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CHIACCHERE FRA AMICI

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Messaggi del 16/01/2014

intervallo in compagnia

Post n°747 pubblicato il 16 Gennaio 2014 da giramondo595

del poeta Hans Cristian Andersen


Madre Sambuco

C'era una volta un bambino che era raffreddato, era andato a passeggio e si era bagnato i piedi, ma nessuno riusciva a capire dove li avesse bagnati, dato che il tempo era asciutto. Sua madre lo svestì, lo portò a letto, e mise sul fuoco la teiera, per preparargli una buona tazza di tè di sambuco, perché quello riscalda! Intanto entrò dalla porta quel vecchietto simpatico che abitava proprio in cima alla casa e viveva molto solo perché non aveva né moglie né figli, ma amava molto i bambini e sapeva raccontare molte fiabe e storie.
"Adesso bevi il tuo tè!" disse la madre "poi forse avrai anche una storia."
"Sì, se solo ne conoscessi qualcuna nuova!" disse il vecchio e fece cenno dolcemente. "Ma come ha fatto a bagnarsi i piedi, il piccolo?" chiese.
"Già, come ha fatto?" esclamò la madre. "Nessuno riesce a capirlo."
"Avrò una favola?" chiese il ragazzino.
"Sì, ma tu mi sai dire precisamente quanto è profondo il rigagnolo nella stradina che percorri per andare a scuola? È necessario che lo sappia prima di raccontarti la favola."
"Proprio fino a metà stivaletti!" rispose il ragazzo "ma questo quando sono nella parte più profonda."
"Ecco da dove arrivano i piedi bagnati!" esclamò il vecchio. "Ora ti dovrei proprio raccontare una storia, ma non ne conosco più."
"Può inventarne una" disse il bambino "la mamma dice che tutto quello che lei guarda diventa favola, e che da tutto quello che lei tocca ricava una storia."
"Sì, ma quelle storie e quelle favole non valgono nulla! No, quelle vere vengono da sole, mi bussano sulla fronte e dicono: Eccomi qui!"
"Non stanno per bussare?" chiese il fanciullo, e la madre rise, mise il tè di sambuco nella teiera e vi versò sopra l'acqua bollente.
"Racconti, racconti!"
"E già, come se le favole venissero spontaneamente, ma queste fanno le preziose, vengono solo quando hanno voglia. Alt!" disse improvvisamente. "Eccone una: stai attento, adesso si trova sulla teiera!"
Il bambino guardò verso la teiera; il coperchio si sollevava sempre più, e i fiori di sambuco uscirono freschi e bianchi, gettarono lunghi e grandi rami, uscirono persino dal becco verso tutti i lati e diventarono sempre più grandi; si era formato un meraviglioso cespuglio di sambuco, un intero albero, che arrivava fino al letto e spostava le tendine di lato; oh, che fiori, che profumo! In mezzo all'albero si trovava una vecchia molto garbata con uno stranissimo vestito addosso: tutto verde, come le foglie dell'albero di sambuco, e ricamato con grandi fiori bianchi di sambuco; al primo momento non si capiva se era stoffa o se era davvero fatto di verde e di fiori.
"Come si chiama quella donna?" chiese il bambino.
"Be', i greci e i romani" spiegò il vecchietto "la chiamavano Driade, ma noi questo non lo capiamo; giù al quartiere dei marinai hanno trovato un nome migliore per lei, la chiamano Madre Sambuco, e adesso devi stare attento a lei; ascoltala e guarda quel bell'albero di sambuco."
Giù al quartiere dei marinai si trova proprio un albero così grande e tutto in fiore. È cresciuto in un angolo di un piccolo cortile povero, sotto quell'albero al pomeriggio sedevano al sole due vecchietti, un vecchissimo marinaio e la sua vecchissima moglie: erano bisnonni e avrebbero dovuto festeggiare le loro nozze d'oro, ma non ricordavano bene la data. Madre Sambuco sedeva su un albero e appariva tutta contenta, proprio come qui. "Io conosco il giorno delle nozze d'oro!" esclamò, ma loro non sentirono, parlavano dei tempi passati.
"E già, ti ricordi" disse il vecchio marinaio "quella volta in cui eravamo giovani e correvamo e giocavamo, era proprio qui, nello stesso cortile dove ci troviamo ora, e piantavamo in terra ramoscelli e avevamo creato un giardino."
