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I grandi giornalisti esistono ancora


IL PREMIER E I TIMORI DEL COMPLOTTOLa stabilità di un governoI capigruppo del Pdl di Camera e Senato hanno lanciato l'al­larme contro un pre­sunto piano eversivo che sarebbe in atto per «fare fuori» Silvio Berlusconi, per costringerlo alle di­missioni. Sono i «fanta­smi del 1994» a essere sta­ti implicitamente evocati. Nel '94, ricordiamo, la ca­duta del governo Berlu­sconi fu propiziata dalla garanzia offerta ai «con­giurati » che non ci sareb­bero state immediate ele­zioni anticipate. Ma al Quirinale oggi siede un vero custode della Costitu­zione come Giorgio Napo­litano e questa è la miglio­re garanzia che i fantasmi del '94, comunque, non si materializzeranno. I due capigruppo hanno reagi­to a un «clima» (soprat­tutto la sentenza ai danni di Fininvest sulla vicenda Mondadori, arrivata po­chi giorni prima della pro­nuncia della Corte costitu­zionale sul Lodo Alfano). Ma sbagliano, fanno il gio­co dei loro avversari, sce­gliendo la strada della drammatizzazione. Certa­mente, ci sono settori del­la sinistra politica, non­ché dell'establishment economico-finanziario, che sognano la «spalla­ta ». Come mostrano le in­dulgenze e le coperture che quei settori danno agli strampalati allarmi sul «fascismo alle porte» e sulle «minacce per le li­bertà democratiche». Ma è difficile che nuovi aspi­ranti congiurati possano portare a compimento i loro disegni.Il governo Berlusconi conta su un'ampia e soli­da maggioranza. E conti­nua a godere di forti con­sensi nel Paese (più forti, stando ai sondaggi, di quelli di qualunque gover­no del recente passato al secondo anno di legislatu­ra). Non sembrano esser­ci le condizioni per una sua liquidazione tramite congiure di Palazzo. Nep­pure in caso di bocciatura del lodo Alfano. A propo­sito del quale è ovviamen­te lecito pensarla come si vuole. Chi scrive pensa che il lodo Alfano sia un ombrello utile per garanti­re la stabilità dei vertici istituzionali della Repub­blica. Soprattutto dopo che (come ha ricordato Giuliano Ferrara sul Fo­glio ) tra i demagogici svi­luppi della cosiddetta «ri­voluzione giudiziaria» del 1993 ci fu l'eliminazio­ne della protezione assi­curata dall'articolo 68 del­la Costituzione. Tanto più in un Paese in cui, come tutti sanno (compresi quelli che fanno finta di non saperlo), accanto a tanti magistrati che fan­no solo il loro lavoro, ce ne sono altri che perse­guono disegni politici. Ga­rantire che i risultati elet­torali non vengano annul­lati dall'azione di chi fos­se tentato di usare le risor­se giudiziarie per costruir­ci sopra carriere politiche è una garanzia minima che la democrazia deve dare a se stessa.Berlusconi ha tutti gli strumenti per governare. Per giunta, ha dimostrato in varie occasioni, dalla vi­cenda dell’immondizia in Campania al terremoto dell'Abruzzo, al G8, alla gestione della crisi econo­mica, di saperlo fare. A lui e ai suoi conviene im­pegnarsi solo nell'azione di governo (facendo ma­gari, finalmente, anche certe riforme promesse e non attuate: per fare un solo esempio, non si do­vevano abolire le Provin­ce?), smettendola di se­guire sul terreno della drammatizzazione coloro che, forse pensando di va­lere poco, disperano di es­sere capaci di sconfiggere Berlusconi in campo aper­to, in una normale, demo­cratica, competizione elet­torale.Angelo Panebianco (Corriere della Sera) 06 ottobre 2009