Creato da giramondo595 il 14/11/2008

CHIACCHERE FRA AMICI

DI TUTTO UN PO'

 

Messaggi di Settembre 2014

fantastica serata di fine estate ...

Post n°861 pubblicato il 27 Settembre 2014 da giramondo595

a Bivongi, un paesino della provincia di Reggio Calabria, situato nella Vallata dello Stilaro, ai piedi del Monte Consolino. Famoso per le cascate del Marmarico.

in occasione della festa di Festa di Maria SS. Mamma Nostra, avvenuta il 15 settembre ultimo scorso a Bivongi, Orietta Berti " l' usignolo di Cavirago " ha festeggiato i suoi 45 anni di musica, con uno splendido concerto. Nel corso della serata ha ripercorso la sua carriera artistica. E' stato un piacevole susseguirsi di ricordi legati alla mia giovinezza. finchè la barca va, Via dei ciclamini, tu sei quello, l' altalena e via dicendo, uno splendido mix di musica latino - americano e gli splendidi omaggi musicali ai FAVOLOSI Bruno Martino, Renato Carosone, Sergio Endrigo e soprattutto Nicola Arigliano. Mi soffermo, su quest' ultimo artista, in quanto anche io trovo disdicevole che siano dimenticati i virtuosismi del compianto artista di Squinzano e trovo ancor più ignobile che sia stato eliminato dalla gara dei big nell' ultimo San Remo a cui partecipò. Secondo me, l' artista avrebbe dovuto partecipare come ospite, avrebbero dovuto consegnargli un premio per la sua prestigiosa carriera artistica e dedicargli una serata della manifestazione. Questo è quello che penso io. Ha interagito con il suo numeroso pubblico. Il momento più emozionante è stato uno scambio di battute con un signore tornato al suo paese da pensionato e che viveva in Argentina. Orietta Berti, ha raccontato che quando si è recata nella nazione del sud america, Lei veniva accompagnata con una scorta dall' albergo al luogo di destinazione e che la sera non si poteva neanche uscire. ha raccontato simpatici aneddoti, rivelando che lei affida la cura dei suoi capelli alle mani di sua cugina, che possiede un negozio di parrucchiera a Montecchio Emilia. La ciliegina finale è stata che Orietta Berti, non si è sottratta ai fans..regalando a chi avesse voluto la possibilità di salutarla personalmente e di poter scattare una foto assieme a lei. Per me è stata una fantastica serata di fine estate che non dimenticherò.!..

 
 
 

Sondaggggiiiiiinooooooo di fine estate

Post n°860 pubblicato il 21 Settembre 2014 da giramondo595

Se ne avete voglia, scrivete qual è stata la colonna sonora della vostra vita. La mia ve la descriverò prossimamente..in quanto non vorrei influenzarvi. Bacioni a tutti

 
 
 

il porcellino di bronzo

Post n°859 pubblicato il 14 Settembre 2014 da giramondo595

 

