Creato da giramondo595 il 14/11/2008

CHIACCHERE FRA AMICI

DI TUTTO UN PO'

 

Messaggi di Gennaio 2014

giro del mondo..in fiabe

Post n°752 pubblicato il 31 Gennaio 2014 da giramondo595

Caduto dall'asino Fiaba inglese

Un giorno un brav'uomo se ne andava in groppa al suo asinello e, passando accanto a un giardino, vide un ramo che attraverso la cancellata si spenzolava sul sentiero, ed era carico di magnifiche pere. Vederle e averne voglia fu la stessa cosa. Alzandosi un po' sulla sella, l'uomo afferrò il ramo con una mano, e con l'altra afferrò la pera più bella. Ma non fece in tempo a coglierla, perché l'asino, ombroso, chissà di che cosa si spaventò e scappò via al galoppo. Per non cascare, l'uomo dovette afferrarsi con tutte e due le mani al ramo.
Mentre se ne stava appeso a quel modo, sgambettando, accorse il giardiniere e gli gridò: - Ehi, tu, che cosa fai sul mio albero?
- Amico mio, non mi crederai: sono caduto dall'asino!
Il giardiniere non volle credere che si potesse cadere all'insù. Prese un bastone e gliene diede ne tante ne poche.
State attenti anche voi: c'è modo e modo di cadere dall'asino.


La gente muore Fiaba africana

Tanto tempo fa, la Luna, che muore e rinasce ogni quattro settimane, disse un giorno alla lepre:
- Va' e annuncia agli uomini che come io muoio e nasco di nuovo, anch'essi moriranno e rinasceranno. Purtroppo la lepre, nel riferire alla gente il messaggio della luna, fece una gran confusione. E infatti disse: - Come io muoio e non torno un'altra volta in vita, anche voi morirete e non rinascerete più. Quando la lepre fu di ritorno, la Luna le chiese che cosa avesse detto alla gente.
- Ho detto così: come io muoio e non torno un'altra volta in vita, anche voi morirete e non rinascerete più.
- Ma perché hai detto una cosa simile? - gridò la Luna infuriata. Le tirò addosso un bastone, la colpì sul muso e le spaccò il labbro.
La lepre fuggì via e da allora ha sempre avuto il labbro spaccato.
E gli uomini, da quel tempo, muoiono e non rinascono.

Prova d'amore Fiabe africane

C'era una volta un re che aveva una figlia ammirata da tutti per la sua bellezza e bontà.
Molti venivano a offrirle gioielli, stoffe preziose, noci di kola, sperando d'averla come sposa. Ma la giovane non sapeva decidersi.
- A chi mi concederai? - chiese a suo padre.
- Non so - disse il padre - Lascio scegliere a te: sono sicuro che tu, giudiziosa come sei, farai la scelta migliore.
- Facciamo così - propose la giovane - Tu fai sapere che sono stata morsa da un serpente velenoso e sono morta. I membri della famiglia reale prenderanno il lutto. Suoneranno i tam-tam dei funerali e cominceranno le danze funebri. Vedremo cosa succederà.
Il re, sorpreso e un po' controvoglia, accettò.
La triste notizia si diffuse come un fulmine. Nei villaggi fu un gran parlare sommesso, spari di fucile rintronavano in segno di dolore, mentre le donne anziane, alla porta della stanza mortuaria, sgranavano le loro tristi melopee. Ed ecco arrivare anche i pretendenti della principessa. Si presentarono al re e pretesero la restituzione dei beni donati.
- Giacché tua figlia è morta, rendimi i miei gioielli, le stoffe preziose, le noci di kola.
Il re accontentò tutti, nauseato da un simile comportamento. Capì allora quanto sua figlia fosse prudente.
Per ultimo si presentò un giovanotto, povero, come appariva dagli abiti dimessi che indossava.
Con le lacrime agli occhi egli disse:
- O re, ho sentito la dolorosa notizia e non so come rassegnarmi. Porto queste stoffe per colei che tanto amavo segretamente. Non mi ritenevo degno di lei. Desidero che anche nella tomba lei sia sempre la più bella di tutte. Metti accanto a lei anche queste noci di kola perché le diano forza nel grande viaggio.
Il re fu commosso fino al profondo del cuore. Si presentò alla folla, fece tacere ogni clamore e annunciò a gran voce:
- Vi do una grande notizia: mia figlia non è morta. Ha voluto mettere alla prova l'amore dei suoi pretendenti. Ora so chi ama davvero e profondamente mia figlia. E' questo giovane! E' povero ma sincero.
Dopo qualche tempo si celebrarono le nozze con la più bella festa mai vista a memoria d'uomo.
I vecchi pretendenti non c'erano e non si fecero più vedere.

I tre pesci Fiabe araba

C'erano una volta tre pesci che vivevano in uno stagno: uno era intelligente, un altro lo era a metà e il terzo era stupido. La loro vita era quella di tutti i pesci di questo mondo, finché un giorno arrivò un uomo.
L'uomo portava una rete e il pesce intelligente lo vide attraverso l'acqua. Facendo appello all'esperienza, alle storie che aveva sentito e alla propria intelligenza, il pesce decise di passare all'azione.
"Dato che ci sono pochi posti dove nascondersi in questo stagno, farò finta di essere morto", pensò. Raccolte tutte le sue forze, balzò fuori dall'acqua e atterrò ai piedi del pescatore, che si mostrò piuttosto sorpreso. Tuttavia, visto che il pesce tratteneva il respiro, l'uomo lo credette morto e lo ributtò nello stagno. Allora il nostro pesce si lasciò scivolare in una piccola cavità sotto la riva.
Il secondo pesce, quello semintelligente, non aveva capito bene quanto era accaduto. Raggiunse quindi il pesce intelligente per chiedergli spiegazioni. "Semplice", disse il pesce intelligente, "ho fatto finta di essere morto e così mi ha ributtato in acqua".
Immediatamente, il pesce semintelligente balzò fuori dall'acqua e cadde ai piedi del pescatore.
"Strano", pensò il pescatore, "tutti questi pesci che saltano fuori dappertutto!". Ma il pesce intelligente si era dimenticato di trattenere il respiro, così il pescatore si accorse che era vivo e lo mise nel suo secchio. Riprese quindi a scrutare la superficie dell'acqua, ma lo spettacolo di quei pesci che atterravano sulla riva, ai suoi piedi, lo aveva in qualche modo turbato, sicché si dimenticò di chiudere il secchio. Quando il pesce se ne accorse, riuscì faticosamente a scivolare fuori e a riguadagnare lo stagno a piccoli salti. Andò a raggiungere il primo pesce e, ansimando, si nascose accanto a lui.
Ora, il terzo pesce, quello Stupido, non era naturalmente in grado di trarre vantaggio dagli eventi, neanche dopo aver ascoltato il racconto del primo e del secondo pesce. Allora riesaminarono ogni dettaglio con lui, sottolineando l'importanza di non respirare quando si finge di essere morti.
"Molte grazie, adesso ho capito!"; disse il pesce stupido, e con quelle parole si lanciò fuori dall'acqua e andò ad atterrare proprio accanto al pescatore. Ora, il pescatore, che aveva già perso due pesci, lo mise subito nel secchio senza preoccuparsi di verificare se respirava o no. Poi lanciò ancora ripetutamente la sua rete nello stagno, ma i primi due pesci erano ormai al sicuro nella cavità sotto la riva. E questa volta il suo secchio era ben chiuso.
Il pescatore finì per rinunciare. Aprì il secchio, si accorse che il pesce stupido non respirava, lo portò a casa e lo diede da mangiare al gatto.

 

Il cavallo e il fiume favola cinese
Un cavallino viveva nella stalla con la madre e non era mai uscito di casa, né si era mai allontanato dal suo fianco protettivo.
Un giorno la madre gli disse: "E' ora che tu esca e che impari a fare piccole commissioni per me. Porta questo sacchetto di grano al mulino!"
Con il sacco sulla groppa, contento di rendersi utile, il puledro si mise a galoppare verso il mulino.
Ma dopo un po' incontrò sul suo cammino un fiume gonfio d'acqua che fluiva gorgogliando.
"Che cosa devo fare? Potrò attraversare?"
Si fermò incerto sulla riva.
Non sapeva a chi chiedere consiglio.
Si guardò intorno e vide un vecchio bue che brucava lì accanto.
Il cavallino si avvicinò e gli chiese:
"Zio, posso attraversare il fiume?"
"Certo, l'acqua non è profonda, mi arriva appena a ginocchio, vai tranquillo".
Il cavallino si mise a galoppare verso il fiume, ma quando stava proprio sulla riva in procinto di attraversare, uno scoiattolo gli si avvicinò saltellando e gli disse tutto agitato: "Non passare, non passare! È pericoloso, rischi di annegare!"
"Ma il fiume è così profondo?" Chiese il cavallino confuso.
"Certo, un amico ieri è annegato" raccontò lo scoiattolo con voce mesta.
Il cavallino non sapeva più a chi credere e decise di tornare a casa per chiedere consiglio alla madre.
"Sono tornato perché l'acqua è molto profonda" disse imbarazzato "non posso attraversare il fiume".
"Sei sicuro? Io penso invece che l'acqua sia poco profonda"replicò la madre.
"E' quello che mi ha detto il vecchio bue, ma lo scoiattolo insiste nel dire che il fiume è pericoloso e che ieri è annegato un suo amico".
"Allora l'acqua è profonda o poco profonda? Prova a pensarci con la tua testa".
"Veramente non ci ho pensato".
"Figlio mio, non devi ascoltare i consigli senza riflettere con la tua testa. Puoi arrivarci da solo. Il bue è grande e grosso e pensa naturalmente che il fiume sia poco profondo, mentre lo scoiattolo è così piccolo che può annegare anche in una pozzanghera e pensa che sia molto profondo".
Dopo aver ascoltato le parole della madre, il cavallino si mise a galoppare verso il fiume sicuro di sé.
Quando lo scoiattolo lo vide con le zampe ormai dentro il fiume gli gridò:
"Allora hai deciso di annegare?"
"Voglio provare ad attraversare".
E il cavallino scoprì che l'acqua del fiume non era né poco profonda come aveva detto il bue, né troppo profonda come aveva detto lo scoiattolo.

 La rana e lo scorpione [favola americana]
Una rana e uno scorpione si incontrarono davanti a un fiume. Entrambi volevano passare dall´altra parte, e se la rana non aveva difficoltà, lo scorpione era preoccupato, perché non sapeva nuotare.
Per piacere, mia cara rana, mi porteresti dall´altra parte del ruscello?" chiese lo scorpione, con la voce più dolce che gli riuscì di fare.
"Fossi matta!" gli rispose la rana "Non provare nemmeno ad avvicinarti, non ho nessuna voglia di farmi pungere da te".
"Ma ragiona, ranocchietta: se tu mi aiuti a passare il fiume prendendomi sulla groppa, io mai e poi mai ti pungerei: se lo facessi, annegherei, perché non so nuotare".
La rana rifletté, e decise di aiutare lo scorpione, un po´ perché aveva paura che altrimenti la avrebbe punta, un po´ perché era un animale generoso, e dopo tutto lo scorpione non le aveva fatto niente di male.
E così lo scorpione saltò in groppa alla rana, e tutti e due si buttarono in acqua. Erano già a metà del percorso, proprio in mezzo al fiume, quando la rana sentì un dolore acutissimo sulla schiena. "Ma come?" esclamò "mi hai punta! E ora moriremo tutti e due, io per il veleno, e tu perché annegherai! ?Ma perché lo hai fatto?" E lo scorpione rispose: "Già, perché l´ho fatto? Perché pungere è la mia natura, e io non posso farci niente.

Sedna, regina degli inferi fiaba canadese

C´era una volta un indiano che viveva su un litorale disabitato con la figlia Sedna. Questa era tanto bella quanto orgogliosa, e non vi era nessun ragazzo che potesse intenerire il suo cuore chiedendola in sposa.

Un giorno però un alcione volò da oltre il mare e la sedusse col suo canto melodioso, dicendole che se l´avesse seguito al suo villaggio sarebbe vissuta per sempre nella ricchezza e nulla le sarebbe più mancato.
La ragazza cedette alle tentazioni, ma una volta trasferitasi nel paese degli alcioni si accorse di essere stata ingannata: non c´erano pelli preziose né banchetti sontuosi, ma tessuti squamosi e pesce disgustoso che gli uccelli le offrivano come pasto. La ragazza passava così le giornate chiamando il padre, affinché venisse a liberarla. Questi un anno dopo, quando le acque furono solcate da venti più caldi, attraversò il mare ed andò a trovare la figlia, convinto che fosse circondata da ricchezze di ogni tipo. Sedna però gli rivelò l´inganno dell´alcione: il padre punì il traditore con la morte e poi si diede alla fuga con la figlia.
Il viaggio in mare fu spaventoso: gli alcioni per vendicare l´amico ucciso provocarono una tempesta, e il padre vedendosi arrivare contro onde alte come montagne decise di lasciar loro la ragazza gettandola in mare. Sedna si aggrappò alle corde della barca ed il padre le tagliò la prima falange di tutte le dita in modo da farle mollare la presa. Questo non fu sufficiente: il padre le tagliò anche la seconda falange, e gli alcioni ormai sicuri che la ragazza sarebbe annegata placarono la tempesta che avevano scatenato. Il padre allora permise alla figlia di tornare sulla barca.
L´odio però l´aveva ormai corrotta al punto da farle meditare una vendetta atroce contro il genitore: durante la notte ordinò ai suoi cani di divorargli i piedi e le mani, e questi obbedirono nonostante le sue orrende grida che maledicevano la ragazza. La terra non poté sopportare più a lungo quell´orrore: si dischiuse, e la capanna dove i due abitavano sprofondò nelle sue viscere. Ora si dice che vivano negli inferi, là dove Sedna è regina.

 Lo sfaticato favola tibetana

C'era una volta una coppia che viveva tranquilla in una casa. Bhé, forse non era così tranquilla... La moglie, nell'ultimo periodo, era diventata scontrosa e arrabbiata. Il motivo? Suo marito non lavorava. E non nel senso che non trovava lavoro. Di lavoro ce n'era finché voleva. Semplicemente gli piaceva poltrire. Anzi, in paese si diceva che in vita sua quell'uomo non avesse mai lavorato nemmeno un giorno.
- Muoviti! Fai qualcosa! - lo incalzava la moglie.
- Stai zitta! Lasciami stare sulla mia poltrona! Non faccio del male a nessuno. E poi dove vuoi che vada? Non lo vedi che è sera? Lo sai che io ho paura delle stelle!
- Cosa? - fece incredula la donna - Adesso viene fuori che hai paura delle stelle! Ma fammi il piacere, va'...
- E' vero, che ti credi...
Stupita, la donna smise di ribattere e, fra sé e sé, inziò a pensare a come sfruttare la paura del marito per cacciarlo di casa.
La sera successiva gli chiese di uscire a prendere il pane che era rimasto in giardino.
- Sei pazza? Le stelle mi divorerebbero! Giammai! Vacci tu!
- No. Stasera non voglio sentire storie. Ci andrai tu. Devi fare solo quattro metri oltre lo zerbino. Credo che lo possa fare anche uno sfaticato come te!
Per troncare le lamentele della moglie, l'uomo alla fine acconsentì. Ma appena fu sull'uscio, ricevette un calcio nel sedere, volò in mezzo al buio del cortile, e la moglie gli richiuse la porta alle spalle, girando la chiave ben quattro volte.
- Ce l'ho fatta - si mise a urlare al di là della serraura - Ti ho sbattuto fuori! Adesso vattene e non farti più vedere!
- Disgraziata! - rispose il marito - Ecco cosa si ottiene a prendere una moglie. Uno si aspetta di essere amato e rispettato e invece guarda come va a finire. Allora me ne andrò, ma se le stelle mi mangeranno mi avrai sempre sulla coscienza!
Incamminatosi con fare circospetto, l'uomo continuava a guardare le stelle. Erano grandi, sembravano minacciarlo. Giunse infine nella terra dei giganti, cui fece pena. Riuniti in assemblea, i giganti decisero di prenderlo a lavorare alle loro dipendenze. L'uomo, privo di un tetto, fu costretto ad accettare.
Per i giganti fu un vero disastro. L'uomo lavorava male, era pigro e svogliato. Si addormentava sul posto di lavoro. Arrivava tardi agli appuntamenti. Il disagio crebbe, fino a che, un bel giorno, i giganti raccolsero una bella somma di denaro, la diedero in mano all'uomo e gli dissero:
- Ecco! questi sono i soldi per i lavori che non hai fatto. Pensa quanto sei fortunato! Ma adesso vattene! Ci sbrigheremo da soli le nostre faccende!
- Come volete! Sfondate una porta aperta! Arrivederci!
- No no. Altro che arrivederci: a mai più! - lo corressero in coro i giganti.
L'uomo rincasò con la borsa piena di soldi. Bussò. La moglie, appena lo vide, scappò in casa.
- Tesoro, guarda: sono tornato! Sono pieno di soldi!
- Eh?
- Ho lavorato! Li ho guadagnati!
- Tsé, è tutto merito mio. Se non ti cacciavo di casa, adesso saresti ancora con un pugno di mosche in mano.
- Infatti sono tornato per renderti partecipe di questa ricchezza. Ora nessuno di noi due dovrà più lavorare!Allora la moglie aprì la porta e lo abbracciò. E i due vissero felici e contenti.
"Grazie!", ci viene da dire, con tutti quei soldi...

