CHIACCHERE FRA AMICI

1^ giornata di apertura della mia pinacoteca virtuale.


per celebrare uno straordinario evento... Il rapporto che lega la musica e la pittura. lo spunto è stato una lezione su questo tema interessante, tenuta in televisione dal critico d' arte Flavio Caroli , qualche domenica fa, dopo la chiusura del festival di S.RemoIl primo quadro, è L'Estasi di santa Cecilia
un dipinto a olio su tavola trasportata su tela (236 × 149 cm) di Raffaello e aiuti, conservato nella Pinacoteca Nazionale di Bologna e databile al 1514 circa, ma forse posteriore di uno o due anni, stando alla datazione al 1515-1516 del disegno preparatorio a sanguigna con la figura di san Paolo conservato al Teylers Museum di Haarlem e della datazione al 1514 del modello di Giovan Francesco Penni, ripreso nell'incisione dello stesso anno di Marcantonio Raimondi, che attestano entrambi dello stadio iniziale della composizione da cui il dipinto finale si discosta in maniera anche notevole.L'opera venne commissionata dalla Elena Duglioli dall'Olio, nobildonna bolognese poi beata, per la cappella consacrata alla santa in San Giovanni in Monte. Un documento del 1514, pubblicato da Filippini nel 1925, cita il nome della nobildonna, moglie di Benedetto dell'Oglio, la cui vita spirituale si ispirava a quella della santa, per via del voto di castità nel matrimonio che faceva di lei una sposa-vergine come santa Cecilia, di cui aveva ricevuto anche una reliquia dal cardinale Alidosi, legato pontificio a Bologna. La commissione della pala d'altare al Raffaello fu patrocinata dal canonico fiorentino e futuro vescovo di Pistoia Antonio Pucci, con il probabile interessamento del cardinale datario Lorenzo Pucci, titolare dei Santi Quattro Coronati, a partire dal 1513.L'opera venne trafugata durante le spoliazioni napoleoniche, venendo inviata a Parigi nel 1798, dove fu trasportata su tela, nel 1801. Tornò in Italia nel 1815. Le condizioni conservative sono buone, con tracce di ridipinture e alterazioni dei colori qua e là.La celebrità del dipinto è testimoniata da numerose copie. Fu tra le opere predilette dai Carracci e Guido Reni, ed ebbe un fondamentale impulso per lo sviluppo del classicismo seicentesco. Dopo secoli di esaltazione accademica, la pala godette di una fase di criticismo durante l'epoca romantica, quando la sobrietà dei moti venne letta come appiattimento; oggi invece la critica moderna ne ha ribadito l'importanza fondamentale nel percorso artistico dell'artista e della storia dell'arte in generale.Santa Cecilia si trova al centro di una sacra conversazione molto serrata, rappresentata a piena figura mentre, abbandonati gli strumenti musicali dei quali è protettrice, volge uno sguardo rapito al cielo, coi grandi occhi scuri, dove è apparso un coro angelico che intona una melodia celestiale. Di mano le sta sfuggendo un organetto portatile, dal quale si stanno sfilando due canne, mentre ai suoi piedi giace una straordinaria natura morta di strumenti musicali vecchi o rotti: una viola da gamba senza corde, un triangolo, due flauti sbocconcellati, dei sonagli, due tamburelli con la pelle lacera. Si tratta di un rimando alla caducità della musica "terrena", simbolo delle passioni umane (i flauti, i tamburelli ed i cembali, sono connessi al culto di Bacco) rispetto a quella "celeste". C'è anche chi vi legge un'opposizione tra la musica vocale del coro angelico e la musica strumentale, la prima essendo reputata dai Padri della Chiesa superiore alla seconda.Attorno alla figura di santa Cecilia, l'unica in grado di ascoltare la musica celeste, si trovano quattro santi disposti a semicerchio, che rievocano la forma della "cantoria" celeste. Da sinistra: san Paolo, vestito di camice verde con il tipico manto rosso, regge con il palmo della mano sinistra la spada, tenendo fra le dita un cartiglio con l'iscrizione, ora illeggibile, Ad Corinth (allusione a 2Cor., 12:2-4) ha un atteggiamento meditativo e dà le spalle allo spettatore, ruotando la testa fino a offrire un profilo; san Giovanni evangelista in secondo piano, riconoscibile dal libro ai suoi piedi su cui si trova l'aquila; il suo sguardo si incrocia con quello di sant'Agostino, sull'altro lato, vestito da un pesante piviale ricamato e reggente il bastone pastorale; Maria Maddalena infine che tiene in mano l'ampolla degli unguenti e fissa lo spettatore. La scelta dei quattro santi è legata al tema dell'ascesa celeste e dell'estasi: Giovanni e Maddalena secondo la tradizione ascesero infatti al cielo, mentre Paolo e Agostino ebbero visioni dirette di Dio, il primo sulla via di Damasco, il secondo su un litorale, dove gli apparve il Bambin Gesù che gli dimostrò con un esempio l'incomprensibilità umana della natura di Dio.Sullo sfondo si scorge un paesaggio collinare con, all'altezza del pastorale di sant'Agostino e della spalla sinistra di santa Cecilia, il profilo di una chiesa all'orizzonte, probabilmente quello del santuario di Santa Maria del Monte a Bologna. Il paesaggio è dominato da un ampio cielo blu, nel cui mezzo si apre, in uno sfavillante bagliore solare, la teoria dei sei angeli in coro, distinti, da sinistra verso destra, in due gruppi di quattro più due, ciascuno intento a leggere uno spartitoUno dei problemi della pala è quello dell'autografia. Come noto in quel periodo Raffaello usava massicciamente aiuti e lo stesso Vasari assegnò la raffigurazione degli strumenti musicali ai piedi della santa a Giovanni da Udine. Il disegno della testa felina della voluta della viola da gamba richiama quello delle teste leonine della sedia del Ritratto di Dona Isabel de Requesens ad indicare un possibile intervento di Giulio Romano. Per il resto, la critica, sulla scorta anche di recenti restauri, riconosce un preponderante intervento di Raffaello ad avvalorare l'autografia raffaellesca del dipinto.Evidenti a occhio nudo sono le discrepanze nello stile pittorico, ad esempio tra la massa imponente e opaca del san Paolo, alla veste illuminata incidentemente della Maddalena, con riflessi setosi e alabastrini che a Roberto Longhi fecero pensare alla scuola emiliana degli anni immediatamente successivi (come Parmigianino). In questo quadro c' è santa cecilia che abbandona gli strumenti musicali ed alza gli occhi al cielo in estasi. Gli strumenti musicali, sono stati realizzati da un allievo di Raffaello, Giovanni da Udine specializzato in questo genere di disegni, sotto la naturale supervisione del maestro.