Creato da giramondo595 il 14/11/2008

CHIACCHERE FRA AMICI

DI TUTTO UN PO'

 

Messaggi di Agosto 2014

Spigolature calabresi.....3 sotto l' ombrellone, per i pochi fortunati

Post n°853 pubblicato il 30 Agosto 2014 da giramondo595

Continua il viaggio ..nella mia regione. Nei due messaggi precedenti. Vi ho parlato della Statua del Gagini, della Madonna a Mare, oggi vi parlerò di una splendida chiesa sita nel mio paesino d' origine.

Con questo messaggio, voglio augurare a tutti voi, un felice rientro dalle vacanze ed un felice ritorno alla normale routine.. Ai pochi fortunati, che sono riusciti a ritagliarsi le ferie in questo periodo... auguro buon divertimento e sereno relax.


La Chiesa di S. Andrea,

in dialetto andreolese 'A chjìasi 'e Santa Ndrià, è la chiesa del Patrono del Paese di S.Andrea Apostolo dello Jonio. Un paesino della costa ionica calabrese. E' ubicata su una collina rocciosa all'inizio del paese) - È una chiesa ad una sola navata, costruita intorno all'Xl sec., ma restaurata o ingrandita verso la metà del '700 (sul portale di granito c'è la data del 1757) e arricchita nella facciata esterna - sul finire dell'Ottocento (1893) - di vari ornamenti architettonici e dell'unica campana di cui è dotata. Al suo interno si possono ammirare: l'altare, costruito in stile barocco sul lato o- rientale; efficaci affreschi murali, iniziati nel 1926, che sono opera dei pittori Zimmatore e Grillo, originari di Pizzo Calabro, ma venuti nel nostro paese - su richiesta dell'arc. don Bruno Voci - per affrescare la chiesa di Sant'Andrea e la cappella deirimmacolata nella Chiesa Matrice (lo si evince dal sigillo "Zimatore e Grillo pinsero 1926" che si legge in alto sulla parete della cantorìa)', e la statua del Santo, scolpita nel 1009 e restaurata nell'Ottocento, dopo l'oltraggio subito il 1806 dai soldati francesi, i quali, non riuscendo a portarla via perché "Sant'Andrìa ac cippàu", le divelsero gli occhi. All'esterno la Chiesa è circondata da un bel giardino ("villètta"), e nel lato orientale si erge la nicchia esterna del Santo, di chiaro sapore neobarocco, la cui statua poggia su un tronco di palma ricavato su una orditura di mattoni pieni sapientemente intrecciati e guarda verso il mare con le sue triglie attaccate al braccio. Tale nicchia fu progettata dall'arch. Francesco Armogida e fu eseguita nel 1952 (sotto il Priore Peppino Carioti Davulìsi e il Procuratore Vincenzo Riverso) da mastru Brunu d'a Guardia (Bruno Betrò) e da mastru Bruno Calabretta insieme ad altri muratori. Adiacente alla Chiesa vi è una delle 3 porte d'ingresso al paese, la quale reca la data del 1727 e i segni dell'invasione francese del 1806. All'interno la Chiesa è tripartita da lesene laterali: nella parte orientale c'è l'altare del Santo e, retrostante, una piccola abside a due ingressi laterali, dalla quale si accede nel panoramico giardino. Si distingue dalle altre Chiese del paese per la ricca decorazione che l' adorna in ogni parte. Chi entra, infatti, nella parte centrale dell'intradosso dell'arco che sovrasta l'altare, scorge su doppia riga la didascalia in latino "DILEXIT [AND]REAM || DOMINUS IN ODOREM SUAVITATIS". E sopra, nella cantorìa, sulla parete occidentale, trova raffigurato da una parte Davide che suona l' arpa e dall'altra Santa Cecilia che suona l'organo a canne; e, sopra una finestrella centrale, S. Paolo tutto intento a scrivere su un grosso libro. Sulla volta a botte, da est ad ovest, sono impresse 3 scene riguardanti la vita del Santo: l'angelo che porge ad Andrea la palma del martirio; la predicazione alle folle che il Santo fa in piedi dalla barca; e l'implorazione che Andrea fa a Cristo perché protegga il paese, raffigurato - a tinte sfumate, ma chiaramente percepibile - sulle 3 colline su cui si adagia. Le prime due scene furon dipinte su tela, poi applicate alla volta e forse restaurate; la terza, invece, fu dipinta direttamente sull'intonaco della parete, la quale nel tempo si è impregnata di umidità e perciò è in varie parti screpolata. Sono pitture a colori vivi, come il rosso (colore predominante, associato all'idea del martirio), il verde, l'azzurro, il giallo ... Scendendo verso le 2 pareti laterali, in alto, per ogni lato, ci sono 3 aperture voltate, ognuna delle quali porta disegnato al suo interno un angioletto con un ricco mazzo di fiori variopinti e alFestemo altri 2 angeli che sostengono un festone orna¬mentale. E ai 2 lati di ogni finestra 2 tondi, ciascuna col busto di un apostolo e sotto il nome in latino: a sinistra Pietro, Andrea, Giacomo maggiore, Giovanni, Filippo e Bartolomeo; e a destra, Mattia, Simone, Taddeo, Giacomo minore, Matteo e Tommaso. Le due pareti laterali sono tutte ricoperte di scene esemplari (sempre di martirio) della vita paleocristiana, anche se a tinte più sbiadite, direi terrose: a destra, prima la crocifissione di S. Pietro, tradizionalmente raffigurato col capo all'ingiù; al centro la lapidazione di S. Tarcisio che stava portando l'eucarestia a un cristiano (nella parte centrale della raffigurazione sporge la nicchia in cui si conservano le reliquie del Santo Patrono); e infine il martirio dei Cristiani al Colosseo dati in pasto ai leoni (un quadro che - secondo l' informazione dello storico Pietro Voci - è la riproduzione di un disegno di un certo Conti ) e a sinistra, prima il martirio di religiosi ( francescani ? ) da parte di soldati orientali ( islamici ? ); poi il martirio di Sant' Agnese che poggia il capo sul ceppo ed è decapitata dal boia con una possente scure; e infine il martirio di San Sebastiano colpito a morte dalle frecce dei soldati romani.

Incollando questo link sulla barra di explorer troverete altre foto della chiesa

https://www.facebook.com/pasquale.romeo1/media_set?set=a.918972511451627.1073741845.100000166594886&type=1

 
 
 

I musicanti di Brema

Post n°852 pubblicato il 29 Agosto 2014 da giramondo595

I musicanti di Brema

 fratelli Grimm


Un uomo aveva un asino che lo aveva servito assiduamente per molti anni; ma ora le forze lo abbandonavano e di giorno in giorno diveniva sempre più incapace di lavorare. Allora il padrone pensò di toglierlo di mezzo, ma l'asino si accorse che non tirava buon vento, scappò e prese la via di Brema: là, pensava, avrebbe potuto fare parte della banda municipale. Dopo aver camminato un po', trovò un cane da caccia che giaceva sulla strada, ansando come uno sfinito dalla corsa. "Perché‚ soffi così?" domandò l'asino. "Ah," rispose il cane, "siccome sono vecchio e divento ogni giorno più debole e non posso più andare a caccia, il mio padrone voleva accopparmi, e allora me la sono data a gambe; ma adesso come farò a guadagnarmi il pane?" - "Sai?" disse l'asino. "Io vado a Brema a fare il musicante, vieni anche tu e fatti assumere nella banda." Il cane era d'accordo e andarono avanti. Poco dopo trovarono per strada un gatto dall'aspetto molto afflitto. "Ti è andato storto qualcosa?" domandò l'asino. "Come si fa a essere allegri se ne va di mezzo la pelle? Dato che invecchio, i miei denti si smussano e preferisco starmene a fare le fusa accanto alla stufa invece di dare la caccia ai topi, la mia padrona ha tentato di annegarmi; l'ho scampata, è vero, ma adesso è un bel pasticcio: dove andrò?" - "Vieni con noi a Brema: ti intendi di serenate, puoi entrare nella banda municipale." Il gatto acconsentì e andò con loro. Poi i tre fuggiaschi passarono davanti a un cortile; sul portone c'era il gallo del pollaio che strillava a più non posso. "Strilli da rompere i timpani," disse l'asino, "che ti piglia?" - "Ho annunciato il bel tempo," rispose il gallo, "perché‚ è il giorno in cui la Madonna ha lavato le camicine a Gesù Bambino e vuol farle asciugare; ma domani, che è festa, verranno ospiti, e la padrona di casa, senza nessuna pietà, ha detto alla cuoca che vuole mangiarmi lesso, così questa sera devo lasciarmi tagliare il collo. E io grido a squarciagola finché‚ posso." - "Macché‚ Cresta rossa," disse l'asino, "vieni piuttosto con noi, andiamo a Brema; qualcosa meglio della morte lo trovi dappertutto; tu hai una bella voce e, se faremo della musica tutti insieme, sarà una bellezza!" Al gallo piacque la proposta e se ne andarono tutti e quattro.

Ma non potevano raggiungere Brema in un giorno e la sera giunsero in un bosco dove si apprestarono a passare la notte. L'asino e il cane si sdraiarono sotto un albero alto, mentre il gatto e il gallo salirono sui rami, ma il gallo volò fino in cima, dov'egli era più al sicuro. Prima di addormentarsi guardò ancora una volta in tutte le direzioni, e gli parve di vedere in lontananza una piccola luce, così gridò ai compagni che, non molto distante, doveva esserci una casa poiché‚ splendeva un lume. Allora l'asino disse: "Mettiamoci in cammino e andiamo, perché‚ qui l'alloggio è cattivo." E il cane aggiunse: "Sì, un paio d'ossa e un po' di carne mi andrebbero anche bene!" Perciò si avviarono verso la zona da cui proveniva la luce e, ben presto, la videro brillare più chiara e sempre più grande, finché‚ giunsero davanti a una casa bene illuminata dove abitavano i briganti. L'asino, che era il più alto, si avvicinò alla finestra e guardò dentro. "Cosa vedi, testa grigia?" domandò il gallo. "Cosa vedo?" rispose l'asino. "Una tavola apparecchiata con ogni ben di Dio e attorno i briganti che se la spassano." - "Farebbe proprio al caso nostro," disse il gallo. "Sì, sì; ah, se fossimo là dentro!" esclamò l'asino. Allora gli animali tennero consiglio sul modo di cacciar fuori i briganti, e alla fine trovarono il sistema. L'asino dovette appoggiarsi alla finestra con le zampe davanti, il cane saltare sul dorso dell'asino, il gatto arrampicarsi sul cane, e infine il gallo si alzò in volo e si posò sulla testa del gatto. Fatto questo, a un dato segnale incominciarono tutti insieme il loro concerto: l'asino ragliava, il cane abbaiava, il gatto miagolava e il gallo cantava; poi dalla finestra piombarono nella stanza facendo andare in pezzi i vetri. I briganti, spaventati da quell'orrendo schiamazzo, credettero che fosse entrato uno spettro e fuggirono atterriti nel bosco. I quattro compagni sedettero a tavola, si accontentarono di quello che era rimasto e mangiarono come se dovessero patir la fame per un mese.

Quando ebbero finito, i quattro musicisti spensero la luce e si cercarono un posto per dormire comodamente, ciascuno secondo la propria natura. L'asino si sdraiò sul letamaio, il cane dietro la porta, il gatto sulla cenere calda del camino e il gallo si posò sulla trave maestra; e poiché‚ erano tanto stanchi per il lungo cammino, si addormentarono subito. Passata la mezzanotte, i briganti videro da lontano che in casa non ardeva più nessun lume e tutto sembrava tranquillo; allora il capo disse: "Non avremmo dovuto lasciarci impaurire" e mandò uno a ispezionare la casa. Costui trovò tutto tranquillo andò in cucina ad accendere un lume e, scambiando gli occhi sfavillanti del gatto per carboni ardenti, vi accostò uno zolfanello perché‚ prendesse fuoco. Ma il gatto se n'ebbe a male e gli saltò in faccia, sputando e graffiando. Il brigante si spaventò a morte e tentò di fuggire dalla porta sul retro, ma là era sdraiato il cane che saltò su e lo morse a una gamba; e quando attraversò dl corsa il cortile, passando davanti al letamaio, l'asino gli diede un bel calcio con la zampa di dietro; e il gallo, che si era svegliato per il baccano, strillò tutto arzillo dalla sua trave: "Chicchiricchì!" Allora il brigante tornò dal suo capo correndo a più non posso e disse: "Ah, in casa c'è un'orribile strega che mi ha soffiato addosso e mi ha graffiato la faccia con le sue unghiacce e sulla porta c'è un uomo con un coltello che mi ha ferito alla gamba; e nel cortile c'è un mostro nero che mi si è scagliato contro con una mazza di legno; e in cima al tetto il giudice gridava: 'Portatemi quel furfante!' Allora me la sono data a gambe!" Da quel giorno i briganti non si arrischiarono più a ritornare nella casa, ma i quattro musicanti di Brema ci stavano così bene che non vollero andarsene. E a chi per ultimo l'ha raccontata ancor la bocca non s'è freddata.

 

 

 
 
 

L' acquisto con la moneta elettronica è notevolmente

Post n°851 pubblicato il 28 Agosto 2014 da giramondo595

aumentato, sia per la praticità, sia in quanto consente di acquistare comodamente da casa su internet

di conseguenza Le truffe con le carte di credito sono particolarmente frequenti e ogni anno presentano un trend in aumento.

L' arma dei carabinieri, attraverso il loro sito, ci forniscono preziosi consigli per difendersi da simili odiosi reati

Le transazioni più pericolose sono quelle effettuate via Internet o per telefono quando non è necessario esibire fisicamente la carta.

Le truffe vengono compiute attraverso l'utilizzazione del numero della carta di credito che viene riprodotto illegalmente su carte "clonate" che vengono utilizzate sia per lo shopping tradizionale sia per il commercio elettronico.
Per impedire ciò le società che gestiscono le credit card stanno adottando dei sofisticati sistemi anticontraffazione per le carte di ultima generazione. Nel frattempo, però, bisogna non perdere mai di vista la propria carta (per evitare che i dati possano essere memorizzati e successivamente trasferiti su carte clonate) quando si pagano i propri acquisti e seguire precauzioni particolari per il commercio via Internet.

Alcuni accorgimenti per gli acquisti tradizionali:
controllate sempre l'estratto conto della carta di credito badando in modo particolare alle spese di piccolo importo, dove spesso si nasconde la truffa;
non perdete mai di vista la persona alla quale consegnate la carta per l'acquisto durante la transazione. E' sempre preferibile recarsi di persona alla cassa, anche se la cosa (specie in alcuni esercizi pubblici quali ristoranti e pizzerie) può farci perdere cinque minuti di tempo in più e può sembrare meno "chic";
verificate sempre, in ogni negozio, che la carta venga regolarmente passata una sola volta e, comunque, mai in apparecchi diversi nel caso vi venga detto che l'operazione non è andata a buon fine. In questi casi chiamate subito i carabinieri;
non distraetevi e non fatevi distrarre durante il passaggio della carta;
tenete da parte le ricevute fino all'arrivo dell'estratto conto;
stracciate le ricevute prima di cestinarle;
non conservate mai il PIN (numero segreto) insieme alla carta;
ricordate che molte banche offrono bancomat che possono essere usate anche come carte di credito. In caso di smarrimento o furto telefonate immediatamente al numero verde specifico per bloccare la carta.

In caso di commercio elettronico

effettuate acquisti online solo sui siti ad altostandard di sicurezza, protetti dai sistemi di sicurezza internazionali: SSL (Secure Socket Layer) e SET (Secure Electronic Transaction) riconoscibili dalla certificazione e dal lucchetto che appaiono sulla schermata. Questi siti garantiscono la trasmissione sicura dei dati, che vengono "crittografati" e non possono essere decifrati dagli "hackers"; [d]

trasmettete i vostri dati economici solamente quando sono rispettate le condizioni di sicurezza e comunque non comunicate mai i dati della vostra carta, o altri dati riservati, tramite e-mail


verificate che il venditore sia un esercizio reale e non solo virtuale e che siano indicati tutti i dati significativi dello stesso compreso l'indirizzo. In particolare prendete nota dei dati del venditore e cioè il nome dell'azienda e l'indirizzo geografico della sede sociale, delle condizioni generali di vendita, delle modalità per esercitare il diritto di recesso e della descrizione dei singoli beni o servizi venduti;
nei casi dubbi inviate un messaggio e-mail all'azienda intestataria del sito per ottenere maggiori garanzie circa l'affidabilità della stessa;
prendete sempre nota dell'indirizzo del sito presso il quale si è effettuato l'acquisto di servizi;
ponete particolare attenzione alle condizioni di pagamento del servizio per non cadere in una sottoscrizione inconsapevole di un abbonamento con ripetuti addebiti mensili;
diffidate di offerte incredibilmente vantaggiose che spesso celano spiacevoli sorprese;
in caso di acquisti frequenti in Rete, dotatevi di un lettore esterno della carta: in questo modo i dati non viaggiano su Internet. Alcuni istituti bancari mettono a disposizione una carta di credito virtuale che utilizza un codice differente per ogni acquisto come se ogni volta si utilizzasse una carta di credito differente in merito ad ogni specifica transazione. Un altro metodo alternativo di pagamento è il denaro elettronico tramite i pagamenti cosiddetti E-cash che possono essere adottati scaricando direttamente dalla Rete il software necessario ed aprendo un conto virtuale presso le banche abilitate on line. Anche le carte prepagate e i borsellini elettronici svolgono la stessa funzione della carta di credito e presentano il vantaggio di richiedere la trasmissione dei dati relativi solo ad una piccola somma, piuttosto che quelli di un intero conto corrente.
Se l'estratto conto riporta la registrazione di spese non riconosciute, inviate ai Servizi Interbancari, entro 60 giorni dalla data di emissione dell'estratto conto, una contestazione scritta e firmata dell'intestatario della carta di credito, allegando copia dell'estratto conto contestato e copia fronte-retro della carta. Nel caso in cui si è certi che si tratta di un utilizzo fraudolento della carta di credito, allegate anche una denuncia contro ignoti effettuata presso le Autorità competenti.