Il porcellino di bronzo
Fiaba

Una fiaba di Hans Christian Andersen
Andersen


Nella città di Firenze, non lontano daPiazza del granduca , si trova una traversa che credo si chiamLPorto rossa; qui, davanti a una specie di bancarella di verdura, sta un porcellino di bronzo, di bella fattura; fresca e limpida acqua scorre dalla bocca di quell'animale, che a causa dell'età è tutto verde scuro solo il grugno brilla, come fosse stato tirato a lucido, e questo si deve alle molte centinaia di bambini e di poveretti che vi si afferrano per avvicinare la bocca a quella dell'animale e bere. È come un quadretto vedere quel bel porcellino di bronzo abbracciato da un grazioso fanciullo mezzo nudo, che accosta la fresca boccuccia al suo grugno.
Chiunque, quando arriva a Firenze, è in grado di trovare quel luogo; basta che chieda del porcellino di bronzo al primo mendicante che incontra, e lo troverà di sicuro.
Era una tarda sera d'inverno, le montagne erano coperte di neve, ma c'era il chiaro di luna e il chiaro di luna in Italia dà un chiarore che è come quello di un buio giorno invernale al nord anzi è meglio, perché l'aria stessa brilla, l'aria dà sollievo, mentre al nord il freddo cielo plumbeo preme contro la terra, la gelida e umida terra che un giorno premerà sulle nostre bare.
Nel giardino del castello granducale, ai piedi dei pini, dove migliaia di rose fiorivano nel periodo invernale, era rimasto per tutto il giorno un ragazzetto vestito di stracci, un ragazzetto che poteva rappresentare l'Italia, così bello, così sorridente, eppure così sofferente. Aveva fame e sete, nessuno gli diede un soldo, e quando venne buio e il giardino dovette essere chiuso, il custode lo cacciò via. Così rimase a lungo sul ponte che passava sul fiume Arno a sognare, a guardare le stelle scintillanti nell'acqua.
Si avviò verso il porcellino di bronzo, si chinò in avanti e gli gettò le braccia intorno al collo; poi mise la bocca vicino al grugno splendente e bevve a grandi sorsate quella fresca acqua. Lì vicino si trovavano alcune foglie di insalata e qualche castagna: quella fu la sua cena.
Non c'era un'anima per strada; era tutto solo, così montò sul dorso del porcellino di bronzo, si allungò in avanti in modo che la testolina ricciuta riposasse su quella dell'animale, e prima ancora di accorgersene, si addormentò.
A mezzanotte il porcellino si mosse, il ragazzo sentì che gli diceva con chiarezza: "Ragazzino, tieniti forte, adesso partiamo!," e difatti partì col ragazzo; fu proprio una strana cavalcata!
Innanzitutto giunsero mPiazza del granduca; lì il cavallo di bronzo su cui stava la statua del duca nitrì forte, le armi variopinte del vecchio municipio brillarono come immagini trasparenti e il David di Michelangelo ruotava la sua fionda. I gruppi di bronzo con Perseo e col Ratto delle Sabine erano fin troppo vivaci; un grido di morte si innalzò da loro e risuonò su tutta quella meravigliosa piazza deserta.
Vicino dXPalazzo degli Uffizi, nella loggia dove la nobiltà si raduna a festeggiare il carnevale, il porcellino di bronzo si fermò.
"Tieniti forte!" esclamò l'animale. "Tieniti forte perché adesso saliamo le scale!" Il piccolo non diceva neppure una parola: era terrorizzato, ma altrettanto divertito.
Entrarono in una lunga galleria, il ragazzo la conosceva bene perché c'era già stato; le pareti sfoggiavano affreschi, c'erano statue e busti, tutti immersi in una luce bellissima come fosse stato giorno; ma la cosa più bella fu quando la porta di una sala laterale si aprì: sì, il piccolo ricordava quella magnificenza, eppure in quella notte tutto brillava del massimo splendore.
Qui si trovava una graziosa donna nuda, bella come solo la natura e un grande maestro del marmo sono in grado di modellare; muoveva le sue deliziose membra, i delfìni saltavano ai suoi piedi, l'immortalità brillava dai suoi occhi. Il mondo la chiama la Venere medicea. Attorno a lei splendevano statue di marmo, uomini bellissimi; uno di loro affilava la spada e era chiamato il molatore, gladiatori irrompenti formavano un altro gruppo; la spada veniva affilata e le lotte scoppiavano per la dea della bellezza.
Il ragazzo fu come accecato da tutto quello splendore, le pareti rilucevano di mille colori, tutto lì aveva vita e movimento. L'immagine di Venere si sdoppiò e apparve la Venere terrestre, turgida e ardente come l'aveva vista Tiziano. Le immagini di due bellissime donne, le splendide membra senza veli, si allungavano sui morbidi cuscini, il petto si sollevava e la testa si muoveva così che i folti riccioli ricadevano sulle spalle ben tornite, mentre gli occhi scuri esprimevano pensieri ardenti; ma nessuna di quelle immagini osava uscire completamente dalla cornice. Persino la dea della bellezza, i gladiatori e il molatore restarono ai loro posti, perché la gloria che si irraggiava dalla Madonna, da Gesù e da San Giovanni li costringeva all'immobilità. Le immagini sante non erano ormai più immagini, erano diventate i santi in persona.
Che splendore e che bellezza da una sala all'altra! Il ragazzetto le visitò tutte, e anche il porcellino di bronzo camminò passo passo, in mezzo a tutta quella magnificenza e a quella meraviglia.
Una visione scacciava l'altra, solo un'immagine si fissò nella mente, soprattutto per quei gioiosi e felici bambini che vi erano rappresentati e a cui il piccolo aveva già fatto cenno, una volta di giorno.
Molti passano davanti a quest'immagine con leggerezza eppure essa contiene in sé un tesoro di poesia: Cristo discende negli Inferi, ma non si vedono i dannati intorno a lui, bensì i pagani. Il fiorentino Angiolo Bronzino è l'autore di questo affresco; la cosa più grandiosa è l'espressione di certezza che c'è nei bambini che saliranno in cielo; due piccoli si abbracciano, uno tende la mano verso un altro più in basso e indica se stesso, come per dire: "Io salirò in cielo!."
Tutti gli adulti stanno lì, dubbiosi e pieni di speranza oppure si inchinano umilmente davanti al Signore Gesù, implorando.
Il ragazzo osservò quell'immagine più a lungo delle altre, il porcellino di bronzo vi rimase fermo davanti, si sentì un fievole sospiro; proveniva dall'affresco o dal petto dell'animale? Il ragazzo sollevò la mano verso quei bambini sorridenti, allora l'animale ripartì con lui e attraversò l'ampio ingresso aperto.
"Grazie! Tu sia benedetto, caro animale!" esclamò il ragazzo accarezzando il porcellino che bum! bum! scendeva le scale di corsa con lui.
"Grazie a te! E che tu sia benedetto!" replicò il porcellino di bronzo. "Io ti ho aiutato e tu hai aiutato me, perché solo con un ragazzo innocente sul dorso ho la forza di muovermi! Vedi, oso persino passare sotto le luci dell'immagine della Madonna. Ti posso portare dappertutto, ma non in chiesa! Ma se tu sei con me, sono in grado di guardare dentro attraverso la finestra aperta, stando all'ingresso. Non scendere; se lo fai, resterò qui morto, come mi vedi di giorno nella stradinaPorto rossa!"
"Resterò con te, animale benedetto!" rispose il piccolo, e ripartirono a tutta velocità per le strade di Firenze, fino alla piazza che si trova davanti alla chiesa di Santa Croce.
La grande porta a due battenti si spalancò di colpo, le luci si irraggiavano dall'altare, e, attraversando la chiesa, uscivano sulla piazza deserta.
Una strana luce proveniva da un monumento nella navata laterale sinistra e migliaia di stelle in movimento formavano una specie di aureola. Un'insegna dominava su quella tomba, una scala rossa su fondo blu, che sembrava infuocata. Era la tomba di Galilei, un monumento molto semplice, ma la scala rossa su fondo blu è un'insegna piena di significato, è come l'insegna stessa dell'arte, perché la strada verso il cielo è rappresentata sempre da una scala infuocata. Tutti i profeti dello spirito salgono al cielo come il profeta Elia.
