ARTE

LA GIOIA NEL CUORE


Aprile 2010Con la gioia piantata nel cuoreNon si può essere cristiani senza la gioia nel cuore. Una gioia che non deve abbandonarci mai, perché rispecchia la gioia della risurrezione di Cristo che ha sconfitto la paura della morte.di padre Mario Ghezzi
Oggi stiamo facendo una giornata di ritiro guidata da un bravo cappuccino, padre Giovanni, in Thailandia da 8 anni. Mentre predica, sprizza dai suoi occhi e dal suo gesticolare la gioia del Vangelo. Ci invita a ritornare al momento in cui, per la prima volta, abbiamo sentito la chiamata del Signore al sacerdozio, per rigustarne la gioia profonda. Così anch’io sono tornato a quel momento: era il novembre del 1990, avevo 23 anni. Quella sera, nella mia parrocchia di S. Ambrogio a Cinisello, c’era la Scuola della Parola. Vi andai senza molto entusiasmo, ma mentre ero seduto tra i banchi una gioia mi investì il cuore e un pensiero si infilò nella mia testa: Mario, si sta preparando qualcosa di nuovo, grande e bello per te! Che gioia provai! Uscii di chiesa senza aver ascoltato nulla della Scuola della Parola ma avevo intuito che il Signore mi stava chiamando, forse al sacerdozio, ma non avevo il coraggio di dirlo a me stesso. E quella gioia mi si è appiccicata al cuore così profondamente che non se ne è mai più andata. Non mi ha lasciato nemmeno quando, nei mesi successivi, ho tentato di ribellarmi alla chiamata del Signore e ho passato intere settimane lottando con Lui come Giacobbe, finché il Signore mi vinse e dissi sì! In quei giorni soffrivo come non mi era mai successo ma, nel profondo del mio cuore, quella gioia non mi ha mai abbandonato. E ancora dopo, negli anni di seminario in cui mi sembrava di essere un leone in gabbia, rimanerci per seguire Gesù è stato il vero motivo di gioia.E poi la Cambogia, lo studio del khmer, la fatica di inserirsi in un paese così diverso dal mio, il dover costruire nuove relazioni è stato faticoso ma bello.Infine il dono di essere parroco della parrocchia del Bambin Gesù a Phnom Penh. Quanti momenti di disorientamento, di sguardi persi verso un futuro pastorale tutto da pensare e da disegnare, quante domande nel cuore: starò facendo la scelta giusta, starò dicendo le cose giuste, forse sto dimenticando qualcuno? Tante domande, tanti dubbi, tante incertezze, ma sempre con quella gioia piantata tenacemente nel cuore.Una gioia così profonda che nemmeno il mio peccato, quello più miserabile, insistente e ripetitivo riesce a scalfire!Lo scorso anno ho celebrato 10 anni di sacerdozio: pochi, ma già un pezzettino di strada. Che benedizione! Sono stati anni bellissimi, intensi, pieni di entusiasmo e di gioia. Gioia, gioia e ancora gioia! Ma come si fa a vivere senza sperimentare questa gioia? Gesù sapeva che la sua missione sarebbe finita tragicamente a Gerusalemme. Così come la missione di ogni discepolo guarda e va verso Gerusalemme. Ancora di più la missione di ogni sacerdote, che è un alter Christus, guarda a Gerusalemme e deve contemplare la sconfitta, la sofferenza e il dolore, ma tutto questo è per la risurrezione, per la gloria e la gioia della risurrezione. Allora accettiamo tutto quanto viene dal Signore, accettiamo anche la fatica e la sofferenza con gioia sapendo che tutto conduce alla risurrezione.Qualche settimana fa, in predica, dicevo ai miei parrocchiani che la vita cristiana è pura gioia, che non si può essere cristiani col muso lungo. Ognuno porta con sé il proprio carattere, c’è chi tende all’euforico e chi al depresso, ma è solo l’esterno del nostro cuore. Guardiamolo allora nel profondo e riscopriamo e coltiviamo quella gioia indelebile che viene dal sentirci amati e perdonati dal Signore Gesù.