"Sì" rispose la vecchia "me lo ricordo bene! E innaffiavano i ramoscelli, e uno era un ramoscello di sambuco; mise le radici, buttò bei germogli verdi, e ora è diventato questo grande albero, sotto il quale noi vecchi ci troviamo."
"Già!" disse lui "ma nell'angolo c'era una bacinella d'acqua dove navigava la mia imbarcazione, l'avevo intagliata io stesso; come navigava bene! Ma poco dopo io sono andato a navigare in modo diverso."
"Sì, ma prima siamo andati a scuola a imparare qualcosa" disse lei. "Poi abbiamo ricevuto la confermazione, piangevamo tutti e due, ma nel pomeriggio andammo mano nella mano fino alla Torre Rotonda per guardare Copenaghen e il mare! Poi siamo andati a Frederiksberg, dove il re e la regina navigavano tra i canali nella loro meravigliosa nave."
"Sì, ma io poi sono andato a navigare in modo diverso e per molti anni, lontano, in lunghi viaggi!"
"E io ho pianto spesso per te!" disse lei. "Credevo che tu fossi morto, fossi via per sempre, che giacessi giù immobile nell'acqua profonda! Per molte notti mi alzai per vedere se il catenaccio del portone si apriva; sì, si apriva, ma tu non arrivavi. Me lo ricordo così bene! Un giorno pioveva forte, lo spazzino passò davanti alla casa dove io servivo, ero scesa con la spazzatura e me ne stavo dritta davanti alla porta; c'era un tempo terribile e mentre io stavo lì, il postino mi si affiancò e mi diede una lettera: era da parte tua. Che lungo viaggio aveva compiuto! Io mi precipitai a leggerla, risi e piansi, ero così felice! C'era scritto che ti trovavi nei paesi caldi, dove crescono i chicchi di caffè. Oh, dev'essere stato un paese benedetto! Tu raccontavi tante cose e io immaginavo tutto, mentre la pioggia scrosciava e io stavo lì con lo spazzino. In quel momento arrivò qualcuno che mi prese per la vita!"
"Sì, e tu gli desti uno schiaffo sulla guancia, che rimbombò per bene!"
"Naturalmente non sapevo che eri tu! Eri arrivato insieme alla tua lettera, e eri così bello! ma lo sei anche adesso. Avevi un grosso fazzoletto di seta giallo nel taschino e un cappello lucente in testa; eri così ben vestito, ma che tempo c'era, e com'era ridotta la strada!"
"Poi ci sposammo" continuò lui "te lo ricordi? e poi avemmo il primo figlio e poi Marie, e Nils, Peter e Hans Christian!"
"Sì, e come sono cresciuti tutti e sono diventati gente apposto a cui tutti vogliono bene."
"E poi i loro figli hanno avuto figli" disse il vecchio marinaio. "Sì, e ci sono i nipoti dei figli che hanno un temperamento! Mi sembra proprio che sia stato in questa stagione il nostro matrimonio."
"Sì, proprio oggi è il giorno delle nozze d'oro" disse Madre Sambuco avvicinando la testa ai due vecchi, e loro credettero che fosse la vicina di casa che faceva cenno; si guardarono e si tennero per mano; poco dopo giunsero i figli e i nipoti; loro sapevano bene che quello era il giorno delle nozze d'oro, già al mattino avevano fatto gli auguri, ma i vecchi l'avevano già dimenticato, mentre invece ricordavano bene tutto quello che era successo tanti anni prima; l'albero di sambuco profumava così intensamente, e il sole, che stava per tramontare, brillò proprio sui volti dei due vecchi, che apparvero colorati di rosso. Il più piccolo dei nipotini si mise a ballare intorno a loro e gridò, felice, che quella sera ci sarebbe stata una vera festa, avrebbero mangiato le patate calde, e Madre Sambuco fece cenno dall'albero gridando Urrà con tutti gli altri.
"Ma questa non è una storia!" esclamò il bambino che aveva ascoltato.
"Lo è, ma è una storia che devi capire" spiegò colui che raccontava. "Adesso chiediamolo a Madre Sambuco."
"Non è una favola" disse Madre Sambuco "ma adesso arriva la favola. Dalla realtà nasce spesso la più bella di tutte le fiabe; altrimenti il mio bel cespuglio di sambuco non sarebbe potuto crescere da una teiera" e intanto prese il bambino dal letto e se lo strinse al petto, e i rami del sambuco, carichi di foglie, gli si chiusero intorno e lui si trovò come in un fittissimo pergolato che si innalzava verso l'alto: era delizioso! Madre Sambuco si era trasformata in una bambina molto graziosa, ma il vestito era ancora verde a fiori bianchi, come quello che aveva Madre Sambuco. Sul petto c'era un vero fiore di sambuco e intorno ai capelli ricci e biondi una corona di fiori di sambuco; gli occhi erano grandi, grandi e azzurri. Oh, era così bello guardarla! Lei e il ragazzo si baciarono, e subito ebbero la stessa età e la stessa allegria.