 

 

 
 
 

Domenica pomeriggio, mi sono preso una

Post n°751 pubblicato il 30 Gennaio 2014 da giramondo595

Bella strizza

Grecia, forte scossa di terremoto ad
Argostoli, Cefalonia. La scossa si è sentita
anche dalle mie parti

Alle 15,00 circa mentre ero seduto al Pc a
rispondere ai vostri saluti, mi sono sentito
tremare fortemente la sedia e mia zia, che è
venuta a chiamarci ha avuto un forte spavento...

Fortunatamente la scossa è stata di brevissima
durata. Fortunatamente solo spavento.

 

 


Un forte terremoto di grado 6.3 è avvenuto
sull'isola di Cefalonia in Grecia. Il terremoto
è stato localizzato sulla terraferma, vicino la
capitale Argostoli, a una profondità di 10
chilometri e alle ore 14:55 italiane.
Alle 15:08 se ne è verificata un'altra,
sempre nella stessa area, di magnitudo 4,4.
Tutta la zona è interessata da un intenso
sciame sismico. L'epicentro si trova a 7
chilometri a ovest di Argostoli e 2 chilometri
a ovest di Lixouri.
Nuova scossa alle 19:45, magnitudo 5,5
Non si ferma lo sciame sismico vicino Cefalonia.
Una nuova scossa, di magnitudo 5.5,
è avvenuta al largo dell'ìsola, con la
profondità di dieci chilometri.
Nessuna vittima, danni ingenti
Non ci sarebbero vittime a seguito del forte
terremoto che questo pomeriggio ha colpito
l'isola greca di Cefalonia, nel mare Ionio,
ma la scossa iniziale e la scia sismica che
si è succeduta hanno provocato gravi danni
alle rete stradale e agli edifici più vecchi.
Lo riferiscono media locali. Il movimento tellurico
ha causato numerose frane di rocce e pietrisco che
hanno bloccato il transito su diverse strade e in
molti punti il manto stradale è aperto da

profonde fessure. Una lunga spaccatura nel

terreno si è aperta sulla superficie del locale

campo di calcio. Anche la fornitura di

energia elettrica

a diverse località si è interrotta. I maggiori

danni si sono registrati
nel villaggio di Pallikis dove vecchie abitazioni,

tra cui anche un pensionato per anziani, hanno

dovuto essere evacuate. Sul posto è arrivato in

elicottero il ministro degli Interni Yiannis

Michelakis

per rendersi conto di persona dell'impatto del

sisma. Il terremoto, oltre che sulle coste

nord-occidentali della Grecia, è stato avvertito

anche a Patrasso ed Atene.
Ancora un'altra scossa alle 15:59
E' stata registrata alle 15:59 l'ultima scossa

di magnitudo 4,4 sempre nella stessa area e

sempre a 10 chilometri di profondità. Continua

dunque lo sciame sismico che sta investendo principalmente

l'isola di Cefalonia, in Grecia, con epicentro

questa volta però in mare, a poca distanza dalla

costa.  Moltissime telefonate ai vigili del fuoco di

Brindisi e Bari
Numerosissime telefonate sono pervenute

 dalle 15 in poi al centralino dei vigili

del fuoco di

Brindisi da gente allarmata per aver avvertito

le due

scosse di terremoto che hanno avuto

epicentro in

Grecia, a Cefalonia, nel Mar Ionio. Non

si sono

registrati

danni a cose o a persone. Chiamate al

centralino dei pompieri sono pervenute

non solo da tutta la

provincia

di Brindisi, ma anche dal sud Barese per avere

informazioni e per il timore che si registrassero

altre scosse. Il sisma, secondo quanto si evince

dai social network sui quali è iniziata presto la

condivisione di notizie, è stato avvertito anche nel

resto del Salento e in provincia di Taranto.
La scossa sentita nel Sud Italia
L'onda sismica di magnitudo 6.3

registrata nell'isola

di Cefalonia (Grecia) alle 14.55 ha raggiunto

anche

buona parte del Sud Italia dove la scossa

è stata

percepita in maniera lieve: segnalazioni

sono giunte all'Osservatorio Vesuviano

da Matera, dal Casertano

e dal Napoletano. Il sisma è stato avvertito

in alcune

zone della Puglia e in tutta l'area Med.

Diverse le segnalazioni anche a Napoli città,

soprattutto da

parte di chi abita in collina e ai piani alti.

Allo stato

non si hanno notizie di danni , ed in maniera

sensibile anche nella Calabria jonica .
La conferma dell'Usgs: 6.0
Una scossa di magnitudo 6.0 è stata

registrata

dall'Istituto geologico americano Usgs a

Lixourion, nell'isola di Cefalonia,

nord-ovest della Grecia,

nel mar Ionio. Secondo quanto riferisce la stampa

locale, al momento non ci sarebbero danni a

cose o persone. Il sisma è stato avvertito anche

sulle coste nord-occidentale della Grecia.

L'Usgs in particolare ha precisato che sono

state due le scosse che hanno

colpito oggi la cittadina di Lixourion a Cefalonia in

Grecia.

La prima di magnitudo 6.0 è stata

registrata ad una profondità di 18,8 km

alle ore 14:55 (le 13:55 in Italia),

mentre la seconda alle ore 15:08 locali

aveva una magnitudo di 5.0 ed si è verificata

ad una profondità

di 12,8 km
Il premier Samaras presto sull'isola
Il primo ministro Antonis Samaras sarà nelle

prossime ore sull'isola di Cefalonia insieme al

ministro dell'Interno Yiannis Michelakis .
Le testimonianze in Rete
Molte le testimonianze in Rete, soprattutto su Twitter,

di persone che hanno sentito la

scossa anche in Italia, soprattutto in

Puglia, Calabria e Basilicata. Attraverso

il Web si ha anche notizia di gravi

danni agli edifici e

alle strade. Ci sarebbe stata anche

una completa interruzione della corrente

elettrica su tutta l'isola,

su cui vivono almeno 40mila persone.

In questo

momento, oltretutto, ad Argostoli

è in atto una forte

ondata di maltempo.
Il precedente: Argostoli rasa al suolo
La città di Argostoli fu rasa al

suolo proprio da un terremoto nel 1953.

In realtà gran parte dell'isola

subì enormi danni, tanto che ad oggi

l'unico paese

rimasto intatto e "sopravvissuto" a quella

scossa è Fiskardo,

che si trova nella parte nord ed è

un noto centro turistico

 
 
 

Intevallo musicale

Post n°750 pubblicato il 26 Gennaio 2014 da giramondo595

in compagnia di quattro musicisti calabresi. Purtroppo alcuni di loro non sono più tra noi. Ma sono vivi nei nostri ricordi con la loro splendida musica. Questo è uno dei tanti concerti impossibili..ma grazie al web, è un evento che si può realizzare. Mi auguro che sia di vostro gradimento.


Il primo brano è interepretato dalla splendida voce di Mimì, Mia Martini, nativa di Bagnara Calabra. Ha per titolo gli uomini non cambiano. Fu eseguito al festival di S.Remo del 1992

Il secondo brano è di Rino Gaetano, nato a Crotone e morto tragicamente a Roma in un incidente stradale. Ha per titolo Il cielo è sempre più blu.

 

Il terzo brano è interpretato da Otello Profazio, considerato da tutti " il re del folk ", in quanto compone musica folk calabrese ed è alla continua ricerca delle sonorità calabresi in uso anticamente tra gli abitanti della mia regione. La canzone che interpreta dal livo ha per titolo Mannaia all' ingegneri. E' un inno contro l' emigrazione. Una piaga che ha colpito la mia terra natia.

 

Il quarto brano è un medley di canzoni dell' indimenticabile Mino Reitano, nativo di Fiumara di Calabria. Le canzoni che interpreta sono Una chitarra 100 illusioni, Gente di fiumara, avevo un cuore che ti amava tanto

Buon ascolto e tantissimi bacioni

 
 
 

Dalla finestra

Post n°749 pubblicato il 21 Gennaio 2014 da giramondo595

Oggi, vorrei condividere questa fantastica poesia. L' ho trovata su un giornale locale, allo spazio la voce dei poeti. E' stata scritta da una studentessa di una scuola media della mia regione. La calabria

GUARDO DALLA finestra e vedo
due uomini, uno bianco e uno nero
guardo meglio, li riguardo e mi ricredo
perché hanno entrambi un cuore sincero.
Guardo di nuovo, attentamente
ora vedo due bambini: sono amici
uno è ricco, l'altro non ha niente.
Eppure sono entrambi felici.
Curiosa guardo ancora quindi
vedo due donne in un campo dorato
una ha occhi lunghi, l'altra capelli biondi.
Ma so che entrambe hanno tanto lavorato.
Non mi stanco e continuo a guardare
vedo due famiglie camminare insieme.
Ora si dividono: vanno a pregare tanto,
comunque si vogliono bene.
Infine, guardando vedo una folla di gente
che nella terra pianta un piccolo seme.
E' il seme dell'uguaglianza e crescerà solamente
quando tutti impareranno a vivere insieme.

Eleonora Fidelia Chiefari

 

 
 
 

tantiiii auguriiiiiiiiiiiiiiiiii a te, tanti auguri a te!.....

Post n°748 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da giramondo595

 

Oggi è il compleanno della nostra amica Melen... Vorrei condividere questo lieto evento

     

  

       

 

 

 


La pioggia di stelle
fratelli Grimm
C'era una volta una bambina, che non aveva più nè babbo nè mamma, ed era tanto povera, non aveva neanche una stanza dove abitare nè un lettino dove dormire; insomma, non aveva che gli abiti indosso e in mano un pezzetto di pane, che un'anima pietosa le aveva donato. Ma era buona e brava e siccome era abbandonata da tutti, vagabondò qua e là per i campi fidando nel buon Dio.
Un giorno incontrò un povero, che disse: "Ah, dammi qualcosa da mangiare! Ho tanta fame!" Ella gli porse tutto il suo pezzetto di pane e disse: "Ti faccia bene!" e continuò la sua strada. Poi venne una bambina, che si lamentava e le disse: "Ho tanto freddo alla testa! Regalami qualcosa per coprirla." Ella si tolse il berretto e glielo diede. Dopo un pò ne venne un'altra bambina, che non aveva indosso neanche un giubbetto e gelava; ella le diede il suo. E un pò più in là un'altra le chiese una gonnellina, ella le diede la sua. Alla fine giunse in un bosco e si era già fatto buio, arrivò un'altra bimba e le chiese una camicina; la buona fanciulla pensò: "E' notte fonda nessuno ti vede puoi ben dare la tua camicia." Se la tolse e diede anche la camicia.
E mentre se ne stava là, senza più niente indosso, d'un tratto caddero le stelle dal cielo, ed erano tanti scudi lucenti e benchè avesse dato via la sua camicina ecco che ella ne aveva una nuova, che era di finissimo lino. Vi mise dentro gli scudi e fù ricca per tutta la vita.
La margheritina
Una fiaba di Hans Christian Andersen Andersen

Ascolta un po'!
Laggiù in campagna, vicino alla strada, si trovava una villa, l'hai certamente vista qualche volta. Proprio davanti c'è un giardinetto con vari fiori e un cancello dipinto; vicino al fossato, in mezzo a un bel prato verde, era cresciuta una margheritina; il sole splendeva caldo su di lei così come sui grandi fiori da giardino, e per questo il fiorellino cresceva molto in fretta. Una mattina era tutta sbocciata con i suoi piccoli petali bianchi luminosi, che sembravano raggi disposti intorno al piccolo sole giallo del centro. La margheritina non pensava certo che nessuno l'avrebbe notata lì nell'erba, e neppure pensava di essere un povero fiore disprezzato; no, si sentiva contenta e si voltò verso il caldo sole, volse lo sguardo verso l'alto e ascoltò l'allodola che stava cantando.
La margheritina era così felice che le sembrava un giorno di festa; in realtà era solo lunedì e tutti i bambini erano a scuola; mentre quelli erano seduti nei loro banchi e imparavano qualcosa, il fiorellino se ne stava fermo sul suo piccolo gambo verde e imparava dal sole caldo e da tutto quel che la circondava quanto fosse buono Dio, e le piaceva che l'allodola cantasse così bene e così chiaramente tutto quello che lei stessa sentiva in silenzio; guardava con una certa riverenza verso quel fortunato uccello, che poteva cantare e volare, ma non era triste per il fatto di non poterlo fare lei stessa. "Io posso vederlo e ascoltarlo!" pensava. "Il sole splende su di me e il vento mi bacia! Oh, quanti doni mi sono stati concessi!."
Dietro il cancello si trovavano molti fiori, rigidi e aristocratici, e quanto meno profumo avevano, tanto più si sentivano importanti.
Le peonie si gonfiavano per diventare più grandi delle rose ma non era certo la grandezza che importava! I tulipani avevano i colori più belli e lo sapevano bene, e stavano ben diritti per farsi notare meglio. Tutti quei fiori non notarono affatto la giovane margheritina che si trovava fuori, ma lei invece li guardava continuamente e pensava: "Come sono belli e ricchi! Sicuramente quello splendido uccello volerà giù da loro! Grazie a Dio, io sono così vicina che potrò vedere quello splendore!" e mentre pensava così "quirrevit!" arrivò l'allodola in volo, che non si posò sulle peonie o sui tulipani, bensì giù nell'erba, dalla povera margheritina; e lei fu così turbata da quella gioia che non riuscì più a pensare.
L'uccellino le danzò intorno cantando: "Oh! com'è tenera l'erba! e che grazioso fiorellino col cuore d'oro e l'abito argentato!." Il bottone giallo della margheritina sembrava proprio d'oro e i piccoli petali bianchi luccicavano come argento.
Nessuno può immaginare quanto fosse felice la piccola margheritina! L'uccellino la baciò col suo becco, cantò per lei e poi volò di nuovo in alto, verso il cielo azzurro. Ci volle più di un quarto d'ora prima che il fiorellino si riprendesse. Un po' vergognosa, ma anche profondamente felice, la margheritina guardò verso i fiori del giardino: avevano visto l'onore e la beatitudine che le erano toccati, potevano certo immaginare quale gioia fosse per lei; ma i tulipani erano ancora più dritti di prima e erano arcigni e rossi in volto, perché si erano arrabbiati. Le peonie invece erano gonfie in viso, per fortuna non potevano parlare, altrimenti la margheritina le avrebbe proprio sentite! Il povero fiorellino capì che non erano di buon umore e se ne dispiacque molto. In quel momento giunse in giardino una ragazza con un grosso coltello, affilato e lucente; si diresse verso i tulipani e li recise tutti, uno dopo l'altro. "Uh!" sospirò la margheritina "è terribile, per loro è finita!" E così la ragazza se ne andò con i tulipani. La margheritina si rallegrò di trovarsi fuori dal giardino, tra l'erba, e di essere un povero fiorellino: se ne sentì riconoscente, e quando il sole tramontò, richiuse i petali e si addormentò sognando per tutta la notte il sole e l'uccellino.
Il mattino dopo, quando il fiore riaprì i bianchi petali come piccole braccia verso l'aria e la luce, riconobbe la voce dell'uccello, ma come era doloroso il suo canto! E la povera allodola aveva ragione di essere così triste: era stata catturata e ora si trovava in una gabbia posta vicino a una finestra aperta. Cantava di poter volare libera e felice, cantava del giovane grano verde dei campi e dello splendido viaggio che poteva intraprendere nell'aria. Il povero uccello non era certo di buon umore, rinchiuso com'era nella gabbia.
La margheritina avrebbe voluto aiutarlo, ma come poteva fare? Non era facile trovare il modo. Dimenticò subito le bellezze che la circondavano, il sole caldo che splendeva, dimenticò com'erano graziosi i suoi petali bianchi, pensava solo all'uccello rinchiuso, per il quale non era in grado di fare nulla.
In quel mentre giunsero due ragazzetti dal giardino; uno di loro aveva in mano un coltello, grosso e affilato come quello usato dalla ragazza per tagliare i tulipani. Si dirigevano proprio verso la margheritina, che non riusciva a immaginare che cosa volessero.
"Qui possiamo prendere una bella zolla d'erba per l'allodola" disse uno dei ragazzi, e cominciò a tagliare un quadrato di terra, proprio intorno alla margheritina, che così si trovò in mezzo alla zolla.
"Strappa quel fiore" disse uno dei ragazzi, e la margheritina cominciò a tremare di paura, perché essere strappata significava perdere la vita e lei ora desiderava vivere e entrare nella gabbia dell'allodola con la zolla di erba.
"No, lasciala" rispose l'altro ragazzo "ci sta così bene!" e così il fiore restò lì e giunse nella gabbia dell'allodola.
Ma il povero uccello si lamentava a voce alta della libertà perduta e batteva con le ali contro le sbarre della gabbia; la margheritina non poteva parlare, non poteva dirgli una sola parola di conforto, come pure desiderava tanto. Così passò tutta la mattina.
"Qui non c'è acqua" disse l'allodola prigioniera. "Tutti sono usciti e non mi hanno dato una sola goccia d'acqua; ho la gola secca e infuocata, c'è fuoco e ghiaccio dentro di me e l'aria è così pesante! Ah, devo morire, lasciare il sole caldo, il fresco verde, tutte quelle bellezze che Dio ha creato!" e intanto affondava il becco nella fresca zolla d'erba, per refrigerarsi un po'; in quel momento il suo sguardo si posò sulla margheritina e l'uccello le fece un cenno di saluto, la baciò con il becco e esclamò: "Anche tu dovrai appassire qui dentro, povero fiorellino! Mi hanno portato te e la piccola zolla d'erba al posto del mondo intero che avevo là fuori! Ogni stelo d'erba è per me come un albero verde, ognuno dei tuoi petali bianchi un fiore profumato! Ah, voi mi ricordate quanto ho perduto!"
"Se solo potessi consolarlo!" pensava la margheritina, ma non poteva muovere neppure un petalo. Tuttavia, il profumo che i sottili petali emanavano era molto più intenso di quello che di solito hanno le margherite; e anche l'uccello lo notò tanto che, sebbene stesse morendo di sete e nella sua disperazione strappasse ogni filo d'erba, non toccò affatto il fiorellino.
Venne sera, ma ancora nessuno portò acqua al povero uccello; l'allodola allora allargò le belle ali, le agitò convulsamente, e il suo canto divenne un malinconico cip-cip, la testolina si piegò sul fiore e il cuore dell'uccello si spezzò per inedia e nostalgia; e il fiore non potè chiudere i petali e dormire, come faceva ogni sera, ma si piegò malato e triste verso la terra.
Solo il mattino dopo giunsero i ragazzi e, vedendo che l'uccello era morto, piansero, piansero a lungo e lo seppellirono in una graziosa fossa che ornarono con petali di fiori. Il corpo dell'uccello fu posto in una bella scatola rossa; doveva avere un funerale da re quel povero uccellino! Quando era vivo e cantava, lo avevano dimenticato, abbandonato nella gabbia a soffrire di nostalgia; ora ricevette onori e molte lacrime.
Ma la zolla di terra con la margheritina fu gettata via, nella polvere della strada. Nessuno pensò a lei, che aveva sofferto più di tutti per l'uccellino e che avrebbe tanto voluto consolarlo.


