CHIACCHERE FRA AMICI

Spigolature calabresi..sotto l' ombrellone


Questo messaggio ed i successivi sono dedicati alla mia regione. il loro contenuto consiste in piccole curiosità sui monumenti,i modi di dire e via dicendo.. Lo scoprirete solo leggendo. Se vi anticipo tutto che gusto c'è..La Pietà di A. Gagini
la Pietà di Antonello Gagini  è collocata nella chiesa arcipretale l'Addolorata di Soverato Superiore, una scultura in marmo bianco con la Vergine avente in grembo il Cristo morto. La scultura, datata 1521 , è opera dell'artista siciliano Antonello Gagini, appartenente alla famiglia di artisti originari di Bissone nel Canton Ticino; unitamente ad un bassorilievo detto "L'uomo dei dolori"dello stesso artista e proveniente dal Convento della Pietà di Petrizzi, rappresentano la fase evolutiva dell'arte dello scultore siciliano, improntata a forme rinascimentali. Il gruppo marmoreo, collocato nella navata destra della Chiesa, proviene dall'antico convento agostiniano di Santa Maria della Pietà di Petrizzi, sorto in aperta campagna, lontano dall'abitato, l'imponente edificio, sarebbe stato fondato, secondo Domenico Martire, nel 1454, e venne inseguito più volte rimaneggiato nell'impianto architettonico generale, in quanto venne danneggiato a causa delle scorribande dei pirati saraceni e degli effetti provocati da calamità naturali. In questa stessa struttura nel 1510, il Beato Francesco da Zumpano, dell'ordine degli agostiniani Riformati, fondò il convento di Santa Maria della Pietà.La realizzazione dell'opera è una leggenda incantevole, secondo la fantasia popolare, ma che trova riscontro nell'opera "Della Calabria Illustrata" di Padre Giovanni Fiore da Cropani(1622-1683), il quale a proposito di padre Zumpano, e degli avvenimenti che portarono alla collocazione dell'immagine sacra nel convento agostiniano, Fiore da Cropani così scrive:" ....Volendo poi collocarvi un'immagine a rilevo di Maria con Figlio morto nelle braccia, e non avendo potuto trovare pietra a proposito di incavarla, passò in Messina, ove intendeva che da vascello, quale avea corso fortuna, n'era stata butata a mare una tale, molto acconcia al suo disegno. La richiede dal padrone, il quale non fu ritroso a concederla, supponendo l'impossibilità del frate per trarla dal fondo, ma appena egli, prostrato, ne supplicò il Cielo, che ad occhi veggenti da tutti fu veduta la pietra nuotar a gala, e porsi nel lido". Il racconto di Padre Fiore pur intriso di leggenda, contribuì a far accrescere intorno a questa scultura, un alone di mistero e arcane suggestioni miracolistiche. Così come l'episodio che narra di come la statua giunse presso la chiesa arcipretale di Soverato Superiore, anch'esso tra mito e leggenda popolare s'intreccia al vero storico. Questi racconti si diffusero nell'immaginario collettivo del Meridione, tramandatisi in seguito al terremoto del 1783; ma tralasciando i suggestivi racconti leggendari, in realtà i fatti storici che portarono la statua della Pietà all'attuale sito, ebbero inizio nel 1787, quando una contesa tra gli abitanti di soverato e quelli di Argusto sfociò in un aspro litigio, in merito al possesso della campana del soppresso convento agostiniano, la quale venne commissionata da un religioso di Soverato in sua devozione. La contesa si concluse nel 1801, con la rivendicazione da parte delle due popolazioni dell'intero convento, che per ironia di sorte fu poi confiscato dal comune di Petrizzi. Fu proprio in questo torno di tempo che il gruppo marmoreo giunse a Soverato e volendo attribuire alla leggenda un fondo di verità, la scultura venne trasportata da un carro trainato da buoi. In merito alla realizzazione del gruppo della Pietà, si posseggono notizie e documenti grazie al lavoro lungimirante del più autorevole studioso dell'Opus gaginianum ,Hanno Walter Kruft. L'opera venne commissionata da Giovanni Martino d'Aquino, discendente di San Tommaso, e del Beato Francesco da Zumpano, il 26 settembre 1520; il gruppo della Pietà assume particolare rilievo nella statuaria meridionale sia per i precisi intenti teologici e filosofici dei committenti sia per l'introduzione da parte dell'artista di elementi stilistici nuovi, frutto della conoscenza delle opere del Buonarroti, del Laurana e del Sansovino. La scultura è in marmo bianco carrarese, con residui di dipinti; le misure: altezza del basamento 22cm; altezza del gruppo 159cm; e in fondo alla composizione si trova l' iscrizione: "hoc opus Antoni Gagini panormitae MCCCCCXXI"(quest'opera di Antonio Gagini palermitano 1521). Sul basamento risiede a sinistra Giovanni Battista, a destra l'Arcangelo Michele, mentre la figura di San Tommaso occupa la centralità del bassorilievo, scolpito nell'atto di tenere una lezione ex cathedra sull'avverroismo e di schiacciare metaforicamente il filosofo islamico e con esso il suo pensiero. Il gruppo marmoreo è una competizione tardiva nell'opera del Gagini, con la Pietà di Michelangelo, che risale al 1493, la quale aveva avuto influsso notevole nel suo lavoro di giovinezza, tuttavia la Pietà del Gagini rappresenta una svolta di pagina dell'opera del Buonarroti. L'impegno del Gagini di opporre al lavoro di Michelangelo una soluzione propria è innegabile. Nell'espressione del volto ottiene un'intensità maestosa e soave allo stesso tempo, servendosi della sua cultura artistica superò se stesso nell'esecuzione della figura della Vergine, carica di intimo pathos nello sguardo, in cui si fondono dolore e compostezza insieme; il Gagini seppe infonderle la purezza e la dignità della Madre di Dio. La Pietà, gravemente danneggiata a causa del sisma del 1783, è stata restaurata presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Il restauro dell'Opificio ha, inoltre, reso un'immagine idealizzata della statua, forse non considerando dei volti, delle altre statue, scolpiti dal Gagini e forse condizionato dalla più famosa Pietà di Michelangelo, non ha certo contribuito a rendere la statua più aderente allo stile dello scultore siciliano. Al di là d'ogni critica, la Pietà del Gagini mantiene intatti i caratteri dell'opera d'arte del genio. Fruire, conoscere e contemplare tali sculture di grande pregio amplia gli orizzonti dell'uomo e ne infiamma l'anima e la induce a proiettarsi verso "l'alto".