Nella navata di destra della chiesa ogni figura dei ricchi sarcofaghi sembrava avesse preso vita. Qui c'era Michelangelo, Dante con la corona di alloro intorno alla fronte, Alfieri, Machiavelli, uno di fianco all'altro riposano qui quei grandi uomini, l'orgoglio dell'Italia.lÈ una chiesa magnifica, molto bella, e forse grande come il Duomo di marmo di Firenze.
Sembrava che i vestiti di marmo si muovessero e che quelle grandi figure sollevassero la testa e guardassero in quella notte piena di canti e di musica verso l'altare variopinto e illuminato dove ragazzi vestiti di bianco facevano dondolare gli incensieri dorati; il forte odore si diffondeva dalla chiesa fino alla piazza.
Il ragazzo tese la mano verso quel bagliore e in quel momento il porcellino ripartì; lui dovette tenersi ben forte, il vento gli soffiava nelle orecchie e poi sentì che il portone della chiesa, chiudendosi, cigolava sui cardini, ma in quello stesso istante gli sembrò di perdere conoscenza, sentì un freddo intenso e spalancò gli occhi.
Era mattina e lui era quasi scivolato giù dal porcellino, immobile nella stradaPorto rossa , dove era solito stare.
Il ragazzo fu colto da paura e terrore al pensiero di colei che chiamava mamma e che lo aveva mandato fuori il giorno prima raccomandandogli di procurarsi del denaro; lui non ne aveva, ma aveva fame e sete. Si strinse ancora una volta attorno al collo del porcellino, gli baciò il grugno, gli fece cenno col capo e poi si incamminò per una stradina tortuosa, larga appena per un asino con un carico disposto accortamente. Una grossa porta ferrata stava socchiusa, da lì lui salì per una scala in muratura con le pareti sporchissime e una corda liscia che fungeva da ringhiera; giunse in un cortile, dove dal pozzo fino ai vari piani della casa erano stati tirati fili di ferro dai quali pendevano i secchi, uno vicino all'altro; quando la carrucola strideva, un secchio si metteva a ballare nell'aria facendo schizzare l'acqua in cortile. Da lì si proseguiva per un'altra scala cadente, fatta di mattoni; due marinai russi la scendevano contenti e spinsero quasi a terra il povero ragazzo. Venivano dai loro bagordi notturni. Li seguiva una donna non più giovane, ma molto robusta, con folti capelli neri. "Cos'hai portato a casa?" chiese al ragazzo. "Non arrabbiarti!" la implorò lui. "Non ho niente, proprio niente!" e afferrò il vestito della madre come se volesse baciarlo; entrarono in camera; non vogliamo descriverla, bisogna solo dire che c'era uno scaldino di porcellana pieno di brace che si chìamamarito e che lei si mise sul braccio per scaldarsi le dita; poi diede una gomitata al ragazzo dicendo: "Certo che li hai i soldi!."
Il bambino si mise a piangere, lei lo spinse col piede e lui si lamentò a voce alta. "Taci, altrimenti ti rompo quella testa urlante!" gridò lei agitando lo scaldino che teneva in mano; il ragazzo si accovacciò a terra con un grido. In quel mentre entrò la vicina di casa, anche lei con il suomarito sul braccio. "Felicita! Cosa stai facendo al bambino?" - "Il bambino è mio!" rispose Felicita. "Posso anche ucciderlo, se voglio, e te con lui, Giannina!" e lanciò il suo scaldino. L'altra sollevò il suo per ripararsi e così questi si urtarono; i cocci, il fuoco e la cenere si sparsero nella stanza, ma il ragazzo in quello stesso momento era già fuori dalla porta, di là del cortile, fuori da quella casa. Quel povero bambino continuò a correre finché non ebbe più fiato; si fermò vicino alla chiesa di Santa Croce, la chiesa che si era aperta davanti a lui la notte prima, e entrò. Tutto brillava; si inginocchiò davanti alla prima tomba sulla destra, quella di Michelangelo, e si mise a singhiozzare forte. La gente andava e veniva, fu detta la Messa, ma nessuno si preoccupò di quel ragazzo, solo un vecchietto si fermò, lo osservò e poi se ne andò come gli altri.
Fame e sete tormentarono il piccolo; era debole e malaticcio si riparò nell'angolo tra la parete e il monumento di marmo e lì si addormentò. Verso sera venne svegliato da qualcuno che lo scuoteva, si alzò e trovò davanti a sé lo stesso vecchio di prima.
"Sei malato? Dove abiti? Sei stato qui tutto il giorno?" queste furono alcune delle domande che il vecchio gli rivolse lui rispose e il vecchio lo portò in una casetta che si trovava lì vicino, in una strada laterale. Era un laboratorio di guantaio, la moglie stava ancora cucendo di gran lena quando entrarono, un barboncino bianco saltellò sul tavolo e balzò davanti al ragazzo: era rasato al punto che si vedeva la pelle rosa chiaro.
"Le anime innocenti si riconoscono tra loro!" esclamò la donna accarezzando sia il cagnette che il bambino. Quest'ultimo ebbe da quelle brave persone qualcosa da mangiare e da bere, poi gli dissero che poteva trascorrere la notte lì; il giorno dopo papà Giuseppe avrebbe parlato con sua madre. Gli diedero un misero lettino, ma per lui era bello come quello di un re poiché spesso era costretto a dormire sul duro pavimento di pietra; dormì benissimo e sognò quelle belle immagini e il porcellino di bronzo.
Il mattino dopo papà Giuseppe uscì, il povero bambino non era molto felice, perché sapeva che quell'uscita aveva lo scopo di riportarlo a sua madre, così si mise a piangere e baciò il cagnolino; la donna rivolse a entrambi un cenno di approvazione.
Che notizie portò papà Giuseppe! Parlò a lungo con sua moglie, poi lei chiamò a sé il ragazzo e lo accarezzò. "E un bravo bambino" disse "può diventare un bravo guantaio proprio com'eri tu! E ha dita sottili e molto flessibili. La Madonna ha certo stabilito che diventasse guantaio!"
Il ragazzo rimase in quella casa e la donna gli insegnò a cucire; lui mangiava bene, dormiva bene, divenne allegro e cominciò a stuzzicare Bellissima: così si chiamava il cane. La donna allora lo minacciava col dito, urlava e si infuriava, così il ragazzo si acquetava e si metteva pensieroso nella sua cameretta, che guardava verso la strada e dove veniva lasciata asciugare la pelle. Davanti alla finestra c'erano grosse sbarre di ferro; il ragazzo non riusciva a dormire, pensava continuamente al porcellino di bronzo, e improvvisamente udì dalla strada: "Kladsk! Kladsk!"; sì, era certo lui! Balzò alla finestra, ma non si vedeva nessuno.
"Aiuta il signore a portare la cassetta dei colori" disse la donna il mattino dopo al ragazzo, quando il loro giovane vicino, il pittore, arrivò arrancando con la cassetta e con una tela enorme arrotolata; il ragazzo prese la cassetta e seguì il pittore; si diressero verso la galleria, salirono la stessa scala che lui conosceva bene da quella notte in cui aveva cavalcato il porcellino; conosceva già le statue e gli affreschi, quella bella Venere di marmo e coloro che rivivevano nei loro colori, e rivide la madre di Dio, Gesù e Giovanni.
Poi si fermarono davanti all'affresco del Bronzino, dove Cristo scende negli Inferi e i bambini intorno a lui sorridono per la dolce convinzione di andare in cielo, anche il povero ragazzo sorrise, perché lui lì si trovava nel suo cielo.
"Bene, va' a casa adesso!" gli disse il pittore; il ragazzo era stato fermo così a lungo che l'altro aveva già montato il cavalletto.
"Posso guardare mentre dipinge?" chiese il ragazzo. "Posso vedere come fa a ottenere l'immagine su questa tela bianca?"
"Adesso non dipingo" rispose l'uomo prendendo il carboncino, poi la mano si mosse, rapida, l'occhio misurò l'immagine; e, nonostante ci fosse una sola riga sottile Cristo stava già lì fluttuante, proprio come sull'affresco a colori.
