Quote Azzurre

la rosa dei venti (versione dimagrita)


Come sempre quando sono nel pieno della tempesta, della crisi, penso a come ci sono arrivato. Non voglio iniziare dall’inizio, salto i preliminari, insomma niente Adamo ed Eva. Tutto era iniziato da una complicità istintiva, immediata. Già dalla prima volta che l’ho vista con la gamba ingessata, dovevamo badare a coprire la sua assenza dal lavoro, e poi dovevamo rivederci presto per scambiarci di nuovo quegli sguardi d’intesa, perché lei mi era proprio piaciuta. Così la complicità è stata il filo conduttore di un innamoramento. Quest’atteggiamento mi affascinava, m’irretiva sempre di più, fino a farmi avere comportamenti mai immaginati nelle mie vite precedenti. Sulla complicità si basavano i racconti, sulle nostre vite, prima della “nostra”. Mi sentivo complice quando mi raccontava del pilota di linea greco, conosciuto a Santorini, con cui aveva scopato già la prima sera, o del cuoco austriaco, che invece aveva dovuto aspettare sei mesi. Mi raccontava della sua vita spericolata, fatta di eccessi alla Charles Bukowski. Mi piaceva essere travolto da questo ciclone di emotività, che sconvolgeva la mia precedente esistenza di potenziale ribelle, sempre troppo ben comportato. Lei aveva viaggiato molto di più di quanto io allora, mi fossi mai permesso. Ora potevo iniziare un mio viaggio verso terre straniere alle mie, medio borghesi abitudini. Purtroppo in tutto ciò, c’era già la crisi che oggi è cresciuta come una sequoia, da quei semini, più piccoli di quelli del sesamo. Paradossalmente non sono state le differenze di allora a separarci oggi, ma proprio la loro scomparsa, la mancanza di cose da dirsi, niente più sorpresa né tanto meno emozione, questo ci ha uccisi. Di cosa dovremmo essere complici oggi? Difficile trovare intrigo nel mutuo e nelle bollette. Il patetico medio borghese che ero, definisce “grigia pantofolaia” la tramontana, che aveva arruffato la mia vita. Sono lontani anni luce, i momenti di pathos che mi avevano fatto scrivere di una notte in barca come lo spartiacque che divideva la mia vita in un “prima” e in un “adesso”. Quell’emozione si è nebulizzata come un’onda di maestrale, sullo scoglio dell’inganno e del tradimento, che già mi aveva visto inconsapevole, protagonista ovviamente, non invitato.  Basta. Meglio solo che invischiato in questo squallore. Possibile che mi rapporti con lei, ormai, in modo solo negativo? Possibile. Il vento che si percepisce oggi non è più la bora di cui scrivevo una vita fa, che sconvolgeva la mia testa, oggi sulla mia rosa dei venti c’è l’appiccicoso scirocco, e speriamo che non piova, che se no, è sabbia. Una patina rossastra, scivolosa che appiattisce tutto, e tutto scompare, come durante quella tempesta desertica che a Luxor, ci costò un giorno d’inedia sul Nilo. Adesso, forse per crederci ancora vivi, ci rimproveriamo tutto anzi, nemmeno questo. Ci detestiamo, e recriminiamo in genere, a priori, in silenzio o peggio, con terzi. Per convincerci sempre più di quanto l’altro sia stronzo. Che le nostre porcate, siano almeno giustificate e legittimate dall’altrui comportamento di merda. Ci spiamo in cagnesco, con la malcelata speranza di trovare conferme e prove per il verdetto, già emesso, di colpevolezza aggravata, dell’altro, che così può essere, senza appello fustigato e crocefisso, con nostro gran sollazzo. Barabba, grida la nostra folla interiore, inferocita. Meglio un assassino, un puttaniere, una squallida, acida depressa, che quello che avevamo creduto il nostro Amore.