Qualche altro suggerimento utile per evitare spiacevoli sorprese

In caso di furto / smarrimento della carta o del bancomat è necessario:
bloccare la carta rubata o smarrita telefonando subito ad uno dei numeri verdi messi a disposizione dalle società che gestiscono i circuiti telematici, in modo da prevenire ogni tentativo di utilizzo fraudolento della stessa;
immediatamente dopo, sporgere denuncia dell'accaduto presso la più vicina Stazione Carabinieri;
inviare copia della denuncia, anche via fax, alla società che ha bloccato la carta, in modo da consentire l'avvio della procedura per l'eventuale risarcimento del danno.
Presso gli sportelli bancomat, prima di qualsiasi prelievo:
verificate che nelle immediate vicinanze non vi siano persone ferme in atteggiamento sospetto;
accertatevi che sullo sportello non siano state applicate apparecchiature posticce, controllando, ad esempio, la fessura ove viene inserita la carta (per l'eventuale presenza di skimmer, fili o nastro adesivo sospetto) oppure l'aderenza della tastiera al corpo dello sportello (verificando che non vi siano due tastiere sovrapposte) - queste applicazioni, è bene ricordarlo, non inficiano l'operazione da svolgere, per cui al termine della stessa non potremo neppure accorgerci della duplicazione del nostro codice-;
controllate che non vi siano fori anomali all'interno dello sportello (specialmente sul lato superiore), ove potrebbero trovare eventuale alloggiamento microtelecamere (queste non superano il mezzo centimetro di diametro);
qualora abbiate il sospetto che lo sportello sia stato manomesso chiamate il "112".
Durante l'operazione di digitazione del vostro codice, utilizzate una protezione "visiva" (anche l'altra mano, ben collocata, o il portafogli stesso possono essere sufficienti) che renda effettivamente difficoltoso, per potenziali "spioni", prendere conoscenza del codice attraverso microtelecamere in precedenza installate.
Qualora al termine dell'operazione non vi venga restituita la carta, è buona norma chiamare subito il numero verde per bloccarla

 
 
 

Barzellette sotto l' ombrellone 1

Post n°850 pubblicato il 27 Agosto 2014 da giramondo595

Due mucche entrano in un cinema e una
dice alla cassiera:
-Due biglietti, per cortesia!
La cassiera guarda le due mucche perplessa
e poi con voce tremante dice:
-Ma voi... parlate!
-Sì, ma stia tranquilla! In sala staremo
zitte come due pesci


Una donna chiama il dottore e gli dice
quasi urlando dalla disperazione:
-Dottore, dottore, mi aiuti ! Mio figlio per
sbaglio ha inghiottito dalla sabbia e anche
del cemento! Cosa devo fare?
-Signora, mi raccomando... per prima
cosa non lo faccia assolutamente bere!

Un gruppo di persone molto curiose
riunito intorno a un uomo che da diverse
ore se ne stà con l' orecchio attaccato al
muro di un monumento, proprio come
se stesse ascoltando qualcosa. Uno dei
curiosi, a un certo punto, decide anche
lui di appoggiare l'orecchio e, dopo un
po', dice all'uomo:
Ma non si sente assolutamente nulla!
-Vero? Pensi che strano è così da stamattina!

 

Terminata la penultima puntata di uno
sceneggiato televisivo, l'annunciatrice
invita i telespettatori a non perdersi
l' ultima puntata:
- Caino ucciderà abele Lo saprete
sintonizzandovi su questo canale domani
alla stessa ora!


A un incrocio stradale, in pieno centro e
all'ora di punta, una signora è ferma di fronte
a un semaforo rosso. Scatta il verde,
il poi il giallo, infine il rosso ma la signora,
rimane sempre ferma. Alla seconda volta
che la vettura rimane immobile,
l'automobilista dietro la donna abbassa il finestrino e le urla:
Signora, sono desolato, ma in questa città non abbiamo altri colori!


La mamma, dopo essersi alzata e aver
preparato la colazione, sveglia la figlia
con delicatezza:
Carla... svegliati che è ora di andare a
scuola!
- stavo per alzarmi mamma poi
sono ricordata di una cosa.
- E cosa, piccolina mia..
- Mi sono ricordata il sogno di questa notte,
ossia che prendevo un brutto voto
a scuola. Non pensi che sia meglio che
io rimanga a casa?


In un ristorante di lusso, un uomo ha appena
terminato di cenare quando il cameriere gli si avvicina
e chiede con gentilezza:
- Signore, mi dica. Come ha trovato la bistecca?
-Così, per puro caso. Ritagliando 1a seconda
foglia di insalata.


Un bambino corre dalla madre tutto felice
e le dice:
- Mamma, mamma! Finalmente ho trovato
il regalo per il tuo compleanno!
La mamma, quasi con le lacrime agli occhi.
per la gioia nel vedere il figlio tanto preoccupato
per il suo regalo, gli domanda
- E cosa avresti intenzione di regalarmi
piccolino?
- Un vaso per fiori da mettere in salotto
- Ma io ho già un vaso di fiori in salotto...
- Non più mamma! l'ho appena rotto
giocando a nascondino!

 

Un ladro dice a un collega
- Che ne dici se andiamo a prenderci qualcosa al bar?
- Meglio di no! Aspettiamo prima che chiuda

 

 
 
 

Buon proseguimento di settimana..con Trilussa

Post n°849 pubblicato il 26 Agosto 2014 da giramondo595

Nummeri -

Conterò poco, è vero:
- diceva l'Uno ar Zero -
ma tu che vali? Gnente: propio gnente.
sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso vôto e inconcrudente.
Io, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
E' questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso

 

Parole e fatti - Trilussa

Certi Sorcetti pieni de giudizzio
s'ereno messi a rosicà er formaggio,
fecero finta de tené un comizzio.
Un Sorcio, infatti, prese la parola
con un pezzo de cacio ne la gola.

Colleghi! - disse - questa è la più forte
battaja der pensiero che s'è vista:
io stesso lotterò pe' la conquista
de l'ideale mio fino a la morte!
Voi pure lo farete, so' sicuro... -
Ogni Sorcetto j'arispose: - Giuro!

Fanno le cose propio ar naturale,
disse er Miciotto - come fosse vero.
L'appetito lo chiameno Pensiero,
er formaggio lo chiameno Ideale...
Ma io, però, che ciò l'Istituzzione,
me li lavoro tutti in un boccone.

 

Er matto

Er vecchio Matto gira pe' la villa
ne le sere d'estate senza luna,
acchiappa a volo e infila una per una
tutte le Lucciolette in una spilla.

Ogni tanto la gente, pe' vedello, s'arampica a le spranghe der cancello:
- Che fai? - je chiede.
E er vecchio je risponne - Smorzo le Lucciolette vagabbonne.
Perché dar foco che me mise in core quela birbona che nun è più mia
una favilla se n'agnede via
e s'è cambiata in Lucciola d'amore.
Così successe questo: a poco a poco er core mio rimase senza foco,
mentre la Luccioletta ch'è sortita ancora se la gode e fa la vita.
Io so' convinto che me vola intorno pe' ricordamme l'epoca più bella
che, invece d'una povera fiammella, ciavevo er core illuminato a giorno:
ma ormai, purtroppo, ho perso la fiducia
in una fiamma ch'arde e nun abbrucia,
e me dispiace che me porti in giro
l'urtimo bacio e l'urtimo sospiro.

 

L'onore

Povera società senza giudizzio!
Povera nobbirtà senza decoro!
diceva un rospo verde in campo d'oro
dipinto su uno stemma gentilizzio. -

Che diavolo direbbe l'antenato
se doppo dieci secoli a di' poco
sapesse ch'er nepote vince ar gioco
cor mazzo de le carte preparato?

Va' là! - je fece un'Aquila d'argento
appiccicata su lo stemma stesso. -
Quell'antenato che stimamo adesso
nun era che un teppista der trecento.

E' er tempo che nobbilita: per cui
è inutile che peni e te ciaffanni.
Er nipote che rubba, tra mill'anni,
diventa un antenato pure lui.

 

 
 
 

Buon inizio settimana con Trilussa

Post n°848 pubblicato il 25 Agosto 2014 da giramondo595



L' omo e la scimmia

L' Omo disse a la Scimmia:
-Sei brutta , dispettosa:
ma come sei ridicola!
ma quanto sei curiosa!
Quann' io te vedo, rido:
rido nun se sa quanto!...

La Scimmia disse : - Sfido!
T' arissomijo tanto!

 

 
 
 

Storia di uno che se ne andò in cerca della paura

Post n°847 pubblicato il 24 Agosto 2014 da giramondo595

Storia di uno che se ne andò in cerca della paura

Una fiaba dei fratelli Grimm


Un padre aveva due figli. Il maggiore era giudizioso e prudente e sapeva cavarsela in ogni situazione, mentre il minore era stupido, non imparava né‚ capiva nulla e quando la gente lo incontrava diceva: "Sarà un bel peso per il padre!" Se c'era qualcosa da fare, toccava sempre al maggiore; ma se il padre lo mandava a prendere qualcosa di sera o addirittura di notte, e la strada passava vicino al cimitero o a qualche luogo terrificante, egli rispondeva: "Ah, padre mi viene la pelle d'oca!," poiché‚ era pauroso. Oppure quando di sera, accanto al fuoco, si raccontavano delle storie da far rabbrividire, coloro che ascoltavano dicevano a volte: "Ah mi viene la pelle d'oca!" Il minore se ne stava seduto in un angolo, ascoltava e non capiva che cosa ciò potesse significare. "Dicono sempre: mi viene la pelle d'oca! mi viene la pelle d'oca! A me non viene: sarà anche questa un'arte di cui non capisco niente."

Un bel giorno il padre gli disse: "Ascolta, tu in quell'angolo diventi grande e grosso, ed è ora che impari a guadagnarti il pane. Guarda come si dà da fare tuo fratello; ma con te è fatica sprecata." - "Sì padre," egli rispose, "vorrei imparare qualcosa; anzi, se fosse possibile, mi piacerebbe imparare a farmi venire la pelle d'oca; di questo non so proprio nulla." Il fratello maggiore rise nell'udirlo e pensò fra s': "Mio Dio, che stupido è mio fratello, non se ne caverà mai nulla. Il buon giorno si vede dal mattino." Il padre sbuffò e gli rispose: "La pelle d'oca imparerai ad averla, ma con questo non ti guadagnerai il pane."

Poco tempo dopo venne a fare loro visita il sagrestano; il padre gli confidò i suoi guai e gli raccontò che il figlio più giovane era maldestro in ogni cosa, non sapeva e non imparava nulla. "Pensate, quando gli ho chiesto in che modo voleva guadagnarsi il pane, ha risposto che voleva imparare a farsi venire la pelle d'oca!" - "Oh!" rispose il sagrestano, "può impararlo da me; affidatemelo, lo sgrosserò." Il padre era contento perché‚ pensava che il giovane avrebbe messo giudizio. Così il sagrestano se lo portò a casa ed egli dovette suonargli le campane. Un paio di giorni dopo lo svegliò a mezzanotte, gli ordinò di alzarsi, di salire sul campanile e di suonare. "Imparerai che cos'è la pelle d'oca!" pensava e, per fargli prendere un bello spavento, lo precedette di nascosto e si mise davanti allo spiraglio della porta: il giovane doveva credere che fosse un fantasma. Questi salì tranquillamente fino in cima al campanile, e quando fu sopra vide una figura nello spiraglio. "Chi è là?" gridò, ma la figura non rispose n‚ si mosse. Allora gli disse: "Che vuoi qui di notte? Vattene o ti butto giù." Il sagrestano pensò: "Non avrà intenzioni così malvagie," tacque e restò immobile. Il giovane lo interpellò per la terza volta e, siccome non ottenne nessuna risposta, prese la rincorsa e buttò giù il fantasma che si ruppe le gambe e il collo. Suonò poi le campane e, subito dopo, discese e si rimise a dormire senza dire una parola. La moglie del sagrestano attese a lungo il marito, ma quello non veniva mai. Alla fine si spaventò, svegliò il giovane e disse: "Non sai dov'è mio marito? E' salito con te sul campani le." - "No," rispose il ragazzo, "ma c'era un tale nello spiraglio, e siccome non se ne andava e non voleva rispondermi, l'ho buttato giù. Andate a vedere se è lui." La donna corse al camposanto, piena di paura, e trovò il marito che giaceva per terra, morto.

Allora si recò urlando dal padre del ragazzo, lo svegliò e disse: "Ah, che sciagura ha causato il vostro fannullone! Ha buttato giù mio marito dal campanile, e ora giace morto al camposanto." Il padre si spaventò, corse dal ragazzo e gli disse, rimproverandolo aspramente: "Queste empietà deve avertele ispirate il Maligno!" - "Ah padre!" rispose egli, "sono innocente: se ne stava là di notte, come uno che ha cattive intenzioni. Io non sapevo chi fosse e gliel'ho domandato tre volte; perché‚ non se n'è andato?" - "Ah," disse il padre, "da te ho soltanto dei dispiaceri, togliti dai piedi, non ti voglio più vedere." - "Sì padre, volentieri, aspetta solo che faccia giorno e me ne andrò, e imparerò che cosa sia avere la pelle d'oca, così conoscerò un'arte che mi darà da mangiare." - "Impara quel che ti pare," disse il padre, "per me fa lo stesso. Eccoti cinquanta scudi, prendili e sparisci dalla mia vista; e non dire a nessuno da dove vieni e chi è tuo padre, perché‚ mi vergogno di te." - "Sì padre, come volete; se non chiedete altro, posso ben tenerlo a mente."

Allo spuntar del giorno, il giovane si mise in tasca i suoi cinquanta scudi e se ne andò sulla via maestra dicendo fra s': "Ah, se mi venisse la pelle d'oca! Se mi venisse la pelle d'oca!" Lo raggiunse un uomo che sentì questo discorso; quando ebbero fatto un pezzo di strada e furono in vista della forca, questi disse al ragazzo: "Vedi, quello è l'albero su cui sette uomini hanno sposato la figlia del funaio: siediti là sotto e aspetta che venga notte, allora imparerai che cos'è la pelle d'oca." - "Se è tutto qui," rispose il giovane, "è presto fatto; se imparo così in fretta che cos'è la pelle d'oca, avrai i miei cinquanta scudi: ritorna da me domani mattina presto." Il giovane andò allora alla forca, vi si sedette sotto e attese la sera. Poiché‚ aveva freddo, accese un fuoco; ma a mezzanotte il vento soffiava così gelido che egli non riusciva a scaldarsi nonostante il fuoco. Quando il vento spinse gli impiccati l'uno contro l'altro facendoli oscillare su e giù, egli pensò: "Tu geli qui accanto al fuoco, chissà che freddo hanno quelli lassù! E come si dimenano!" E siccome era di buon cuore, appoggiò la scala alla forca, salì, li staccò a uno a uno e li portò giù tutti e sette. Poi attizzò il fuoco, ci soffiò sopra e ci sedette intorno gli impiccati perché‚ si scaldassero. Ma essi se ne stavano seduti senza muoversi e il fuoco si appiccò ai loro vestiti. Allora egli disse: "Fate attenzione, altrimenti vi riappendo di nuovo lassù." Ma i morti non sentivano, tacevano e continuavano a lasciar bruciare i loro stracci. Perciò egli andò in collera e disse: "Se non volete fare attenzione, io non posso aiutarvi: non voglio bruciare con voi." E li riappese l'uno dopo l'altro. Poi si sedette accanto al fuoco e si addormentò. Il mattino dopo venne l'uomo che voleva i cinquanta scudi e disse: "Hai imparato che cos'è la pelle d'oca?" - "No," rispose egli. "Come avrei potuto impararlo? Quelli lassù non hanno aperto bocca, e sono così stupidi da lasciar bruciare quei due vecchi stracci che hanno addosso." L'uomo capì che per quel giorno non poteva prendersi i cinquanta scudi, se ne andò e disse: "Non mi è mai capitato di incontrare un tipo simile."

Anche il giovane andò per la sua strada e ricominciò a dire fra s': "Ah, se mi venisse la pelle d'oca! Se mi venisse la pelle d'oca!" L'udì un carrettiere che camminava dietro di lui e domandò: "Chi sei?" - "Non lo so," rispose il giovane. Il carrettiere domandò ancora: "Da dove vieni?" - "Non lo so." - "Chi è tuo padre?" - "Non posso dirlo." - "Che cosa vai borbottando fra i denti?" - "Ah," rispose il giovane, "vorrei farmi venire la pelle d'oca, ma nessuno sa insegnarmelo." - "Piantala di dire sciocchezze," disse il carrettiere. "Vieni con me, ti troverò un posto di lavoro." Il giovane andò con il carrettiere e la sera giunsero a un'osteria dove volevano pernottare. Entrando egli disse ad alta voce: "Se mi venisse la pelle d'oca! Se mi venisse la pelle d'oca!" L'oste, all'udirlo, disse ridendo: "Se ne hai tanta voglia, qui ci sarebbe una bella occasione!" - "Ah taci!" disse l'ostessa. "Troppi audaci hanno già perso la vita. Sarebbe un vero peccato se quei begli occhi non dovessero rivedere la luce del giorno!" Ma il giovane disse: "Anche se è difficile, voglio impararlo una buona volta: me ne sono andato di casa per questo." Non lasciò in pace l'oste finché‚ questi non gli raccontò che nelle vicinanze c'era un castello fatato, dove si poteva imparare benissimo che cosa fosse la pelle d'oca, purché‚ ci si vegliasse tre notti. A chi aveva tanto coraggio, il re aveva promesso in isposa sua figlia, la più bella fanciulla che esistesse al mondo. Nel castello erano inoltre celati dei favolosi tesori custoditi da spiriti, e sarebbero diventati di proprietà di chi avesse superato la prova. Già molti erano entrati nel castello, ma nessuno ne era uscito. Il mattino dopo, il giovane si presentò al re e disse: "Se fosse possibile vorrei vegliare tre notti nel castello fatato." Il re lo guardò e siccome gli piacque disse: "Puoi chiedermi anche tre cose e portarle con te al castello, ma devono essere cose prive di vita." Allora egli rispose: "Chiedo un fuoco, un tornio e un banco da ebanista con il suo coltello."