Un burino va dal dottore

Un burino va dal dottore: - Dottore... ciavrebbi m'broblema che quanno scureggio faccio tandissimo rummore ma nun emetto puzza. - E' un vero problema! Comunque si può sempre rimediare con un operazione all'ano. - a cheee? - Ar culo! E si rimedia tutto!... ma può emettere un po' d'aria per farmi vedere? - Certo dotto', prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr! Il dottore semisvenuto per l'odore nausabondo: - tacci tua... ar naso te devo opera'... no ar culo!

Un cane ed un cavallo
Un cane domanda a un cavallo: "Perché voi cavalli avete i buchi del naso tanto grandi?"
E il cavallo: "Prova tu a scaccolarti con uno zoccolo!"
Tra cammelli
Un cammellino va dal cammello babbo e gli dice:
"O' babbo, certo che noi 'ammelli siamo proprio brutti, 'on
questi baffacci sul muso ..."
E il babbo: "Ma che tu va' a dire, brutti i baffi??? quando
tu 'ssei nel deserto, ci sono le tempeste di sabbia e tutti l'altri animali moiano soffocati. Noi c'abbiamo 'baffi, che filtrano l'aria e si 'ampa lo stesso!!!"
Il cammellino:
"Già , ....un ci avevo mica pensato....ganzo!"
Dopo un po' torna il cammellino e dice:
"Certo babbo, è vero la tempesta di sabbia e' baffi....però noi 'ammelli e siamo brutti lo stesso, bada te che piedoni lunghi e larghi cha ci s'ha!"
E il babbo: "Cosa???!!! brutti i piedoni?? Allora tu'se' propio scemo! Quando nel deserto l'altri animali affondano nella rena, e 'un riescano a arriva' all'oasi e tirano'l calzino, noi 'ammelli ci si 'ammina propio bene e si 'ampa!"
Il cammellino: "Tu ha' ragione, babbo! E' vero....un ci avevo pensato neanche!"
Dopo un altro po' il cammellino: "Oh babbo, 'apisco le tempeste, l'oasi, i piedoni, 'baffi che filtrano. Però noi 'ammelli, hai voglia di di', e siamo brutti davvero, con queste du' gobbacce!!"
E il babbo: "Oooh nini! Che tu vo' dire??? brutte le gobbe??? quando nel deserto l'altri animali moiano di sete perchè 'un si trova l'acqua, noi nelle gobbe ci abbiamo la riserva d'acqua! E noi si 'ampa!!!"
Il cammellino: "Tu ha' ragione un'altra volta! 'un ciavevo pensato."
Alla fine torna il cammellino dubbioso e dice: "Certo babbo io 'apisco tutto. La riserva d'acqua nelle gobbe, le tempeste di sabbia, i piedoni, ma mi spieghi una 'osina, allora? Che ci si fa noi allo zoo di Pistoia??!

 

 
 
 

intervallo in compagnia

Post n°747 pubblicato il 16 Gennaio 2014 da giramondo595

del poeta Hans Cristian Andersen


Madre Sambuco

C'era una volta un bambino che era raffreddato, era andato a passeggio e si era bagnato i piedi, ma nessuno riusciva a capire dove li avesse bagnati, dato che il tempo era asciutto. Sua madre lo svestì, lo portò a letto, e mise sul fuoco la teiera, per preparargli una buona tazza di tè di sambuco, perché quello riscalda! Intanto entrò dalla porta quel vecchietto simpatico che abitava proprio in cima alla casa e viveva molto solo perché non aveva né moglie né figli, ma amava molto i bambini e sapeva raccontare molte fiabe e storie.
"Adesso bevi il tuo tè!" disse la madre "poi forse avrai anche una storia."
"Sì, se solo ne conoscessi qualcuna nuova!" disse il vecchio e fece cenno dolcemente. "Ma come ha fatto a bagnarsi i piedi, il piccolo?" chiese.
"Già, come ha fatto?" esclamò la madre. "Nessuno riesce a capirlo."
"Avrò una favola?" chiese il ragazzino.
"Sì, ma tu mi sai dire precisamente quanto è profondo il rigagnolo nella stradina che percorri per andare a scuola? È necessario che lo sappia prima di raccontarti la favola."
"Proprio fino a metà stivaletti!" rispose il ragazzo "ma questo quando sono nella parte più profonda."
"Ecco da dove arrivano i piedi bagnati!" esclamò il vecchio. "Ora ti dovrei proprio raccontare una storia, ma non ne conosco più."
"Può inventarne una" disse il bambino "la mamma dice che tutto quello che lei guarda diventa favola, e che da tutto quello che lei tocca ricava una storia."
"Sì, ma quelle storie e quelle favole non valgono nulla! No, quelle vere vengono da sole, mi bussano sulla fronte e dicono: Eccomi qui!"
"Non stanno per bussare?" chiese il fanciullo, e la madre rise, mise il tè di sambuco nella teiera e vi versò sopra l'acqua bollente.
"Racconti, racconti!"
"E già, come se le favole venissero spontaneamente, ma queste fanno le preziose, vengono solo quando hanno voglia. Alt!" disse improvvisamente. "Eccone una: stai attento, adesso si trova sulla teiera!"
Il bambino guardò verso la teiera; il coperchio si sollevava sempre più, e i fiori di sambuco uscirono freschi e bianchi, gettarono lunghi e grandi rami, uscirono persino dal becco verso tutti i lati e diventarono sempre più grandi; si era formato un meraviglioso cespuglio di sambuco, un intero albero, che arrivava fino al letto e spostava le tendine di lato; oh, che fiori, che profumo! In mezzo all'albero si trovava una vecchia molto garbata con uno stranissimo vestito addosso: tutto verde, come le foglie dell'albero di sambuco, e ricamato con grandi fiori bianchi di sambuco; al primo momento non si capiva se era stoffa o se era davvero fatto di verde e di fiori.
"Come si chiama quella donna?" chiese il bambino.
"Be', i greci e i romani" spiegò il vecchietto "la chiamavano Driade, ma noi questo non lo capiamo; giù al quartiere dei marinai hanno trovato un nome migliore per lei, la chiamano Madre Sambuco, e adesso devi stare attento a lei; ascoltala e guarda quel bell'albero di sambuco."
Giù al quartiere dei marinai si trova proprio un albero così grande e tutto in fiore. È cresciuto in un angolo di un piccolo cortile povero, sotto quell'albero al pomeriggio sedevano al sole due vecchietti, un vecchissimo marinaio e la sua vecchissima moglie: erano bisnonni e avrebbero dovuto festeggiare le loro nozze d'oro, ma non ricordavano bene la data. Madre Sambuco sedeva su un albero e appariva tutta contenta, proprio come qui. "Io conosco il giorno delle nozze d'oro!" esclamò, ma loro non sentirono, parlavano dei tempi passati.
"E già, ti ricordi" disse il vecchio marinaio "quella volta in cui eravamo giovani e correvamo e giocavamo, era proprio qui, nello stesso cortile dove ci troviamo ora, e piantavamo in terra ramoscelli e avevamo creato un giardino."
"Sì" rispose la vecchia "me lo ricordo bene! E innaffiavano i ramoscelli, e uno era un ramoscello di sambuco; mise le radici, buttò bei germogli verdi, e ora è diventato questo grande albero, sotto il quale noi vecchi ci troviamo."
"Già!" disse lui "ma nell'angolo c'era una bacinella d'acqua dove navigava la mia imbarcazione, l'avevo intagliata io stesso; come navigava bene! Ma poco dopo io sono andato a navigare in modo diverso."
"Sì, ma prima siamo andati a scuola a imparare qualcosa" disse lei. "Poi abbiamo ricevuto la confermazione, piangevamo tutti e due, ma nel pomeriggio andammo mano nella mano fino alla Torre Rotonda per guardare Copenaghen e il mare! Poi siamo andati a Frederiksberg, dove il re e la regina navigavano tra i canali nella loro meravigliosa nave."
"Sì, ma io poi sono andato a navigare in modo diverso e per molti anni, lontano, in lunghi viaggi!"
"E io ho pianto spesso per te!" disse lei. "Credevo che tu fossi morto, fossi via per sempre, che giacessi giù immobile nell'acqua profonda! Per molte notti mi alzai per vedere se il catenaccio del portone si apriva; sì, si apriva, ma tu non arrivavi. Me lo ricordo così bene! Un giorno pioveva forte, lo spazzino passò davanti alla casa dove io servivo, ero scesa con la spazzatura e me ne stavo dritta davanti alla porta; c'era un tempo terribile e mentre io stavo lì, il postino mi si affiancò e mi diede una lettera: era da parte tua. Che lungo viaggio aveva compiuto! Io mi precipitai a leggerla, risi e piansi, ero così felice! C'era scritto che ti trovavi nei paesi caldi, dove crescono i chicchi di caffè. Oh, dev'essere stato un paese benedetto! Tu raccontavi tante cose e io immaginavo tutto, mentre la pioggia scrosciava e io stavo lì con lo spazzino. In quel momento arrivò qualcuno che mi prese per la vita!"
"Sì, e tu gli desti uno schiaffo sulla guancia, che rimbombò per bene!"
"Naturalmente non sapevo che eri tu! Eri arrivato insieme alla tua lettera, e eri così bello! ma lo sei anche adesso. Avevi un grosso fazzoletto di seta giallo nel taschino e un cappello lucente in testa; eri così ben vestito, ma che tempo c'era, e com'era ridotta la strada!"
"Poi ci sposammo" continuò lui "te lo ricordi? e poi avemmo il primo figlio e poi Marie, e Nils, Peter e Hans Christian!"
"Sì, e come sono cresciuti tutti e sono diventati gente apposto a cui tutti vogliono bene."
"E poi i loro figli hanno avuto figli" disse il vecchio marinaio. "Sì, e ci sono i nipoti dei figli che hanno un temperamento! Mi sembra proprio che sia stato in questa stagione il nostro matrimonio."
"Sì, proprio oggi è il giorno delle nozze d'oro" disse Madre Sambuco avvicinando la testa ai due vecchi, e loro credettero che fosse la vicina di casa che faceva cenno; si guardarono e si tennero per mano; poco dopo giunsero i figli e i nipoti; loro sapevano bene che quello era il giorno delle nozze d'oro, già al mattino avevano fatto gli auguri, ma i vecchi l'avevano già dimenticato, mentre invece ricordavano bene tutto quello che era successo tanti anni prima; l'albero di sambuco profumava così intensamente, e il sole, che stava per tramontare, brillò proprio sui volti dei due vecchi, che apparvero colorati di rosso. Il più piccolo dei nipotini si mise a ballare intorno a loro e gridò, felice, che quella sera ci sarebbe stata una vera festa, avrebbero mangiato le patate calde, e Madre Sambuco fece cenno dall'albero gridando Urrà con tutti gli altri.
"Ma questa non è una storia!" esclamò il bambino che aveva ascoltato.
"Lo è, ma è una storia che devi capire" spiegò colui che raccontava. "Adesso chiediamolo a Madre Sambuco."
"Non è una favola" disse Madre Sambuco "ma adesso arriva la favola. Dalla realtà nasce spesso la più bella di tutte le fiabe; altrimenti il mio bel cespuglio di sambuco non sarebbe potuto crescere da una teiera" e intanto prese il bambino dal letto e se lo strinse al petto, e i rami del sambuco, carichi di foglie, gli si chiusero intorno e lui si trovò come in un fittissimo pergolato che si innalzava verso l'alto: era delizioso! Madre Sambuco si era trasformata in una bambina molto graziosa, ma il vestito era ancora verde a fiori bianchi, come quello che aveva Madre Sambuco. Sul petto c'era un vero fiore di sambuco e intorno ai capelli ricci e biondi una corona di fiori di sambuco; gli occhi erano grandi, grandi e azzurri. Oh, era così bello guardarla! Lei e il ragazzo si baciarono, e subito ebbero la stessa età e la stessa allegria.
Tenendosi per mano uscirono dalla casetta e camminarono nel bel giardino fiorito; legato all'aiuola, si trovava il bastone del babbo; ai due piccoli sembrava ci fosse vita nel bastone, e non appena gli saltarono in groppa, il pomo lucido si trasformò in una splendida testa di cavallo che nitriva, con una lunga criniera nera che fluttuava al vento; poi spuntarono quattro agili e robuste zampe; e il bastone divenne un animale forte e possente, e loro si misero a correre al galoppo intorno all'aiuola di erbetta. "Op, ora cavalcheremo per molte miglia!" esclamò il ragazzo. "Cavalcheremo fino al castello dove siamo stati l'anno scorso!" e cavalcarono, cavalcarono, sempre intorno all'aiuola; e la fanciulla continuava a gridare, la fanciulla che - noi lo sappiamo - non era altri che Madre Sambuco: "Siamo arrivati in campagna! Vedi la casa del contadino con quel grande camino che sembra un uovo gigante sul muro verso la strada? L'albero di sambuco vi stende sopra i rami e il gallo raspa per le galline, guarda come gonfia il petto! Adesso siamo alla chiesa! Si trova in cima alla collina tra due grandi querce una delle quali è un po' debole! Adesso ci troviamo nella fucina, dove il fuoco brucia e dove uomini mezzi nudi battono con i martelli, facendo volare scintille dappertutto. Ma via, via, verso quel castello meraviglioso!." E tutto quello che la bambina, seduta sul retro del bastone, diceva, passava loro davanti. Il bambino vedeva tutto, ma in realtà non facevano altro che girare intorno all'aiuola. Poi giocarono in un vialetto fecero un segno nel terreno per segnalare un giardinetto, e lei tolse il fiore di sambuco dai suoi capelli, lo piantò, e questo crebbe proprio come era successo ai vecchi nel quartiere dei marinai, quella volta che erano piccoli, ma l'abbiamo già raccontato prima. Poi camminarono, mano nella mano, come quei vecchi avevano fatto da bambini, ma non salirono sulla Torre Rotonda, né fino al giardino di Frederiksberg, no, la fanciulla prese il bimbo per la vita e volarono sopra tutta la Danimarca, e fu primavera, poi estate, poi autunno, e infine fu inverno, e migliaia di immagini si rispecchiarono negli occhi del fanciullo e nel suo cuore, e la bambina continuò a cantare per lui: "Questo non lo dimenticherai mai!." E per tutto il tempo l'albero di sambuco profumava dolce e meraviglioso, il fanciullo vedeva anche le rose e i freschi faggi, ma l'albero di sambuco profumava molto più forte, perché il suo fiore si trovava sul cuore della fanciulla, e lui ogni tanto vi posava sopra il capo.
"È proprio bello in primavera!" disse la fanciulla, e si trovarono in un bosco di faggi con le foglioline appena spuntate, dove il verde mughetto profumava ai loro piedi, e i rossi anemoni spiccavano tra il verde. "Oh, se fosse sempre primavera in questo profumato faggete danese!"
"Come è bello d'estate!" esclamò, e passarono sopra vecchi castelli del tempo dei cavalieri, dove i muri rossi e i frontoni aguzzi si rispecchiavano nei fossati, dove i cigni nuotavano e spuntavano tra i vecchi sentieri. Nei campi il grano ondeggiava, come fosse stato un lago, i fossati erano pieni di fiori rossi e gialli, le siepi di luppolo selvatico e di convolvolo in fiore; e di sera si alzò la luna, rotonda e grande, e i covoni sui prati profumarono dolcemente.
"Non lo dimenticherò mai!"
"Come è bello in autunno!" disse la bambina e l'aria divenne molto più azzurra e luminosa, il bosco si colorò deliziosamente di rosso giallo e verde, e i cani dei cacciatori correvano, stormi di uccelli selvatici volavano gridando sopra gli antichi sepolcri, dove i rovi di more si avvolgevano intorno alle vecchie pietre; il mare era blu scuro con bianche vele e sull'aia sedevano vecchie donne e fanciulle e bambini che pulivano il luppolo in una grande vasca, i giovani cantavano, mentre i vecchi raccontavano storie di folletti e di troll. Meglio di così non poteva essere!
"Come è bello d'inverno!" disse la bambina, e tutti gli alberi si coprirono di brina, sembravano coralli bianchi, la neve scricchiolava sotto i piedi, come se uno avesse avuto stivali nuovi, e dal cielo cadeva una stella dopo l'altra. Nella stanza si accesero gli alberi di Natale, c'erano regali e l'umore era alto; in campagna si suonava la viola nelle case dei contadini. Le frittelle di mele volavano in aria, anche il bambino più povero esclamava: "È proprio bello d'inverno!."
Sì, era splendido e la bambina mostrò tutto al ragazzo, e il sambuco profumava sempre e sempre sventolava quella bandiera rossa con la croce bianca, quella bandiera sotto la quale il vecchio marinaio del quartiere dei marinai aveva navigato! Il bambino diventò ragazzetto e dovette andarsene per il mondo, lontano, fino nei paesi caldi, dove cresceva il caffè, ma alla partenza la bambina prese il fiore di sambuco dal suo petto e glielo diede da conservare; lui lo mise nel libro dei salmi e sempre, quando in terra straniera apriva il libro, questo si apriva nel punto in cui si trovava il fiore del ricordo, e quanto più lo guardava, tanto più questo diventava fresco. Era come se lui ancora odorasse il profumo dei boschi danesi e ancora vedesse chiaramente tra le foglie quella fanciulla che si affacciava con i suoi chiari occhi azzurri, sussurrandogli: "Qui è bello in primavera, in estate, in autunno, in inverno!." E centinaia di immagini passavano tra i suoi pensieri.
Così trascorsero molti anni lui era diventato vecchio e era seduto con la vecchia moglie sotto un albero in fiore, si tenevano per mano, come il nonno e la nonna avevano fatto nel quartiere dei marinai, e parlavano come loro dei vecchi tempi e del giorno delle nozze d'oro, la bambina con gli occhi azzurri e col fiore di sambuco nei capelli stava in cima all'albero, e faceva loro cenno dicendo: "Oggi è il giorno delle nozze d'oro!." Poi tolse due fiori dalla sua corona, li baciò e questi si misero a brillare prima come l'argento poi come l'oro, e poi li appoggiò sulla testa dei due vecchi, e diventarono ciascuno una corona d'oro; così i due sedevano come un re e una regina, sotto quell'albero profumato, che sembrava proprio un albero di sambuco. Lui raccontò alla moglie la storia di Madre Sambuco, così come gli era stata raccontata quando era bambino, e tutti e due pensarono che c'era molto in quella storia che assomigliava alla loro, e quel che più assomigliava era quello che a loro piaceva di più.
"Sì, proprio così!" disse la fanciulla dell'albero "alcuni mi chiamano Madre Sambuco, altri Driade, ma in realtà io mi chiamo ricordo - sono io che sto sull'albero che continua a crescere, io posso ricordare, raccontare! Mostrami se conservi ancora il tuo fiore!"
Il vecchio aprì il libro dei salmi, dove ancora si trovava il fiore di sambuco, fresco come quando vi era stato messo, e il ricordo annuì col capo, i due vecchi con la corona d'oro erano seduti sotto il sole della sera che rende tutto rosso; allora chiusero gli occhi, e così era finita la storia!
Il bambino si trovava nel suo letto, non sapeva se aveva sognato o se aveva ascoltato una fiaba, la teiera stava sul tavolo, ma non spuntava nessun albero di sambuco, e il vecchio che aveva raccontato la storia stava uscendo dalla porta, e così fece.
"Uh, che bello!" esclamò il bambino. "Mamma, sono stato nei paesi caldi!"
"Sì, lo credo proprio!" rispose la madre. "Quando si bevono due tazze piene di tè di sambuco si arriva di sicuro fino ai paesi caldi." Intanto lo coprì bene, in modo che non prendesse freddo. "Tu hai certo dormito, mentre io ero qui a discutere con lui se questa era una storia o una fiaba."
"E dov'è Madre Sambuco?" chiese il ragazzo.
"È sulla teiera" rispose la madre "e là può anche rimanere!"