"Adesso vai!" disse il pittore, così il ragazzo si avviò pian piano verso casa, poi sedette al tavolo e... imparò a cucire guanti.
Ma per tutto il giorno il pensiero tornò alla sala degli affreschi, e proprio per questo si punse le dita e si comportò in modo maldestro, ma non stuzzicò Bellissima. Quando venne sera e il portone sulla strada si trovò aperto, il ragazzo sgusciò fuori casa; faceva freddo ma c'erano le stelle, belle e chiare; lui camminò per le strade ormai deserte e si trovò davanti al porcellino di bronzo; gli si chinò sopra e gli baciò il grugno lucido, poi gli sedette sul dorso e disse: "Benedetto animale, che nostalgia ho avuto di te! Questa notte dobbiamo fare una cavalcata!" .
Ma il porcellino rimase immobile e la fresca fonte zampillava dalla sua bocca. Il piccolo sedette come fosse stato un cavaliere, ma qualcuno lo tirò per i vestiti; guardò di lato e vide la piccola e ben rasata Bellissima. Il cane era uscito di casa con lui e lo aveva seguito senza che lui se ne fosse accorto. Bellissima guaì, sembrava volesse dire: "Vedi che sono qui con te? perché stai qui seduto?." Neppure un drago infuocato avrebbe spaventato il ragazzo più di quel cagnolino in quel posto. Bellissima stava per la strada senza essere vestita, come diceva la vecchia mamma; chissà cosa sarebbe successo! Il cane non usciva mai d'inverno senza indossare una pelle di pecora tagliata e cucita appositamente per lei. Quella pelle le veniva legata intorno al collo con un nastro rosso, cui era attaccato un fiocco con un sonaglio, e allo stesso modo veniva legata sotto la pancia. Il cane sembrava allora un capretto che avesse il permesso, d'inverno e vestito a quel modo, di trotterellare con aSignora . E ora Bellissima era lì con lui e non era vestita; cosa sarebbe successo? Tutte le fantasie erano ormai svanite; il ragazzo diede un bacio al porcellino di bronzo, prese in braccio Bellissima, che tremava dal freddo, e si mise a correre più forte che potè.
"Con cosa stai scappando?" gli gridarono due gendarmi che incontrò per strada, e Bellissima si mise a abbaiare. "Dove hai rubato questo grazioso cagnolino?" chiesero, prendendoglielo.
"Ridatemelo!" implorò il ragazzo.
"Se non l'hai rubato, allora di' a casa che il cane può essere ritirato al comando di polizia." Gli diedero l'indirizzo e se ne andarono con Bellissima.
Era disperato. Non sapeva se buttarsi nell'Arno o andare a casa e affrontare la realtà. Lo avrebbero certo ammazzato di botte, pensò tra sé, "ma mi piacerebbe essere ammazzato, così morirei e andrei da Gesù e dalla Madonna!" e così andò a casa proprio per venire ammazzato di botte.
La porta era chiusa e lui non arrivava al battiferro non c'era nessuno per strada, ma trovò una pietra e con quella picchiò sulla porta. "Chi è?" gridarono dalla casa.
"Sono io!" disse il ragazzo. "Bellissima è sparita! Apritemi e picchiatemi a morte!"
Soprattutto {^Signora provò uno spavento terribile al pensiero della povera Bellissima; subito volse lo sguardo verso la parete dove stava appeso l'abito del cane; la pelle di pecora era lì.
"Bellissima alla polizia?" gridò a voce alta. "Ragazzaccio! Come hai fatto a portarla fuori? Morirà di freddo! Quella delicata bestiola in mano ai rozzi soldati!"
Il padre dovette partire subito. La donna si lamentava e il ragazzo piangeva, tutti gli inquilini si radunarono, compreso il pittore; questi si mise il ragazzo sulle ginocchia e gli fece delle domande; un frammento alla volta, venne a conoscenza di tutta la storia del porcellino di bronzo e della galleria, certo, non era facile da capire, ma il pittore consolò il ragazzo, e parlò, parlò alla vecchia che però non fu contenta fin quando il marito non ritornò con Bellissima, che era stata coi soldati. Fu una grande gioia; il pittore accarezzò il ragazzo e gli diede un piccolo fascio di fogli.
Che disegni meravigliosi, che teste divertenti! ma, più bello di tutti, c'era il porcellino di bronzo, e sembrava lì in carne e ossa. Nulla poteva essere più splendido! Si trovava sulla carta, fatto con pochi tratti, e dietro c'era abbozzata anche la casa.
"Che bello saper disegnare e dipingere! Si può riprodurre tutto il mondo!"
Il giorno dopo, non appena ebbe un momento libero, il ragazzo prese una matita e sul lato bianco di uno dei fogli cercò di copiare il disegno del porcellino di bronzo. Ci riuscì! Era un po' obliquo, un po' storto, con una zampa grossa e un'altra sottile, ma si capiva bene che cos'era! Così il ragazzo si rallegrò moltissimo con se stesso. La matita non voleva andare proprio dove doveva; ma il giorno successivo c'era disegnato di fianco un altro porcellino, e era cento volte più bello, il terzo poi fu così ben fatto che chiunque potè riconoscerlo.
La cucitura dei guanti però lasciava a desiderare e le commissioni in città venivano compiute con lentezza; questo perché il porcellino di bronzo aveva insegnato al ragazzo che Firenze era come un libro di illustrazioni, se lo si voleva sfogliare. InPiazza della Trinità c'era una sottile colonna che reggeva la dea della giustizia con gli occhi bendati e la bilancia; subito la si ritrovò sulla carta, e era stato il ragazzetto a disegnarla. La raccolta di disegni aumentò, ma comprendeva solo cose inanimate. Un giorno Bellissima si mise con un balzo davanti al ragazzo. "Stai ferma" disse lui "così sarai bella e comparirai nei miei disegni!" Bellissima però non voleva stare ferma, così venne legata; le vennero legate la coda e la testa; quella ringhiò e si mise a saltare, la corda fu tirata di più e in quel momento entrò aSignora .
"Sacrilego! povera bestia!" disse soltanto al ragazzo, poi lo spinse, gli diede un calcio e lo cacciò di casa, quell'ingrato mascalzone, quello scellerato! E piangendo baciò la sua piccola Bellissima mezza strangolata.
Il pittore stava salendo la scala in quel momento e... questo determinò una svolta nella storia.
Nel 1834 ci fu una mostra nell'Accademia delle arridi Firenze; due quadri, posti uno di fianco all'altro, attiravano molti visitatori. Sul quadro più piccolo era raffigurato un ragazzetto che stava disegnando; come modello aveva un cagnetto bianco e rasato per bene, ma l'animale non voleva star fermo e così gli erano state legate con una corda sia la testa che la coda. C'era vita in quell'immagine e una autenticità che piaceva a tutti. Si raccontava che il pittore fosse un giovane fiorentino che era stato raccolto dalla strada, era stato cresciuto da un vecchio guantaio e aveva imparato a disegnare da solo. Poi un pittore ora famoso aveva scoperto il suo talento quando il ragazzo era stato cacciato da casa perché aveva legato quel cagnolino, il prediletto della padrona, per prenderlo come modello.
L'apprendista guantaio era diventato un grande pittore, come rivelava quel quadro, e ancora di più il quadro più grande che stava lì di fianco. C'era un'unica figura: un bel ragazzo vestito di stracci, che dormiva per la strada, sdraiato sul porcellino di bronzo che si trova nella stradaPorto rossa . Tutti i visitatori conoscevano quel luogo. Le braccine del ragazzo erano strette alla testa del porcellino,2il piccolo dormiva un sonno profondo e la lampada dell'immagine della Madonna illuminava con una luce intensa il volto pallido ma meraviglioso di quel bambino.
Era proprio un quadro splendido; una grossa cornice dorata lo circondava e a un angolo della cornice era appesa una corona d'alloro, ma tra le foglie verdi era stato intrecciato un nastro nero da cui pendeva un lungo velo da lutto.
Quel giovane artista, in quei giorni, era morto!