Il re gli fece portare ogni cosa al castello durante il giorno All'imbrunire il giovane vi entrò, si accese un bel fuoco in una stanza, vi mise accanto il banco da ebanista con il coltello, e si sedette sul tornio. "Ah, se mi venisse la pelle d'oca!" disse egli. "Ma non lo imparerò neanche qui." Verso mezzanotte volle attizzare il fuoco; mentre ci soffiava sopra, udì all'improvviso gridare da un angolo: "Ohi miao! che freddo abbiamo!" - "Scimuniti," esclamò, "perché‚ gridate? Se avete freddo, venite, sedetevi accanto al fuoco e scaldatevi." Come ebbe detto questo, due grossi gatti neri si avvicinarono d'un balzo e gli si sedettero ai lati guardandolo ferocemente con i loro occhi di fuoco. Dopo un poco, quando si furono scaldati, dissero: "Camerata, vogliamo giocare a carte?" - "Sì," egli rispose, "ma mostratemi le zampe." Essi allora tirarono fuori gli artigli "Oh," egli disse "che unghie lunghe avete! Aspettate, devo prima tagliarvele!" Li afferrò allora per la collottola, li mise sul banco ed imprigionò loro le zampe. "Vi ho tenuti d'occhio," disse, "e mi è passata la voglia di giocare a carte." Li uccise e li gettò in acqua. Ma aveva appena tolto di mezzo quei due e stava per sedersi accanto al fuoco, quando sbucarono da ogni parte cani e gatti neri, attaccati a catene infuocate; erano tanti ma tanti che egli non sapeva più dove cacciarsi. Gridavano terribilmente, gli calpestavano il fuoco, disperdevano le braci e volevano spegnerlo. Per un po' stette a guardare tranquillamente, ma quando incominciò a sentirsi a mal partito, afferrò il coltello, gridò: "Finiamola, canaglia!" e si gettò su di loro. Alcuni balzarono via, gli altri li uccise e li buttò nello stagno. Come fu di ritorno, riattizzò il fuoco soffiando sulla brace e si scaldò. E, mentre se ne stava così seduto, si accorse che non riusciva più a tenere gli occhi aperti e che aveva voglia di dormire. Allora guardò intorno a s‚, vide un gran letto in un angolo e ci si coricò. Ma come volle chiudere gli occhi, il letto incominciò a muoversi da solo e andò a spasso per tutto il castello. "Benissimo," disse il giovane, "ancora più in fretta!" Allora il letto incominciò a rotolare su e giù per soglie e scale, come se fosse trainato da sei cavalli; d'un tratto, hopp, hopp, si ribaltò a gambe all'aria, e gli restò addosso.

Allora egli scagliò in aria coperte e cuscini, saltò fuori e disse: "Adesso vada a spasso chi ne ha voglia!" si distese accanto al fuoco e dormì sino a giorno. Al mattino venne il re e quando lo vide disteso a terra pensò che fosse morto e che gli spettri lo avessero ucciso. Allora disse: "Peccato! Un così bel ragazzo!" Il giovane lo udì, si rizzò e disse: "Non siamo ancora a questo punto!" Il re si stupì e, tutto contento, gli domandò com'era andata. "Benissimo" rispose egli "la prima notte è passata e passeranno anche le altre due!" Quando tornò dall'oste, questi fece tanto d'occhi e disse: "Non pensavo di rivederti ancora vivo; hai imparato finalmente che cos'è la pelle d'oca?" - "No," rispose il giovane, "non lo so; se solo qualcuno me lo dicesse!"

La seconda notte salì di nuovo al vecchio castello, si sedette accanto al fuoco e disse: "Se mi venisse la pelle d'oca!" Verso mezzanotte sentì un rumore e un tramestio, prima piano, poi sempre più forte; poi un breve silenzio, infine un mezzo uomo cadde dal camino urlando, e gli piombò davanti. "Olà!" esclamò, "ce ne vuole ancora metà, così è troppo poco." Allora il rumore ricominciò, si udì strepitare e urlare, e anche la seconda metà cadde giù. "Aspetta," disse, "voglio attizzarti un po' il fuoco." Quando ebbe finito e si guardò nuovamente intorno, i due pezzi si erano riuniti e un omaccio orribile sedeva al suo posto. "Non intendevo dir questo," disse il giovane, "il banco è mio." L'uomo voleva respingerlo, ma il giovane non lo lasciò fare, lo spinse via con forza e si risedette di nuovo al suo posto. Allora caddero giù altri uomini che avevano nove stinchi e due teschi, li rizzarono e giocarono a birilli. Anche al giovane venne voglia di giocare e domandò: "Sentite, posso giocare anch'io?" - "Sì, se hai denaro." - "Di denaro ne ho a sufficienza" rispose "ma le vostre palle non sono ben rotonde." Allora egli prese i teschi, li mise sul tornio e li arrotondò. "Adesso rotoleranno meglio!" disse. "Olà, ora ci divertiremo!" Giocò e perse un po' di denaro, ma quando suonò mezzanotte tutto sparì davanti ai suoi occhi. Si distese e si addormentò tranquillamente. Il mattino dopo venne il re a informarsi: "Come ti è andata questa volta?" domandò. "Ho giocato a birilli" rispose "e ho perduto qualche soldo." - "Non ti è venuta la pelle d'oca?" - "macché‚" disse "me la sono spassata; se solo sapessi che cos'è la pelle d'oca!"

La terza notte sedette di nuovo al suo banco e diceva tutto malinconico: "Se mi venisse la pelle d'oca!" A notte inoltrata, giunsero sei omacci che portavano una cassa da morto. Allora egli disse: "Ah, ah, è sicuramente il mio cuginetto che è morto qualche giorno fa." Fece un cenno con il dito e gridò: "Vieni, cuginetto, vieni!" Misero la bara a terra, ma egli si avvicinò e tolse il coperchio: dentro c'era un morto. Gli toccò il viso, ma era freddo come il ghiaccio. "Aspetta," disse, "ti voglio riscaldare un po'." Andò al fuoco, si riscaldò la mano e gliela mise sul viso, ma il morto rimase freddo. Allora lo tirò fuori, si sedette davanti al fuoco, se lo prese sulle ginocchia e gli strofinò le braccia per riscaldarlo, Ma siccome anche questo non servì a nulla, gli venne un'idea: "Se due sono a letto insieme, si riscaldano." Lo portò a letto, lo coprì e gli si distese accanto. Dopo un po' anche il morto fu caldo e incominciò a muoversi. Allora il giovane disse: "Vedi, cuginetto, se non ti avessi scaldato!" Ma il morto prese a dire: "Adesso ti voglio strozzare." - "Cosa?" disse egli. "E' questa la mia ricompensa? Torna pure nella tua bara!" Lo sollevò, ce lo buttò dentro e chiuse il coperchio: ritornarono i sei uomini e lo portarono via. "Non mi vuol venire la pelle d'oca," egli disse, "qui non l'imparerò mai."

Allora entrò un uomo, che era più grosso di tutti gli altri e aveva un aspetto terribile; ma era vecchio e aveva una lunga barba bianca. "Oh tu, nanerottolo, imparerai presto che cos'è la pelle d'oca perché‚ devi morire." - "Non così in fretta!" egli rispose. "Per morire devo esserci anch'io." L'uomo disse: "Ti prenderò!" - "Piano, non darti tante arie; sono forte quanto te, e forse anche di più." - "Lo vedremo," disse il vecchio, "se sei forte più di me, ti lascerò andare; vieni, proviamo." Attraverso passaggi oscuri, lo condusse a una fucina, prese un'accetta e con un colpo sbatté‚ a terra un'incudine. "So fare di meglio," disse il giovane e andò all'altra incudine; il vecchio gli si mise accanto per vedere, con la barba bianca penzoloni. Il giovane afferrò allora l'accetta, con un colpo spaccò l'incudine e vi serrò dentro la barba del vecchio. "Ora ti ho in pugno!" disse il ragazzo. "Adesso tocca a te morire." Afferrò una sbarra di ferro e percosse il vecchio fino a che questi si mise a piagnucolare e lo pregò di smettere: gli avrebbe dato dei grossi tesori. Il giovane estrasse allora l'accetta e lasciò libero il vecchio che lo ricondusse al castello e gli mostrò in una cantina tre casse colme d'oro. "Di quest'oro," disse, "una parte è dei poveri, l'altra del re, la terza è tua." In quel momento suonò mezzanotte e lo spirito scomparve, sicché‚ il giovane si trovò al buio. "Me la caverò ugualmente," disse; a tastoni trovò il cammino che lo condusse alla sua stanza, dove si addormentò accanto al fuoco. Il mattino dopo venne il re e disse: "Ora avrai imparato che cos'è la pelle d'oca!" - "No," rispose, "che roba è questa? E' stato qui mio cugino morto ed è venuto un vecchio barbuto che mi ha mostrato molto denaro là sotto, ma che cosa sia la pelle d'oca non me l'ha insegnato nessuno." Il re disse: "Hai sciolto l'incantesimo del castello e sposerai mia figlia." - "Tutto questo va benissimo, ma io continuo a non sapere che cos'è la pelle d'oca."

L'oro fu portato su e si celebrarono le nozze, ma il giovane re, per quanto amasse la sua sposa e fosse felice con lei, diceva sempre: "Se mi venisse la pelle d'oca! Se mi venisse la pelle d'oca!" La sposa finì coll'infastidirsi. Allora la sua cameriera disse: "Ci penserò io: imparerà che cos'è la pelle d'oca!" Uscì e fece riempire un secchio di ghiozzi. Di notte, mentre il giovane re dormiva, sua moglie gli tolse la coperta e gli rovesciò addosso il secchio pieno di acqua gelata con i ghiozzi, cosicché‚ i pesciolini gli guizzarono intorno. Allora egli si svegliò e gridò: "Ah, che pelle d'oca, che pelle d'oca, moglie mia! Sì, ora so cos'è la pelle d'oca."

 

 
 
 

Rosabianca e rosarossa

Post n°846 pubblicato il 23 Agosto 2014 da giramondo595

Rosabianca e rosarossa
dei Fratelli Grimm.

C'era una volta una povera vedova, che viveva sola nella sua capannuccia, e davanti alla capanna c'era un giardino con due piccoli rosai; l'uno portava rose bianche, l'altro rose rosse. E la donna aveva due bambine, che somigliavano ai due rosai: l'una si chiamava Rosabianca, l'altra Rosarossa.
Erano così buone e pie, diligenti e laboriose, come al mondo non se n'è mai viste; soltanto, Rosabianca era piu' silenziosa e piu' dolce di Rosarossa. Rosarossa preferiva correre per campi e prati, coglier fiori e prendere farfalle; Rosabianca se ne stava a casa con la mamma, l'aiutava nelle faccende domestiche, o, se non c'era niente da fare, le leggeva qualcosa ad alta voce. Le due bambine si amavano tanto, che si prendevano per mano tutte le volte che uscivano insieme; e se Rosabianca diceva:

- Non ci separeremo mai! - rispondeva Rosarossa:
- No, mai, per tutta la vita! - e la madre soggiungeva: - Quel che è dell'una, dev'esser dell'altra -.
Spesso le due bambine andavan sole per il bosco a raccoglier bacche rosse; gli animali non facevan loro alcun male, ma si avvicinavano fiduciosi: il leprotto mangiava una foglia di cavolo dalle loro mani, il capriolo pascolava al loro fianco, il cervo saltava allegramente li vicino, e gli uccelli restavano sui rami e cantavano tutte le loro canzoni. Alle due sorelle non capitava nulla di male: quando si erano attardate nel bosco, e le sorprendeva la notte,si coricavano sul muschio, l'una accanto all'altra, e dormivano fino alla mattina. La mamma lo sapeva e non stava mai in pensiero.
Una volta, che avevano pernottato nel bosco, quando l'aurora le svegliò, videro un bel bambino seduto accanto a loro, con un bianco vestito scintillante. Il bimbo si alzò e le guardò amorevolmente, ma non disse nulla e s'addentrò nel bosco. E quando si guardarono intorno, s'accorsero di aver dormito sull'orlo di un abisso, dove sarebbero certo cadute se avessero fatto altri due passi al buio. Ma la mamma disse che certo quello era l'angelo che veglia sui bambini buoni.

Rosabianca e Rosarossa tenevan così' pulita la capannuccia della madre, che era una gioia vederla. D'estate Rosarossa sbrigava faccende di casa e ogni mattina, prima che la mamma si svegliasse le metteva vicino al letto un mazzo di fiori, con due rose dei due alberelli. D'inverno Rosabianca accendeva il fuoco e appendeva paìolo; il paiolo era d'ottone, ma brillava come oro, tant'era lustro. La sera, quando nevicava, la mamma diceva:
- Va', Rosabianca metti il catenaccio -. Poi sedevano accanto al focolare, la mamma prendeva gli occhiali e leggeva ad alta voce un librone; e le due fanciulle stavano a sentire, filando; per terra, accanto a loro, e sdraiato un agnellino, e dietro, su un bastone, c'era un piccioncino bianco con la testa nascosta sotto l'ala.
Una sera, mentre se ne stavano tutt'è due insieme, qualcuno bussò alla porta, come se volesse entrare. La madre disse:
- Svelta, Rosarossa, apri: sarà un viandante che cerca ricovero-.
Rosarossa andò a levare il catenaccio e pensava che fosse un povero; ma invece era un orso, che sporse dall'uscio la sua grossa testa nera. Rosarossa strillò e fece un salto indietro, l'agnellino belò, il piccioncino svolazzò, e Rosabianca si nascose dietro il letto della mamma. Ma l'orso si mise a parlare e disse:
- Non abbiate paura, non vi farò niente di male; sono mezzo gelato e voglio soltanto scaldarmi un po' con voi.
- Povero orso, - disse la madre, - mettiti vicino al fuoco e bada soltanto di non bruciarti il pelo -. Poi gridò: - Rosabianca, Rosarossa, venite fuori! L'orso non vi farà niente, non ha cattive intenzioni .
Allora s'avvicinarono entrambe; e a poco a poco si accostarono anche l'agnellino e il piccioncino, e non ne avevano più paura.

L'orso disse: - Bambine, scuotetemi un po' di neve dalla pelliccia! -
ed esse andarono a prender la scopa e gli spazzarono il pelo; e l'orso si sdraiò accanto al fuoco, e mugolava, contento e soddisfatto.
Non andò molto che fecero amicizia, e le bimbe si misero a fare il chiasso con l'ospite maldestro. Gli tiravano il pelo con le mani, gli mettevano i piedini sulla schiena e lo spingevano di qua e di là; o prendevano una verga di nocciolo e lo picchiavano, e quando mugolava ridevano. L'orso s'adattava a tutto; soltanto, quando passavano il segno, gridava:

- Lasciatemi vivere, bambine! O Rosabianca, e tu, Rosarossa, al pretendente scavi la fossa.

Quando fu tempo di dormire e le bimbe andarono a letto, la madre disse all'orso;
- Resta qui, accanto al fuoco, in santa pace: cosi sei protetto dal freddo e dal brutto tempo .
Appena albeggiò, le due bambine lo fecero uscire ed egli entrò nel bosco, trottando sulla neve.
E poi, tornò ogni sera, alla stessa ora: si sdraiava accanto al focolare e permetteva alle bambine di prendersi spasso di lui fin che volevano; ed esse ci si erano così abituate, che non mettevano il catenaccio prima che fosse arrivato il loro nero amico.
Quando giunse la primavera e fuori era tutto verde, una mattino l'orso disse a Rosabianca:
- Adesso devo andar via, e per tutta l'estate non posso più tornare.
- Dove vai dunque, caro orso? - domandò Rosabianca.
- Devo andare nel bosco a difendere i miei tesori dai cattivi nani:d'inverno, quando la terra è gelata, devono stare sotto e non possono farsi strada, ma adesso che il sole ha sgelato e riscaldato la terra, l'aprono a forza, risalgono, frugano e rubano. Quel che finisce nelle loro mani, nascosto nelle loro caverne non torna tanto facilmente alla luce -.
Rosabianca era tutta triste per quell'addio; e quando gli aprì la porta, l'orso, passando in fretta, restò attaccato all'arpione e gli si lacerò un pezzo di pelle; a Rosabianca parve che ne trasparisse dell'oro, ma non ne fu ben sicura. L'orso corse via in fretta e ben presto sparì dietro gli alberi.
Dopo qualche tempo, la madre mandò le bambine nel bosco a coglier la stipa. Fuori videro, disteso al suolo, un grande albero, era stato abbattuto, e presso il tronco, nell'erba, qualcosa saltava su e giù, ma non potevano distinguere cosa fosse. Avvicinandosi, videro un nano con una vecchia faccia grinzosa e una candida barba lunga un braccio. La punta della barba era incastrata in una fessura dell'albero e il nano saltava di qua e di là, come un cagnolino al guinzaglio, e non sapeva come cavarsela. Egli fissò le fanciulle sbarrando i suoi rossi occhi di fuoco, e strillò:
- Cosa state a fare non potete avvicinarvi e darmi una mano?
- Cos'hai fatto, omino? - domandò Rosarossa.
- Stupida curiosaccia, - rispose il nano - volevo spaccar l'albero, per avere legna minuta in cucina; i ceppi grossi quei due bocconcini che occorrono a noialtri bruciano subito; noi non buttiamo mica giù tanta roba come voi, ingordi zoticoni! Ero già riuscito a ficcarci il cuneo, e tutto mi sarebbe andato benone; ma quel maledetto pezzo di legno era troppo liscio e saltò fuori all'improvviso, e l'albero si richiuse così in fretta, che non ho più potuto tirar fuori la mia bella barba bianca: adesso è lì dentro, e io non posso andarmene. Guarda come ridono quelle due poppanti! stupide facce pelate! Puh, come siete brutte! -
Le bambine ci si misero d'impegno, ma non riuscirono a tirar fuori la barba: era troppo ben incastrata.
- Correrò a chiamar gente! -disse Rosarossa.
- Stupide pazze, - squittì il nano, - non ci mancherebbe altro! Siete gia troppe in due: non avete niente di meglio da inventare?
- Non essere impaziente! - disse Rosabianca - ci penserò io -.
Trasse di tasca le sue forbicine e gli tagliò la punta della barba. Appena il nano si senti libero, afferrò un sacco pieno d'oro, che era nascosto fra le radici dell'albero, lo tirò fuori, borbottando:
- Che villanzone, tagliarmi un pezzo della mia magnifica barba! Il diavolo vi porti! -
Si gettò il sacco sulle spalle e se ne andò, senza neanche voltarsi a guardarle.
Dopo qualche tempo, Rosabianca e Rosarossa pensarono di andarsi a pescare con la lenza un bel piatto di pesce. Quando furono vìcino al ruscello videro qualcosa che somigliava a una grossa cavalletta saltellar verso l'acqua, come se volesse buttarcisi. Accorsero e conobbero il nano.