Tenendosi per mano uscirono dalla casetta e camminarono nel bel giardino fiorito; legato all'aiuola, si trovava il bastone del babbo; ai due piccoli sembrava ci fosse vita nel bastone, e non appena gli saltarono in groppa, il pomo lucido si trasformò in una splendida testa di cavallo che nitriva, con una lunga criniera nera che fluttuava al vento; poi spuntarono quattro agili e robuste zampe; e il bastone divenne un animale forte e possente, e loro si misero a correre al galoppo intorno all'aiuola di erbetta. "Op, ora cavalcheremo per molte miglia!" esclamò il ragazzo. "Cavalcheremo fino al castello dove siamo stati l'anno scorso!" e cavalcarono, cavalcarono, sempre intorno all'aiuola; e la fanciulla continuava a gridare, la fanciulla che - noi lo sappiamo - non era altri che Madre Sambuco: "Siamo arrivati in campagna! Vedi la casa del contadino con quel grande camino che sembra un uovo gigante sul muro verso la strada? L'albero di sambuco vi stende sopra i rami e il gallo raspa per le galline, guarda come gonfia il petto! Adesso siamo alla chiesa! Si trova in cima alla collina tra due grandi querce una delle quali è un po' debole! Adesso ci troviamo nella fucina, dove il fuoco brucia e dove uomini mezzi nudi battono con i martelli, facendo volare scintille dappertutto. Ma via, via, verso quel castello meraviglioso!." E tutto quello che la bambina, seduta sul retro del bastone, diceva, passava loro davanti. Il bambino vedeva tutto, ma in realtà non facevano altro che girare intorno all'aiuola. Poi giocarono in un vialetto fecero un segno nel terreno per segnalare un giardinetto, e lei tolse il fiore di sambuco dai suoi capelli, lo piantò, e questo crebbe proprio come era successo ai vecchi nel quartiere dei marinai, quella volta che erano piccoli, ma l'abbiamo già raccontato prima. Poi camminarono, mano nella mano, come quei vecchi avevano fatto da bambini, ma non salirono sulla Torre Rotonda, né fino al giardino di Frederiksberg, no, la fanciulla prese il bimbo per la vita e volarono sopra tutta la Danimarca, e fu primavera, poi estate, poi autunno, e infine fu inverno, e migliaia di immagini si rispecchiarono negli occhi del fanciullo e nel suo cuore, e la bambina continuò a cantare per lui: "Questo non lo dimenticherai mai!." E per tutto il tempo l'albero di sambuco profumava dolce e meraviglioso, il fanciullo vedeva anche le rose e i freschi faggi, ma l'albero di sambuco profumava molto più forte, perché il suo fiore si trovava sul cuore della fanciulla, e lui ogni tanto vi posava sopra il capo.
"È proprio bello in primavera!" disse la fanciulla, e si trovarono in un bosco di faggi con le foglioline appena spuntate, dove il verde mughetto profumava ai loro piedi, e i rossi anemoni spiccavano tra il verde. "Oh, se fosse sempre primavera in questo profumato faggete danese!"
"Come è bello d'estate!" esclamò, e passarono sopra vecchi castelli del tempo dei cavalieri, dove i muri rossi e i frontoni aguzzi si rispecchiavano nei fossati, dove i cigni nuotavano e spuntavano tra i vecchi sentieri. Nei campi il grano ondeggiava, come fosse stato un lago, i fossati erano pieni di fiori rossi e gialli, le siepi di luppolo selvatico e di convolvolo in fiore; e di sera si alzò la luna, rotonda e grande, e i covoni sui prati profumarono dolcemente.
"Non lo dimenticherò mai!"
"Come è bello in autunno!" disse la bambina e l'aria divenne molto più azzurra e luminosa, il bosco si colorò deliziosamente di rosso giallo e verde, e i cani dei cacciatori correvano, stormi di uccelli selvatici volavano gridando sopra gli antichi sepolcri, dove i rovi di more si avvolgevano intorno alle vecchie pietre; il mare era blu scuro con bianche vele e sull'aia sedevano vecchie donne e fanciulle e bambini che pulivano il luppolo in una grande vasca, i giovani cantavano, mentre i vecchi raccontavano storie di folletti e di troll. Meglio di così non poteva essere!