 

 
 
 

E' proprio da stupidi ed immaturi per un selfie ......

Post n°858 pubblicato il 12 Settembre 2014 da giramondo595

finire all' ospedale in gravi condizioni.

 


Voleva farsi un altro selfie, dopo quelli già scattati con una comitiva di amici per festeggiare i suoi 18 anni. Ma all'alba di lunedì un ragazzo veneto, Mattia M., originario della provincia di Padova, ha scelto il Colosseo. Solo che per raggiungerlo, il giovane ha scavalcato una ringhiera di vetro e ferro davanti al monumento ed è scivolato nel terrapieno restando gravemente ferito. IL giovane è ricoverato in prognosi riservata all'ospedale San Giovanni. Con lui, alle 5 del mattino, c'erano una decina di amici che lo conoscevano da tempo dopo aver partecipato a una vacanza a New York. E sono stati loro a dare l'allarme. L'incidente è avvenuto sul marciapiede che collega piazza del Colosseo a via Celio Vibenna, ogni giorno percorso da migliaia di turisti. All'alba di lunedì, invece, non c'era nessuno a parte la comitiva di Mattia, composta da ragazzi provenienti da tutta Italia. Secondo la ricostruzione dei carabinieri della compagnia Piazza Dante, i giovani - che avevano trascorso la serata e poi la nottata fra il centro e le Terme di Caracalla - si sono avvicinati al Colosseo per scattare fotografie. Poi hanno deciso di scendere sotto all'Anfiteatro Flavio per i selfie, ma Mattia ha perso l'equilibrio ed è caduto, sbattendo con violenza la testa sui pietroni antichi dello spiazzo sottostante, fuori dal Colosseo. Gli investigatori dell'Arma hanno svolto un sopralluogo nel luogo dell'incidente. Fino a questo momento non sarebbero emersi elementi che possano far pensare a una dinamica diversa da quella di una caduta accidentale. Nè sono emersi problemi nella sicurezza delle protezioni del terrapieno.

 

 
 
 

Ogni tanto, una bella storia d coraggio e di sana educazione civica

Post n°857 pubblicato il 11 Settembre 2014 da giramondo595

che ha per protagonisti dei ragazzi dai sani principi morali e coraggiosi. accaduta l' 8 settembre scorso

Ragazzini aiutano i Carabinieri ad arrestare un ladro

Ha rubato il borsello di un ragazzo che stava giocando coi suoi amici a pallone ma il fatto non è sfuggito ai giovani calciatori che lo hanno inseguito consentendo ai carabinieri di arrestarlo. È quanto è successo ieri pomeriggio nel quartiere Lido. La persona arrestata è un cittadino marocchino senza fissa dimora, Zineddine R., 42 anni. I fatti si sono svolti nei pressi del campetto di calcetto della parrocchia del Sacro Cuore, nel quartiere Casciolino, dove i ragazzi avevano organizzato un partita. L'uomo aveva notato che i giovani calciatori avevano poggiato in una delle panchine del campo tutti i loro effetti personali. Approfittando della distrazione dei ragazzi, Zineddine R., secondo una prima sommaria ricostruzione dei fatti, si sarebbe avvicinato agli zainetti, avrebbe rovistato e poi nascosto addosso un borsello. Poi la fuga. Il fare furtivo dell'uomo non è sfuggito però ai ragazzi che hanno subito dato l'allarme chiamando i carabinieri, inseguendo il marocchino e consentendo ai militari della stazione di Lido, guidata dal maresciallo Antonio Macrì, di bloccare l'uomo. Il marocchino, dopo essere stato portato in caserma e perquisito, è stato trovato in possesso dello zainetto (contenete due cellulari, un paio di occhiali e pochi euro) che è stato restituito al legittimo proprietario. Dopo aver avvisato dell'accaduto il sostituto procuratore della Repubblica di turno, Vincenzo Luberto, Zineddine Rachid è stato arrestato con l'accusa di furto aggravato e portato, tra l'euforia dei ragazzi che avevano contribuito all'arresto, nella camera di sicurezza della Stazione di Gagliano a disposizione dell'autorità giudiziaria. Agli adulti, di questa storia, resta il grande coraggio e l'esempio di questi ragazzi che, con il loro comportamento, hanno contribuito a far arrestare un ladro.


dal sito soveratoweb.com

 

 
 
 

giro del mondo..in fiabe 2

Post n°856 pubblicato il 10 Settembre 2014 da giramondo595


Il povero e i mille grossi (favola greca)

Se qualcuno chiedesse alla gente cosa occorre per essere felici, le risposte sarebbero talmente tante da non saper che pesci prendere. Nessuno, però, oserebbe dire che per esser felici occorre esser poveri. E questo sembrava impossibile anche a noi, fino a quando, un bel giorno, venimmo a conoscenza della storia di un uomo molto particolare...Costui era povero, molto povero, e per tutto il giorno non faceva altro che lavorare. Come lui i figli e la moglie: stanchi morti tutte le sere. Eppure dopo cena, quando l'intero quartiere avrebbe scommesso che quella famiglia stava già dormendo della grossa, dalle mura della loro casa si sentiva la gioia della festa.
- Prendi la chitarra, papà - diceva il figlio più piccolo.
- Suona quella di ieri - aggiungeva ridendo un altro.
La moglie sistemava le sedie in cerchio, prendeva in braccio una delle figliolette, le dava un sonaglio, e la faceva trottare sulle ginocchia. A quel punto il padre cominciava a suonare, e per due ore sembrava che la povertà e la fatica non fossero mai esistite. Gioia, solo gioia!
- Questa ve la ricordate? - chiedeva ammiccando il padre - cantala tu la prima strofa, Pietro...