- Dove vuoi andare? - disse Rosarossa: - non vuoi mica gettarti in acqua?
- Non sono così pazzo! -strillò il nano - Non vedete? quel maledetto pesce vuol tirarmi dentro! - L'omino si era seduto a pescare, e disgraziatamente, per il vento, la barba gli si era intricata con la lenza; subito dopo abboccò un grosso pesce e la debole creatura non riuscì a sollevarlo. Il pesce aveva il sopravvento e trascinava giù il nano. Certo, egli si teneva a tutti gli steli e ai giunchi, ma serviva a ben poco: doveva seguire i movimenti del pesce e rischiava continuamente d'esser tirato in acqua.
Le fanciulle erano arrivate in tempo, lo tennero fermo e cercarono di districar la barba dalla lenza, ma invano: barba e lenza erano strettamente aggrovigliate. Non restò che tirar fuori le forbicine e tagliar la barba, sacrificandone un pezzettino.
A quella vista, il nano si mise a strillare: - E' questa, brutti rospi, la maniera di sconciar la faccia a un individuo? Non bastava avermi spuntato la barba, adesso me ne tagliate via la parte più bella! Non posso più farmi veder dai miei! Possa vedervi correre, senza più suole ai piedi! -
Poi andò a prendere un sacco di perle, nel canneto, e, senza più dir parola, se lo trascinò via e scomparve dietro una pietra.
Or avvenne che, poco tempo dopo, la madre mandò le due bambine in città a comprar filo, aghi, stringhe e fettuccia. La strada le condusse attraverso una piana, sparsa di grossi macigni. Là videro un grande uccello librarsi nell'aria, roteare lentamente sulle loro teste, poi calar sempre più basso, finché atterrò poco lontano, presso una rupe. Subito dopo udirono uno strillo acuto e doloroso. Accorsero, e videro con terrore che l'aquila aveva ghermito il loro vecchio conoscente, il nano, e stava per portarlo via. Le bimbe pietose tennero stretto l'omino; e tira di qua, tira di là, alla fine l'aquila dovette abbandonar la sua preda.
Quando il nano si fu riavuto dal primo spavento, gridò con la sua voce stridula:
- Non potevate trattarmi con più riguardo? Avete tirato tanto il mio giubbetto sottile che adesso è tutto lacero e bucato, sciattone e balorde che siete.
Poi prese un sacco di pietre preziose e si cacciò di nuovo nella tana, sotto le rupi. Le fanciulle erano già avvezze alla sua ingratitudine, proseguirono il cammino e sbrigarono le loro faccende in città.
Al ritorno, ripassando per la piana, sorpresero il nano, che aveva rovesciato il suo sacco di pietre preziose in un bel posticino senza pensare che a ora così tarda potesse ancora venir qualcuno.
Il sole al tramonto batteva sulle splendide gemme, che scintillavano e sfolgoravano in mille colori, così meravigliosamente che le bambine si fermarono a guardarle.

- Cosa fate lì, a bocca aperta- strillò il nano, e la sua faccia color della cenere diventò paonazza dalla collera.
Stava per lanciare altre ingiurie, quando si udì un cupo brontolio, e un orso nero uscì trottando dal bosco.
Il nano balzò in piedi, atterrito, ma non poté più raggiungere il suo nascondiglio: l'orso era già li. Allora gridò affannosamente:
- Caro signor orso, risparmiatemi! Vi darò tutti i miei tesori! guardate, belle pietre preziose! Fatemi grazia, che v'importa di un piccolo striminzito come me? Non mi sentite neanche sotto i denti! Prendete piuttosto quelle due malnate ragazze, per voi son bocconi prelibati, grasse come giovani quaglie! mangiate quelle, in nome di Dio!
L'orso non badò alle sue parole, non gli dette che una zampata, e quel malvagio non si mosse più.
Le fanciulle eran scappate via, ma l'orso le chiamò, gridando:
-Rosabianca, Rosarossa, non abbiate paura! aspettate, vengo con voi-.
Allora esse riconobbero la sua voce e si fermarono; e quando la bestia le raggiunse, la pelle d'orso cadde all'improvviso, ed ecco, egli era un bel giovane tutto vestito d'oro.
- Sono il figlio di un re - disse - e il perfido nano, che aveva rubato i miei tesori, mi aveva stregato e dovevo correr per il bosco sotto forma d'orso selvaggio, finché la sua morte non mi avesse liberato. E così egli ha avuto il meritato castigo.

Rosabianca sposò il principe, e Rosarossa suo fratello, e si spartirono quei gran tesori che il nano aveva ammassato nella sua caverna. La vecchia madre visse ancora molti anni presso le figlie, tranquilla e felice. Ma portò con sé i due rosai, che davanti alla sua finestra davano ogni anno le più belle rose, bianche e rosse.

 

 
 
 

In giro per l' Italia nei borghi dal nome inconsueto 2

Post n°845 pubblicato il 22 Agosto 2014 da giramondo595

Continua il nostro curioso tour. Oggi andremo alla scoperta di Scansorosciate in provincia di Bergamo. Dalla Puglia siamo giunti in Lombardia.

Scanzorosciate (Scans in dialetto bergamasco) è un comune italiano di 10.018 abitanti della provincia di Bergamo, in Lombardia. Situato sulle prime propaggini collinari delle Alpi Orobie, dista 7 km dal capoluogo orobico. Nato nel 1927 in seguito alla fusione dei comuni di Scanzo e Rosciate, comprende sul proprio territorio cinque frazioni, legate ognuna ad una diversa parrocchia: Scanzo (Parrocchia di San Pietro e Paolo); Rosciate (Parrocchia di Santa Maria Assunta); San Pantaleone con Negrone, Piazzolo e Celinate (Parrocchia di San Pantaleone e San Nicola); Tribulina con Niccoloni (Parrocchia di San Giovanni nei Boschi) e Gavarno Vescovado (Parrocchia Santissima Trinità).

CENNI STORICI


Intorno al 400 a.C. il popolo dei Celti si insediò nel territorio di Scanzo e nelle zone limitrofe formando delle piccole comunità.
Sull'origine del borgo di Rosciate vi sono differenti teorie: per alcuni è di origine celtica, come anche il nome, per altri è di origine gentilizia.
Scanzo è di origine romana. Infatti nel terzo secolo a.C. la popolazione celtica iniziò a subire la pressione dei romani che estendevano i loro domini dal sud verso il nord della penisola, consolidando con il tempo la supremazia sul territorio e organizzandosi dal punto di vista politico.
Nel V secolo l'Impero di Occidente subì l'invasione dei barbari di Alarico.
Il borgo romano di Scanzorosciate fu completamente distrutto e gli abitanti si rifugiarono nella rocca sul Monte Bastia: non esiste alcun documento in base al quale stabilire per quanto tempo gli abitanti di Scanzo vissero nella rocca, ma è certo che , nel VII secolo, Scanzo divenne un' entità autonoma.
Nel 568 con la discesa del popolo longobardo in Italia gli abitanti di Scanzo lasciarono il Monte Bastia per insediarsi in una nuova zona pianeggiante, dove fondarono un nuovo borgo.
Nei secoli XI-XII si affermò quale ordinamento politico il Comune, istituzione che nei due secoli successivi lasciò il posto alla Signoria: in tale periodo il territorio di Scanzo e dei paesi vicini fu teatro di aspre lotte tra Guelfi e Ghibellini, contrapposizione che mascherava interessi all'interno delle città e dei paesi.
Nei secoli XV e XVI il territorio venne occupato dalla Repubblica di Venezia. Durante tale periodo si diffusero, accanto all'attività agricola, attività diversequali l'artigianato e l'esercizio delle libere professioni.
Verso la fine del 1600 si verificarono nel territorio nel territorio bergamasco un'epidemia di peste ed una carestia di gravi proporzioni. Dopo anni di sofferenze e di fame iniziò la rinascita con un cambiamento del sistema agrario che ebbe ripercussioni anche sul territorio di Scanzo.
Accanto alla coltivazione della vite vennero introdotte nuove colture (mais, gelso) che consentirono un miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti.
Nel 1659 Scanzo e Rosciate si divisero amministrativamente e così rimasero fino al 1927.
Nel 1796 la discesa di Napoleone in Italia comportò la fine del dominio veneziano;Bergamo e la provincia entrarono a far parte della Repubblica Cisalpina.
Con il Congresso di Vienna del 1815 la Lombardia fu inserita nell'Impero Austriaco ed infine, dopo la seconda guerra di Indipendenza, nel Regno d'Italia.
Nel 1864 a Scanzo il conte Piccinelli iniziò i primi esperimenti per la produzione del cemento compiendo i primi passi che portarono alla creazione dell'industria
Italcementi.
Con tale iniziativa si avviò anche la trasformazione dell'economia del territorio da agricola ad industriale.


ITINERARIO STORICO-ARTISTICO

PARROCCHIA DI SAN PIETRO APOSTOLO IN SCANZO
La vecchia chiesa (1750), opera in Barocchetto Lombardo con influenze Roccocò, dell'architetto G.B. Caniana, sorge in parte sulla precedente chiesa gotica (XIV) ad abside quadrata del periodo Cistercense. Affreschi e tele di Vincenzo e Angelo Orelli, di Andrea Talpino detto il Salmeggia (consegna delle chiavi a S.Pietro) e Raggi (caduta di Simon Mago). Notevole il Dio Padre di Palma il Giovane e la statua della Madonna del Rosario di Giacomo Fantoni (primo altare di destra).
La nuova chiesa (1938) su progetto dell' ing. Fornoni, insiste sull'area ricavata dalla demolizione degli edifici di Proprietà dei Martinengo. Opera moderna a croce greca, in unica navata. Affreschi di Trento Longaretti.

PARROCCHIA DI SANTA MARIA ASSUNTA IN ROSCIATE
L'attuale Chiesa (1841) in architettura neoclassica, ad unica aula, con accenni neo rinascimentali e neo barocchi, è sorta a fianco dell' antica chiesa cinquecentesca, con resti di una precedente costruzione del XI secolo. Tela di Gianpaolo Cavagna (l'Assunzione), di Antonio Cifrondi (L'ultima cena e Il miracolo di Cana) e di Battista Epis (Gesù al Tempio e la cacciata dal Paradiso terrestre). Affreschi di Giuseppe e Battista Epis.

PARROCCHIA DI SAN PANTALEONE IN VALBONA DI NEGRONE
Chiesa del XV secolo, sorta sopra l'antico romito (XI-XIII), del quale resta solo la volta superiore dell'abside. Struttura romanica ad unica navata, con un portico rinascimentale.
Tele di Francesco Zucco (Madonna in gloria con Bambino, Santi Paolo e Francesco d'Assisi), Andrea Talpino detto il Salmeggia (L'Annunciazione ) datata 1613 e del figlio Francesco.
Interessanti le tele seicentesche di scuola veneta illustranti i miracoli del Santo.

PARROCCHIA DI SAN GIOVANNI DEI BOSCHI ALLA TRIBULINA
L'attuale chiesa (interno neogotico) è del secolo scorso (1913), realizzata in sostituzione dell'antica chiesa Dei Boschi (XVII), i cui ruderi si trovano ancora ai piedi della collina (località Boi).
Tela seicentesca di scuola veneta (La Sacra Famiglia), La Pietà (XVI) attribuita a Luca Cambiaso.
Interessanti sono le tele nella sacrestia di Pier Martini (S.Francesco in preghiera) e la Deposizione (opera manieristica di autore ignoto).

PARROCCHIA DELLA SS.TRINITA' IN GAVARNO VESCOVADO (CASTELLO)
Rocca medievale e sede estiva (XVII) dei Vescovi di Bergamo. La chiesa è il frutto di tre interventi (XVI visita S.Carlo Borromeo, 1687 Vescovo Daniele Giustiniani, 1725 Cardinal Priuli). L'attuale linea neoclasica della facciata risale al 1803. Interno ad unica navata di tipo borrominiano.
Tele di Antonio Cifrondi (XVII - Disputa di Gesù con i dottori del Tempio, Lavanda dei piedi e Il sogno di Giacobbe). Interessante la tela di scuola del Tintoretto posta nella sacrestia (Il giudizio di Caifa).
Nel vicino cimitero è sepolto il noto direttore d'orchestra Victor de Sabata.

Il Monte Bastia è una zona di produzione del Moscato di Scanzo. Il lavoro dell'uomo ha sottratto alla collina piuttosto impervia dei fazzoletti di terra dove si producono uve dalle rese basse e vini molto aromatici. Si sale a livello del rondò di Scanzo imboccando la stradina asfaltata che sale tra i vigneti e dove si possono incontrare tre aziende agricole che producono il Moscato di Scanzo. Nei pressi della cascina "Berlendesa" si può parcheggiare l'automobile e salire per una ripida scaletta costruita dagli Alpini con travi di ferrovia. In pochi minuti si raggiunge la cappella degli alpini e da lì si può godere il panorama della pianura sottostante e del paese. L'area è attrezzata per pic-nic (inaugurati nel 2004, dall'Amministrazione Alborghetti, le cucine e i servizi igienici). Nelle domeniche primaverili ed estive funziona anche il servizio "Ristoro" a cura della A.N.A. di Scanzorosciate.
Dalla Chiesetta degli Alpini si può proseguire a piedi lungo il sentiero non asfaltato fino a raggiungere Via Pomarolo in Tribulina.

IL MOSCATO DI SCANZO
Stando alla tradizione, le prime notizie sul Moscato di Scanzo risalgono alla conquista romana del territorio scanzese. Il primo documento storico risale al 27 gennaio 1398: in tale anno i guelfi assalirono Scanzo depredandolo di numerosi carri di moscatello. Da questa notizia si desume che l'economia scanzese già da quel tempo era basata sulla coltivazione della vite, con risultati qualitativi notevoli. Infatti del secolo scorso il Moscato di Scanzo era apprezzato già a livello europeo tanto che arrivò alla corte degli Zar e al mercato di Londra, dove nel 1850 venne quotato una ghinea alla bottiglia, quotazione altissima in quanto nessun vino era valutato così tanto sullo stesso mercato. Le notizie sopra esposte stanno ad indicare che la vite, da cui si ricava il Moscato di Scanzo, è di origine endemica, cioè una pianta locale nata e coltivata fino ai giorni nostri dai vignaioli di Scanzo. Le tecniche di vinificazione si sono perfezionante nei secoli, soprattutto nell'Ottocento con l'introduzione della tecnica dell'appassimento delle uve, metodo importato dagli inglesi in Italia, Spagna e Portogallo contemporaneamente


Da ciò si comprende il motivo della sua quotazione al mercato di Londra.
Oggi la tradizione del Moscato di Scanzo è continuata dai viticoltori scanzesi, che si sono associati per garantire la qualità del prodotto e per migliorarlo attraverso sistemi che offrono risultati più garantiti in quanto frutto di esperienze collettive.
Nella prima edizione del concorso Basgiot d'Argento è stato premiato come il miglior moscato passito della bergamasco. È un vino passito dal colore rosso rubino intenso, con profumi, fruttati e speziati su cui predominano la rosa appassita, il miele d'acacia e il sottobosco. Si può altresì degustare una profumatissima grappa ottenuta dalla distillazione delle vinacce.
È stato riconosciuto come D.O.C. nell'ambito del Valcalepio con Decreto Ministeriale del 2 agosto 1993.

 

 
 
 

La madre degli imbecilli e dei vandali è sempre incinta..

Post n°844 pubblicato il 21 Agosto 2014 da giramondo595

Leggete cosa è accaduto a Roma qualche giorno fa, e scrivete la vostra

Colosseo: incidono il loro nome su un pilastro, denunciati due turisti


ROMA - Con una moneta, stavano incidendo il loro nome su uno dei pilastri del Colosseo per rendere "eterna" la loro visita nella Capitale. Sono finiti nei guai così due giovani turisti, lui olandese di 25 anni, lei tedesca di 26 anni, scoperti dal personale di vigilanza dell'Anfiteatro Flavio mentre stavano cesellando il graffito. E' scattata immediata la telefonata al "112" e i Carabinieri della Stazione Roma piazza Dante hanno provveduto a denunciare a piede libero i due vandali con l'accusa di «Deturpamento e imbrattamento su cose di interesse artistico».

Considerazione finale: Io non conosco le consuetudini olandesi in fatto di tutela del patrimonio artistico, pertanto posso supporre che nella tollerante Olanda, lo siano anche in questo..cioè che ogni cittadino possa liberamente vandalizzare qualsiasi monumento della propria nazione. Ma posso assicurare per esperienza diretta che nella civilissima Germania, basta che un turista che entra nelle chiese oltrepassi la famosa transenna solo per osservare meglio un dipinto o qualche particolare è subito mal visto, ed allontanato dalla chiesa in malo modo. Pertanto mi chiedo cosa sia saltato nella testolina di questa turista, una persona abituata a delle regole rigide per pensare di compiere inpunemente un simile gesto. Permettemi di gridare a squarcia gola VERGOGNA a questi pseudo turisti e di ringraziare i custodi dell' anfiteatro flavio

 
 
 

Consigli dalla benerita arma dei carabinieri

Post n°843 pubblicato il 20 Agosto 2014 da giramondo595

Amici animali
Notizie di maltrattamento ed incuria di animali sono segnalate di frequente dai mass media e dalle associazioni animaliste, mentre casi di abbandono di cani aumentano soprattutto in prossimità dell'estate ed innumerevoli sono quelli di violenza e di addestramento di determinate razze alla lotta cruenta per l'alimentazione delle scommesse clandestine.