"Come è bello d'inverno!" disse la bambina, e tutti gli alberi si coprirono di brina, sembravano coralli bianchi, la neve scricchiolava sotto i piedi, come se uno avesse avuto stivali nuovi, e dal cielo cadeva una stella dopo l'altra. Nella stanza si accesero gli alberi di Natale, c'erano regali e l'umore era alto; in campagna si suonava la viola nelle case dei contadini. Le frittelle di mele volavano in aria, anche il bambino più povero esclamava: "È proprio bello d'inverno!."
Sì, era splendido e la bambina mostrò tutto al ragazzo, e il sambuco profumava sempre e sempre sventolava quella bandiera rossa con la croce bianca, quella bandiera sotto la quale il vecchio marinaio del quartiere dei marinai aveva navigato! Il bambino diventò ragazzetto e dovette andarsene per il mondo, lontano, fino nei paesi caldi, dove cresceva il caffè, ma alla partenza la bambina prese il fiore di sambuco dal suo petto e glielo diede da conservare; lui lo mise nel libro dei salmi e sempre, quando in terra straniera apriva il libro, questo si apriva nel punto in cui si trovava il fiore del ricordo, e quanto più lo guardava, tanto più questo diventava fresco. Era come se lui ancora odorasse il profumo dei boschi danesi e ancora vedesse chiaramente tra le foglie quella fanciulla che si affacciava con i suoi chiari occhi azzurri, sussurrandogli: "Qui è bello in primavera, in estate, in autunno, in inverno!." E centinaia di immagini passavano tra i suoi pensieri.
Così trascorsero molti anni lui era diventato vecchio e era seduto con la vecchia moglie sotto un albero in fiore, si tenevano per mano, come il nonno e la nonna avevano fatto nel quartiere dei marinai, e parlavano come loro dei vecchi tempi e del giorno delle nozze d'oro, la bambina con gli occhi azzurri e col fiore di sambuco nei capelli stava in cima all'albero, e faceva loro cenno dicendo: "Oggi è il giorno delle nozze d'oro!." Poi tolse due fiori dalla sua corona, li baciò e questi si misero a brillare prima come l'argento poi come l'oro, e poi li appoggiò sulla testa dei due vecchi, e diventarono ciascuno una corona d'oro; così i due sedevano come un re e una regina, sotto quell'albero profumato, che sembrava proprio un albero di sambuco. Lui raccontò alla moglie la storia di Madre Sambuco, così come gli era stata raccontata quando era bambino, e tutti e due pensarono che c'era molto in quella storia che assomigliava alla loro, e quel che più assomigliava era quello che a loro piaceva di più.
"Sì, proprio così!" disse la fanciulla dell'albero "alcuni mi chiamano Madre Sambuco, altri Driade, ma in realtà io mi chiamo ricordo - sono io che sto sull'albero che continua a crescere, io posso ricordare, raccontare! Mostrami se conservi ancora il tuo fiore!"
Il vecchio aprì il libro dei salmi, dove ancora si trovava il fiore di sambuco, fresco come quando vi era stato messo, e il ricordo annuì col capo, i due vecchi con la corona d'oro erano seduti sotto il sole della sera che rende tutto rosso; allora chiusero gli occhi, e così era finita la storia!
Il bambino si trovava nel suo letto, non sapeva se aveva sognato o se aveva ascoltato una fiaba, la teiera stava sul tavolo, ma non spuntava nessun albero di sambuco, e il vecchio che aveva raccontato la storia stava uscendo dalla porta, e così fece.
"Uh, che bello!" esclamò il bambino. "Mamma, sono stato nei paesi caldi!"
"Sì, lo credo proprio!" rispose la madre. "Quando si bevono due tazze piene di tè di sambuco si arriva di sicuro fino ai paesi caldi." Intanto lo coprì bene, in modo che non prendesse freddo. "Tu hai certo dormito, mentre io ero qui a discutere con lui se questa era una storia o una fiaba."
"E dov'è Madre Sambuco?" chiese il ragazzo.
"È sulla teiera" rispose la madre "e là può anche rimanere!"