La casa vicina era abitata da un uomo molto ricco, che tutte le sere veniva distratto dalla musica e dalle risate della povera famigliola. Lui si guardava intorno e pensava:
- Ho tutto quello che può desiderare un uomo. Se adesso volessi mangiare il piatto più buono del mondo, almeno dieci cuochi farebbero a gara per portarmelo. Non mi manca niente. Ho dieci automobili, chissà quante barche. Ho tutto. Guarda quelli invece - indicava i balletti della famigliola che si intravedevano dalla casa di fronte - non hanno niente e sono felici. Credo proprio che gli regalerò dei soldi. Chissà con quelli quanto saranno felici, se riescono ad esserlo senza.

Il giorno dopo il ricco suonò alla porta del povero.
- Caro vicino. Sei un uomo onesto, lo so. Ti meriti questi soldi. Prendili e sii felice, fanne ciò che vuoi.
- Grazie vicino, non dovevi. Ma non so come...
- No, non dire niente. La vostra famiglia mi mette allegria. Vi sento tutte le sere. Consideralo un gesto di gratitudine.
- Come vuoi...
Rientrato in casa, il povero si sedette e pensò a cosa fare di quei soldi. Non fece altro per tutto il pomeriggio. Le idee gli si arrovellavano nella testa, ma nessuna sembrava buona, nessuna dava un senso a tutti quei soldi.
Quei soldi in casa sua.... Mah....
- Compriamo una vigna, cara? - chiese alla moglie quando si fece sera.
- Ma caro, io sto bene così, ti voglio bene...
- Anch'io ti voglio bene, ma dovremo pur farne qualcosa, di ‘sti soldi, no?
Si intromise il figlio più piccolo:
- Dov'è la chitarra, papà?
- La chit..? oh, per favore, non vedi che papà è impegnato? Vai in camera tua, questa sera niente chitarra. Possibile che qui interessi solo a me quello che accade in questa casa.

Quella fu la prima sera che nella sua cosa non si ballò e non si cantò. I figli erano tutti rattristati, la moglie incredula e sul punto di piangere. L'uomo si chiuse nel silenzio e per quattro giorni non fece altro che pensare ai soldi.
Alla fine li prese, in mano, li pesò, li guardò a fondo. Poi guardò i suoi figli, zitti e fermi.
E fu allora che decise. Senza esitare, uscì di casa, si diresse dal vicino e ridandogli i soldi, disse:
- Ti ringrazio, caro vicino, perché mi hai fatto capire cos'è la felicità. E non ha niente a che fare con questi soldi.

La sera stessa la musica della povera famigliola tornò a risuonare nel quartiere.
E non smise più.

Novantanove galline e un gallo
(Favola greca)

C'era una volta una famiglia che viveva in una fattoria. Marito e moglie erano attorniati da animali, i più numerosi erano le galline: ben novantanove galline e un solo gallo.

Un giorno il marito disse alla moglie: "Che ne dici se vendiamo un po' di galline visto che ne abbiamo così tante?"
La moglie acconsentì e il giorno dopo andò in paese a venderle a un uomo che girava in cerca di affari. La donna gli vendette tutti e cento gli animali compreso il gallo, ma l'uomo le disse:
"Non ho i soldi per pagarti, ti lascio il gallo come pegno. Però mi dovresti prestare la tua asina per trasportare le galline."
La donna acconsentì.
E l'ambulante: "Non è che mi presteresti anche il tuo cane, sai contro i malintenzionati..."
La donna gli diede tutto ciò che chiedeva e la sera, quando il marito tornò a casa gli raccontò tutto. Il marito iniziò ad urlare pieno di rabbia e il giorno dopo partì di nascosto. Andò in giro per i paesi a caccia di donne da truffare.
Sulla strada vide una ragazza vicino ad un pozzo e le si avvicinò. La giovane gli chiese: "Da dove vieni?" Egli rispose: "Vengo dal mondo dei morti."
La ragazza allora esclamò: "Quindi tu conosci Takis, il povero figlio morto della mia padrona"
"Certo che lo conosco, sta bene ma è povero. Gli mancano scarpe, soldi e vestiti", rispose lui. Allora la ragazza corse a chiamare la sua padrona. La signora quando seppe delle condizioni del figlio diede allo scaltro uomo cibo e tutto il necessario per il povero figliuolo.
La sera tornò a casa il marito, grand'ufficiale del re. La signora gli raccontò che aveva regalato ad un uomo proveniente dall'aldilà scarpe, vestiti e soldi per il loro figlio. L'ufficiale capì subito che era tutta una truffa e corse a cercare l'uomo. Il mascalzone, accortosi che era ricercato, si rifugiò presso un mulino e disse al mugnaio: "Corri mugnaio, scappa perché qualcuno ti sta cercando." Il povero mugnaio impaurito scappò su di una pianta mentre l'uomo si coprì di farina. Poco dopo arrivò l'ufficiale e chiese al mugnaio, che però era il furfante, di tenergli il cavallo. Sceso da cavallo si tolse gli stivali e si arrampicò sulla pianta. Allora l'uomo scaltro si infilò gli stivali e, salito sul cavallo, corse via con il bottino.
L'ufficiale tornò a casa sconfitto e disse alla moglie: "Avevi regalato a Takis scarpe, vestiti e denaro, allora io ho pensato di fargli avere anche stivali e cavallo!"