 

 
 
 

tantiiii auguriiiiiiiiiiiiiiiiii a te, tanti auguri a te!.....

Post n°746 pubblicato il 16 Gennaio 2014 da giramondo595

Oggi è il compleanno della nostra amica Melen... Vorrei condividere questo lieto evento


La pioggia di stelle
fratelli Grimm

C'era una volta una bambina, che non aveva più nè babbo nè mamma, ed era tanto povera, non aveva neanche una stanza dove abitare nè un lettino dove dormire; insomma, non aveva che gli abiti indosso e in mano un pezzetto di pane, che un'anima pietosa le aveva donato. Ma era buona e brava e siccome era abbandonata da tutti, vagabondò qua e là per i campi fidando nel buon Dio.

Un giorno incontrò un povero, che disse: "Ah, dammi qualcosa da mangiare! Ho tanta fame!" Ella gli porse tutto il suo pezzetto di pane e disse: "Ti faccia bene!" e continuò la sua strada. Poi venne una bambina, che si lamentava e le disse: "Ho tanto freddo alla testa! Regalami qualcosa per coprirla." Ella si tolse il berretto e glielo diede. Dopo un pò ne venne un'altra bambina, che non aveva indosso neanche un giubbetto e gelava; ella le diede il suo. E un pò più in là un'altra le chiese una gonnellina, ella le diede la sua. Alla fine giunse in un bosco e si era già fatto buio, arrivò un'altra bimba e le chiese una camicina; la buona fanciulla pensò: "E' notte fonda nessuno ti vede puoi ben dare la tua camicia." Se la tolse e diede anche la camicia.

E mentre se ne stava là, senza più niente indosso, d'un tratto caddero le stelle dal cielo, ed erano tanti scudi lucenti e benchè avesse dato via la sua camicina ecco che ella ne aveva una nuova, che era di finissimo lino. Vi mise dentro gli scudi e fù ricca per tutta la vita.

La margheritina

Una fiaba di Hans Christian Andersen Andersen
                                   
Ascolta un po'!
Laggiù in campagna, vicino alla strada, si trovava una villa, l'hai certamente vista qualche volta. Proprio davanti c'è un giardinetto con vari fiori e un cancello dipinto; vicino al fossato, in mezzo a un bel prato verde, era cresciuta una margheritina; il sole splendeva caldo su di lei così come sui grandi fiori da giardino, e per questo il fiorellino cresceva molto in fretta. Una mattina era tutta sbocciata con i suoi piccoli petali bianchi luminosi, che sembravano raggi disposti intorno al piccolo sole giallo del centro. La margheritina non pensava certo che nessuno l'avrebbe notata lì nell'erba, e neppure pensava di essere un povero fiore disprezzato; no, si sentiva contenta e si voltò verso il caldo sole, volse lo sguardo verso l'alto e ascoltò l'allodola che stava cantando.
La margheritina era così felice che le sembrava un giorno di festa; in realtà era solo lunedì e tutti i bambini erano a scuola; mentre quelli erano seduti nei loro banchi e imparavano qualcosa, il fiorellino se ne stava fermo sul suo piccolo gambo verde e imparava dal sole caldo e da tutto quel che la circondava quanto fosse buono Dio, e le piaceva che l'allodola cantasse così bene e così chiaramente tutto quello che lei stessa sentiva in silenzio; guardava con una certa riverenza verso quel fortunato uccello, che poteva cantare e volare, ma non era triste per il fatto di non poterlo fare lei stessa. "Io posso vederlo e ascoltarlo!" pensava. "Il sole splende su di me e il vento mi bacia! Oh, quanti doni mi sono stati concessi!."
Dietro il cancello si trovavano molti fiori, rigidi e aristocratici, e quanto meno profumo avevano, tanto più si sentivano importanti.
Le peonie si gonfiavano per diventare più grandi delle rose ma non era certo la grandezza che importava! I tulipani avevano i colori più belli e lo sapevano bene, e stavano ben diritti per farsi notare meglio. Tutti quei fiori non notarono affatto la giovane margheritina che si trovava fuori, ma lei invece li guardava continuamente e pensava: "Come sono belli e ricchi! Sicuramente quello splendido uccello volerà giù da loro! Grazie a Dio, io sono così vicina che potrò vedere quello splendore!" e mentre pensava così "quirrevit!" arrivò l'allodola in volo, che non si posò sulle peonie o sui tulipani, bensì giù nell'erba, dalla povera margheritina; e lei fu così turbata da quella gioia che non riuscì più a pensare.
L'uccellino le danzò intorno cantando: "Oh! com'è tenera l'erba! e che grazioso fiorellino col cuore d'oro e l'abito argentato!." Il bottone giallo della margheritina sembrava proprio d'oro e i piccoli petali bianchi luccicavano come argento.
Nessuno può immaginare quanto fosse felice la piccola margheritina! L'uccellino la baciò col suo becco, cantò per lei e poi volò di nuovo in alto, verso il cielo azzurro. Ci volle più di un quarto d'ora prima che il fiorellino si riprendesse. Un po' vergognosa, ma anche profondamente felice, la margheritina guardò verso i fiori del giardino: avevano visto l'onore e la beatitudine che le erano toccati, potevano certo immaginare quale gioia fosse per lei; ma i tulipani erano ancora più dritti di prima e erano arcigni e rossi in volto, perché si erano arrabbiati. Le peonie invece erano gonfie in viso, per fortuna non potevano parlare, altrimenti la margheritina le avrebbe proprio sentite! Il povero fiorellino capì che non erano di buon umore e se ne dispiacque molto. In quel momento giunse in giardino una ragazza con un grosso coltello, affilato e lucente; si diresse verso i tulipani e li recise tutti, uno dopo l'altro. "Uh!" sospirò la margheritina "è terribile, per loro è finita!" E così la ragazza se ne andò con i tulipani. La margheritina si rallegrò di trovarsi fuori dal giardino, tra l'erba, e di essere un povero fiorellino: se ne sentì riconoscente, e quando il sole tramontò, richiuse i petali e si addormentò sognando per tutta la notte il sole e l'uccellino.
Il mattino dopo, quando il fiore riaprì i bianchi petali come piccole braccia verso l'aria e la luce, riconobbe la voce dell'uccello, ma come era doloroso il suo canto! E la povera allodola aveva ragione di essere così triste: era stata catturata e ora si trovava in una gabbia posta vicino a una finestra aperta. Cantava di poter volare libera e felice, cantava del giovane grano verde dei campi e dello splendido viaggio che poteva intraprendere nell'aria. Il povero uccello non era certo di buon umore, rinchiuso com'era nella gabbia.
La margheritina avrebbe voluto aiutarlo, ma come poteva fare? Non era facile trovare il modo. Dimenticò subito le bellezze che la circondavano, il sole caldo che splendeva, dimenticò com'erano graziosi i suoi petali bianchi, pensava solo all'uccello rinchiuso, per il quale non era in grado di fare nulla.
In quel mentre giunsero due ragazzetti dal giardino; uno di loro aveva in mano un coltello, grosso e affilato come quello usato dalla ragazza per tagliare i tulipani. Si dirigevano proprio verso la margheritina, che non riusciva a immaginare che cosa volessero.
"Qui possiamo prendere una bella zolla d'erba per l'allodola" disse uno dei ragazzi, e cominciò a tagliare un quadrato di terra, proprio intorno alla margheritina, che così si trovò in mezzo alla zolla.
"Strappa quel fiore" disse uno dei ragazzi, e la margheritina cominciò a tremare di paura, perché essere strappata significava perdere la vita e lei ora desiderava vivere e entrare nella gabbia dell'allodola con la zolla di erba.
"No, lasciala" rispose l'altro ragazzo "ci sta così bene!" e così il fiore restò lì e giunse nella gabbia dell'allodola.
Ma il povero uccello si lamentava a voce alta della libertà perduta e batteva con le ali contro le sbarre della gabbia; la margheritina non poteva parlare, non poteva dirgli una sola parola di conforto, come pure desiderava tanto. Così passò tutta la mattina.
"Qui non c'è acqua" disse l'allodola prigioniera. "Tutti sono usciti e non mi hanno dato una sola goccia d'acqua; ho la gola secca e infuocata, c'è fuoco e ghiaccio dentro di me e l'aria è così pesante! Ah, devo morire, lasciare il sole caldo, il fresco verde, tutte quelle bellezze che Dio ha creato!" e intanto affondava il becco nella fresca zolla d'erba, per refrigerarsi un po'; in quel momento il suo sguardo si posò sulla margheritina e l'uccello le fece un cenno di saluto, la baciò con il becco e esclamò: "Anche tu dovrai appassire qui dentro, povero fiorellino! Mi hanno portato te e la piccola zolla d'erba al posto del mondo intero che avevo là fuori! Ogni stelo d'erba è per me come un albero verde, ognuno dei tuoi petali bianchi un fiore profumato! Ah, voi mi ricordate quanto ho perduto!"
"Se solo potessi consolarlo!" pensava la margheritina, ma non poteva muovere neppure un petalo. Tuttavia, il profumo che i sottili petali emanavano era molto più intenso di quello che di solito hanno le margherite; e anche l'uccello lo notò tanto che, sebbene stesse morendo di sete e nella sua disperazione strappasse ogni filo d'erba, non toccò affatto il fiorellino.
Venne sera, ma ancora nessuno portò acqua al povero uccello; l'allodola allora allargò le belle ali, le agitò convulsamente, e il suo canto divenne un malinconico cip-cip, la testolina si piegò sul fiore e il cuore dell'uccello si spezzò per inedia e nostalgia; e il fiore non potè chiudere i petali e dormire, come faceva ogni sera, ma si piegò malato e triste verso la terra.
Solo il mattino dopo giunsero i ragazzi e, vedendo che l'uccello era morto, piansero, piansero a lungo e lo seppellirono in una graziosa fossa che ornarono con petali di fiori. Il corpo dell'uccello fu posto in una bella scatola rossa; doveva avere un funerale da re quel povero uccellino! Quando era vivo e cantava, lo avevano dimenticato, abbandonato nella gabbia a soffrire di nostalgia; ora ricevette onori e molte lacrime.
Ma la zolla di terra con la margheritina fu gettata via, nella polvere della strada. Nessuno pensò a lei, che aveva sofferto più di tutti per l'uccellino e che avrebbe tanto voluto consolarlo.

Un burino va dal dottore


Un burino va dal dottore: - Dottore... ciavrebbi m'broblema che quanno scureggio faccio tandissimo rummore ma nun emetto puzza. - E' un vero problema! Comunque si può sempre rimediare con un operazione all'ano. - a cheee? - Ar culo! E si rimedia tutto!... ma può emettere un po' d'aria per farmi vedere? - Certo dotto', prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr! Il dottore semisvenuto per l'odore nausabondo: - tacci tua... ar naso te devo opera'... no ar culo!


