Zona libera

Mi scusi Presidente


Mi scusi Presidente non è per colpa mia ma questa nostra Patria non so che cosa sia. Sono le parole con cui inizia la canzone di Giorgio Gaber “io non mi sento Italiano”, e di questo sento la necessità di parlare, io oggi non mi sento più essere Italiano. Un paese che combatte la mafia senza riuscire a sconfiggerla sul territorio e nella testa della gente, dove dopo 30 anni di emergenza rifiuti le strade di parte della Campania sono invase da cataste di rifiuti e parte di quel territorio è inquinato da discariche abusive. Un paese dove la precarietà non è solo lavorativa, ma ormai è parte integrante della nostra esistenza di tutti i giorni, dove io lascerò un sistema di diritti e di salvaguardia sociale devastato e cannibalizzato dal politico di turno. Una classe politica che mi fa rimpiangere i Fanfani, i Longo, i De Martino, fatta di nani e ballerine dove andare al potere è il fine supremo. Dove una conversione religiosa, che dovrebbe essere una cosa personale, un momento alto, intimo, è sbattuta in pasto alla televisione, con il benestare di chi là fatta, alla stregua del programma “C’è posta per te”. Potrei continuare, la televisione, l’Alitalia, la 194, i diritti delle coppie, la chiesa, l’immigrazione, la costituzione, come vede gli argomenti sono molteplici e stanno a testimoniare che non siamo un paese normale. Andrò a votare per testimoniare il mio essere diverso, ma sono convinto che non basta più, io voglio dissociarmi da una classe politica che non mi rappresenta, da una larga parte di popolazione, proletaria e salariata, che pensa solo al proprio orticello, e non si accorge di essere come il Rumeno o l’Albanese che tanto disprezza, usata e sfruttata. Non posso essere per questione di studi “un cervello in fuga”, sarei già emigrato verso altri lidi, ma con questa lettera voglio esternare tutto il mio malessere, la mia rabbia per un paese in cui non mi riconosco più. “Questo bel Paese pieno di poesia ha tante pretese ma nel nostro mondo occidentale è la periferia.” Giorgio Gaber Con amarezza, distinti saluti.