loro, parliamo come se non ci fossero, parliamo in modo che non ci capiscano. Non comunichiamo mai con loro. Per comunicare veramente con i bambini, dobbiamo esercitarci a piegare le ginocchia. Dobbiamo piegarci per stare faccia a faccia con loro. Dobbiamo cercare di entrare nel loro mondo e smetterla di parlar loro del nostro. Ascoltiamoli. Invitiamoli a dirci che cosa vedono e sentono e odono perché, possono insegnarci qualcosa. E possono rimetterci in contatto con la meraviglia che era in noi e che abbiamo dimenticato”.       
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 Questo capitolo è davvero molto interessante e sarebbe doveroso per me trascriverlo tutto…perché al di la del fatto che comunque sono concetti che tutti conosciamo… e sappiamo…, sono veramente espressi nel miglior dei modi… abbiamo la possibilità di leggerli e rileggerli… e chi lo sa che facendo ciò… non ci venga data quella carica in più per poterli prendere veramente in considerazione e almeno provarci… a metterli in pratica…