Un cane ed un cavallo

Un cane domanda a un cavallo: "Perché voi cavalli avete i buchi del naso tanto grandi?"
E il cavallo: "Prova tu a scaccolarti con uno zoccolo!"

Tra cammelli

Un cammellino va dal cammello babbo e gli dice:
"O' babbo, certo che noi 'ammelli siamo proprio brutti, 'on
questi baffacci sul muso ..."
E il babbo: "Ma che tu va' a dire, brutti i baffi??? quando
tu 'ssei nel deserto, ci sono le tempeste di sabbia e tutti l'altri animali moiano soffocati. Noi c'abbiamo 'baffi, che filtrano l'aria e si 'ampa lo stesso!!!"
Il cammellino:
"Già , ....un ci avevo mica pensato....ganzo!"
Dopo un po' torna il cammellino e dice:
"Certo babbo, è vero la tempesta di sabbia e' baffi....però noi 'ammelli e siamo brutti lo stesso, bada te che piedoni lunghi e larghi cha ci s'ha!"
E il babbo: "Cosa???!!! brutti i piedoni?? Allora tu'se' propio scemo! Quando nel deserto l'altri animali affondano nella rena, e 'un riescano a arriva' all'oasi e tirano'l calzino, noi 'ammelli ci si 'ammina propio bene e si 'ampa!"
Il cammellino: "Tu ha' ragione, babbo! E' vero....un ci avevo pensato neanche!"
Dopo un altro po' il cammellino: "Oh babbo, 'apisco le tempeste, l'oasi, i piedoni, 'baffi che filtrano. Però noi 'ammelli, hai voglia di di', e siamo brutti davvero, con queste du' gobbacce!!"
E il babbo: "Oooh nini! Che tu vo' dire??? brutte le gobbe??? quando nel deserto l'altri animali moiano di sete perchè 'un si trova l'acqua, noi nelle gobbe ci abbiamo la riserva d'acqua! E noi si 'ampa!!!"
Il cammellino: "Tu ha' ragione un'altra volta! 'un ciavevo pensato."
Alla fine torna il cammellino dubbioso e dice: "Certo babbo io 'apisco tutto. La riserva d'acqua nelle gobbe, le tempeste di sabbia, i piedoni, ma mi spieghi una 'osina, allora? Che ci si fa noi allo zoo di Pistoia??!

melen.me il 16/01/14 alle 17:15 via WEB
Ti ammazzo,Pasquaaaaaaaaa' non e' oggi! Comunque te lo dico in un orecchio...e' sabato,la torta me la magno lo stesso :)Grazie.

 
 
 

..l'epifania tutte le feste, porta via

Post n°745 pubblicato il 12 Gennaio 2014 da giramondo595

dopo le feste, si riparte con la splendida fiaba di Hans Christian Andersen.

La regina delle nevi

Da questa fiaba č stato tratto l' ultimo capolavoro di Walt Disney, uscito nel periodo natalizio Frozen - Il  regno di ghiaccio.

 

 

 

Tanto, tanto tempo fa, c'erano un bambino chiamato Kai e una bambina chiamata Gerda. Vivevano porta a porta e si volevano molto bene.
Fra le due case c'era un giardino nel quale i due ragazzi giocavano tutta l'estate tra i fiori. Il fiore preferito di Gerda era la rosa e lei aveva perfino inventato una poesia dedicata a Kai:
«Le rose non perdono il profumo mai e amici per sempre saran Gerda e Kai.» Durante l'inverno, sedevano accanto alla stufa ad ascoltare le storie che la nonna di Kai narrava sulla perfida Regina delle Nevi:
«Vola nella grandine e ricopre i campi di neve. Paralizza i fiori con la brina e ghiaccia i fiumi. Il suo cuore č di ghiaccio e vorrebbe che anche quello degli altri fosse come il suo.»
Una sera, mentre la nonna parlava, il vento fischiava intorno alla casa e una finestra si spalancņ. Una folata di grandine colpģ Kai al viso e una scheggia di ghiaccio gli entrņ in un occhio e gli arrivņ fino al cuore.
Lģ per lģ Kai dette un grido di dolore. Ma pochi momenti dopo stava ridendo di nuovo. E Gerda non ci pensņ pił.
Il giorno dopo, Kai stava andando a giocare nella piazza del paese con gli altri ragazzi.
«Posso venire anch'io?» gli chiese Gerda. Ma Kai si rivoltņ con uno scatto: «No davvero. Sei solo una ragazzina stupida.»
Gerda rimase molto ferita da queste parole. Ma come poteva sapere che la scheggia penetrata nel cuore di Kai glielo aveva reso di ghiaccio?
Uno dei giochi favoriti dai ragazzi era quello di legare gli slittini ai carri dei contadini e farsi cosģ trascinare sulla neve. Ma quel giorno, sulla piazza, c'era una grossa slitta bianca, col conducente avvolto in una bianca pelliccia.
«Questo č meglio del carro dei contadini», pensņ Kai e legņ il suo slittino alla parte posteriore della slitta bianca.
La slitta si mosse, sempre pił veloce finché Kai cominciņ a spaventarsi.Voleva slegarla, ma non poteva sciogliere il nodo. Correvano sempre pił lontano,oltre i confini del paese, volando nel vento.
«Aiuto! Aiuto!» gridava Kai, ma nessuno lo sentiva. Filarono via per ore, poi all'improvviso la slitta si fermņ e il conducente si alzņ in piedi. Era una donna alta e sottile vestita tutta di neve. Kai la riconobbe subito. Era la Regina delle Nevi! Mise Kai sulla slitta vicino a lei e lo avviluppņ nel suo mantello. «Tu hai freddo», disse e lo baciņ in fronte.
Il suo bacio era come il ghiaccio, ma lui non sentģ pił freddo.
La guardava e pensava che nessuna al mondo fosse pił bella della Regina delle Nevi.
Infatti era stata proprio lei a mandare il vento che aveva fatto entrare il ghiacciolo nel cuore di Kai, che ora era un blocco di ghiaccio. Kai aveva gią dimenticato Gerda, la nonna e la sua casa.
Gerda pianse amaramente quando Kai non tornņ a casa. Tutti dicevano che era sicuramente morto, sepolto chissą dove nella neve.
Gerda aspettņ tutto l'inverno, ma Kai non tornņ. Alla fine, arrivņ la primavera e Gerda ricevette in dono un paio di scarpette rosse. Se le mise e andņ fino al grande fiume.
«Avete visto il mio amico Kai?» chiese alle onde. «Vi darņ le mie scarpette rosse se mi dite dov'č.»
Le onde annuirono con le loro creste spumeggianti. Essa allora montņ su una piccola barca attraccata fra le canne, e lanciņ le scarpe nell'acqua, pił lontano che poté.
In quel mentre, la barca si allontanņ dalla riva e cominciņ a correre lungo il fiume. Gerda aveva paura, ma non osava saltar gił.
«Forse la barca mi porterą da Kai», pensņ.
La barca trascinņ Gerda gił lungo il fiume, fino a una casetta dal tetto di paglia circondata da un giardino di ciliegi.
Una strana vecchia signora, con un gran cappello in testa, uscģ dalla casetta e con il suo lungo bastone ricurvo agganciņ la barchetta e la tirņ in secco.
«Povera bambina», disse a Gerda.
«Come mai stavi navigando tutta sola per il mondo?»
Gerda raccontņ la sua storia alla vecchia signora e le chiese se per caso avesse visto Kai.
«Ancora non l'ho visto, cara, ma sono sicura che verrą molto presto.» La portņ in casa e le offrģ delle ciliege. E mentre Gerda mangiava, la vecchia signora le pettinava i capelli.
Ora, dovete sapere che in veritą la vecchia signora era una maga, che si sentiva molto sola, e perciņ desiderava tenere Gerda con sé. E con il suo pettine magico aveva cancellato tutti i suoi ricordi, perfino quello di Kai!
I giorni passavano e Gerda giocava nel giardino dei ciliegi.Ma, una mattina di sole, mentre girellava tra i fiori del giardino, vide un cespuglio pieno di boccioli di rose. Gerda baciņ le rose con trasporto e si ricordņ immediatamente di Kai.
«Sono rimasta qui troppo a lungo!» gridņ e la sua voce disturbņ una grossa cornacchia nera che gracchiņ:
«Che succede ragazzina?»
«Devo trovare il mio amico Kai. L'hai forse visto?»
«Un ragazzo č passato di qui la settimana scorsa. Ha fatto innamorare di sé una principessa e ora č principe anche lui. Vivono in un bel palazzo non lontano da qui.»
«Oh, sarei proprio felice per Kai se fosse diventato un principe», rise Gerda. «Puoi mostrarmi la strada per raggiungerlo?»
E la cornacchia accompagnņ Gerda fino al palazzo. Poi si appollaiņ sulla sua spalla e insieme salirono su una lunga scala buia e arrivarono nella camera del principe.
Gerda guardņ il principe addormentato e scoppiņ in lacrime: «Ma non č Kai! Dovrņ continuare a cercarlo e sono cosģ stanca!»
Il suo pianto svegliņ il giovane principe e la principessa che si stupirono moltissimo alla vista di una fanciulla in lacrime ai piedi del loro letto e con una cornacchia sulla spalla, per di pił. Ma ascoltata la sua storia furono molto comprensivi.
«Ti darņ il mio vestito pił bello per rallegrarti» disse la principessa.
«E io ti darņ il mio cocchio d'oro» disse il principe, «cosģ potrai viaggiare pił velocemente e trovare al pił presto il tuo amico.»
Con la carrozza del principe, Gerda si avventurņ in una cupa foresta, ma la vettura dorata riluceva troppo fra gli alberi e dei banditi la videro.
«Č oro, oro!» gridavano, e al primo crocicchio la circondarono.
Tirarono gił Gerda dalla carrozza e la portarono nel loro covo. Sulla soglia c'era una bambina dagli occhi neri che era la figlia del capo dei banditi.
Quando si resero conto che Gerda non era una ricca principessa e che non c'era niente da rubarle, decisero di ucciderla.
«Oh no, non lo fate!» gridņ la figlia del bandito. «Giocherą con me e io potrņ indossare i suoi bei vestiti!»
Il capo dei banditi si accigliņ. «Va bene, ma la terrņ sotto chiave perché non scappi e non denunci il nostro nascondiglio.»
Quella sera Gerda raccontņ alla sua nuova amica la storia di Kai. Mentre parlava, le colombe che stavano appollaiate sulle travi e una vecchia renna, sentirono tutto.
Dopo un po' una delle colombe disse: «Cuu, cuu, noi abbiamo visto il piccolo Kai. Era sulla slitta della Regina delle Nevi e andava verso la Lapponia.»
«Č vero», disse la renna. «Io ci sono nata in Lapponia, dove tutto scintilla di neve e di ghiaccio e la Regina ha il suo palazzo estivo.»
«Devo andarci subito!» esclamņ Gerda. «Ora capisco perché Kai č stato cosģ duro quel giorno. Il suo cuore era gią di ghiaccio.»
I ladroni dormivano; la figlia del capo scivolņ furtivamente vicino al padre che russava e gli rubņ la chiave della porta.
«Porta Gerda in Lapponia» disse alla renna «E aiutala a ritrovare Kai.»
La renna era felicissima di tornare a casa sua e corse via per brughiere e paludi. Viaggiarono per diversi giorni e infine arrivarono nella gelida Lapponia.Faceva un freddo terribile e dappertutto c'era ghiaccio e neve.
«Guarda laggił!» gridņ Gerda. In lontananza, il palazzo estivo della Regina delle Nevi scintillava come una montagna di diamanti.
Intanto, nel Palazzo, la Regina aveva fatto di Kai il suo schiavo. Era una donna fredda e dispettosa e lo costringeva a lucidare continuamente i grandi pavimenti gelati.
Kai avrebbe pianto, se il suo cuore non fosse stato di ghiaccio. Poi un giorno la Regina delle Nevi dette a Kai dei ghiaccioli e gli disse:
«Se con questi riesci a formare la parola ETERNITĄ, puņ anche darsi che ti lasci libero.» Poi volņ via. Kai venne lasciato solo con i ghiaccioli. Le sue mani erano livide dal gelo ma lui non sentiva freddo. Stava ancora tentando di formare la parola ETERNITĄ quando Gerda trovņ la strada che conduceva al palazzo e alla grande sala ghiacciata.
«Kai» gridņ. «Finalmente ti ho trovato!» E gli gettņ le braccia al collo. Ma Kai rimase impassibile.
«Chi sei? Che ci fai qui? Vattene e non mi toccare.»
Gerda non gli diede retta. Malgrado gli sguardi ostili continuņ a stringerlo a sé e pianse lacrime di gioia. E mentre piangeva, le sue lacrime calde caddero negli occhi di Kai... e sciolsero il ghiaccio del suo cuore.
Kai si ricordņ subito di lei. «Gerda! Sei tu!» e finalmente rideva.
Si abbracciarono e si baciarono e danzarono di gioia. Anche i pezzettini di ghiaccio danzavano e composero da soli la parola ETERNITĄ sul pavimento.
«Ora sono libero!» gridņ Kai. «La Regina delle Nevi non ha pił potere su di me. Il mio cuore č di nuovo mio!»
Gerda guidņ Kai dove la renna stava aspettando. Sulla sua groppa fecero il viaggio di ritorno e quando arrivarono a casa era di nuovo estate.
E le rose del giardino erano in piena fioritura.

 

 
 
 

Buona befana a tutti!!.. Parte 2^

Post n°744 pubblicato il 06 Gennaio 2014 da giramondo595

Con un viaggio nelle tradizioni popolari in italia e nel mondo
per questa solenne ricorrenza cristiana che ricorda la venuta
dei Re magi a Betlemme da Gesù Bambino e che gli hanno portato
in dono Oro, incenso e mirra .

La prima ce la offre la nostra amica Zelda ed il suo blog Pregi e difetti....secondo me ha moltissimi pregi e zero difetti.

Tratta di una regata storica nella magica Venezia. Nel messaggio, mi sono permesso di inserire anche la storia della mascareta.

VENEZIA: LA REGATA DELLE BEFANE

 

In occasione dell' epifania, ogni 6 gennaio, a Venezia si svolgerà la Regata delle Befane, giunta ormai alla sua trentatreesima edizione.Questa bella manifestazione è organizzata dalla Canottieri Bucintoro, nota società remiera veneziana, fedelissima alle tradizioni della Serenissima.Dopo aver superato una selezione, cinque veterani del "remo" di età superiore ai 55 anni, travestii da befane, si sfidano lungo il Canal Grande, la "strada acquea" maggiore di Venezia, in una breve ma intensa gara in mascareta ad un remo.Come sempre accade, centinaia di appassionati della voga alla veneta, ma anche semplici curiosi e turisti, si affolleranno lungo le rive del Canal Grande, soprattutto vicino al Ponte di Rialto, punto previsto per il traguardo.
Probabilmente anche quest'anno, vicino all'arrivo, sarà allestito il pontile per le premiazioni ed un banchetto dove si serviranno gratuitamente cioccolata calda, caramelle per i bambini e, data la temperatura, il molto gradito vin brulè.
E' questa la prima regata dell'anno, che da anche il via alle varie manifestazioni per il carnevale. E' questa la prima regata dell'anno, che da anche il via alle varie manifestazioni per il carnevale.
Per i più curiosi vorrei dare qualche informazione sulla mascareta un imbarcazione Veneziana, comunemente detta sandoli.
La mascareta, imbarcazione veneziana, è un tipo di sandolo leggero, utilizzato principalmente per la pesca, ma anche per le regate e il diporto lagunare. Ha una lunghezza che può variare tra i 6 e gli 8 metri circa. La lunghezza dipende in base al numero di vogatori, che possono essere da 1 a 4.
È larga al massimo un metro e 18 centimetri, la fiancata invece è alta 38 centimetri. Il peso si aggira sui 120 chilogrammi. Tra i vari tipi di sandoli, la mascareta è oggi sicuramente quello più diffuso in tutta la laguna di Venezia. Tale primato è dovuto sia alle sue doti di leggerezza e di manovrabilità sia, alla sua essenzialità costruttiva, che da come risultato un costo realizzativo più contenuto rispetto a quello delle altre tipologie di sandoli.A due o a quattro remi, la sua lunghezza varia dai sei agli otto metri circa. Leggenda vuole che il suo nome derivi dal frequente uso che ne facevano le prostitute mascherate. Per la sua "semplicità" strutturale, la mascareta viene spesso realizzata da dilettanti che, ignorando i dettami della tradizione costruttiva veneziana, danno vita ad imbarcazioni ibride, con forme e strutture che lasciano al quanto a desiderare. La mascareta viene oggi utilizzata nelle competizioni femminili e dei giovani, ed apparve per la prima volta in Regata Storica nel 1931.