 

 

 
 
 

Gatto e topo in societą

Post n°855 pubblicato il 08 Settembre 2014 da giramondo595

fratelli Grimm

Un gatto aveva fatto conoscenza con un topo e gli aveva tanto vantato il grande amore e l'amicizia che gli portava, che alla fine il topo acconsentì ad abitare con lui; avrebbero governato insieme la casa. "Ma per l'inverno dobbiamo provvedere, altrimenti patiremo al fame," disse il gatto, "e tu, topolino, non puoi arrischiarti dappertutto sennò finirai col cadermi in trappola!" Il buon consiglio fu seguito e comprarono un pentolino di strutto. Ma non sapevano dove metterlo; finalmente, pensa e ripensa, il gatto disse: "Non so dove potrebbe essere più al sicuro che in chiesa; là nessuno osa commettere un furto: lo mettiamo sotto l'altare e non lo tocchiamo prima di averne bisogno." Il pentolino fu messo al sicuro ma il gatto non tardò ad avere voglia di strutto, e disse al topo: "Volevo dirti, topolino, che mia cugina mi ha pregato di farle da compare: ha partorito un piccolo, bianco con macchie brune, e devo tenerloa battesimo. Lasciami uscire oggi e sbriga da solo le faccende di casa." - "Va bene," rispose il topo, "va pure e se mangi qualcosa di buono pensa a me: un goccio di quel rosso vino puerperale lo berrei volentieri anch'io!" Ma non c'era niente di vero: il gatto non aveva cugine nè l'avevano richiesto come padrino. Andò dritto in chiesa, si avvicino quatto quatto al pentolino di strutto, si mise a lecccare e lecco via la pellicola di grasso. Poi se ne andò a zonzo per i tetti della città per tutto il resto della giornata: si guardò intorno, si mise steso al sole e continuava a leccarsi i baffi ogni qualvolta pensava al pentolino. Non ritornò a casa che alla sera. "Eccoti qua," disse il topo, "hai di certo passato una giornata allegra. Che nome hanno messo al piccolo?" - "Pellepappata," rispose il gatto tutto d'un fiato. "Che strano nome," disse il topo, "è frequente nella vostra famiglia?" - "Che c'è di strano," rispose il gatto, "non è certo peggio di Rubabriciole, il nome dei tuoi figliocci!"

Poco tempo dopo al gatto tornò la voglia di strutto. Così disse al topo: "Devi farmi un'altra volta il piacere di badare alla casa da solo; mi vogliono di nuovo come padrino e siccome il piccolo stavolta ha un cerchio bianco intorno al collo, non posso rifiutare." Ancora una volta il topo acconsentì, e di nuovo il gatto corse di soppiatto fino alla chiesa e finì col divorare metà del contenuto del pentolino. "E' proprio vero: nulla è più gustoso di quello che si mangia da soli" ed era tutto contento della sua giornata quando al tramonto rientrò a casa. Il topo gli chiese della giornata appena trascorsa e poi: "Questo piccolo qui come l'avete chiamato?" - "Mezzopappato," si lasciò scappare il gatto. "Mezzopappato! che razza di nome," esclamò il topo, "sono sicuro che non esiste nemmeno sul calendario!"

Ben presto al gatto tornò l'acquolina in bocca e, poichè non c'è due senza tre, disse al topo: "Devo fare di nuovo il padrino. Questa volta il piccolo è tutto nero e ha solo le zampe bianche: in tutto il resto del corpo non ha un solo pelo bianco. Questo capita solo una volta ogni due anni: mi lasci andare?" - "Pellepappata e Mezzopappato," rimuginò il topo a voce alta, "sono nomi che mi impensieriscono!" - "Tu te ne stai col tuo giubbone grigio scuro e la tua lunga coda tappato in casa, e va a finire che ti monti la testa! Succede così quando non si esce mai!" disse il gatto risentito e uscì. Quel golosone del gatto arrivò in chiesa e ovviamente divorò utto il pentolone di strutto: "Solo quando si è finito tutto si sta in pace!" disse a se stesso e tornò a casa solo a notte fonda e ben pasciuto. Il topo, che nel frattempo aveva sbrigato tutte le faccende e rimesso in ordine la casa, anche questa volta gli chiese che nome avessero dato al terzo piccino. "Beh, non ti piacerà di certo," disse il gatto, "si chiama Tuttopappato!" - "Tuttopappato, certo che è proprio un nome bizzarro, io non l'ho mai visto scritto. Che vorra mai dire?" ma poichè era stanco scosse il capo, si acciambellò e si addormentò. Da allora più nessuno chiese al gatto di fare da padrino. Giunto l'inverno, quando ormai fuori non si trovava più nulla, il topo si ricordo della loro provvista di strutto e disse: "Vieni gatto, andiamo dove abbiamo messo in serbo il nostro pentolino di grasso, ce la godremo." - "Certo," rispose il gatto aggiungendo tra sè e sè "te la godrai come a mangiar aria fritta!" Si missero in cammino e quando arrivarono la pentola era ancora al suo posto, ma completamente vuota. "Ah," esclamò il topo, "ora capisco quel che è successo, ora mi è tutto chiaro. Bell'amico che sei! Hai divorato tutto quando hai fatto da compare: prima pellepappata, poi mezzopappato poi..." - "Vuoi tacere," disse il gatto, "ancora una parola e ti mangio!" "Tuttopappato," finì di dire in quell'istante il topo. Così il gatto con un balzo l'afferrò e ne fece un sol boccone. Vedi, così va il mondo.

 

 
 
 

Spigolature calabresi 4 .......di fine estate

Post n°854 pubblicato il 07 Settembre 2014 da giramondo595

L' estate è finita, o quasi, ma le curiosità sulla Calabria..continuano. Oggi, ci spostiamo nel Vibonese per parlare della Nduja

La 'nduja è un salume di consistenza morbida e dal gusto particolarmente piccante. Il nome "nduja" o più semplicemente "duja", che trae origine dal termine latino "inducere", cioè introdurre, è altresì collegato ad altri due particolari tipi di insaccato, sempre costituiti da carne e spezie, prodotti di salumeria dai piemontesi chiamati "salame d'la doja" mentre dai francesi "andouille". Questi due prodotti, come quello calabrese, nonostante la comune matrice latina della denominazione, hanno caratteristiche assolutamente diverse. La 'nduja è tipica del paese di Spilinga, località in provincia di Vibo Valentia, in Calabria. Imitazioni del prodotto, anche di qualità paragonabile, sono ormai reperibili in tutta la regione, a tal punto da fare della 'nduja un alimento tipicamente associato a tutta la Calabria. Preparata con le parti grasse del maiale, con l'aggiunta del peperoncino piccante calabrese, è insaccata nel budello cieco (orba), per poi essere affumicata.Storicamente la 'nduja è un piatto povero, nato per utilizzare gli scarti delle carni del maiale: milza, stomaco, intestino, polmoni, esofago, cuore, trachea, parti molli del retrobocca e faringe, porzioni carnee della testa, muscoli pellicciai, linfonodi, grasso di varie regioni, ecc. Tuttavia, già a pochi chilometri da Spilinga, così come nelle aree in cui il prodotto è arrivato più di recente (ad esempio nel cosentino o crotonese) vengono aggiunte, a questi ingredienti, le cotiche bollite tagliate a pezzettini molto piccoli. La geografia tradizionale della 'nduja è stata verificata da Corrado Barberis e Saverio Di Bella. Il successo commerciale è all'origine delle modificazioni attuali nelle diverse composizioni. Si consuma spalmandola su fette di pane abbrustolito, meglio se ancora calde, o utilizzata come soffritto per la base di un ragù o di un sugo di pomodoro, con aglio; può essere usata per guarnire la pizza, prima degli altri condimenti se cruda, oppure appena sfornata; si può consumare su fettine di formaggi semi-stagionati o può entrare nella composizione di frittate.