Interventi legislativi successivi, fino alla legge 20 luglio 2004 n. 189 ed alla Ordinanza del 27 agosto 2004 del Ministero della Salute, hanno concretizzato una puntuale disciplina concernente il divieto di maltrattamento degli animali ed il loro impiego in combattimenti clandestini od in competizioni non autorizzate, nonché la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressività di alcune razze canine, mentre l'art. 727 del codice penale, anch'esso mutato da tali interventi legislativi, ora si occupa dell'abbandono di animali e della inadeguata detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura.
Se avete notizie di maltrattamenti di animali fate una denuncia o segnalate il caso al comando stazione Carabinieri più vicino.
Doveri dei proprietari di cani
Vi riportiamo alcune indicazioni generali e suggerimenti utili per i proprietari di cani in merito alla detenzione, all'obbligo di registrazione all'anagrafe canina, al trasporto ed ai comportamenti da tenere in caso di smarrimento degli stessi.
Dovete iscrivere il vostro animale all'anagrafe canina gestita dal Servizio Veterinario dell'A.S.L. competente per territorio. Entro quattro mesi dall'iscrizione all'anagrafe canina è obbligatorio sottoporre l'animale alle operazioni di tatuaggio sempre a cura del Servizio Veterinario. Il tatuaggio è obbligatorio per legge, è un segno di riconoscimento indispensabile e garantisce l'immediata identificazione del cane in caso di smarrimento. E' consigliabile dotare il cane di un collare con una medaglietta con l'incisione dei dati identificativi e del recapito telefonico del proprietario.
Dovete segnalare all'anagrafe canina, dove l'animale è registrato, qualsiasi variazione dovuta a smarrimento, cessione definitiva, cambiamento di residenza o morte.
Se tenete il cane all'aperto, è consigliabile destinargli un adeguato ricovero costruito con materiale isolante ed impermeabilizzato in uno spazio di opportuna ampiezza e di condizioni igieniche idonee. Se è indispensabile la detenzione alla catena per motivi di sicurezza, dovete garantirgli la possibilità di movimento con una fune di una certa lunghezza.
Dovete fornirgli una alimentazione quotidiana adeguata all'età e alle condizioni fisiologiche

Potete effettuare la limitazione di cucciolate indesiderate solo tramite pratiche veterinarie di contenimento delle nascite.
Rispettate le aree dove è vietato l'ingresso ai cani, come supermercati, ospedali, cinema, etc.
Ricordate che i regolamenti comunali stabiliscono precise norme di comportamento per provvedere all'immediata rimozione di residui organici (apposita paletta a sacco).
Con la pubblicazione della legge 20 luglio 2004 n. 189 sulla "Gazzetta Ufficiale" del 31 luglio 2004 è stato inserito nel codice penale un apposito titolo, il IX bis, relativo ai "delitti contro il sentimento per gli animali", dove vengono definite delle specifiche condotte illegali. In particolare, vengono inseriti gli artt. dal 544-bis al 544-quinquies e modificato il 727 del codice penale, che si occupa ora solo dell'abbandono e della mal custodia degli animali. Vengono quindi sanzionati:
l'uccisione di animali per crudeltà o senza necessità (544-bis);
il maltrattamento di animali quando per crudeltà o senza necessità gli si cagiona una lesione, o si sottopongono a sevizie, fatiche o lavori insopportabili per le loro caratteristiche etologiche (544-ter);
l'utilizzo di animali in spettacoli o manifestazioni vietati dove vengono operate sevizie, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, prevedendo specifica aggravante se il fatto è commesso nell'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto o si verifica la morte dell'animale (544-quater);
il combattimento o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica, perseguendo sia chi li promuove, organizza e dirige, sia chi li alleva o li addestra per tali fini ed il proprietario, in forma aggravata, se consenziente (544-quinquies);
l'abbandono di animali domestici o che abbiano acquisito abitudini alla cattività, nonché la loro detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura (nuova formulazione dell'art. 727 c.p.).
Viene inoltre vietato l'utilizzo di cani e gatti per la produzione od il confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento ed articoli di pelletteria costituiti od ottenuti in tutto o in parte dalle pelli o pellicce dei medesimi, nonché commercializzare o introdurre le stesse nel territorio nazionale.
Esistono delle regole precise per il trasporto degli animali in viaggio stabilite dal Decreto Ministeriale del 10 aprile 1969 sulla "Disciplina sanitaria per l'importazione, l'esportazione ed il transito degli animali a seguito dei viaggiatori". In sintesi:
in auto, per trasportare un solo animale (cane o gatto) occorre sistemarlo nella parte posteriore della vettura anche senza la rete divisoria che in questo caso non è obbligatoria ma è sempre consigliabile. Se si trasportano due o più animali, invece, questa si deve installare oppure occorre tenere gli animali negli appositi "trasportini";
in treno ;
in aereo, i regolamenti per il trasporto degli animali ed il costo relativo variano a seconda delle compagnie aeree. I cani guida per non vedenti vengono imbarcati con il passeggero purché muniti di museruola e guinzaglio.
Dal 1° ottobre 2004 è entrata in vigore la nuova normativa sanitaria dell'Unione Europea che disciplina la movimentazione tra i Paesi membri dell'Unione europea dei cani, gatti e furetti, nonché l'introduzione e la reintroduzione di tali animali, provenienti da Paesi Terzi, nel territorio comunitario. La nuova normativa riguarda la movimentazione, senza alcun fine commerciale, degli animali accompagnati dal loro proprietario o da una persona fisica che ne assume la responsabilità per conto del proprietario durante il movimento.
Cani, gatti e furetti che viaggiano dall'Italia verso uno Stato membro dell'Unione europea, diverso dalla Gran Bretagna, Irlanda, Svezia e Malta, devono essere muniti del passaporto comunitario individuato dalla decisione 2003/803/CE della Commissione del 26 novembre 2003 e identificati tramite un tatuaggio chiaramente leggibile o un microchip in relazione a quanto previsto dalla normativa nazionale del Paese. Il passaporto, rilasciato dal Servizio Veterinario Ufficiale, deve attestare l'esecuzione della vaccinazione antirabbica e, se del caso, di una nuova vaccinazione antirabbica in corso di validità. Inoltre, per la movimentazione verso la Finlandia è necessario il trattamento preventivo per l'echinococco.
Se il movimento avviene verso la Gran Bretagna, l'Irlanda, la Svezia e Malta, gli animali devono essere muniti del passaporto comunitario individuato dalla decisione 2003/803/CEE del 26 novembre 2003 e identificati esclusivamente tramite un microchip. Nel passaporto deve essere attestata, da parte del veterinario ufficiale o autorizzato dall'Autorità competente, l'esecuzione della vaccinazione nei confronti della rabbia e, se del caso, di una nuova vaccinazione in corso di validità, nonché dell'esame del sangue da cui risultino anticorpi neutralizzanti nei confronti del virus contro la rabbia. In questi Paesi è vietato introdurre cani e gatti di età inferiore ai tre mesi

Interventi legislativi successivi, fino alla legge 20 luglio 2004 n. 189 ed alla Ordinanza del 27 agosto 2004 del Ministero della Salute, hanno concretizzato una puntuale disciplina concernente il divieto di maltrattamento degli animali ed il loro impiego in combattimenti clandestini od in competizioni non autorizzate, nonché la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressività di alcune razze canine, mentre l'art. 727 del codice penale, anch'esso mutato da tali interventi legislativi, ora si occupa dell'abbandono di animali e della inadeguata detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura.
Se avete notizie di maltrattamenti di animali fate una denuncia o segnalate il caso al comando stazione Carabinieri più vicino.
Doveri dei proprietari di cani
Vi riportiamo alcune indicazioni generali e suggerimenti utili per i proprietari di cani in merito alla detenzione, all'obbligo di registrazione all'anagrafe canina, al trasporto ed ai comportamenti da tenere in caso di smarrimento degli stessi.
Dovete iscrivere il vostro animale all'anagrafe canina gestita dal Servizio Veterinario dell'A.S.L. competente per territorio. Entro quattro mesi dall'iscrizione all'anagrafe canina è obbligatorio sottoporre l'animale alle operazioni di tatuaggio sempre a cura del Servizio Veterinario. Il tatuaggio è obbligatorio per legge, è un segno di riconoscimento indispensabile e garantisce l'immediata identificazione del cane in caso di smarrimento. E' consigliabile dotare il cane di un collare con una medaglietta con l'incisione dei dati identificativi e del recapito telefonico del proprietario.
Dovete segnalare all'anagrafe canina, dove l'animale è registrato, qualsiasi variazione dovuta a smarrimento, cessione definitiva, cambiamento di residenza o morte.
Se tenete il cane all'aperto, è consigliabile destinargli un adeguato ricovero costruito con materiale isolante ed impermeabilizzato in uno spazio di opportuna ampiezza e di condizioni igieniche idonee. Se è indispensabile la detenzione alla catena per motivi di sicurezza, dovete garantirgli la possibilità di movimento con una fune di una certa lunghezza.
Dovete fornirgli una alimentazione quotidiana adeguata all'età e alle condizioni
fisiologiche.

Potete effettuare la limitazione di cucciolate indesiderate solo tramite pratiche veterinarie di contenimento delle nascite.
Rispettate le aree dove è vietato l'ingresso ai cani, come supermercati, ospedali, cinema, etc.
Ricordate che i regolamenti comunali stabiliscono precise norme di comportamento per provvedere all'immediata rimozione di residui organici (apposita paletta a sacco).
Con la pubblicazione della legge 20 luglio 2004 n. 189 sulla "Gazzetta Ufficiale" del 31 luglio 2004 è stato inserito nel codice penale un apposito titolo, il IX bis, relativo ai "delitti contro il sentimento per gli animali", dove vengono definite delle specifiche condotte illegali. In particolare, vengono inseriti gli artt. dal 544-bis al 544-quinquies e modificato il 727 del codice penale, che si occupa ora solo dell'abbandono e della mal custodia degli animali. Vengono quindi sanzionati:
l'uccisione di animali per crudeltà o senza necessità (544-bis);
il maltrattamento di animali quando per crudeltà o senza necessità gli si cagiona una lesione, o si sottopongono a sevizie, fatiche o lavori insopportabili per le loro caratteristiche etologiche (544-ter);
l'utilizzo di animali in spettacoli o manifestazioni vietati dove vengono operate sevizie, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, prevedendo specifica aggravante se il fatto è commesso nell'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto o si verifica la morte dell'animale (544-quater);
il combattimento o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica, perseguendo sia chi li promuove, organizza e dirige, sia chi li alleva o li addestra per tali fini ed il proprietario, in forma aggravata, se consenziente (544-quinquies);
l'abbandono di animali domestici o che abbiano acquisito abitudini alla cattività, nonché la loro detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura (nuova formulazione dell'art. 727 c.p.).
Viene inoltre vietato l'utilizzo di cani e gatti per la produzione od il confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento ed articoli di pelletteria costituiti od ottenuti in tutto o in parte dalle pelli o pellicce dei medesimi, nonché commercializzare o introdurre le stesse nel territorio nazionale.
Esistono delle regole precise per il trasporto degli animali in viaggio stabilite dal Decreto Ministeriale del 10 aprile 1969 sulla "Disciplina sanitaria per l'importazione, l'esportazione ed il transito degli animali a seguito dei viaggiatori". In sintesi:
in auto, per trasportare un solo animale (cane o gatto) occorre sistemarlo nella parte posteriore della vettura anche senza la rete divisoria che in questo caso non è obbligatoria ma è sempre consigliabile. Se si trasportano due o più animali, invece, questa si deve installare oppure occorre tenere gli animali negli appositi "trasportini";
in treno ;
in aereo, i regolamenti per il trasporto degli animali ed il costo relativo variano a seconda delle compagnie aeree. I cani guida per non vedenti vengono imbarcati con il passeggero purché muniti di museruola e guinzaglio.
Dal 1° ottobre 2004 è entrata in vigore la nuova normativa sanitaria dell'Unione Europea che disciplina la movimentazione tra i Paesi membri dell'Unione europea dei cani, gatti e furetti, nonché l'introduzione e la reintroduzione di tali animali, provenienti da Paesi Terzi, nel territorio comunitario. La nuova normativa riguarda la movimentazione, senza alcun fine commerciale, degli animali accompagnati dal loro proprietario o da una persona fisica che ne assume la responsabilità per conto del proprietario durante il movimento.
Cani, gatti e furetti che viaggiano dall'Italia verso uno Stato membro dell'Unione europea, diverso dalla Gran Bretagna, Irlanda, Svezia e Malta, devono essere muniti del passaporto comunitario individuato dalla decisione 2003/803/CE della Commissione del 26 novembre 2003 e identificati tramite un tatuaggio chiaramente leggibile o un microchip in relazione a quanto previsto dalla normativa nazionale del Paese. Il passaporto, rilasciato dal Servizio Veterinario Ufficiale, deve attestare l'esecuzione della vaccinazione antirabbica e, se del caso, di una nuova vaccinazione antirabbica in corso di validità. Inoltre, per la movimentazione verso la Finlandia è necessario il trattamento preventivo per l'echinococco.
Se il movimento avviene verso la Gran Bretagna, l'Irlanda, la Svezia e Malta, gli animali devono essere muniti del passaporto comunitario individuato dalla decisione 2003/803/CEE del 26 novembre 2003 e identificati esclusivamente tramite un microchip. Nel passaporto deve essere attestata, da parte del veterinario ufficiale o autorizzato dall'Autorità competente, l'esecuzione della vaccinazione nei confronti della rabbia e, se del caso, di una nuova vaccinazione in corso di validità, nonché dell'esame del sangue da cui risultino anticorpi neutralizzanti nei confronti del virus contro la rabbia. In questi Paesi è vietato introdurre cani e gatti di età inferiore ai tre mesi.
Possono essere movimentati dall'Italia verso gli altri Paesi comunitari, al seguito dei rispettivi proprietari o responsabili, cani, gatti e furetti anche non scortati dal passaporto conforme al modello della decisione 2003/803/ CEE, a condizione che tali animali siano accompagnati da un certificato sanitario rilasciato da un veterinario ufficiale prima del 1° ottobre 2004, ancora valido con riferimento alla durata dell'efficacia della vaccinazione nei confronti della rabbia conformemente alle istruzioni fornite dai laboratori di fabbricazione, e attestante la sussistenza di tutte le condizioni richieste dalla normativa comunitaria.
In caso di smarrimento:

trascorsi  due o tre giorni dalla scomparsa, dovete presentarvi al Servizio Veterinario della vostra A.S.L. per compilare un modulo in cui saranno indicati i dati relativi all'animale: tatuaggio, breve descrizione dell'animale e data della scomparsa;
dopo la denuncia al Servizio Veterinario è consigliabile presentare una segnalazione anche al Comando Stazione Carabinieri più vicino ed al Corpo Forestale dello Stato (se è presente in zona), corredandola con un foglio (meglio se preparato al computer) con una foto del cane, il numero del tatuaggio, la descrizione e i vostri dati telefonici.
Le leggi
Decreto Ministeriale 10 aprile 1969 "Disciplina sanitaria per l'importazione, l'esportazione ed il transito degli animali a seguito dei viaggiatori".
Legge n. 281 del 14 agosto 1991 "Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo".
Decreto Legislativo n. 388 del 20 ottobre 1998 "Attuazione della direttiva 95/29/CE in materia di protezione degli animali durante il trasporto".
Legge n. 189 del 20 luglio 2004 "Disposizioni concernente il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate".
Con la sua pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale" n. 281 del 2 dicembre 2005, è entrata in vigore, con efficacia per un anno, l'ordinanza del Ministero della Salute che contiene provvedimenti per la tutela dell'incolumità pubblica dal rischio di aggressioni da parte di cani potenzialmente pericolosi. La stessa vieta ogni tipo di addestramento inteso ad esaltare la naturale aggressività dei cani e quello finalizzato ad esaltare il rischio di maggiore aggressività di cani pitbull e di altri incroci quali American Bulldog, cane da pastore di Charplanina, cane da pastore dell'Anatolia, cane da pastore dell'Asia centrale, cane da pastore del Caucaso, cane da Serra da Estreilla, Dogo Argentino, Fila brazileiro, Perro da canapo majoero, Perro da presa canario, Perro da presa Mallorquin, Pitt bull mastiff, Pit bull terrier, Rafeiro do alentejo, Rottwejler, Tosa inu. L'ordinanza, inoltre, vieta qualsiasi operazione di selezione o di incrocio tra razze di cani con lo scopo di svilupparne l'aggressività, nonché la sottoposizione di cani a doping. I proprietari ed i detentori di cani, analogamente a quanto previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria, hanno l'obbligo di applicargli la museruola o, in alternativa, il guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico, la museruola ed il guinzaglio invece se condotti nei locali pubblici e sui pubblici mezzi di trasporto. Esiste inoltre l'obbligo di stipulare una polizza di assicurazione per la responsabilità civile, per danni causati a terzi, per i proprietari dei cani potenzialmente pericolosi ricompresi nelle 17 razze sopra indicate. Il provvedimento, infine, individua le persone cui è vietato acquistare, possedere o detenere i cani rientranti nelle diciotto razze potenzialmente pericolose: i minori di 18 anni; gli interdetti e gli inabili per infermità; i delinquenti abituali o per tendenza; i sottoposti a misura di prevenzione personale o a misura di sicurezza personale; chi ha riportato condanna, anche non definitiva, per delitto non colposo contro la persona o contro il patrimonio, punibile con la reclusione superiore a due anni; chi ha riportato condanna, anche non definitiva, per i reati di cui all'art. 727 (abbandono di animali), 544 bis- ter - quarter - quinquies del c.p. e chi si è reso responsabile delle ipotesi criminose previste dall'art.2 della legge 20 luglio 2004, n. 189.

Il 3 marzo 2009 è stata presentata in conferenza stampa la nuova Ordinanza, del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, per la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani. Il provvedimento entra in vigore il giorno della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e avrà efficacia per 24 mesi a decorrere da quella data. Per conoscere i dettagli dell'Ordinanza, è possibile consultare la pagina dedicata del Ministero della Salute.

 
 
 

In giro per l' Italia..nei borghi dal nome inconsueto

Post n°842 pubblicato il 19 Agosto 2014 da giramondo595

Qualche mese fa, in televisione e sui giornali un noto gruppo di assicurazioni, cita alcune località italiane..dal nome in apparenza strano e che tutto farebbe pensare, tranne al nome di un centro abitato.

Il primo è Salve in provincia di lecce

Salve è una città italiana di 4.707 abitanti della provincia di Lecce in Puglia.

Situato nel versante ionico del basso Salento, a 61 km dal capoluogo provinciale, comprende anche la frazione di Ruggiano e le marine di Pescoluse, Torre Pali, Posto Vecchio e Lido Marini. Il litorale di Salve è dal 2009 BaIl territorio del comune di Salve, che si estende per 32,8 km², è situato nel basso Salento lungo la costa ionica del Capo di Leuca. Il centro abitato sorge sui modesti rilievi delle Serre Salentine a 130 m s.l.m.; il territorio comunale è compreso tra gli 0 e i 165 m s.l.m.
L'entroterra salvese è caratterizzato da lievi ondulamenti tra i quali si apre il Canale dei Fani, un ampio canalone di origine erosiva. Le sponde del canale presentano un sistema di terrazzamenti coltivati ad ulivi, sebbene siano presenti lembi sparsi di macchia mediterranea a prevalenza di lentisco, fillirea e mirto; il corso d'acqua, alimentato da affioramenti e piccole sorgenti di acque sotterranee, è percepibile nella presenza di una striscia più o meno continua di canneto a cannuccia di palude e di rari esemplari di agnocasto. La fascia costiera, un tempo zona paludosa, fu completamente bonificata negli anni trenta del Novecento attraverso la creazione di canali e bacini artificiali. Il litorale, dai bassi fondali dalle cui acque emergono piccoli scogli come l'isolotto della Fanciulla, presenta una distesa di sabbia bianca e finissima circondato da dune ricoperte da varie specie vegetali della famiglia delle acacie, da piante graminacee e, soprattutto, dai caratteristici gigli marini.