 

   

Dal blog: La vita è bella - vivi il tuo sogno
http://blog.libero.it/belladentros
della nostra amica Sandra
A Firenze, come ogni anno, il 6 gennaio l'Opera di Santa Maria del Fiore organizza la rievocazione storica della Cavalcata dei Magi. Il solenne corteo con in testa i Re Magi a cavallo, in sontuosi abiti di seta ispirati a quelli dell'affresco di Benozzo Gozzoli, sarà composto da circa 700 figuranti, tra cui quelli della Repubblica fiorentina. Dopo la partenza da Piazza Pitti, alle ore 14.00, il corteo si snoderà lungo le strade del centro di Firenze fino ad arrivare in piazza Duomo, alle ore 15.30. Qui, dopo il saluto dei figuranti e lo scoppio della colubrina, i Re Magi deporranno i loro doni ai piedi delPresepe vivente. All'intervento di Franco Lucchesi, Presidente dell'Opera di Santa Maria del Fiore, seguirà la lettura del brano del Santo Vangelo dei Magi e il saluto S. Em.za Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo Metropolita di Firenze. Quest'anno per la seconda volta prenderanno parte al corteo i rappresentanti di alcune comunità etniche presenti a Firenze nei loro abiti tradizionali.

A partire dall'anno 1997, in coincidenza col VII° Centenario della fondazione della Cattedrale, il Capitolo e l'Opera di S.Maria del Fiore hanno voluto riprendere un'antica tradizione fiorentina: la "festa de' Magi".
Si sa che il calendario cristiano, in Oriente ed in Occidente, da epoca antichissima, dedica il giorno 6 gennaio, dodicesimo dopo il Natale, alla festa dell' EPIFANIA.
Questa parola, di origine greca, significa "manifestazione". Si riferisce all'episodio narrato dal Vangelo secondo Matteo (2,12) della visita di "alcuni Magi" a Gesù appena nato; a loro, sebbene pagani, egli si manifesta come Messia d'Israele, e, sia pure indirettamente, come Figlio di Dio.
A Firenze, per tutto il XV° secolo, fu la confraternita o "compagnia" dei Magi (detta anche "La stella", con riferimento all'astro guida di cui parla il Vangelo), ad organizzare ogni tre anni (dal 1447 ogni cinque) un solenne corteo con fastoso apparato, che intendeva, appunto, rievocare l'arrivo dei tre saggi stranieri nella piccola Betlemme, alla ricerca del Re-Messia.

La prima menzione di questo sodalizio è in un documento del 1417, anno nel quale la Signoria della Repubblica decide di sovvenzionare "la compagnia de'Magi, che si riunisce nella chiesa fiorentina di S.Marco" dei frati domenicani. Risulta che della confraternita, negli anni d'oro della famiglia Medici, fecero parte tutti i suoi componenti, oltre che personaggi vicini ai signori di Firenze, come gli umanisti Cristoforo Landino e Donato Acciaiuoli, il poeta Luigi Pulci e, probabilmente, il letterato e canonico di S.Maria del Fiore Angelo Poliziano.

"La Cavalcata dei Magi" di Benozzo Gozzoli (1459) in Palazzo Medici-Riccardi - Firenze.Ad ulteriore dimostrazione della venerazione di casa Medici verso i Magi, si può ricordare il celeberrimo ed allegorico viaggio e "cavalcata" di questi personaggi, che Cosimo fece affrescare da Benozzo Gozzoli, nel 1459, nella cappella del palazzo di via Larga: vi compaiono i membri della famiglia, compresi Giuliano e, probabilmente, Lorenzo. Inoltre, perfino quando Cosimo si ritirava in S.Marco, egli era ospitato nella cella affrescata dall'Angelico con le figure dei Magi; addirittura, pochi anni dopo, (1482), il filosofo "mediceo" e canonico del Duomo fiorentino Marsilio Ficino componeva il trattato "De stella Magorum".

Nel parlare popolare la parola "Epifania", difficile e probabilmente incompresa, divenne "Befania" (e poi "Befana"), ed in questa occasione prendeva avvio il Carnevale, con cortei mascherati, che derivavano dalle sacre rappresentazioni rievocanti il viaggio dei Magi.
La "Compagnia dei Magi" fu appunto, a Firenze, l'organizzatrice di questa rievocazione, per la verità più mondana che pia.Tre cortei separati si riunivano davanti al Battistero (in seguito, dal 1429, in Piazza della Signoria) e proseguivano uniti fino alla chiesa domenicana di S.Marco, dove si venerava, recitando testi religiosi, Gesù bambino. La "Compagnia dei Magi" venne soppressa nel 1494, dopo la cacciata dei Medici da Firenze, presumibilmente in seguito al giudizio severo del Savonarola nei confronti della famiglia e dello stesso sodalizio della "Stella", "creatura"medicea.

Ogni anno, (a partire, come si è detto, dal 1997) si svolge di nuovo la "CAVALCATA DEI MAGI", che parte nel primo pomeriggio del 6 gennaio, solennità dell'Epifania, da palazzo Pitti; passa da piazza della Signoria e giunge in piazza del Duomo, nella zona detta anticamente "il Paradiso", fra la Cattedrale ed il Battistero.
I "Magi" a cavallo, che indossano abiti rinascimentali ispirati all'affresco di Benozzo Gozzoli, sono preceduti da un corteo di centinaia di persone in costume, cui partecipano il Calcio storico fiorentino e rappresentanze dei Comuni della Provincia di Firenze con cavalieri, sbandieratori, valletti , gonfaloni.
La lettura del brano del Vangelo di Matteo commentato dall'Arcivescovo, fa da cornice all'offerta dei doni simbolici (oro, incenso, mirra) che i Magi, accompagnati da bambini sempre numerosissimi, presentano al piccolo Gesù, personaggio principale di un presepe vivente, nel quale non mancano bue ed asino, giunti dalla campagna toscana.

 

Per tutto il tempo natalizio fino alla domenica successiva all'Epifania, (festa del Battesimo di Gesù), è visibile in Duomo un altro "Presepio" voluto dal Capitolo e dall'Opera di S.Maria del Fiore a partire dal 1995: in una capanna posta nella navata centrale ed ispirata all' "Adorazione dei Magi" di Domenico Ghirlandaio, trovano posto undici figure in terra cotta derivate da originali cinquecenteschi (di Benedetto e di Santi Buglioni) e modellate dall'artigiano fiorentino contemporaneo Carlo Reggioli. Nella notte di Natale, dopo la liturgia eucaristica solenne, l'Arcivescovo, accompagnato dal clero di S.Maria del Fiore, vi depone simbolicamente l'immagine del neonato Redentore

"Adorazione dei Magi" (XV sec.) - Domenico Ghirlandaio Spedale degli Innocenti - Firenze.

"Ecco, io faccio nuove tutte le cose", dice il Cristo nell'Apocalisse (21,5). Il Quattrocento fiorentino ha spesso illustrato questa verità collocando la nascita del Salvatore in mezzo a rovine antiche; altre volte, come nella "Adorazione" del Ghirlandaio appena ricordata e conservata nello Spedale degli Innocenti, in una capanna costruita sui resti di un edificio classico, dai pilastri eleganti.
Colui che è figlio del "sommo Padre ed Architetto", come Giovanni Pico della Mirandola denomina Dio, e che fa "nuove tutte le cose", edifica, fra le rovine di un mondo pagano morente, un "tempio nuovo" che è il suo corpo nato dalla Vergine Maria.

Tradizioni italiane ed origini sulla festa della befana
Quando già a Roma la nascita di Cristo si celebrava il 25 dicembre, nella Chiesa d'Oriente si continuò per molto tempo a celebrarla il 6 gennaio, e questo allo scopo di sostituire una precedente festa pagana dedicata alla nascita di un Dio, identificato col sole, e consacrata con la benedizione delle acque.
dato che non si conosceva la data del Redentore, era stata scelta quella del suo battesimo nel Giordano, che essendo la prima manifestazione (che in greco significa epifania) divina, diede il nome alla festa. Quindi: possiamo sostenere che anche l'Epifania è una festa d'inizio anno ed è collegata col Natale. Poi: dato che, nell'ambito della religione mitriaca, il 6 gennaio si festeggia la venuta dei Magi, sacerdoti persiani, la Chiesa di Roma ha concluso il ciclo natalizio dedicando quel giorno all'adorazione dei Re Magi. Da qui discendono le tradizioni popolari relative alla Befana.
Nell'ambito della religiosità popolare, l'Epifania rievoca la venuta dei Magi, specialmente nell'Italia settentrionale con particolari espressioni nelle Tre Venezie. Nella settimana antecedente, solitamente di sera, una comitiva gira per le case del paese, preceduta da una persona che regge una pertica, su cui è appesa una stella di carta, contenente al centro un lumicino.
Tutta la compagnia canta in coro: "Dall'Oriente siam partiti con la guida d'una stella".
Un'altro gruppo viene formato da tre bambini che, inginocchiandosi davanti alle porte delle case, incominciano: "Noi siamo i tre Re vegnudi tutti tre vegnudi dall'Oriente per adorar Gesù..." e continua, con diretto riferimento al presepe, "Cosa portasti in quel cestelo? Una fassa e un paniselo per fassare Gesù belo". Anche in Liguria la venuta dei Re Magi viene collegata al presepe: le famiglie compiono il tradizionale giro di Presepi dove i bambini recitano poesie per l'occasione.
In Piemonte, a Tortona, un grandioso corteo a carattere drammatico accompagnava i tre Re a cavallo.
A Milano, nel 1336, si solennizzò l'Epifania con un corteo dei Tre Re incoronati, preceduti da una stella d'oro e seguiti da paggi in costume: la processione dava luogo a vere e proprie scene, e si concludeva nella chiesa di S. Eustorgio, dov'era il presepe e il grande sarcofago che la tradizione vuole contenesse le reliquie dei Magi.
Ma le tradizioni popolari più tipiche, la Befana le offre come festa d'inizio anno. In alcune regioni, come la Romagna e il Veneto, viene chiamata "Pasquetta", con allusione alla Pasqua come massima festa del nuovo ciclo annuale, di cui l'Epifania è la prima manifestazione.
La Befana
L'usanza dei doni è tipica di queste feste e da essa ha inizio la personificazione della Befana. Questo personaggio ci viene dalla tendenza propria della mentalità primitiva del popolo che simboleggia la festa con i suoi riti e i suoi significati creandone il relativo personaggio: la stessa cosa è avvenuta anche per Babbo Natale, Carnevale, la Quaresima, ecc...
La Befana è una specie di fata, o strega, e quindi benefica, ma talvolta, anche malefica : così ai bambini buoni porta dolci e giocattoli, mentre a quelli cattivi porta per lo più carboni spenti.
Per i bambini, la Befana è colei che porta i regali, di cui essi svegliandosi, troveranno piena la calza esposta la notte, proprio per questo scopo.
Sempre per quando riguarda i riti d'inizio di un ciclo annuale, troviamo i prodigi e i presagi.
In Romagna, una leggenda dice che alla notte dell'Epifania, le mura diventino di ricotta; nelle Marche, nell'Abruzzo e in altre regioni si dice che le bestie acquistino la favella ma chi osasse ascoltarle e riferire morirebbe il giorno stesso; a Palermo, che i Rè Magi attraversassero l'isola e tacessero fiorire per incanto gli aranceti brulli per un nevicata.
In Calabria le ragazze, prima di addormentarsi la vigilia, recitano una canzoncina augurale: se sogneranno una chiesa parata a festa, o un giardino fiorito, sarà per loro un anno fortunato.
In Toscana i contadini infilano il capo sotto la cappa del camino; se riescono a scorgere tre stelle, sturano il vino buono perché è segno d'annata buona.
Anche per l'Epifania troviamo le tradizioni relative a "lis cidulis" e agli annunci di prossime nozze. Nel giorno dell'Epifania si accendono ancora i fuochi: nel Veneto si facevano falò di spini (detti bugoli nel padovano) intorno a cui i fanciulli saltavano gridando "brusa la veda" (= la strega, la befana).
Nel Friuli, si solennizza con fuochi nelle campagne. È uso anche correre per i campi lungo i filari delle viti con fasci di canne accese, gridando: "Pan e vin, pan e vin la grazia di Dio gioldarin" (che significa: godremo).
L'Epifania segna anche l'inizio del Carnevale: in Sicilia c'è il proverbio: "Per i Tre Re tutti olé".
Soprattutto a Roma, in Piazza Navona, la Befana presenta le più caratteristiche espressioni del Folklore, anche a sfondo carnevalesco: con una gazzarra indiavolata di giovani, nella notte della vigilia, con fischietti e altri strumenti e con scherzi piuttosto arditi, ammessi soltanto perché "di carnevale ogni scherzo vale".
Con la ricostruzione del presepe, presso cui si fermano in permanenza i biferari, con le bancarelle di doni e giocattoli e di tiro a segno e con la più vasta partecipazione di popolo, Piazza Navona sintetizza il ciclo natalizio in un'intensa e piacevole espressività popolaresca.
La chiesa ortodossa celebra il Natale il 6 gennaio. Secondo la leggenda i regali vengono portati da Padre Gelo accompagnato da Babuschka ,una simpatica vecchietta.

DaL blog pensieri in libertà un po' di tutto, ieri, oggi...domani di faustina.spagnol

 

il panevin

E' bello portare avanti le tradizioni che ci hanno lasciato i nostri nonni e il "panevin" è una di queste. E' un falò propiziatorio che viene acceso la sera del 5 gennaio. Nella nostra zona questa tradizione è ancora molto sentita, sarà dovuto anche alla leggenda che ci gira intorno. Il panevin è composto da un cumulo di legna, sterpaglie e quant'altro sia inutile e destinato ad essere bruciato. Nelle nostre campagne si usano i tralci della vite dopo la potatura e le piante secche dopo la raccolta del granoturco. Molto spesso sulla suo sommità viene messo un fantoccio con le sembianze di una vecchia signora, la "vecia", responsabile di tutte le sfortune e i malanni dell'anno precedente; bruciando nel falò si porterà via la cattiva sorte. Ricordo che quando ero bambina, ogni famiglia faceva il suo piccolo falò mentre adesso, siccome servono i permessi dalle autorità per farlo, ci sono delle associazioni o dei gruppi di persone che si riuniscono e insieme preparano dei grandi falò intorno ai quali ci si riunisce. Una delle principali
tradizioni legate al panevin, è quella di osservare in quale direzione vanno fumo e faville; in base a questo i contadini trevigiani predicono come sarà il raccolto durante l'annata. "falive a matina tol su el sac e va a farina" (se la direzione di fumo e faville è il nord o l'est, prendi il sacco e vai ad elemosinare) "falive a sera de poenta pien caliera" (se la direzione è ovest o sud, il raccolto sarà buono quindi la pentola sarà piena di polenta). 

