Creato da Rafmass il 12/08/2006
Idee per creare un partito politico dei dipendenti pubblici

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Fotografia attuale del pubblico impiego.

Post n°13 pubblicato il 06 Settembre 2006 da Rafmass

Ho scelto un articolo pubblicato sul settimanale “PANORAMA” perché è una fotografia dell’attuale situazione e personalmente mi riporta indietro nel tempo, al messaggio n. 1 che ha aperto il blog dei Dipendenti Pubblici.

 

Pubblico impiego. Tutti contro Fantozzi
 
di
 Daniele Martini

 

 

Un esercito di 3,5 milioni di elettori. Per di più molto sindacalizzati. In tanti, da destra a sinistra, vorrebbero raddrizzare i conti italiani intervenendo proprio su di loro. Ma i travet sono come i fili della luce: chi li tocca muore

 

Povero Tommaso Padoa-Schioppa, povero Luigi Nicolais. E povero anche Cesare Damiano. Da ministri dell'Economia, della Funzione pubblica e del Lavoro, come tre cirenei si stanno accollando la croce del pubblico impiego, col rischio di restare schiacciati dall'immane peso.
Quello che li aspetta in vista della preparazione della Legge finanziaria è un calvario, perché tutti sanno che in Italia gli statali sono come i fili della luce, chi li tocca muore. E non solo perché sono tanti, quasi 3,5 milioni, che diventano almeno il doppio con i familiari, uno ogni 6-7 elettori circa.

Ma perché risultano concentrati nelle regioni che fanno la differenza alle votazioni: Lombardia (12,4 per cento), Lazio (12,1), Campania (10,1) e Sicilia (9,1). E oltretutto sono molto sindacalizzati, con adesioni massicce (oltre l'80 per cento) alle tre sigle confederali e in particolare alla Cgil, che alle ultime consultazioni interne ha raccolto il 34 per cento dei consensi, 4 in più della Cisl. Mentre la Uil è intorno al 18 e sono in forte crescita (oltre il 7 per cento) le Rdb, Rappresentanze di base, gli estremisti di sinistra.

I tre ministri appaiono sempre più incastrati tra l'incudine dei veti e delle richieste sindacali e il martello di chi, al contrario, invoca misure drastiche, dai prepensionamenti ai tagli, dai licenziamenti al congelamento degli stipendi. Un partito composito che tiene insieme non solo esponenti dell'opposizione, ma anche molti amici, compagni e simpatizzanti del centrosinistra, dall'ex consigliere economico di Massimo D'Alema, Nicola Rossi, all'autorevole editorialista del Corriere della sera, Francesco Giavazzi, dal giuslavorista Pietro Ichino all'ex responsabile del Lavoro, Tiziano Treu.

Tutti premono perché il governo affondi il bisturi per tagliare almeno 4 miliardi nel corpaccione del pubblico impiego, considerato un'insopportabile zavorra per lo Stato, soprattutto nel momento in cui ci sono da trovare tanti soldi per la Finanziaria: 30 miliardi per raddrizzare i conti e tentare di rilanciare lo sviluppo.
Sul Corriere della sera ha avviato le ostilità Rossi, consigliando ai ministri interessati "un massiccio piano di prepensionamenti di 100 mila statali". Qualche tempo dopo Giavazzi ha insistito suggerendo più risolutezza al "caro collega e amico" ministro del Tesoro, il quale ha risposto semipubblicamente innescando una velenosa querelle durata una settimana.

Qualche giorno dopo, Ichino ha addirittura invitato senza mezzi termini il governo a mandar via i dipendenti fannulloni suggerendo un sistema che ha mandato in bestia i sindacalisti: licenziamento ogni anno di un nullafacente ogni 100, una specie di decimazione da rotta di Caporetto o, per stare ad anni più vicini, una sorta di riedizione del motto brigatista "colpirne uno per educarne cento". Il giorno successivo Treu ha parlato di "lodevole esagerazione".

A sentir evocare tagli e licenziamenti, i sindacalisti si inalberano. Attacca Carlo Podda, leader degli statali Cgil: "Ma vogliamo scherzare? Il numero dei dipendenti è in linea col resto d'Europa. Il governo pensi piuttosto alle 150 mila consulenze di cui 13 da un milione l'una e 35 da 500 mila euro. Tutte insieme costano la bellezza di 1,2 miliardi, quanto un punto percentuale di incremento di stipendio per i dipendenti pubblici.
Oppure pensi al costo del personale politico: 1,4 miliardi a partire da Prodi per arrivare all'ultimo consigliere di circoscrizione. O infine il governo pensi alla spesa per l'acquisto di beni e servizi cresciuta in un anno del 52 per cento".