 

 
 
 
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 MESSAGGIO PER I GIOVANI

...Droga e alcool portano alla distruzione fisica e mentale!!! La vita e' troppo bella per essere distrutta dalle sostanze!!!!!! Vogliatevi bene !!!

http://spazio.libero.it/SARA28LUGLIO/

 

 

UN CALOROSO ABBRACCIO A TUTTI VOI

   BENVENUTI NEL MIO BLOG

   BENVENUTI NEL MIO BLOG 

 

 

 

AREA PERSONALE

 

CITAZIONI DI

Beata Madre Teresa di Calcutta


Quello che noi facciamo
è solo una goccia nell'
oceano,
ma se non lo facessimo
l'oceano avrebbe una
goccia
in meno

Non importa quanto
si dà
ma quanto amore si
mette nel dare.


Trova un minuto
per pensare,
trova un minuto
per pregare,
trova un minuto
per ridere.

La peggiore malattia
dell'uomo?
La solitudine.


Le parole gentili
possono essere brevi
e facili da pronunciare
ma la loro eco è infinita.

 

 

GRAZIE AMICI QUESTI REGALI SONO PER VOI

 

          Grazie Solic

 

Grazie diana.fini

 

 Grazie Trappolinax ( Wanda )

Grazie aumania_12 ( Alisia )

Grazie Trappolinax ( Wanda )

grazie STREGAPORFIDIA (Sonia)

questi splendidi regali,
li voglio
dedicare a
tutti voi amici

Aforismi 

Edward Morgan Forster è stato uno scrittore
britannico,autore di racconti brevi,
di romanzi e saggi letterari.
Da alcuni suoi romanzi sono stati
tratti film di grande successo come:
Passaggio in India (1984, regia di David Lean)
Camera con vista (1986, regia di James Ivory),
Maurice(1987, regia di James Ivory)
e Casa Howard (1992, regia di James Ivory).


Se è facile raccontare la vita,
ben più difficile è viverla,
e siamo tutti dispostissimi a
chiamare in causa "i nervi",o qualsiasi
altra parola d'ordine che serva a
occultare i nostri desideri.
( Edward Morgan Forster )

 Albert Einstein è stato un fisico
a soli 26 anni, ha mutato
il modello istituzionale di
interpretazione
del mondo fisico


E' più facile spezzare
un'atomo, che
un pregiudizio
( Albert Einstein )

 

GRAZIE PER I VOSTRI DONI

       Carissimi amici,
       grazie a tutti
       per i vostri doni.
       Questi sono solo
       una piccolissima
       rappresentanza
       della vostra amicizia
       ed affetto.
       sono felicissimo di
       ciò...bacioni
        a tutti

      vivi la vita    

      Grazie agli amci Trappolinax e luce 1001 per
      i bellissimi regali per il compleanno del mio blog

                    

               

 

SAGGEZZA POPOLARE ANDREOLESE

Cu ava focu campau,cu ava pana moriu.
Chi ha del fuoco è vissuto,
chi ha pane è morto a causa del freddo

'A casa mbidìàta,o pòvara o malàta.
La casa ch'è oggetto d'invidia va
incontro a povertà o malattia.

A bbona lavandàra on manca petra.
Ad una brava lavandaia non manca
pietra (su cui lavare).

E cu' t'affìdi, ti nganni.
Sulla persona a cui presti
fiducia ti sbagli (facilmente).

Canta lu gaddru e si scòtula li pinni.
Il gallo canta e si scuote le piume.
(Si dice di persona che di un fatto
non vuole assumersi alcuna responsabilità
e "se ne lava le mani", come Pilato.

Per altri curiosi proverbi andreolesi:

http://www.andreolesi.com/dialetto/proverbi.htm

 

FRASI CELEBRI

Golda Meir, fu una donna politica
israeliana, quarto premier d'Israele
e prima donna a guidare il governo
del suo Paese.

La vecchiaia è come un aereo
che punta in una tempesta.
Una volta che sei a bordo non puoi
più fare niente
(Golda Meir)

Anton Pavlovič Čechov è stato uno
scrittore, drammaturgo e
medico russo.
Laureatosi in medicina,
scriveva novelle di notte.

L' intelligente
ama istruirsi,
lo stupido istruire.
( Anton Cecov )

Non sappiamo cosa può accaderci
in quello strano guazzabuglio che è la vita.
Possiamo però decidere quello che avviene
in noi, come affrontarlo, che uso farne...
ed è questo, in conclusione,
ciò che conta.
( Joseph Fortton )

 

Henry Ford è stato un imprenditore statunitense.
Fu uno dei fondatori della Ford Motor Company,
società produttrice di automobili, ancora oggi
una delle maggiori società del settore negli
USA e nel mondo.

Chiunque smetta di imparare è vecchio,
che abbia venti o ottant'anni.
Chiunque continua a imparare resta
giovane. La più grande cosa
nella vita è mantenere la
propria mente giovane.
( H. Ford )

Riflessioni sul Tempo ... Il passato rivive ogni giorno perché non è mai passato. (Proverbio Africano); Il tempo è un grande maestro, ma sfortunatamente uccide tutti i suoi studenti. (Hector Berlioz);        Una briciola d’oro non può comprare una briciola di tempo. (Proverbio Cinese);                                            Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità, il tempo non ci  sarà più. (Fëdor Dostoevskij)Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J Lennon )Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.(Charlie Chaplin) L'unica cura per l'acne giovanile è la vecchiaia.( Totò )Ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due. ( Eduardo De Filippo )Chi vive troppo tempo in un luogo perfetto finisce per annoiarsi. (Paulo Coelho)

 
 

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