Fra storia e leggenda
La tradizione del panevin fonda le sue radici nel lontano periodo celtico (circa V sec. A. C.) presso l'antico popolo dei Veneti; questo falò serviva per evocare il ritorno del sole sulla terra, cioè l'allungarsi delle giornate che inizia col solstizio d'inverno. Il fuoco
serviva per celebrare questo giorno che col calendario Giuliano coincideva col 25 dicembre. Nel Medioevo, con l'evangelizzazione delle campagne venete, il Panevin perse le sue origini pagane assumendo una connotazione cristiana. Il falò venne spostato al giorno dell'Epifania per ricordare i Re Magi che portarono i doni a Gesù Bambino. Secondo la leggenda i falò della campagna veneta, furono loro utili per trovare la via di Betlemme essendosi persi. Al loro ritorno, racconta sempre la leggenda, non vedendo nessuna luce nella campagna, si persero nuovamente nella pianura Padana andando a morire nel Milanese come testimonia la presenza di un sarcofago nel Duomo di Milano, con la scritta "trium Magerum". Nella notte del 5 gennaio nel Medioevo, come anche oggi, l'occasione del panevin fornisce al popolo un momento di unione e ritrovo con tutta la comunità contadina davanti ad un buon bicchiere di vin broulè ed una pezzo di pinza (dolce tipico)

L' amica Giò  ( La moretta ) , mi ha suggerito una festa della befana ad Urbania in provincia di pesaro ed Urbino nelle Marche. Ecco il programma completo

La festa della Befana a Urbania (PU)

PROGRAMMA XVII EDIZIONE FESTA DELLA BEFANA
2 - 6 GENNAIO 2014

GIOVEDI' 2 GENNAIO
DALLE 14.30 INIZIA LA FESTA!!
Incontro con la Befana nella sua casa (p.zza S. Cristoforo) e sfilata lungo il corso...tra canti, balli e spettacoli itineranti
Consegna delle chiavi e spettacolo di apertura della festa (Palco Centrale - P.zza S. Cristoforo)
Urbania chiama... Befana Risponde...in coro dalle finestre della città per un incantesimo....
Si aprono gli stand (piazza del Cioccolato, Emporio della Befana, Cortile dell'arte)
Largo ai piccoli...apertura Laboratori per bambini
Befane artigiane, esposizioni: la filiera della lana, la tintura della lana, la stampa su tela
La Befana incontra Pinocchio nella bottega di Geppetto, P.zza del Mercato si trasforma nel Paese dei Balocchi (www.bartolucci.com)
Ore 16.30: Spettacolo di danza
DALLE 17.30
LE ACROBAZIE DELLA BEFANA...
Sfilata della grande calza: un tappeto magico per giocolieri e mangiafuoco
La Befana arriva dalla torre Campanaria tra fuochi e acrobazie: Discesa dalla torre Campanaria, giochi pirotecnici, e spettacolo di danza verticale
ORE 20.30 - GARA DI BRISCOLA E TORNEO DI BURRACO
VENERDI' 3 GENNAIO
Africa chiama, Befana risponde...giornata di solidarietà
Spazi d'incontro con le Associazioni attive nel campo degli aiuti umanitari in Africa
DALLE 10.00
Si aprono gli stand (piazza del Cioccolato, Emporio della Befana, Cortile dell'arte)
Befane artigiane, esposizioni: la filiera della lana, la tintura della lana, la stampa su tela
DALLE 10.30
APERTURA STAND, PROIEZIONI VIDEO E INIZIATIVE SOLIDALI a cura delle Associazioni
La Befana incontra Pinocchio nella bottega di Geppetto, P.zza del Mercato si trasforma nel Paese dei Balocchi (www.bartolucci.com)
DALLE 15.00
TUTTI A CASA DELLA BEFANA!
Sfilate, canti, balli e spettacoli itineranti per le vie del centro
Largo ai piccoli...apertura Laboratori per bambini
Spettacoli di musica e danze africane, laboratorio di percussioni
DALLE 17.00
ARRIVA LA BEFANA...
Sfilata della grande calza: un tappeto magico per giocolieri e mangiafuoco
La Befana scende dalla torre Campanaria con spettacoli di fuoco
DALLE 21.00
Cena di beneficenza e spettacolo di musica e danze africane
Tradizionale Tombolone dell'Oratorio

SABATO 4 GENNAIO
DALLE 10.00
Si aprono gli stand (piazza del Cioccolato, Emporio della Befana, Cortile dell'arte)
Befane artigiane, esposizioni: la filiera della lana, la tintura della lana, la stampa su tela
DALLE 10.30
Pompieropoli, la sicurezza si apprende giocando:
Pompieri per un giorno...imparare giocando (speciale percorso didattico per i più piccoli)
La Befana incontra Pinocchio nella bottega di Geppetto, P.zza del Mercato si trasforma nel Paese dei Balocchi (www.bartolucci.com)
ORE 11.00: Degustazioni
DALLE 15.00
TUTTI A CASA DELLA BEFANA!
I bimbi incontrano i personaggi delle favole...Biancaneve, Pinocchio, Cenerentola e Peppa Pig aspettano tutti in Piazza Duomo - con spettacolo teatrale
Sfilate, canti, balli e spettacoli itineranti per le vie del centro
Largo ai piccoli...apertura Laboratori per bambini
DALLE 16.00
UN GIRO CON LE BEFANE tra vicoli e ponti infuocati
Alla scoperta degli angoli più suggestivi di Urbania, un giro con le Befane tra vicoli e ponti accompagnati da spettacoli pirotecnici lungo il fiume....
16.30: Spettacolo di danza
DALLE 17.30
ARRIVA LA BEFANA...
Sfilata della grande calza: un tappeto magico per giocolieri e mangiafuoco
La Befana scende dalla torre Campanaria con spettacoli di fuoco
Orazio Bindelli costruisce il forno per la realizzazione della grande Befana in ceramica di Urbania
ORE 20.30 - UNA SERATA CON LA BEFANA
Teatro Bramante: Pinocchio - compagnia G.Art di Urbania

DOMENICA 5 GENNAIO
DALLE 10.00
Si aprono gli stand (piazza del Cioccolato, Emporio della Befana, Cortile dell'arte)
Befane artigiane, esposizioni: la filiera della lana, la tintura della lana, la stampa su tela
ORE 10.30 Caccia al Tesoro
ORE 10.30 danze folkloristiche itineranti
La Befana incontra Pinocchio nella bottega di Geppetto, P.zza del Mercato si trasforma nel Paese dei Balocchi (www.bartolucci.com)
ORE 11.00 Degustazioni
DALLE 15.00
TUTTI A CASA DELLA BEFANA!
I bimbi incontrano i personaggi delle favole...Biancaneve, Pinocchio, Cenerentola e Peppa Pig aspettano tutti in Piazza Duomo - con spettacolo teatrale
Sfilate, canti, balli e spettacoli itineranti per le vie del centro
Largo ai piccoli...apertura Laboratori per bambini
Ore 15.00 - Teatro Bramante, Miriam Dubini presenta Leila Blue, la streghetta più pasticciona che ci sia (lettura a cura dell'autrice - ed. mondadori)
Ore 16.00 - Teatro Bramante - la regina delle Fate - spettacolo teatrale con la Gioacchino Orchestra e le Piccole voci durantine
16.30: Spettacolo di danza
DALLE 16.30
ARRIVA LA BEFANA...IN PIAZZA DUOMO!!
Discesa in cordata di 4 Befane - dal Campanile del Duomo
DALLE 17.30 - ARRIVA LA BEFANA...
Sfilata della grande calza: un tappeto magico per giocolieri e mangiafuoco
La Befana arriva dalla torre Campanaria tra fuochi e acrobazie: Discesa dalla torre Campanaria, giochi pirotecnici, e spettacolo acrobatico
DALLE 19.00
ACROBAZIE...
Esibizione di teatro verticale
Scopriamo la grande Befana di ceramica durantina - apertura del forno
DALLE 20.00
UNA SERATA CON LA BEFANA
20.00 - 22.00: Le Befane nelle case e in camper...consegna regali
Per info e prenotazioni Sede Proloco Casteldurante

LUNEDI' 6 GENNAIO
Urbania saluta la befana
ORE 9.00 - Befane in corsa, gara a cura del gruppo podistico di Urbania
DALLE 10.30
Si aprono gli stand (piazza del Cioccolato, Emporio della Befana, Cortile dell'arte)
Befane artigiane, esposizioni: la filiera della lana, la tintura della lana, la stampa su tela
Leila Blue, la streghetta pasticciona, a casa della Befana - lettura e laboratorio a cura dell'autrice Miriam Dubini (Ed. Mondadori)
La Befana incontra Pinocchio nella bottega di Geppetto, P.zza del Mercato si trasforma nel Paese dei Balocchi (www.bartolucci.com)
Danze folkloristiche itineranti
ORE 11.00 Degustazioni
Ore 14.30 Palio della Befana
Sfilata delle squadre lungo il corso e ritrovo in P.zza del Duomo per dare il via alla gara
DALLE 15.00
TUTTI A CASA DELLA BEFANA!
I bimbi incontrano i personaggi delle favole...Biancaneve, Pinocchio, Cenerentola e Peppa Pig aspettano tutti in piazza Duomo - con spettacolo teatrale
Leila Blue ospite della Befana - lettura e laboratorio a cura dell'autrice, libreria ‘Parole al Vento'
Sfilate, canti, balli e spettacoli itineranti per le vie del centro
Largo ai piccoli...apertura Laboratori per bambini
DALLE 16.30
ARRIVA LA BEFANA...IN PIAZZA DUOMO!!
Discesa in cordata di 4 Befane - dal Campanile del Duomo
16.30: Spettacolo di danza
DALLE 17.30
ARRIVA LA BEFANA...
Sfilata della grande calza: un tappeto magico per giocolieri e mangiafuoco
La Befana scende dalla torre Campanaria con spettacoli di fuoco
dalle 18.30
Premiazione del rione vincitore del Palio e Ballo finale
19.30 spettacolo di chiusura con proiezioni architetturali in p.zza S. Cristoforo

A FINE SERATA ESTRAZIONE LOTTERIA

 

 
 
 

Buona befana a tutti!!..

Post n°743 pubblicato il 06 Gennaio 2014 da giramondo595

Viene viene la Befana,
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! la circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello,
ed il gelo il suo pannello,
ed è il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E si accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare,
or più presso or più lontano.
Piano piano, piano piano.
Che c'è dentro questa villa?
Uno stropiccìo leggero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c'è dentro questa villa?
Guarda e guarda... tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
Guarda e guarda... ai capitoni
c'è tre calze lunghe e fini.
Oh! tre calze e tre lettini...
Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale:
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? Chi mai scende?
Coi suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
Coi suoi doni mamma è scesa.
La Befana alla finestra
sente e vede, e si allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra:
E che c'è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c'è nel casolare?
Guarda e guarda... tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra le cenere e i carboni
c'è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti...
E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila...
Veglia e piange, piange e fila.
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch'è l'aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c'è chi piange e c'è chi ride:
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sul bianco monte.

 

La figlia della Befana alla madre : "Ma perchè siamo le donne + brutte della Terra?". E la madre : "Ma non siamo le uniche, guarda quella che sta leggendo la barzelletta!"


Su un tavolo c'e' una torta e attorno Babbo Natale, la Befana, un carabiniere intelligente, un carabiniere stupido. Un attimo di buio e la torta scompare: chi l'ha mangiata?
Dunque Babbo Natale, la Befana, il carabiniere intelligente non esistono...


Amore - dice la moglie al marito - l'ultima volta che è passato di qui, Babbo Natale mi ha lasciato una scopa... non ti sembra sia un regalo ridicolo per una casalinga?
No, amorino - risponde il marito - purtroppo la befana quest'anno ha beccato il virus... e mi ha chiesto un favore!


Ho messo la calza e la befana non mi ha portato niente. Forse era meglio metterne una pulita...


Il giorno della befana Pierino si aggira per i giardini trascinando un trenino quando vede un giardiniere al lavoro:
- Signore... signore guarda che bel trenino mi ha portato la befana! E a te cosa ha portato la befana?
Il giardiniere sorride e prosegue nel suo lavoro ma Pierino imperterrito ricomincia:
- Signore... signore guarda che bel trenino mi ha portato la befana... e a te cosa ha portato la befana?
E così per parecchie volte fino a quando il giardiniere stanco e incazzato risponde:
- La befana mi ha portato un cazzo così!!!
Pierino spalanca gli occhioni sorpreso e dice:
- Perché tu al caminetto... invece della calza ci hai appeso il culo?

 

Oggi è il compleanno della piccola Angelica, la figlia di un mio collega di lavoro. Compie 1 anno. Desidero farle gli auguri.


 

 
 
 

Allegria!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Post n°742 pubblicato il 02 Gennaio 2014 da giramondo595

E' una gioia iniziare l' anno nuovo..con due feste. La prima è dedicata a tutti i nuovi nati del 2014, in Italia..tra i quali  

E' di Catanzaro il primo nato del 2014
Giovedi, 2 Gennaio 2014

Catanzaro festeggia il primo nato del 2014 in Calabria: si tratta del piccolo Grabriel, due chili e 980 grammi di peso, nato all'una di ieri notte al Pugliese Ciaccio ...

Catanzaro festeggia il primo nato del 2014 in Calabria: si tratta del piccolo Grabriel, due chili e 980 grammi di peso, nato all'una di ieri notte al Pugliese Ciaccio. Venti minuti dopo, invece, un altro fiocco azzurro, a Cosenza, dove è venuto alla luce un bimbo di 2,64 chilogrammi. Ultimo a vedere la luce, ancora una maschietto e di 3,8 chili, nato alle 6:53 negli ospedali Riuniti di Reggio Calabria.

Tre i primi nati del 2014 in Puglia
(ANSA) - BARI, 1 GEN - Mattia, Martina e Maria Joana sono i primi nati del 2014 in Puglia. A Bari, un minuto dopo mezzanotte nell'ospedale 'Di Venere', è venuto alla luce Mattia, 3,1 chili di peso e 52 centimetri di lunghezza. Negli Ospedali Riuniti di Foggia, a mezzanotte e 31 minuti, è nata Martina, 3,4 chili, da una 21enne, ragazza madre. Nell'ospedale 'Perrino' di Brindisi, alle 3,30 è arrivata Maria Joana, 3,5 chili, primogenita di una coppia rumena che risiede a San Donaci. I tre sono nati con parto naturale.

E' Davide il primo nato a Firenze nel 2014
Il bimbo è venuto alla luce 38 minuti dopo la mezzanotte all'ospedale di Careggi. La prima bambina del 2014 è nata invece alle 9 all'ospedale di Torregalli


LAZIO - 01 GEN - Nel primo giorno dell'anno è consuetudine lasciare da parte tutte le notizie per dare spazio alle nuove vite, alle nascite nelle province di Frosinone e Latina in una sorta di buon auspicio che ci facciamo a vicenda.
Nel basso Lazio, il primo bimbo del 2014 è nato a Sora e se l'è presa con calma in quanto è venuto alla luce alle 8:05.

Se in provincia di Frosinone e Latina i bimbi se la sono presa comoda, a Roma, Mattia, ha spaccato il minuto. E' lui infatti il primo nato del 2014, venuto alla luce a mezzanotte in punto all'ospedale S.Pietro di Roma.
Nel Basso Lazio invece la situazione che si è verificata è decisamente diversa rispetto agli altri anni.
Come detto, Ettore è stato il primo a nascere in provincia di Frosinone, ma alle 8 di mattina. Alle 9:36 è nata invece Ester, all'ospedale di Latina: la bimba pesa 3kg e 100.
A Frosinone l'ultimo bimbo nato è il figlio di una coppia di Priverno, venuto alla luce alle 22:45 del 31 dicembre e pesa 2 kg e 620.
Ad Alatri l'ultima nascita si è registrata addirittura il 30 dicembre, ma alle 11:14 è nata Diletta, figlia di una coppia di Piglio, pesa 3kg 270.
A Cassino, ancora nessuna nascita nel nuovo anno: l'ultima a venire al mondo si chiama Sofia, orgoglio di mamma Gabriella di Cervaro, nata alle 6:34 del 31 dicembre.
Si chiama Sofia anche l'ultima nata nel 2013 a Fondi: la piccola è venuta alla luce dalle 14:37 del 31 dicembre e pesa 3kg e 310.

Infine a Fondi, dove il registro delle nascite si è fermato con Gabriel, venuto al mondo alle 17:45 del 31 e pesa 3kg e 180.

Varese, taglia il traguardo a mezzanotte il primo nato 2014 al Del Ponte
Ha spaccato la mezzanotte all'Ospedale Del Ponte il primo nato a Varese nel 2014. E' stato Cuero Drout Gabriel Vitto, un maschietto equadoriano, residente a Cavaria con Premezzo, nato con un parto spontaneo alle 00.01. Il primo nato in tutta la Lombardia. Attorno alle quattro sono nati altri due bambini: alle 4.01 Pietro Epifani, residente a Solaro, e venti minuti dopo è stato il turno di Eleonora Piotti, residente a Cassano Magnago. Entrambi parti spontanei.


Milano, 1 gennaio 2014 - Il primo a nascere in tutta la Lombardia è stato Gabriel Cuero Drout Gabriel Vitto, nato con parto spontaneo e con peso di 3,4 kg, figlio di una coppia originaria dell'Ecuador, che è nato all'ospedale Del Ponte di Varese.

A Milano, il primo bambino è nato alle ore 3.37 al Buzzi: si chiama Federico è pesa 4,8kg.

I primi nati in sicilia nel 2014

Michele e Vasco, sono questi i nomi dei primi nati in Sicilia nel 2014 rispettivamente a Palermo e Catania.
Il primo è venuto alla luce alle 2:30 all'ospedale Villa Sofia e pesa 2,4 chili. Il secondo è nato un solo minuto dopo la mezzanotte all'ospedale Garibaldi di Nesima e pesa 3 chili e 40 grammi. Quest'ultimo, con ogni probabilità, è anche il primo nascituro in assoluto. La madre, Rosa Monique Assenza, di 41 anni è residente a Melilli e originaria di Nizza, in Francia.


