CHIACCHERE FRA AMICI

L' innocenza dei bambini è sorprendente


Tanto da lasciare stupito chiunque, anche i personaggi potenti del mondo, come il presidente degli Stati Uniti Barack Obama.Luglio 2012 Jacob Philadelphia, di 5 anni chiede al presidente Obama: " Vorrei sapere se i miei capelli sono come i tuoi " Il bambino in questione si chiama Jacob Philadelphia, ha 5 anni ed è di Columbia, in Maryland. Quando suo padre Carlton, un ex marine, lascia lo staff della Casa Bianca, come è usanza, chiede al presidente di fare una foto ricordo con la sua famiglia. Ed è in quella occasione che il piccolo Jacob si trova al cospetto dell'uomo più potente del mondo. La madre Roseane ha raccontato che il bambino aveva espresso il desiderio di porre una domanda al presidente senza però rivelare il contenuto del quesito. Così, una volta entrati nello Studio Ovale, i genitori chiedono al presidente se Jacob può porre la sua domanda. «Vorrei sapere se i miei capelli sono come i tuoi», dice il bimboa Obama con una voce così bassa che il presidente gli chiede di ripetere. Poi la risposta: «Scoprilo da te, perché non li tocchi?» e abbassa la testa in modo che Jacob possa verificare con mano.Il bambino si avvicina ai capelli del presidente, «Quindi?» gli chiese Obama. «Sì, sono proprio uguali», risponde Jacob. Spiega il capofamiglia: «È importante per i bambini vedere che un uomo nero può diventare presidente, li fa diventare più fiduciosi nelle loro possibilità». Il piccolo Jacob (che oggi ha 8 anni) però oggi è sicuro: da grande non vuole fare il presidente. «Ma il pilota collaudatore». Marinare la scuola per vedere il presidente degli Stati Uniti. Non solo si può fare ma è anche un atto degno di nota, almeno a giudicare da quello che è successo al giovane Tyler Sullivan, capelli biondi, viso d'angelo e undici anni portati con grinta. Il ragazzino venerdì scorso ha convinto il padre, un veterano della marina che ora fa l'elettricista, a portarlo allo stabilimento della Honeywell, nei pressi di Minneapolis, in Minnesota, per ascoltare dal vivo il presidente Obama che parlava della necessità di creare posti di lavoro per i reduci delle guerre in Afghanistan e Iraq. «Ero seduto in prima fila-ha raccontato poi alla stampa-ed ero molto eccitato ». Ma il bello doveva ancora arrivare. Dopo aver finito di parlare il presidente è sceso tra la folla e si è ritrovato davanti il piccolo Tyler che si è fatto coraggio e si è lanciato: «Gli ho stretto la mano e gli ho detto: "Ciao presidente". Lui ha cominciato a farmi un sacco di domande e poi mi ha chiesto: "Ma non dovresti essere a scuola?"». Tyler ha annuito con il viso serio temendo una lavata di capo. Un pensiero che, invece, non ha nemmeno sfiorato il capo della Casa Bianca. Al contrario. «Come si chiama il tuo maestro?», ha chiesto il presidente al bambino allibito. «Signor Ackerman», ha sussurrato lui. A quel punto l'uomo più potente d'America ha tirato fuori un foglio con tanto di sigillo presidenziale ed ha scritto di getto una bella giustificazione: «Caro signor Ackerman, la prego di scusare Tyler. Era con me». Firmato Barack Obama. «Non credevo ai miei occhi-ha raccontato poi il ragazzino al programma della Abc Good Morning America -, ho pensato "ma davvero, davvero?". Avrei voluto precipitarmi a scuola per vantarmi e dire "guardate cos'ho!!!"». La notizia in poche ore ha fatto il giro del mondo e Tyler è diventato una star del web. Ora bisogna vedere come reagirà il maestro della scuola di Rochester. «Domani (oggi per chi legge, ndr), andrò lì e gliela mostrerò! Gli dirò: ecco perché non sono venuto!». Chissà se il signor Ackerman da buon insegnante non giudicherà diseducativo il gesto del presidente che, peraltro, ha anche un precedente. Nel 2009 Kennedy Corpus, un'alunna di quarta elementare, ha saltato il suo ultimo giorno di scuola per assistere ad un incontro in Wisconsin nel quale il padre era stato scelto per fare una domanda al presidente. Il genitore aveva spiegato la situazione della figlia a Obama, che scrisse una giustificazione simile a quella dello studente del Minnesota.Aprile 2015 una bambina di 9 anni scrive al Presidente d' America e gli chiede perché sulle monete e le banconote degli Stati Uniti non ci sono raffigurate le donneSofia vive nel Massachusetts, ha nove anni, e le idee molto chiare. Ha inviato a Barack Obama questa lettera: «Caro presidente, ti scrivo per sapere perché non ci sono donne sulle monete o sulle banconote degli Stati Uniti. Credo che dovrebbero esserci perché senza donne non ci sarebbero uomini». Ed ecco, pronta, la lista di donne che secondo Sofia meritano di essere incise sui dollari: Rosa Parks, Michelle Obama, Hillary Clinton... La sorpresa pasquale? Sofia ha ricevuto una lettera di risposta e un invito a partecipare alla tradizionale corsa con le uova che si tiene ogni anno alla Casa Bianca per Pasqua. Lo stesso Obama ha twittato: «Questa ragazzina di nove anni si è fatta sentire per ciò a cui crede». Sofia ha nove anni e crede nella parità, probabilmente nel suo cervellino non c'è alcuna differenza tra un avvocato e un avvocata, un senatore o una senatrice, un maestro e una maestra. Perché allora passare di mano in mano e non quelli di Rosa Parks, Hillary Clinton o Michelle Obama? «È una buona idea - si legge invece nella lettera presidenziale - le donne del tuo elenco sono notevoli e devo dire che anche tu sei notevole. Farò il mio meglio per far sì che tu possa crescere in un paese dove le donne hanno le stesse opportunità degli uomini».