Presi tra due fuochi, i tre ministri cercano di barcamenarsi sapendo benissimo, però, che i conti premono. Secondo i dati elaborati a fine maggio 2006 dalla Ragioneria generale, in tre anni (2002-2004) le retribuzioni medie sono aumentate del 5,9 per cento, uno scatto considerevole, superiore a quello di molti comparti del settore privato, con punte del 9 per cento per i magistrati e del 22,4 per diplomatici e prefetti.
E anche il costo del lavoro è salito di quasi il 7 per cento compresi i contratti a tempo determinato. Una crescita causata da quattro elementi: la progressione delle carriere, il costo dei soldati inviati in missione di pace, i rinnovi contrattuali ordinari e integrativi e lacorresponsione degli arretrati. Nell'immediato futuro tutte e quattro le voci sono destinate ad aumentare. Per quanto riguarda le missioni militari, tra poco ai costi per quelle in atto si aggiungeranno quelli per il Libano. Mentre nella gestione del personale in tre anni sono stati riconosciuti più di un milione di passaggi di carriera, in pratica quasi un dipendente su tre ne ha beneficiato. Nel 2004 il numero delle promozioni è cresciuto di oltre il 26 per cento. Il blocco del turnover, cioè il congelamento degli organici, è stato invece più apparente che reale.

Il numero di dipendenti a tempo indeterminato è rimasto sostanzialmente costante negli ultimi anni, ma nel frattempo c'è stato un incremento sensibile dei lavoratori cosiddetti precari, flessibili e Co.co.co. In un solo anno, il 2004, il lavoro interinale pubblico, per esempio, è aumentato di oltre 19 punti percentuali, i Co.co.co in tre anni sono cresciuti del 33 per cento.
Flessibili e Co.co.co sono oltre 200 mila, ma secondo valutazioni di fonte sindacale elaborate su anticipazioni di un rapporto Censis di prossima divulgazione, addirittura il 10 per cento (330 mila unità) della forza lavoro pubblica ha un rapporto a tempo determinato.

Infine il contratto: dato che è scaduto otto mesi fa, i sindacati a luglio hanno presentato al governo una bozza di rinnovo con richieste di aumento tra il 5 e il 6 per cento, con un costo presunto di 5 miliardi in cifra assoluta in due anni, mentre il governo non ha fatto sapere quanto è disposto a concedere. Alcuni ministri hanno parlato di 4 miliardi, ma il leader Cgil, Guglielmo Epifani, li ha subito bocciati: "Poco" ha sentenziato.

Mentre il titolare della Funzione pubblica, con Panorama ipotizza 5 miliardi, ma in tre anni (intervista in alto). Fino a oggi i contratti nel pubblico impiego sono stati biennali e l'aumento della vigenza a tre sarebbe una novità che potrebbe assicurare al governo almeno un piccolo risparmio rispetto alle richieste sindacali.

 

Un taglietto che potrebbe essere speso se non altro sul piano dell'immagine insieme ai contenimenti di spesa (3-4 miliardi) previsti come benefico effetto dell'unione Inps-Inpdap. Un progetto, quest'ultimo, su cui pesano, però, centomila incognite. Gli esperimenti passati non sono confortanti. La fusione nell'Indap di alcune casse separate come Enpas, Inadel (enti locali), Cassa pensioni del Tesoro non ha dato i risultati sperati.

A distanza di anni l'operazione di accorpamento per molti aspetti è ancora solo sulla carta, ancora sopravvivono comitati di gestione separati, con i loro organi, i consigli che deliberano ognuno per proprio conto e pagano ai propri rappresentanti emolumenti e gettoni di presenza. E anche questo insospettisce i sindacalisti.
Le Rdb hanno già annunciato uno sciopero, mentre Salvatore Bosco, segretario Uil, sbotta: "Allungamento del contratto, mirabolanti fusioni e magari congelamento della contrattazione integrativa: ma che novità sono? Parlano di concertazione e poi ci fanno conoscere queste belle pensate dai giornali. Così non va". Lo scontro è assicurato.

 
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