Umbria, i primi nati sono Giorgia e Anna

E' Chiara la prima nata in Provincia di Perugia nel 2014: il parto è avvenuto alle 2.15 del primo gennaio nell'ospedale di Spoleto. E' figlia di una giovane coppia di Assisi e la piccola pesa 3,500 chilogrammi. Chiara ha battuto nella corsa a venire al mondo Giorgio nata a Città di Castello. La bimba pesa 3,280 chilogrammi ed è primogenita di una coppia di San Giustino. E' venuta alla luce esattamente alle 5.30. Mentre a Perugia è nata Anna - 3,500 chilogrammi - alle 6,11 assistita dalla equipe medica guidata della Dott.ssa Elvira Bottaccioli e dalle Dott.sse Claudia Giordano, Silvia Pericoli e Diletta De Benedictis, e dalle ostetriche Costantini, Arenaccio.
L'ultimo nato a Perugia, del 2013 un bambino cui è stato dato il nome di Isaac, è avvenuto alle 18.35. L'equipe era composta dal Dottor Angelo Baldoni e dalle Dottoresse Chiara Antonelli e Federica Bavetta. I genitori anche in questo caso sono italiani, residenti nel comune di Magione.
All'ospedale della Media Valle del Tevere, a Pantalla, il primo nato nel 2014, alle ore 11,05, si chiama Gioele, è di Marsciano e pesa Kg. 3,590 L'ultimo nato nel 2013, alle ore 20,45, è stato un maschietto di nome Ettore che pesava Kg 3,140.
Negli ospedali di Assisi e di Castiglione del Lago non ci sono nuovi nati nel 2014. Le ultime nate nel 2013 risalgono entrambe al 29 dicembre. I Pronto Soccorso di Castiglione del Lago e Città della Pieve non hanno registrato nessun ferito legato ai festeggiamenti del Capodanno.

Primi nati in trentino alto adige
I primi nati del 2014: Emma, figlia di una coppia trentina, è nata 24 minuti dopo mezzanotte all'ospedale di Trento. Christian, figlio di altoatesini, invece, è arrivato alle 0.54 a Bolzano.

Primi nati in basilicata
La notizia più bella invece è arrivata dall'Ospedale Madonna delle Grazie dove all'1,20 è nato Jacopo, un maschietto di 3,7 chili e 52 centimetri di altezza figlio di Carmela Menzano e Donato Chita che hanno potuto orgogliosamente festeggiare la nascita del primo bimbo del 2014 nel Materano.
Per pochi minuti non è stato il primo di tutta la regione preceduto di circa 40 minuti da un bimbo nato al San Carlo poco dopo la mezzanotte

 

Primi nati in piemonte
E' Matteo Valentino il primo maschietto nato del 2014 all'ospedale Sant'Anna di Torino. E' venuto alla luce quaranta minuti dopo la mezzanotte: è il secondo figlio di Katia e Alessandro, lei operaia e lui fattorino all'Iveco. Prima di lui è venuta alla luce Viola.All'ospedale Maria Vittoria nella notte le prime nate sono state Anna e Giorgia, due gemelline di 1935 e 1920 grammi.

Sono dodici i bambini che hanno visto la luce nel primo giorno dell'anno nuovo nelle province di Udine (sette), Pordenone (quattro) e Gorizia , Elvis , Sanela, Rayan , Massimo , Angelo, Giovanni ,Leviona , Riccardo, Timothi,Daniel, davide,Walid. Sono i nomi di alcuni dei bambini nati nel Veneto nel 2014

Primi nati del 2014 nelle marche

Primi nati Marche, Emma (Fermo) batte tutti
A Macerata sprint di Damiano Offidani
A Pesaro è papà-bis il tenore Diego Florez
L'evento numero uno a mezzanotte e un minuto.
Le prime nascite a Civitanova, San Benedetto e Pesaro

A mezzanotte e un minuto, all'ospedale di Fermo, è nata Emma Clementoni. E' lei la prima nata della Regione. La famiglia è di Potenza Picena; mamma e bimba stanno bene. Un benvenuta a Emma da tutta la famiglia del Messaggero Marche.
A Capodanno al Salesi di Ancona nate quattro bambine. La prima è venuta alla luce alle 12.16, si chiama Maria Emily, la mamma si chiama Florina Matei e il papà Marco Barboni, risiedono a Monte San Vito.
In provincia di Macerata, la corsa al primo nato è stata vinta da Damiano Offidani, primo genito dell'avvocato civitanovese Andrea Offidani e dell'insegnante Silvia Capozucca, Il primo vagito di Damiano è arrivato alle ore 1,28 di ieri al reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Civitanova. Il bimbo, nato con parto cesareo, pesa 3,830 kg e gode di ottima salute.
A San Benedetto la prima nata del 2014 è arrivata alle 3,37 e si chiama Diana Miti. L'annuncio, praticamente in diretta, è stato dato al Palanatale dove era ancora in corso la festa di Capodanno. Il papà della bimba, infatti, Paolo Miti, è proprio uno degli organizzatori degli eventi che si sono svolti al Palanatale. «E' l'evento più grande che abbia mai organizzato», ha commentato il neo papà.

La prima nata dell'anno a Pesaro è la figlia di Juan Diego Florez, il tenore peruviano fedelissimo del Rossini Opera Festival, tanto da risiedere stabilmente a Pesaro. La figlia, a cui è stato dato il nome di Lucia Stella, è nata nella casa del celebre cantante sul colle San Bartolo, assistito da uno staff ostetrico. Un parto naturale avvenuto alle 3.35. La bimba sta bene, così come la mamma Julia Trappe.

Il tenore ha annunciato il lieto evento su Twitter, postando la foto con mamma e bambina, e scrivendo questa frase: "Il nostro secondo angelo, Lucia Stella, è nata oggi nell'amorevole e tranquilla atmosfera della nostra casa a Pesaro". Il tenore è già padre di un maschietto di quattro anni.
Alle 14.40 all'ospedale San Salvatore è poi nata Serena Cirillo

La seconda è per la nostra amica Zelda.. è il suo compleanno

Come tutte le feste che si rispettano

 

 

 un bel brindisi è d' obbligo

 

 

una bella fetta di torta ci vuole

 e...dulcis in fundo una carrettata di risate

 

 La mamma dice a Pierino: Pierino, vammi a comprare lo spirito in farmacia!
Pierino va in farmacia e paga...Poi va in chiesa e il prete
gli dice: Pierino fai il segno della croce: Nel nome del padre, del figlio amen. Prete: Pierino, e lo SPIRITO???????
Uuuuuuuuuuhh!!!!!!L'ho dimenticato in farmacia!

 

Pierino dice alla mamma: che verso fanno gli asini?
la mamma: i versi
pierino: e le pecore?
e la mamma: belano
pierino: e i poeti?
la mamma: cosa centrano i poeti?
la maestra mi ha detto che fanno i versi!!

Un carabiniere, per regalare alla moglie delle scarpe di coccodrillo, decide di partire per l'Africa.
Arrivato sul posto affitta una canoa e risale il fiume con un indigeno.
All'improvviso i due vedono un coccodrillo che nuota beato. L'indigeno si tuffa e dopo terribile battaglia lo solleva fuori dall'acqua.
Il carabiniere lo guarda ed esclama: 'Nemmeno questo ha le scarpe, ributtalo in acqua'

Un carabiniere è davanti a un distributore automatico di caffè, inserisce un gettone e gli esce il bicchierino col caffè bollente, inserisce un altro gettone e gli esce altro caffè, dopo un quarto d'ora era ancora lì davanti, si era formata una fila di 50 metri ,il signore alle sue spalle spazientito gli chiede se ne ha per molto ancora e il carabiniere gli risponde: mi dispiace,ma finché vinco gioco io.

 

 
 
 

Il primo messaggio del nuovo anno

Post n°741 pubblicato il 01 Gennaio 2014 da giramondo595

si apre con la splendida filastrocca di Gianni
Rodari. Eccola per voi


Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l'anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell'anno nuovo:
per il resto anche quest'anno
sarà come gli uomini lo faranno.
(Gianni Rodari)

BON CAPUDANNU

Ora chi simu ccaa vi la cantu
Na canzunedda ch'è nu vecchiu cuntu
Facimu festa chi nostru signuri
Vinni nto mundu mi porta l' amuri ( 3v )

Bon capudannu e bon capu di misi
Arretu a porta na petra vi misi
E vi la misi pii tuttu l' annu
Bon capu i misi e bon capudannu
E vi la misi e la seppi mentiri
Pigghiati u fiascu ca vogghiu nbiviri ( 3v )

Ed eu lu saccio che fichi ndaviti
Puru castagni di chiddi mpurnati
Si mi ndi dati e si non mi ndi dati
Li boni festi sempi mi faciti ( 3v )

Bon capudannu e bon capu di misi
Bon capudannu e Diu li lassa fari
Arredu a porta na petra vi misi
Bon capudannu e bon capu di misi
E vi la misi e la seppi mentiri
Pigghiati u fiascu ca vogghiu mbiviri ( 3v )

Traduzione

Buon Capodanno

Ora che siamo qui, vi canto una canzone
Che è un vecchio racconto
Facciamo festa che è nato nostro Signore.
Venuto al mondo per portare l' amore
Buon capodanno e buon capo del mese
Dietro una porta una pietra vi ho messo
Ve l' ho messa per tutto l' anno
Buon inizio del mese e buon capodanno
Io l'ho messa e l' ho saputa mettere
Prendete il fiasco che voglio bere
Lo so che fichi ne avete
Anche castagne di quelle infornate
Se me ne date o non me ne date
Mi fate sempre le buone feste
Buon capodanno e buon inizio del mese
Buon capodanno e Dio li lascia fare
Dietro la porta una pietra vi ho messo
L' ho messa e l' ha saputa mettere.
Prendete il fiasco che voglio bere

per iniziare bene l' anno
eccovi un indovinello
in lingua dialettale.
leggetelo attentamente
riuscirete comunque a
darmi la soluzione

Panza è ferru
Gudeddha è bambagia
Sangu è lignu

Vi dò un aiutino
si tratta di un oggetto che
anticamente illuminava
le case del popolo

Ed ora via alla cascata di risate
con le immancabili barzellette del
maldestro Pierino

In classe la maestra interroga Pierino
in matematica: " Dimmi,Pierino, quanto
fa due più due?" " Quattro, signora maestra! ".
" Bene..e adesso dimmi..quanto fa tre più tre?"
"Sei!" risponde il ragazzino
" Bravo !"
La maestra, però si rende conto che Pierino
conta con le dita e, per impedirglielo, gli fa
mettere le mani in tasca.
" E adesso dimmi: quanto fa cinque più
cinque?"
Pierino ci pensa un attimo poi esclama:
" Undici, signora maestra "
" Pierino..è meglio che tu ti faccia ricucire
la tasca da tua mamma!"

Un signore è tranquillamente seduto
nella poltrona di casa sua a guardare
la televisione quando viene disturbato
da strani rumori provenienti dall' esterno.
Incuriosito si affaccia dalla finestra
e vede Pierino in strada con un sasso
in mano.
" Certamente sta tentando di colpire
le mie finestre quel piccolo delinquente!".
Esce di casa furibondo e prende Pierino
per un orecchio proprio mentre il discolo
sta per tirare un altro sasso.
" Brutto delinquente che non sei altro!
Adesso ti insegno io a tirare i sassi alle
mie finestre!". " Veramente? Sarebbe molto,
gentile, è mezz' ora che continuo a sbagliare
mira...".
Il fratello di Pierino(un negro) va in una cartolibreria. Commesso:cosa desidera? Negro:vorrei un pacco di golori! Commesso:DI GIOTTO?? Negro:digiotto,digiannove faccia lei!!!!!!!!!!


Pierino racconta ad un amichetto: per invecchiare bene bisogna tenersi in forma. mia nonna all' eta di 45 anni ha cominciato a farsi 5 chilometri a piedi ogni giorno. adesso ne ha 97 e non sappiamo dove sia

Auguri di buon anno..smackk a tutti voi

 
 
 
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 MESSAGGIO PER I GIOVANI

...Droga e alcool portano alla distruzione fisica e mentale!!! La vita e' troppo bella per essere distrutta dalle sostanze!!!!!! Vogliatevi bene !!!

http://spazio.libero.it/SARA28LUGLIO/

 

 

UN CALOROSO ABBRACCIO A TUTTI VOI

   BENVENUTI NEL MIO BLOG

   BENVENUTI NEL MIO BLOG 

 

 

 

AREA PERSONALE

 

CITAZIONI DI

Beata Madre Teresa di Calcutta


Quello che noi facciamo
è solo una goccia nell'
oceano,
ma se non lo facessimo
l'oceano avrebbe una
goccia
in meno

Non importa quanto
si dà
ma quanto amore si
mette nel dare.


Trova un minuto
per pensare,
trova un minuto
per pregare,
trova un minuto
per ridere.

La peggiore malattia
dell'uomo?
La solitudine.


Le parole gentili
possono essere brevi
e facili da pronunciare
ma la loro eco è infinita.

 

 

GRAZIE AMICI QUESTI REGALI SONO PER VOI

 

          Grazie Solic

 

Grazie diana.fini

 

 Grazie Trappolinax ( Wanda )

Grazie aumania_12 ( Alisia )

Grazie Trappolinax ( Wanda )

grazie STREGAPORFIDIA (Sonia)

questi splendidi regali,
li voglio
dedicare a
tutti voi amici

Aforismi 

Edward Morgan Forster è stato uno scrittore
britannico,autore di racconti brevi,
di romanzi e saggi letterari.
Da alcuni suoi romanzi sono stati
tratti film di grande successo come:
Passaggio in India (1984, regia di David Lean)
Camera con vista (1986, regia di James Ivory),
Maurice(1987, regia di James Ivory)
e Casa Howard (1992, regia di James Ivory).


Se è facile raccontare la vita,
ben più difficile è viverla,
e siamo tutti dispostissimi a
chiamare in causa "i nervi",o qualsiasi
altra parola d'ordine che serva a
occultare i nostri desideri.
( Edward Morgan Forster )

 Albert Einstein è stato un fisico
a soli 26 anni, ha mutato
il modello istituzionale di
interpretazione
del mondo fisico


E' più facile spezzare
un'atomo, che
un pregiudizio
( Albert Einstein )

 

GRAZIE PER I VOSTRI DONI

       Carissimi amici,
       grazie a tutti
       per i vostri doni.
       Questi sono solo
       una piccolissima
       rappresentanza
       della vostra amicizia
       ed affetto.
       sono felicissimo di
       ciò...bacioni
        a tutti

      vivi la vita    

      Grazie agli amci Trappolinax e luce 1001 per
      i bellissimi regali per il compleanno del mio blog

                    

               

 

SAGGEZZA POPOLARE ANDREOLESE

Cu ava focu campau,cu ava pana moriu.
Chi ha del fuoco è vissuto,
chi ha pane è morto a causa del freddo

'A casa mbidìàta,o pòvara o malàta.
La casa ch'è oggetto d'invidia va
incontro a povertà o malattia.

A bbona lavandàra on manca petra.
Ad una brava lavandaia non manca
pietra (su cui lavare).

E cu' t'affìdi, ti nganni.
Sulla persona a cui presti
fiducia ti sbagli (facilmente).

Canta lu gaddru e si scòtula li pinni.
Il gallo canta e si scuote le piume.
(Si dice di persona che di un fatto
non vuole assumersi alcuna responsabilità
e "se ne lava le mani", come Pilato.

Per altri curiosi proverbi andreolesi:

http://www.andreolesi.com/dialetto/proverbi.htm

 

FRASI CELEBRI

Golda Meir, fu una donna politica
israeliana, quarto premier d'Israele
e prima donna a guidare il governo
del suo Paese.

La vecchiaia è come un aereo
che punta in una tempesta.
Una volta che sei a bordo non puoi
più fare niente
(Golda Meir)

Anton Pavlovič Čechov è stato uno
scrittore, drammaturgo e
medico russo.
Laureatosi in medicina,
scriveva novelle di notte.

L' intelligente
ama istruirsi,
lo stupido istruire.
( Anton Cecov )

Non sappiamo cosa può accaderci
in quello strano guazzabuglio che è la vita.
Possiamo però decidere quello che avviene
in noi, come affrontarlo, che uso farne...
ed è questo, in conclusione,
ciò che conta.
( Joseph Fortton )

 

Henry Ford è stato un imprenditore statunitense.
Fu uno dei fondatori della Ford Motor Company,
società produttrice di automobili, ancora oggi
una delle maggiori società del settore negli
USA e nel mondo.

Chiunque smetta di imparare è vecchio,
che abbia venti o ottant'anni.
Chiunque continua a imparare resta
giovane. La più grande cosa
nella vita è mantenere la
propria mente giovane.
( H. Ford )

Riflessioni sul Tempo ... Il passato rivive ogni giorno perché non è mai passato. (Proverbio Africano); Il tempo è un grande maestro, ma sfortunatamente uccide tutti i suoi studenti. (Hector Berlioz);        Una briciola d’oro non può comprare una briciola di tempo. (Proverbio Cinese);                                            Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità, il tempo non ci  sarà più. (Fëdor Dostoevskij)Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J Lennon )Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.(Charlie Chaplin) L'unica cura per l'acne giovanile è la vecchiaia.( Totò )Ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due. ( Eduardo De Filippo )Chi vive troppo tempo in un luogo perfetto finisce per annoiarsi. (Paulo Coelho)

 
 

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