Confina a nord con i comuni di Presicce e Alessano, a sud e ad est con il comune di Morciano di Leuca, a sud con il Mare Ionio, a ovest con il comune di Ugento.
Bandiera Blu

I primi insediamenti umani nel territorio di Salve risalgono a circa 60.000 anni fa. Lo testimoniano i rinvenimenti di raschiatoi, limace, punte e frammenti ossei di Grotta Montani. Il villaggio messapico della "Chiusa" presso la Masseria del Fano, oggetto di una campagna di scavi da parte di un'equipe di archeologi australiani dell'Università di Sydney, fu abitato dal 1440 a.C. al 470 a.C., mentre quello protoappenninico di Spigolizzi, situato nei pressi delle masserie "Spigolizzi" e "Profichi" risale al periodo del Bronzo Medio (XVI-XV sec. a.C.). La citta' di Salve fu fondata, secondo la leggenda, dal centurione romano Salvius nel 267 a.C. Successivamente si ingrandi' in seguito alla distruzione di due antichi casali che sorgevano nelle immediate vicinanze.
Nel XV sec per difendersi dagli attacchi dei Turchi, i salvesi costruirono un piccolo ma ben munito Fortilizio, grazie al quale resistettero valorosamente agli assalti dei corsari barbareschi.
E' in questo periodo che le autorita' spagnole decisero di iniziare la costruzione delle torri costiere. Quella posta in territorio di Salve, la Torre dei Pali, fu ultimata nel 1563.
Costruita su uno scoglio isolato, circondato dall'acqua, ad una ventina di metri dalla riva, questa torre era unita alla terraferma da uno stretto ponte in muratura.
Nel 1628 i Salvesi acquistarono un organo per la Chiesa. Opera dei maestri Giovan Battista Olgiati da Como e Tommaso Mauro da Muro, l'organo, oggi perfettamente funzionante, orgoglio e vanto dell'intera comunita', risulta essere il piu' antico di Puglia e tra i piu' antichi d'Italia.
Oggi, dopo la bonifica delle paludi del nostro litorale costiero avviata negli anni '30, la principale attrattiva del territorio di Salve sono divenute le sue spiagge: Pescoluse, Posto Vecchio, Torre Pali e Lido Marini, caratterizzate da acque limpide e spiagge di sabbia dorata.

Organo Olgiati-Mauro

In uno scenario di luci e colori, tra altari di stile barocco, sotto le volte decorate con pregevoli stucchi settecenteshi, campeggia nella Chiesa Parrocchiale di Salve il monumentale storico organo, costruito nel 1628 e restaurato nel 1978 con la consulenza tecnico-artistica del M° Prof. Luigi Celeghin, titolare della cattedra d'Organo al Conservatorio "S. Cecilia" di Roma. La paternità di questo strumento si deduce da una scritta incisa a mano con stilo sulla canna maggiore di facciata: "1628 - Giovane Batista Olgiati di Como con Tomaso Mauro di Muro". L'Organo, di sicura ispirazione lombarda ed in particolare antegnatiana (divisione in 5 scomparti della facciata, con la collocazione in alto dei cosiddetti "organetti morti") ha compiuto 385 anni di vita, senza aver subito sostanziali modifiche. Dall'esame di alcune canne è stato possibile dedurre anche un tipo di temperamento in vigore nel '600. Questo gioiello d'arte organaria, risultato tra i 4 più importanti d'Europa, tra i più antichi d'Italia, e sicuramente il più antico di Puglia, che per oltre tre secoli e mezzo ha sostenuto il canto di tante generazioni di salvesi ed ha varcato i confini della Chiesa e della Città di Salve dacchè nelle varie stagioni concertistiche ha visto alternarsi alla sua tastiera numerosi organisti, anche di fama internazionale, rimane a testimonianza di un'arte e di una cultura che era e deve essere, nella sua più schietta autenticità, orgoglio di noi tutti.

IL TESORETTO DI SALVE
Il tesoretto di Salve fu rinvenuto fortuitamente nel giugno o luglio 1930 a Salve, in provincia di Lecce, nel fondo "Fano".
L'allestimento espositivo, che ora si presenta nella cornice del Palazzo Ramirez, nasce dal desiderio, profondamente sentito da tutti i cittadini salvesi, che una parte del proprio patrimonio storico, piccola se si vuole, ma di così grande pregio e importanza ai fini della conoscenza della propria storia, potesse essere goduta dai cittadini di quella terra che per tanti secoli l'aveva custodita.
Non si è pertanto inteso semplicemente esporre dei reperti monetali, ma piuttosto trasformare questa mostra in un'occasione di riflessione sulla storia - economica e non solo - di Salve e del suo territorio, attraverso un percorso che da una parte segue l'intero dipanarsi delle sue vicende storiche, dall'altra propone al pubblico, attraverso una serie di pannelli ricchi di immagine e dai testi agili e di facile comprensione, le molteplici chiavi di lettura che al materiale numismatico possiamo applicare.
L'esposizione prende le mosse da un rapido excursus sulla storia della moneta dalle origini sino ai nostri giorni, quindi sulla fisionomia della moneta circolante nel territorio, sulle tecniche di produzione della moneta nell'antichità, sino al tentativo di far "rivivere" la moneta antica offrendo un'esemplificazione dei prezzi di alcuni prodotti e servizi in vari momenti dell'antichità.
Al termine del percorso, il visitatore sarà invitato ad ammirare le monete costituenti il tesoretto: egli non si troverà però dinanzi ai reperti originali (tuttora custoditi presso il Medagliere del Museo Nazionale di Taranto), ma a delle perfette riproduzioni, che le moderne tecnologie ci hanno consentito di sostituire ai reperti originali, permettendo di farli ammirare nella loro bellezza senza l'assillo della protezione contro i rischi di furto, e di poter vedere contemporaneamente le due facce della moneta, cosa che nel caso degli originali risulterebbe di più complessa attuazione.
Il tesoretto di Salve è composto da 68 monete d'argento: 31 stateri di alcune delle principali città della Magna Grecia (attuale Italia meridionale), 35 "pegasi" battuti da alcune zecche dell'Acarnania (oggi nella Grecia nord-occidentale) e uno coniato da una città della Magna Grecia, 1 quadrigato battuto da Roma.
Gli esemplari coprono un arco cronologico che va dalla seconda metà del VI sec. a.C. circa, fino alla fine del III secolo a.C. circa; la data di occultamento si deve porre negli ultimi decenni del III secolo a.C.

La MASSERRIA DI SANTU LASI

la Masseria di Santu Lasi è stata di recente dichiarata "bene di interesse culturale particolarmente importante", trattandosi - come si legge nel decreto ministeriale di vincolo - "di una delle masserie fortificate dell'Estremo Capo di Leuca che testimonia, attraverso le sue stratificazioni architettoniche, le diverse vicende dell'utilizzo di un territorio produttivo sottoposto, per secoli, ai rischi di aggressioni e invasioni dal mare, ma che ha conosciuto, anche, un'altrettanto costante resistenza da parte degli uomini che l'hanno abitata". La masseria e la cappella, insieme al paesaggio rurale circostante fatto di "forme, colori, prospettive, oliveti, pajare e muri a secco", occupano una porzione di territorio dove un tempo sorgeva l'antico casale di San Biagio e costituiscono per la nostra comunità - e non solo - un bene prezioso che merita di essere tutelato e valorizzato.
MASSERIA "SANTU LASI" (SAN BIAGIO):
La masseria occupa il punto più elevato dell'estrema propaggine delle serre salentine - 102 metri sul livello del mare - ed è ubicata in una posizione intermedia fra la costa ionica e l'abitato di Salve. Dal un vialetto si accede in un primo recinto con alti muri a secco, alcune mangiatoie ricavate nello spessore murario, una rientranza per il ricovero del calesse; la vegetazione è costituita da mandorli, fichi d'India, melograni e piante aromatiche. In asse con il viale è il palmento, coperto con tetto a doppio spiovente; all'interno, lungo una parete, sono i resti di un apiario. Attraversato questo primo recinto si perviene nel cortile sul quale prospetta la masseria vera e propria. Perfettamente orientata secondo i punti cardinali, occupa uno dei lati dello spazio di forma pressoché quadrata sul quale si affaccia anche una piccola torre cilindrica. Al centro è una cisterna, rialzata rispetto al piano di calpestìo, il cui orientamento differisce di poco rispetto a quello dei muri di recinzione. Il fabbricato della masseria, in tufo e pietrame, databile al secolo XVI con aggiunte del XVIII, occupa un lato della corte; è a due piani con caditoie in corrispondenza degli ingressi. Al pianterreno due arcate, precedute da colonne in pietra destinate a un pergolato, sostengono un balcone continuo al quale si perviene mediante una scala esterna che occupa un altro lato della corte e che, ramificandosi, consente di raggiungere anche il primo piano della torre colombaia.
Il piano inferiore era in origine destinato al massaro e alle funzioni produttive, quello superiore a residenza stagionale del proprietario. I due ambienti a pianterreno, entrambi voltati a botte al pari di quelli superiori - presentano una originale pavimentazione in pietrame, nicchie scavate nella muratura, un camino con mensole, un angolo per la lavorazione del formaggio. Il primo piano ripropone l'impianto planimetrico del pianterreno e ha una pavimentazione in battuto, un camino di fattura più raffinata, nicchie e finestre che si aprono su ampie visuali: da un lato verso il mare, dall'altro verso la campagna, i comuni limitrofi e la cappella di Santu Lasi. Una scala a una sola rampa dà accesso al terrazzo sul quale è un monolite a terminazione piramidale, punto di riferimento trigonometrico e ora satellitare.
La torre cilindrica (1577), in uno degli angoli del recinto, presenta in alto una fascia di archetti che si alternano a mensole con decorazioni a motivi geometrici. L'ambiente a pianterreno, di forma pressoché rettangolare, è a botte; quello al piano superiore, circolare, ha una copertura cupoliforme. La torre ha assolto nel tempo a varie funzioni: torre colombaia e torre di difesa. La prima destinazione è denunciata dalla presenza all'interno di tufi disposti in modo da consentire l'alloggiamento dei colombi; la seconda da tracce di una caditoia sul versante che guarda il cortile. Su un altro lato del recinto è un ambiente adibito in origine a mangiatoia, con pavimentazione a "chianche" di differenti forme e dimensioni, tetto a una falda con copertura a tegole. Sul retro della masseria sono altri ambienti destinati al ricovero degli animali con mangiatoie, una "porticina" per l'ingresso delle pecore, un forno. La muratura è costituita da pietrame a secco rafforzato da colonnine di tufo. Tutt'intorno sono vari recinti destinati al gregge e un frutteto, nel quale è un monolite; un vialetto bordato da grandi pietre si conclude con una cisterna nella quale confluiscono le acque del "chiancaro", segnato da canali. In un terreno adiacente, accanto a una pajara, in un punto del Basso Salento particolarmente ventilato, sono due aie di forma circolare: una scavata nella roccia; l'altra posta su un terrapieno artificiale.
Con decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 12 maggio 2008 la Masseria Santu Lasi è stata dichiarata "bene di interesse culturale particolarmente importante".

 

 
 
 

Mini recital di Renato Carosone

Post n°841 pubblicato il 18 Agosto 2014 da giramondo595

Tredici anni a Roma moriva Renato Carosone. Questo recital, un evento che solo il web può realizzare, è un doveroso tributo al grande artista napoletano, che, con le sue memorabili canzoni resterà sempre vivo nei nostri cuori e nei nostri ricordi.

Renato Carosone nasce a Napoli il 3 gennaio 1920, primo di altri due fratelli, Olga e Ottavio. Inizia prestissimo a studiare musica per volontà del padre. L'11 maggio 1935 suona il pianoforte nel teatrino dell'Opera dei Pupi di Giuseppe Perna; in seguito lavora presso la casa editrice E. A. Mario come "ripassatore", insegnando cioè le nuove canzoni ai cantanti, e nel 1937 si diploma in pianoforte presso il Conservatorio di San Pietro a Majella. Viene scritturato da una compagnia di arte varia, con cui si imbarca per l'Africa Orientale Italiana; quando la compagnia si scioglie, Carosone rimane tra Massaua e Addis Abeba per nove anni, prestando servizio militare durante la seconda guerra mondiale sul fronte della Somalia Italiana. Suona in varie formazioni, conosce la futura moglie Lita, veneta, sposata a Massaua, che gli darà il figlio Pino, e nel 1946 torna in Italia, a Napoli. Contro le aspettative del padre Antonio, impresario al Teatro Mercadante, si trasferisce a Roma ottenendo una buona notorietà nell'ambiente musicale.

La sua prima memorabile canzone è O sarracino

'O sarracino (IT:Il saraceno) fu scritta nel 1958 da Renato Carosone (musica) e Nisa, pseudonimo di Nicola Salerno (parole). Con il termine saraceno si utilizzava indicare i mussulmani provenienti dall'oriente, o più in generale gli arabi. Inizialmente l'idea del brano era proprio quella di uno sbarco di un affascinante uomo orientale di colore desiderato da tutte le donne.[2] In seguito gli autori del brano preferirono che il protagonista della canzone fosse semplicemente napoletano, lasciando il nome di sarracino più come parodia, che come effettiva provenienza geografica.[2] Tuttavia le influenze orientali rimasero nella melodia di 'O sarracino, che rimase negli anni uno dei più celebri brani di Carosone.

La seconda è Caravan Petrol

Introdotta dal consueto parlato di Gegè Di Giacomo ("Canta Napoli, Napoli petrolifera...") la canzone sul lato B del disco affronta, con la consueta ironia, il tema della ricerca del petrolio, effettuata dal protagonista della canzone, un napoletano, nei dintorni di Napoli, ovviamente senza trovare nulla perché "ca 'o petrolio nun ce sta"... Musicalmente Caravan petrol è una delle prime canzoni che mescola sonorità arabe con la tradizione musicale occidentale. Tra le numerose cover della canzone è da ricordare quella in versione ska incisa dai Casino Royale nell'album Jungle Jubilee con il titolo opportunamente mutato in Skaravan petrol; un'altra cover è stata realizzata nel 2001 da Massimo Ranieri per il suo album Oggi o dimane. La canzone ispirerà il film Caravan petrol di Mario Amendola. Nel 2006 il reality show italiano La fattoria sceglie la canzone come sigla del programma ma cambia una parte del ritornello: pascià, pascià, pascià, invece dell'originale Allah, Allah, Allah. Il motivo ufficiale fu che il programma era incentrato sulla figura del "pascià" (uno dei personaggi della trasmissione) e anche per rispetto verso l'Islam, ma all'epoca alcuni giornali parlarono di censura del testo di Carosone per paura di ritorsioni da parte di estremisti islamici (come era già avvenuto diversi anni prima nel programma Quelli della Notte per la parodia di uno sceicco arabo da parte di Andy Luotto).

Il 28 ottobre 1949 fonda il Trio Carosone insieme all'olandese Peter Van Wood - poi autore di Tre numeri al lotto assieme a Fiorenzo Fiorentini (1949) e Via Montenapoleone (1953) - e al fantasista napoletano Gegè Di Giacomo.I tre, con Carosone al pianoforte, Di Giacomo alla batteria e Van Wood alla chitarra elettrica, inaugurano lo Shaker Club di Napoli, frequentato dai militari americani e dai nuovi ricchi degli "anni del benessere". Quando nel 1952 l'olandese Van Wood lascia il trio per trasferirsi in America, Carosone e Gegè ricostituiscono il gruppo, che diventa dapprima un quartetto con il chitarrista Franco Cerri, il cantante contrabbassista Claudio Bernardini e il sassofonista Riccardo Rauchi; Cerri viene poi sostituito da Alberto Pizzigoni e Bernardini da Piero Giorgetti.
Il quartetto poi si allarga, con alcuni cambi di formazione, fino a diventare un sestetto, composto oltre che da Di Giacomo, Rauchi, Pizzigoni e Giorgetti, dal sassofonista Gianni Tozzi Rambaldi, dal clarinettista Tonino Grottola e dal chitarrista Raf Montrasio (che entra in sostituzione di Pizzigoni); ad essi in molte incisioni e nelle serate si aggiunge il percussionista Aldo Pagani.
Nel 1957 entrano, a fianco di Giorgetti e Di Giacomo, anche Marco Del Conte al sassofono e al flicorno al posto di Rauchi, Sergio Lombardini al clarinetto e al flicorno e Silvano Santorio alla chitarra in sostituzione, per un certo periodo, di Montrasio.

 La terza canzone è tu vo fa l' americano

 

La canzone fu scritta nel 1956 da Carosone per la parte musicale e da Nisa per il testo. Il compositore combinò musica swing e jazz al pianoforte, realizzando un boogie woogie in un solo quarto d'ora dopo aver letto il testo di Salerno. Carosone fu immediatamente sicuro che il brano avrebbe ottenuto un grande successo, e infatti, una volta pubblicata dalla casa discografica Pathé su 45 giri (GQ 2032) nel 1956 e su EP l'anno successivo (GQ 534), raggiunse il successo internazionale ed è tuttora la canzone più nota del cantautore.
La versione originale di Carosone appare nel film Totò, Peppino e le fanatiche di Mario Mattoli (1958), dove la esegue assieme alla sua jazz band, formazione che comprende anche Gegè Di Giacomo alla batteria. Il pezzo appare anche ne La baia di Napoli di Melville Shavelson, dove viene eseguita da Sofia Loren sotto gli occhi di Clark Gable. Fu eseguita anche da Fiorello nel film del 1999 Il talento di Mr. Ripley e da Gino il pollo con alcune modifiche nel testo ed il titolo cambiato in Tu vuó fa ‘o talebano.
Il testo parla di un italiano che desidera imitare lo stile di vita americano contemporaneo, bevendo "whisky e "soda", ballando il rock and roll, giocando a baseball e fumando delle sigarette Camel, ma rimane dipendente dai suoi genitori per i motivi economici. La canzone viene spesso interpretata come una satira del processo di americanizzazione presente nei primi anni del dopoguerra, quando l'Italia era ancora basata su una società rurale e tradizionale.

Lo stesso Carosone scrisse che le sue canzoni "erano profondamente basate sul sogno americano, interpretando il jazz e i suoi derivati come il simbolo di un'America ricca e prosperosa, ma mantenendo sempre lo stile della canzone napoletana, utilizzandola anche come parodia dei suoi usi".

Nella puntata di TV7 andata in onda il 4 settembre 2011 Renzo Arbore ricordava che lui e un ristretto numero di amici giravano per i quartieri di Napoli abitati dagli americani indossando jeans giocando a fare gli americani e che proprio a ragazzi come loro Carosone s'ispirò nella composizione della canzone. Tale idea, però, contraddice ciò che lo stesso Carosone aveva scritto, nel 2000, nella sua autobiografia Un americano a Napoli: Quelli che credono di sapere tutto di se sostengono che l'idea per Tu vuo' fa' l'americano mi isa venuta vedendo passeggiare per via Toledo un giovanissimo Renzo Arbore, appena iscrittosi all'università partenopea. È vero che lo showman fu tra i primi a frequentare la Nato, a propagandare il virus del jazz prima e del rock poi e a indossare i blue-jeans. Ma le date non coincidono: il brano è del '56 e in quell'anno Renzo, bocciato in terza liceo, era ancora a Foggia. A Napoli sarebbe arrivato solo nel '57.