 

 
 
 

tantiiii auguriiiiiiiiiiiiiiiiii a te, tanti auguri a te!.....

Post n°746 pubblicato il 16 Gennaio 2014 da giramondo595

Oggi è il compleanno della nostra amica Melen... Vorrei condividere questo lieto evento


La pioggia di stelle
fratelli Grimm

C'era una volta una bambina, che non aveva più nè babbo nè mamma, ed era tanto povera, non aveva neanche una stanza dove abitare nè un lettino dove dormire; insomma, non aveva che gli abiti indosso e in mano un pezzetto di pane, che un'anima pietosa le aveva donato. Ma era buona e brava e siccome era abbandonata da tutti, vagabondò qua e là per i campi fidando nel buon Dio.

Un giorno incontrò un povero, che disse: "Ah, dammi qualcosa da mangiare! Ho tanta fame!" Ella gli porse tutto il suo pezzetto di pane e disse: "Ti faccia bene!" e continuò la sua strada. Poi venne una bambina, che si lamentava e le disse: "Ho tanto freddo alla testa! Regalami qualcosa per coprirla." Ella si tolse il berretto e glielo diede. Dopo un pò ne venne un'altra bambina, che non aveva indosso neanche un giubbetto e gelava; ella le diede il suo. E un pò più in là un'altra le chiese una gonnellina, ella le diede la sua. Alla fine giunse in un bosco e si era già fatto buio, arrivò un'altra bimba e le chiese una camicina; la buona fanciulla pensò: "E' notte fonda nessuno ti vede puoi ben dare la tua camicia." Se la tolse e diede anche la camicia.

E mentre se ne stava là, senza più niente indosso, d'un tratto caddero le stelle dal cielo, ed erano tanti scudi lucenti e benchè avesse dato via la sua camicina ecco che ella ne aveva una nuova, che era di finissimo lino. Vi mise dentro gli scudi e fù ricca per tutta la vita.