 
 
 

Notizie curiose SOTTO L' OMBRELLONE 3

Post n°840 pubblicato il 17 Agosto 2014 da giramondo595

Alcuni anni fa a Freudenstadt, nel sud della Germania, ci fu chi avanzò la proposta di sostituire i normali parchimetri con modelli ispirati alla tradizione locale, e dunque forniti di un orologio a cucù che suonasse allo scadere del tempo della sosta. Malgrado molti trovassero suggestiva l'idea, rimasero in uso i vecchi parchimetri.

I primi rasoi di sicurezza per signora con lametta usa e getta furono messi in commercio negli USA intorno al 1915.

Austin, la capitale del Texas, ricevette tale nome nel 1839, per rendere omaggio a Stephen Austin (1793-1836), ritenuto il padre della Repubblica del Texas; prima la città si chiamava Waterloo.

Un'inchiesta ha rivelato che ben il 66% degli uomini britannici destinano almeno 8 ore alla settimana a faccende domestiche un tempo considerate solo femminili, come pulizie, bucati e cucina. La percentuale di donne che vi si dedicano per un tempo analogo si ferma al 62%.


L'espressione fare fiasco, nel senso di fallire, si dovrebbe a Domenico Biancolelli, attore bolognese del '600. Le versioni della storia variano, ma una delle più ricorrenti è la seguente. Una sera, interpretando Arlecchino, l'attore improvvisò una storiella su un fiasco che teneva in mano, ma poi se lo gettò dietro le spal¬le perché il pubblico non rideva. Da a¬lora, i colleghi che si ritrovavano in una situazione simile presero a indicarla con la locuzione «il fiasco di Arlecchino».

Nel corso del suo lungo regno, Elisabetta II d'Inghilterra ha ricevuto anche numerosi regali bizzarri o inadeguati al suo rango: tra essi, alcuni giaguari e bradipi dal Brasile, castori neri dal Canada, un bosco di aceri, degli ananas, delle uova, una scatola di gusci di lumaca e una confezione con sette chili di gamberetti.


Rush Limbaugh è imo fra i conduttori radiofonici più popolari degli Stati Uniti. Il suo talk show su argomenti di attualità, in onda dal 1988, viene trasmesso da circa 600 emittenti e vanta un'audience di anche 20 milioni di ascoltatori: esso ha riscosso un tale successo che al¬cuni ristoranti hanno addirittura riservato delle sale ai clienti che desiderano seguire il programma mentre pranzano.


La signora Tchouhadjian, un'ottanten¬ne di Marsiglia, ha fatto entrare in casa un dipendente dell'azienda elettrica che sosteneva di dover controllare il contato¬re. Poco dopo, tuttavia, l'uomo s'è ripresentato da lei in manette, accompagnato da un agente. Questo ha spiegato all'an¬ziana donna che il sedicente dipendente dell'azienda elettrica era in realtà un ladro travestito, e le ha chiesto se le avesse rubato qualcosa. La signora è corsa a prendere da un armadio una scatola nella quale aveva riposto tutti i suoi rispar¬mi (oltre 100.000 euro), per controllare che niente le fosse stato sottratto. A quel punto il poliziotto e il ladro hanno fatto in modo di distrarre la vecchietta e sono scappati con il denaro: anche il presunto agente era un ladro travestito, e in combutta con il falso dipendente dell'azienda elettrica è riuscito a turlupinare la povera donna.


Sopra un asciugamani elettrico ad aria calda sistemato in una toilette pubblica inglese, è stato affisso un foglio con un... inspiegabile avviso: «Attenzione! Non accendere con le mani umide».


Nel nostro Paese, all'epoca della conte stazione, del movimento beat e dei figli dei fiori, la moda dei capelli lunghi si affermò non senza resistenze. Nell'autunno del 1966, in Piazza di Spagna, a Roma, la Polizia dovette intervenire per sedare una zuffa fra vari studenti e dei giovani stranieri, a cui gli italiani minacciavano di sforbiciare le fluenti chiome.


Il noto scrittore inglese P. G. Wodehou- se raccontò con fine umorismo, com'era nel suo stile, il periodo di internamento da lui subito in Belgio e Germania, dopo l'arresto nel 1940 da parte dei Tedeschi. I nazisti sfruttarono quei racconti a scopi propagandistici, così che in patria Wodehouse venne accusato di tradimento. Lo scrittore si offese a tal punto che prese la cittadinanza statunitense e non volle mai più tornare in Inghilterra.


Da un quotidiano del 2006: «Il 47enne Chuck Lamb di Columbus (Ohio), di professione programmatore per una compagnia di assicurazioni, ha creato un sito web in etti simula la propria morte nelle circostanze e per le cause più disparate: schiacciato dalla serranda del garage, folgorato da una scarica elettrica nella vasca da bagno, precipitato giù dalle scale, schiantato sopra una tavola apparecchiata, e così via. Il suo sogno è essere ingaggiato per recitare la parte di un cadavere in un film o serial di successo».

 

 
 
 

Consigli per la gita in montagna e nei parchi naturali

Post n°839 pubblicato il 16 Agosto 2014 da giramondo595

Durante le vacanze, per rilassarsi qualcuno sceglie la montagna o di andare a visitare i parchi naturali per questo ho pensato di condividere questi suggerimenti offerti dal ClubAlpino italiano di Gualdo Tadino, il parco dell' Adamello e dall' associazione agriturismo e bed&breakfast


Per compiere escursioni in montagna ed ascensioni è indispensabile essere in buone condizioni fisiche e saper valutare correttamente la propria capacità ed esperienza.

Le seguenti 10 regole vogliono richiamare l'attenzione su alcuni comportamenti sbagliati che si vedono frequentemente in montagna e dare un aiuto per evitarli, al fine di garantire delle escursioni in tutta sicurezza nelle nostre montagne.

1 Pianificate la vostra gita a tavolino:
Informazioni su lunghezza e difficoltà sono indispensabili per la programmazione di qualsiasi escursione in montagna. Prima di partire, informate qualcuno sulla vostra meta.

2 Informatevi bene sulle previsioni del tempo:
Consultate il bollettino meteo e osservate attentamente qualsiasi cambiamento del tempo. In più, i gestori dei rifugi riescono a dare delle informazioni dettagliate sulla situazione meteo locale.

3 Valutate oggettivamente la vostra forma fisica e scegliete un'escursione adeguata.
Partite di primo mattino e calcolate un margine di tempo sufficiente, in modo da rientrare prima dell'imbrunire.

4 Scegliete una velocità di marcia moderata e regolare.
Prevedete parecchie pause, specialmente quando fate delle escursioni con bambini.

5 Bevete abbondantemente!
Le bevande più adatte sono acqua, tè o succhi naturali. Si consiglia di mangiare prodotti ricchi di carboidrati e proteine, come p.es. pane integrale, frutta secca, noci ecc.

6 Scegliete l'attrezzatura adeguata
Specialmente per quanto riguarda le calzature, che devono consentire un passo fermo e proteggere le articolazioni.

7 Mettete dell'abbigliamento leggero e funzionale
Ma non dimenticate mai di mettere nello zaino dei capi che riparano dal freddo e dalla pioggia. Anche un piccolo kit di pronto soccorso non dovrebbe mai mancare.


8 Abbiate riguardo dei più deboli del vostro gruppo.
Informate altri escursionisti circa eventuali pericoli e, se del caso, prestate il primo soccorso.

9 Rispettate la natura
Evitate i rumori, non abbandonate i rifiuti e proteggete la vegetazione. Rispettate le specie protette.

10 Seguite sempre i sentieri indicati.
Consultate la vostra cartina con regolarità e, in caso di dubbio, tornate indietro in tempo.

Alcune Regole da Seguire
1.Prima di affrontare un'escursione, valuta le tue capacità e le difficoltà cui puoi andare incontro, cerca di saperne il più possibile leggendo bene la carta topografica e prendendo informazioni da guide del posto
2.Preparati fisicamente e moralmente per sostenere gli sforzi che la montagna richiede e per saper affrontare qualsiasi situazione mantenendo la calma e la lucidità, non andare oltre i limiti delle tue possibilità
3.non avere fretta: poco per volta, se ne sentirai l'esigenza, imparerai ad affrontare in sicurezza imprese più impegnative; impara da chi ha più esperienza di te, un'escursione fatta con una persona esperta vale più di mille parole o raccomandazioni
4.stai sempre attento, soprattutto quando sei stanco e non dare nulla per scontato
5.non lasciare mai soli i tuoi compagni: se sono stanchi rallenta , se hanno dei problemi, aiutali
6.non correre, non ci sono avversari da battere, traguardi da tagliare; la fretta ti fa perdere tante emozioni
7.ascolta le previsioni del tempo, rimanda l'escursione se è previsto un peggioramento, porta sempre con te l'abbigliamento adatto a sopportare qualsiasi incertezza
8.se durante la salita muovi involontariamente un sasso, grida a chi sta sotto "sasso"; se sei tu a ricevere tale avviso, per evitare di essere colpito cerca di seguire la traiettoria del sasso, senza nascondere il viso tra le mani
9.prima di partire, comunica ad amici e parenti l'itinerario e la meta dell'escursione
10.avventurati su pendii di neve dura o ghiacciata o su sentieri esposti solamente con adeguata attrezzatura alpinistica
11.rispetta l'ambiente e coloro che vivono in montagna. Accetta i loro consigli e il loro modo di vita.
conosci prima di iniziare un'escursione:
•le regole elementari di orientamento: di notte, di giorno, con la bussola
•la richiesta soccorso
•il mal di montagna
•la vipera
•la zecca
•i funghi
•i fenomeni atmosferici
Lo zaino
- Il telefonino, strumento del quale facciamo spesso un abuso, diventa di primaria importanza in caso d'emergenza. Bisogna sempre informarsi sulla copertura di rete esistente lungo l'itinerario scelto e ricordare, oltre al 118 per emergenza sanitaria e il 115 per i vigili del fuoco, anche i numeri telefonici di rappresentanti delle locali sez. CAI e guide alpine. Tenere presente che aumentando l'altitudine e diminuendo la temperatura le batterie si scaricano con più facilità.
•Bussola, altimetro e Cartina Topografica
•Crema protettiva solare, occhiali da sole e cappello
•Borraccia con acqua e sali (non utilizzare i sali minerali in alta quota, consultare sempre le guide del posto)
•Cibo facilmente digeribile e molto energetico
•Necessario per un piccolo pronto soccorso e siringa succhia-veleno.
•Coltello multiuso
•Fischietto
•Torcia a batterie
•Mantelline antiacqua e indumenti di ricambio ( secondo il tipo d'escursione giacca a vento, felpa, camicia felpata, guanti, ghette)
•Tessera CAI
•Sacchetto per riportare i rifiuti a valle
•Corde di piccola sezione multiuso con qualche moschettone
•Binocolo di piccole dimensioni e macchina fotografica
Quanto descritto va adattato alle proprie esigenze e al percorso prescelto (scarponcini da trekking o d'alta quota , bastoncini, casco, ramponi, piccozza ...) .
Un'attenzione particolare va posta quando si scelgono percorsi d'alta quota. Con molta accuratezza bisogna valutare il percorso, le proprie capacità sia di resistenza che tecniche, le condizioni metereologiche e sempre bisogna chiedere informazione alle locali guide.Ricordarsi sempre che lo zaino non deve essere troppo pesante ma deve contenere il necessario per eseguire l'escursione in sicurezza.

 

10 regole per rispettare il Parco

Rispetta i fiori e le piante: i loro colori ed i loro profumi sono lì anche per chi passerà dopo di te.
Quando avvisti degli animali, tieniti a distanza: rischi di spaventarli. Hanno paura anche dei cani che, per questo, è necessario tenere sempre sotto controllo.
Anche gli anfibi, i rettili e gli invertebrati (insetti, molluschi ecc.) sono fondamentali nell'equilibrio della natura e meritano il tuo rispetto.
Il peggior nemico dei boschi è il fuoco. Se vuoi accenderne uno, usa i punti fuoco predisposti dal Parco o un apposito focolare ad almeno 50 metri dal limite del bosco.
Nel rispetto dei fiori, degli animali e degli escursionisti a piedi, usa la bicicletta solo sulle strade. Sui sentieri, spingila.
Minerali e fossili vanno lasciati dove sono. Sono lì da milioni di anni (anche grazie al rispetto di chi ti ha preceduto).
Smorza i toni e accendi i tuoi sensi. Il Parco è tutt'altra musica.
Per non turbare il magico equilibrio del Parco, non è possibile campeggiare.
Quasi ovunque si possono raccogliere i funghi, ma serve un permesso, che viene rilasciato dai Comuni.
Se ti capita di trovare qualche residuato bellico, non raccoglierlo; è vietato e potrebbe essere anche pericoloso. Piuttosto segnala il ritrovamento al Parco.
Queste semplici regole di buona educazione e buon senso vengono fatte rispettare dai guardaparco e dai forestali, anche applicando le sanzioni previste dalla L.P. 18/88

 

 
 
 

Intervallo ferragostano ...in poesia

Post n°838 pubblicato il 15 Agosto 2014 da giramondo595

Ospite d' onore Trilussa

La fretta

Se stà a fà sera e nantra giornata de lavoro se n'è annata:
c'ho l'ossa tutte rotte, la capoccia frastornata.
Cammino senza prescia, tanto, che devo fa?
Si torno a casa me tocca pure sfacchinà!
Sur viale del tramonto me fa l'occhietto er sole,
e dopo nà giornata a dà i resti a chi li vole,
l'osservo m'bambolato, come fosse, nà visione.
Me fermo lì a guardallo, ma chi l'avrà inventato?
È bello forte, nun l'avevo mai notato!
Sempre a combatte, sempre appresso a tutti i guai,
splende splende, ma nun m'o godo mai.
È robba che co quell'aria bonacciona e rassicurante,
riuscirebbe a fà sentì amico ogni viandante.
Stà palla arancione m'ha messo pure arsura, ma, ahò!
Nun so mica nà monaca de clausura!
E allora ò sai che nova c'è? Io nun c'ho più fretta
e me butto drent'ai meandri dè nà fraschetta.
Con le zampe sotto ar tavolino,
e in compagnia dè n'ber fiasco de vino,
me guardo intorno soddisfatto,
finalmente ho smesso de sbrigamme come un matto!
E mentre er Cannellino m'arriva ar gargarozzo
Rido cò n'amico e ordino nantro litrozzo.
La vista me se annebbia ma non la mia coscienza
che se mette a riflette sull'umana esistenza:
a che serve stà sempre a core pè tutte le raggioni
si so quasi sempre rotture dè cojoni!

 

Lo specchio

Ogni vorta che vado dar barbiere,
ner vede quela fila de me stessi
allineati come tanti fessi
ner gioco che me fanno le specchiere,
nun posso sta' se nu' je fo un versaccio
pe' vedelli rifà quelo che faccio.
Metto fòra la lingua e cento lingue
me rifanno la stessa pantomima;
ogni testa ubbidisce: da la prima
all'urtima, ch'appena se distingue,
pareno ammaestrate a la parola
sotto er commanno d'una guida sola.
Se invece penso a te, ciumaca mia,
nun potrei garantì che, ner ricordo,
queli me stessi vadino d'accordo
come ner gioco de fisonomia;
anzi, quarcuno dubbita e me pare
che nun veda le cose troppo chiare.
Qualunque idea me nasce ner cervello
se cambia così presto e così spesso
che nun fo in tempo de guardà me stesso
che già er pensiero mio nun è più quello.
Immaggina un po' tu quello che sorte
da un omo che riflette cento vorte!
Ciò fatto caso giusto stammattina;
dopo d'avemme insaponato er viso
er barbiere m'ha chiesto a l'improviso:
- L'ha più rivista quela signorina?
- Chi? - dico - Bice? - E m'è rimasta come
la bocca amara né ridì quer nome...
Subbito cento bocche, tutte eguale,
piegate ne la smorfia d'un dolore,
hanno inteso er rimpianto d'un amore,
hanno ridetto er nome tale e quale;
ma quant'idee diverse! quante cose
leggevo in quele facce pensierose!
Io dicevo: - Ormai tutto sfumò... -
E quelli appresso: - Certo... - Chi lo sa?...
- E se tornasse? - Che felicità!
Ce faccio pace subbito... - Però...
Doppo quela scenata che ce fu...
è forse mejo che nun torni più.
- Me ricordo li baci de quer giorno...
- E quelo schiaffo che j'appiccicai...
- Si, feci male... - Feci bene assai!
Ciaveva un conte che je stava intorno...
Era un'infame... - Un angelo... - Una strega...
- Chi se la po' scordà? - Chi se ne frega! -
E scoprivo in ognuno un pentimento,
una gioja, un rimorso, un desiderio...
Ma quanno me so' visto così serio
m'è venuto da ride... E tutti e cento
m'hanno risposto, pronti a la chiamata,
con una risatina sminchionata.

 

 
 
 

Intervallo ferragostano ...in allegria

Post n°837 pubblicato il 15 Agosto 2014 da giramondo595

La maestra chiede a Pierino: "che lettera viene dopo la A?" e Pierino: "tutte le altre, signora maestra!".

Pierino durante la lezione va in bagno e dopo quando rientra la maestra gli dice: "conta fino a 10" allora Pierino dice: "1,2,3,4,5,6,7,9,10" e la maestra dice: "Pierino e l'otto?" e lui: "uhh l'ho scaricato nel bagno!".

Il giorno dopo la Befana Pierino si aggira per i giardini trascinando un trenino quando vede un giardiniere al lavoro: "Signore, signore, guarda che bel trenino mi ha portato la Befana! E a te cosa ha portato la Befana?". Il giardiniere sorride e prosegue nel suolavoro, ma Pierino imperterrito ricomincia: "Signore, signore, guarda che bel trenino mi ha portato la Befana... e a te cosa ha portato la Befana?". E così per parecchie volte fino a quando il giardiniere stanco e incazzato risponde: "La Befana mi ha portato un cazzo così!!!". Pierino spalanca gli occhioni sorpreso e dice: "Perché tu al caminetto... invece della calza ci hai appeso il culo?"

Pierino dice ad un suo amico: "mio padre conosce 4 lingue" l'altro risponde: "mio padre ne conosce 1000 lingue e più" Pierino controbatte: "ma come è possibile?" e l'altro: "fa il medico e ogni persona che entra gli fa vedere la lingua".

La maestra dice ai suoi alunni: "a casa verbalizzate sul quaderno il testo di pagina 44 che riguarda gli animali".
Pierino va a casa e verbalizza. Il giorno seguente a scuola la maestra dice: "Pierino leggi la tua verbalizzazione davanti a tutti" e Pierino: "io animalo tu animali egli animala noi animaliamo voi animalate essi animalano", la maestra: "Pierino, che hai fatto, non così!" e Pierino: "mi avevi detto tu di verbalizzare"

Pierino sta giocando con un amico e ad un tratto si ferma e dice: "lo hai fatto il test di ammissione di matematica?" e l'amico risponde: "no, era veramente super difficile, infatti ho lasciato il foglio completamente bianco" e Pierino: "oh mio dio, oh mio dio, super mio dio!" e l'amico: "che succede?" e Pierino: "anche io ho lasciato il foglio bianco, la professoressa penserà che ho copiato!".

La maestra dice a Pierino: "Pierino che cosa è il numero 6?" e Pierino risponde: "è il numero 9 che sta facendo una capriola al contrario".

Pierino un giorno va a scuola e la professoressa gli dice che domani vuole che gli pargli dei canali televisivi. Pierino va a casa e accende la tv e sente: "vaffanculooo", cambia canale e: "superman,superman", cambia canale e: "io ci vado con passeggino chicco", cambia canale e sente: "rinascerooo".
Il giorno dopo torna a scuola e la professoressa gli dice: "allora di che canali mi parli?" e Pierino: "Vaffanculo" e la professoressa "vergognati,chi ti credi di essere?" e Pierino: "superman.." e la professoressa: "ti mando dal presidee!" e Pierino: "ci vado con il passeggino chicco!" e la professoressa: "ti butto dalla finestra!" e Pierino: "rinascerooo!!!".

 

 
 
 

Spigolature calabresi sotto l' ombrellone 2

Post n°836 pubblicato il 13 Agosto 2014 da giramondo595

Secondo messaggio dedicato alla mia regione, in particolare nella zona dove abito. Questa volta vi racconterò la storia di una festa patrocinata dai marinai in onore della Madonna, molto sentita. E' la festa della madonna di Portosalvo.

 

nell'anno 1906, durante una tremenda tempesta il capitano di lungo corso Rocco Caminiti, assistendo, impotente, alla violenza dei marosi che minacciavano di far perire la sua nave con l'intero equipaggio, si rivolse in preghiera alla Madonna di Porto Salvo, della quale era molto devoto, chiedendole aiuto e facendo voto che se si fosse salvato avrebbe costruito una chiesa, promovendo ogni anno festeggiamenti in suo onore».

In quell'epoca Soverato Marina era un borgo marinaro, abitato da molte famiglie di pescatori, gente che viveva sul mare e del mare, con il quale doveva spesso misurarsi. Fra questa popolazione si è subito radicata la devozione alla Madonna e la tradizione della festa, con la processione in mare che annualmente si è ripetuta nella seconda domenica di agosto, e con l'impegno della famiglia Caminiti, fino alla morte del senatore Filippo, figlio del fondatore, avvenuta nel 1955. Dopo alcuni anni, per iniziativa di un gruppo di pescatori, con l'appoggio della famiglia Caminiti, è stata ripresa la tradizione della festa con la processione in mare, che si celebra ogni anno.
La Madonnina di Portosalvo è custodita nella chiesetta dei pescatori.

In questa foto si nota una immagine d' epoca si nota la costruzione della Chiesetta

La Madonnina è la protettrice dei pescatori, di coloro che si alzano durante la notte e si avventurano nel mare, sfidando le onde con le loro modeste barche, nella speranza di tirare le reti pieni di pesci. L'immobile ha subito un notevole restauro per il centenario del 2006. La chiesetta venne realizzata da Rocco Caminiti e presto divenne meta di pellegrinaggi non solo da parte di fedeli, ma anche di appassionati d'arte, infatti, è ornata da tre grandi affreschi di tipo murales realizzati con colori acrilici dai maestri Mario Linizzati e Chazanfari ed altri. Il murales che orna la facciata, opera di Pinizzotto, rappresenta un gruppo di pescatori al lavoro nella spiaggia. Alle loro spalle si vede il sole che sorge, che simboleggia la vita, la speranza. L'autore spiegò a suo tempo che il dipinto rappresentava il riscatto morale dell'uomo.

L'artista iraniana, Chazanfari, dipinse sul lato destro della chiesetta una Madonna che sorge dalle acque del mare.

Il terzo murales sul retro, eseguito da De Pasquale, raffigura due pescatori che trasportano con grande entusiasmo un pesce spada, simbolo di ricca pesca.

Si tratta di una festa unica nel suo genere che coinvolge il mare e la terra, in cui l'animazione dei lidi che costeggiano il suo percorso rappresenta ingrediente indispensabile per la sua buona riuscita. La processione delle barche che solca le acque antistanti la cittadina jonica continua ad esercitare il suo fascino anno dopo anno.

 
 
 

Spigolature calabresi..sotto l' ombrellone

Post n°835 pubblicato il 10 Agosto 2014 da giramondo595

Questo messaggio ed i successivi sono dedicati alla mia regione. il loro contenuto consiste in piccole curiosità sui monumenti,i modi di dire e via dicendo.. Lo scoprirete solo leggendo. Se vi anticipo tutto che gusto c'è..

La Pietà di A. Gagini

la Pietà di Antonello Gagini  è collocata nella chiesa arcipretale l'Addolorata di Soverato Superiore, una scultura in marmo bianco con la Vergine avente in grembo il Cristo morto. La scultura, datata 1521 , è opera dell'artista siciliano Antonello Gagini, appartenente alla famiglia di artisti originari di Bissone nel Canton Ticino; unitamente ad un bassorilievo detto "L'uomo dei dolori"dello stesso artista e proveniente dal Convento della Pietà di Petrizzi, rappresentano la fase evolutiva dell'arte dello scultore siciliano, improntata a forme rinascimentali. Il gruppo marmoreo, collocato nella navata destra della Chiesa, proviene dall'antico convento agostiniano di Santa Maria della Pietà di Petrizzi, sorto in aperta campagna, lontano dall'abitato, l'imponente edificio, sarebbe stato fondato, secondo Domenico Martire, nel 1454, e venne inseguito più volte rimaneggiato nell'impianto architettonico generale, in quanto venne danneggiato a causa delle scorribande dei pirati saraceni e degli effetti provocati da calamità naturali. In questa stessa struttura nel 1510, il Beato Francesco da Zumpano, dell'ordine degli agostiniani Riformati, fondò il convento di Santa Maria della Pietà.

La realizzazione dell'opera è una leggenda incantevole, secondo la fantasia popolare, ma che trova riscontro nell'opera "Della Calabria Illustrata" di Padre Giovanni Fiore da Cropani(1622-1683), il quale a proposito di padre Zumpano, e degli avvenimenti che portarono alla collocazione dell'immagine sacra nel convento agostiniano, Fiore da Cropani così scrive:" ....Volendo poi collocarvi un'immagine a rilevo di Maria con Figlio morto nelle braccia, e non avendo potuto trovare pietra a proposito di incavarla, passò in Messina, ove intendeva che da vascello, quale avea corso fortuna, n'era stata butata a mare una tale, molto acconcia al suo disegno. La richiede dal padrone, il quale non fu ritroso a concederla, supponendo l'impossibilità del frate per trarla dal fondo, ma appena egli, prostrato, ne supplicò il Cielo, che ad occhi veggenti da tutti fu veduta la pietra nuotar a gala, e porsi nel lido". Il racconto di Padre Fiore pur intriso di leggenda, contribuì a far accrescere intorno a questa scultura, un alone di mistero e arcane suggestioni miracolistiche. Così come l'episodio che narra di come la statua giunse presso la chiesa arcipretale di Soverato Superiore, anch'esso tra mito e leggenda popolare s'intreccia al vero storico. Questi racconti si diffusero nell'immaginario collettivo del Meridione, tramandatisi in seguito al terremoto del 1783; ma tralasciando i suggestivi racconti leggendari, in realtà i fatti storici che portarono la statua della Pietà all'attuale sito, ebbero inizio nel 1787, quando una contesa tra gli abitanti di soverato e quelli di Argusto sfociò in un aspro litigio, in merito al possesso della campana del soppresso convento agostiniano, la quale venne commissionata da un religioso di Soverato in sua devozione. La contesa si concluse nel 1801, con la rivendicazione da parte delle due popolazioni dell'intero convento, che per ironia di sorte fu poi confiscato dal comune di Petrizzi. Fu proprio in questo torno di tempo che il gruppo marmoreo giunse a Soverato e volendo attribuire alla leggenda un fondo di verità, la scultura venne trasportata da un carro trainato da buoi. In merito alla realizzazione del gruppo della Pietà, si posseggono notizie e documenti grazie al lavoro lungimirante del più autorevole studioso dell'Opus gaginianum ,Hanno Walter Kruft. L'opera venne commissionata da Giovanni Martino d'Aquino, discendente di San Tommaso, e del Beato Francesco da Zumpano, il 26 settembre 1520; il gruppo della Pietà assume particolare rilievo nella statuaria meridionale sia per i precisi intenti teologici e filosofici dei committenti sia per l'introduzione da parte dell'artista di elementi stilistici nuovi, frutto della conoscenza delle opere del Buonarroti, del Laurana e del Sansovino. La scultura è in marmo bianco carrarese, con residui di dipinti; le misure: altezza del basamento 22cm; altezza del gruppo 159cm; e in fondo alla composizione si trova l' iscrizione: "hoc opus Antoni Gagini panormitae MCCCCCXXI"(quest'opera di Antonio Gagini palermitano 1521). Sul basamento risiede a sinistra Giovanni Battista, a destra l'Arcangelo Michele, mentre la figura di San Tommaso occupa la centralità del bassorilievo, scolpito nell'atto di tenere una lezione ex cathedra sull'avverroismo e di schiacciare metaforicamente il filosofo islamico e con esso il suo pensiero. Il gruppo marmoreo è una competizione tardiva nell'opera del Gagini, con la Pietà di Michelangelo, che risale al 1493, la quale aveva avuto influsso notevole nel suo lavoro di giovinezza, tuttavia la Pietà del Gagini rappresenta una svolta di pagina dell'opera del Buonarroti. L'impegno del Gagini di opporre al lavoro di Michelangelo una soluzione propria è innegabile. Nell'espressione del volto ottiene un'intensità maestosa e soave allo stesso tempo, servendosi della sua cultura artistica superò se stesso nell'esecuzione della figura della Vergine, carica di intimo pathos nello sguardo, in cui si fondono dolore e compostezza insieme; il Gagini seppe infonderle la purezza e la dignità della Madre di Dio. La Pietà, gravemente danneggiata a causa del sisma del 1783, è stata restaurata presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Il restauro dell'Opificio ha, inoltre, reso un'immagine idealizzata della statua, forse non considerando dei volti, delle altre statue, scolpiti dal Gagini e forse condizionato dalla più famosa Pietà di Michelangelo, non ha certo contribuito a rendere la statua più aderente allo stile dello scultore siciliano. Al di là d'ogni critica, la Pietà del Gagini mantiene intatti i caratteri dell'opera d'arte del genio. Fruire, conoscere e contemplare tali sculture di grande pregio amplia gli orizzonti dell'uomo e ne infiamma l'anima e la induce a proiettarsi verso "l'alto".

 
 
 

CARREllata di BarzellETTE 10

Post n°834 pubblicato il 09 Agosto 2014 da giramondo595

Omertà
Pierino sostiene l'esame di terza media, arriva a casa e il padre gli chiede: "picciotto come andò" e Pierino trionfante: "Padre per quaccio ore mi interrogarono ma nulla dissi!".


A scuola la maestra chiede a Pierino: "chi ha inventato la pila?"
Pierino: "Pilato"
La maestra: "e allora Volta cosa ha inventato?"
Pierino: "lo sterzo!"


Pierino torna da scuola dopo aver sostenuto un'interrogazione; la mamma gli chiede com'è andata e Pierino: "il professore che mi ha interrogato è un tipo molto cattolico" e la mamma: "perchè?" e Pierino: "ad ogni risposta che davo il professore diceva Dio mio, Dio mio..."

 

Pierino e all'esame di quinta elementare, la maestra gli chiede:
- "quale è la capitale d'italia?"
- "boh"
- "allora quale fiore ha le spine?"
- "boh"
- "...una domanda semplice, la targa di Bologna"
- "ma"


Un signore va in ferramenta per acquistare delle viti.
Il titolare, un tipo molto pignolo, comincia a chiedergli la lunghezza ma il cliente non sa rispondete, allora il titolare gli chiede se le vuole con testa a croce o brugola e nuovamente il cliente non sa rispondere.
Il titolare poi gli chiede per cosa servono e la risposta è per fermare una serratura. Il titolare chiede ancora che tipo di serratura, senza avere risposte esaurienti.
Mentre è li che sta ancora discutendo con il cliente arriva Pierino con un water sulle spalle e dice al titolare: "bene adesso hai visto il water, mi puoi dare finalmente la carta igienica?".


Il maestro chiede a Pierino:
- "senti, ho chiesto a tutti quelli che vogliono andare in paradiso di alzare le mani. Perchè tu non le hai alzate?"
- "perchè la mia mamma mi ha raccomandato di andare subito a casa, appena uscito da scuola"


La maestra dice a Pierino: "Pierino dimmi che tempo è quello che ti dirò adesso" e Pierino non lasciò neanche finire la maestra e risponde: "..tempo di crisi signora maestra".


La maestra a Pierino: "sai dirmi quali funghi si possono mangiare?" e Pierino: "tutti si possono mangiare, signora maestra, alcuni però si possono mangiare una volta sola!"

 

 
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 117
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Agosto 2014 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30 31
 
 
 

 MESSAGGIO PER I GIOVANI

...Droga e alcool portano alla distruzione fisica e mentale!!! La vita e' troppo bella per essere distrutta dalle sostanze!!!!!! Vogliatevi bene !!!

http://spazio.libero.it/SARA28LUGLIO/

 

 

UN CALOROSO ABBRACCIO A TUTTI VOI

   BENVENUTI NEL MIO BLOG

   BENVENUTI NEL MIO BLOG 

 

 

 

AREA PERSONALE

 

CITAZIONI DI

Beata Madre Teresa di Calcutta


Quello che noi facciamo
è solo una goccia nell'
oceano,
ma se non lo facessimo
l'oceano avrebbe una
goccia
in meno

Non importa quanto
si dà
ma quanto amore si
mette nel dare.


Trova un minuto
per pensare,
trova un minuto
per pregare,
trova un minuto
per ridere.

La peggiore malattia
dell'uomo?
La solitudine.


Le parole gentili
possono essere brevi
e facili da pronunciare
ma la loro eco è infinita.

 

 

GRAZIE AMICI QUESTI REGALI SONO PER VOI

 

          Grazie Solic

 

Grazie diana.fini

 

 Grazie Trappolinax ( Wanda )

Grazie aumania_12 ( Alisia )

Grazie Trappolinax ( Wanda )

grazie STREGAPORFIDIA (Sonia)

questi splendidi regali,
li voglio
dedicare a
tutti voi amici

Aforismi 

Edward Morgan Forster è stato uno scrittore
britannico,autore di racconti brevi,
di romanzi e saggi letterari.
Da alcuni suoi romanzi sono stati
tratti film di grande successo come:
Passaggio in India (1984, regia di David Lean)
Camera con vista (1986, regia di James Ivory),
Maurice(1987, regia di James Ivory)
e Casa Howard (1992, regia di James Ivory).


Se è facile raccontare la vita,
ben più difficile è viverla,
e siamo tutti dispostissimi a
chiamare in causa "i nervi",o qualsiasi
altra parola d'ordine che serva a
occultare i nostri desideri.
( Edward Morgan Forster )

 Albert Einstein è stato un fisico
a soli 26 anni, ha mutato
il modello istituzionale di
interpretazione
del mondo fisico


E' più facile spezzare
un'atomo, che
un pregiudizio
( Albert Einstein )

 

GRAZIE PER I VOSTRI DONI

       Carissimi amici,
       grazie a tutti
       per i vostri doni.
       Questi sono solo
       una piccolissima
       rappresentanza
       della vostra amicizia
       ed affetto.
       sono felicissimo di
       ciò...bacioni
        a tutti

      vivi la vita    

      Grazie agli amci Trappolinax e luce 1001 per
      i bellissimi regali per il compleanno del mio blog

                    

               

 

SAGGEZZA POPOLARE ANDREOLESE

Cu ava focu campau,cu ava pana moriu.
Chi ha del fuoco è vissuto,
chi ha pane è morto a causa del freddo

'A casa mbidìàta,o pòvara o malàta.
La casa ch'è oggetto d'invidia va
incontro a povertà o malattia.

A bbona lavandàra on manca petra.
Ad una brava lavandaia non manca
pietra (su cui lavare).

E cu' t'affìdi, ti nganni.
Sulla persona a cui presti
fiducia ti sbagli (facilmente).

Canta lu gaddru e si scòtula li pinni.
Il gallo canta e si scuote le piume.
(Si dice di persona che di un fatto
non vuole assumersi alcuna responsabilità
e "se ne lava le mani", come Pilato.

Per altri curiosi proverbi andreolesi:

http://www.andreolesi.com/dialetto/proverbi.htm

 

FRASI CELEBRI

Golda Meir, fu una donna politica
israeliana, quarto premier d'Israele
e prima donna a guidare il governo
del suo Paese.

La vecchiaia è come un aereo
che punta in una tempesta.
Una volta che sei a bordo non puoi
più fare niente
(Golda Meir)

Anton Pavlovič Čechov è stato uno
scrittore, drammaturgo e
medico russo.
Laureatosi in medicina,
scriveva novelle di notte.

L' intelligente
ama istruirsi,
lo stupido istruire.
( Anton Cecov )

Non sappiamo cosa può accaderci
in quello strano guazzabuglio che è la vita.
Possiamo però decidere quello che avviene
in noi, come affrontarlo, che uso farne...
ed è questo, in conclusione,
ciò che conta.
( Joseph Fortton )

 

Henry Ford è stato un imprenditore statunitense.
Fu uno dei fondatori della Ford Motor Company,
società produttrice di automobili, ancora oggi
una delle maggiori società del settore negli
USA e nel mondo.

Chiunque smetta di imparare è vecchio,
che abbia venti o ottant'anni.
Chiunque continua a imparare resta
giovane. La più grande cosa
nella vita è mantenere la
propria mente giovane.
( H. Ford )

Riflessioni sul Tempo ... Il passato rivive ogni giorno perché non è mai passato. (Proverbio Africano); Il tempo è un grande maestro, ma sfortunatamente uccide tutti i suoi studenti. (Hector Berlioz);        Una briciola d’oro non può comprare una briciola di tempo. (Proverbio Cinese);                                            Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità, il tempo non ci  sarà più. (Fëdor Dostoevskij)Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J Lennon )Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.(Charlie Chaplin) L'unica cura per l'acne giovanile è la vecchiaia.( Totò )Ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due. ( Eduardo De Filippo )Chi vive troppo tempo in un luogo perfetto finisce per annoiarsi. (Paulo Coelho)

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963