La margheritina

Una fiaba di Hans Christian Andersen Andersen
                                   
Ascolta un po'!
Laggiù in campagna, vicino alla strada, si trovava una villa, l'hai certamente vista qualche volta. Proprio davanti c'è un giardinetto con vari fiori e un cancello dipinto; vicino al fossato, in mezzo a un bel prato verde, era cresciuta una margheritina; il sole splendeva caldo su di lei così come sui grandi fiori da giardino, e per questo il fiorellino cresceva molto in fretta. Una mattina era tutta sbocciata con i suoi piccoli petali bianchi luminosi, che sembravano raggi disposti intorno al piccolo sole giallo del centro. La margheritina non pensava certo che nessuno l'avrebbe notata lì nell'erba, e neppure pensava di essere un povero fiore disprezzato; no, si sentiva contenta e si voltò verso il caldo sole, volse lo sguardo verso l'alto e ascoltò l'allodola che stava cantando.
La margheritina era così felice che le sembrava un giorno di festa; in realtà era solo lunedì e tutti i bambini erano a scuola; mentre quelli erano seduti nei loro banchi e imparavano qualcosa, il fiorellino se ne stava fermo sul suo piccolo gambo verde e imparava dal sole caldo e da tutto quel che la circondava quanto fosse buono Dio, e le piaceva che l'allodola cantasse così bene e così chiaramente tutto quello che lei stessa sentiva in silenzio; guardava con una certa riverenza verso quel fortunato uccello, che poteva cantare e volare, ma non era triste per il fatto di non poterlo fare lei stessa. "Io posso vederlo e ascoltarlo!" pensava. "Il sole splende su di me e il vento mi bacia! Oh, quanti doni mi sono stati concessi!."
Dietro il cancello si trovavano molti fiori, rigidi e aristocratici, e quanto meno profumo avevano, tanto più si sentivano importanti.
Le peonie si gonfiavano per diventare più grandi delle rose ma non era certo la grandezza che importava! I tulipani avevano i colori più belli e lo sapevano bene, e stavano ben diritti per farsi notare meglio. Tutti quei fiori non notarono affatto la giovane margheritina che si trovava fuori, ma lei invece li guardava continuamente e pensava: "Come sono belli e ricchi! Sicuramente quello splendido uccello volerà giù da loro! Grazie a Dio, io sono così vicina che potrò vedere quello splendore!" e mentre pensava così "quirrevit!" arrivò l'allodola in volo, che non si posò sulle peonie o sui tulipani, bensì giù nell'erba, dalla povera margheritina; e lei fu così turbata da quella gioia che non riuscì più a pensare.
L'uccellino le danzò intorno cantando: "Oh! com'è tenera l'erba! e che grazioso fiorellino col cuore d'oro e l'abito argentato!." Il bottone giallo della margheritina sembrava proprio d'oro e i piccoli petali bianchi luccicavano come argento.
Nessuno può immaginare quanto fosse felice la piccola margheritina! L'uccellino la baciò col suo becco, cantò per lei e poi volò di nuovo in alto, verso il cielo azzurro. Ci volle più di un quarto d'ora prima che il fiorellino si riprendesse. Un po' vergognosa, ma anche profondamente felice, la margheritina guardò verso i fiori del giardino: avevano visto l'onore e la beatitudine che le erano toccati, potevano certo immaginare quale gioia fosse per lei; ma i tulipani erano ancora più dritti di prima e erano arcigni e rossi in volto, perché si erano arrabbiati. Le peonie invece erano gonfie in viso, per fortuna non potevano parlare, altrimenti la margheritina le avrebbe proprio sentite! Il povero fiorellino capì che non erano di buon umore e se ne dispiacque molto. In quel momento giunse in giardino una ragazza con un grosso coltello, affilato e lucente; si diresse verso i tulipani e li recise tutti, uno dopo l'altro. "Uh!" sospirò la margheritina "è terribile, per loro è finita!" E così la ragazza se ne andò con i tulipani. La margheritina si rallegrò di trovarsi fuori dal giardino, tra l'erba, e di essere un povero fiorellino: se ne sentì riconoscente, e quando il sole tramontò, richiuse i petali e si addormentò sognando per tutta la notte il sole e l'uccellino.
Il mattino dopo, quando il fiore riaprì i bianchi petali come piccole braccia verso l'aria e la luce, riconobbe la voce dell'uccello, ma come era doloroso il suo canto! E la povera allodola aveva ragione di essere così triste: era stata catturata e ora si trovava in una gabbia posta vicino a una finestra aperta. Cantava di poter volare libera e felice, cantava del giovane grano verde dei campi e dello splendido viaggio che poteva intraprendere nell'aria. Il povero uccello non era certo di buon umore, rinchiuso com'era nella gabbia.
La margheritina avrebbe voluto aiutarlo, ma come poteva fare? Non era facile trovare il modo. Dimenticò subito le bellezze che la circondavano, il sole caldo che splendeva, dimenticò com'erano graziosi i suoi petali bianchi, pensava solo all'uccello rinchiuso, per il quale non era in grado di fare nulla.
In quel mentre giunsero due ragazzetti dal giardino; uno di loro aveva in mano un coltello, grosso e affilato come quello usato dalla ragazza per tagliare i tulipani. Si dirigevano proprio verso la margheritina, che non riusciva a immaginare che cosa volessero.
"Qui possiamo prendere una bella zolla d'erba per l'allodola" disse uno dei ragazzi, e cominciò a tagliare un quadrato di terra, proprio intorno alla margheritina, che così si trovò in mezzo alla zolla.
"Strappa quel fiore" disse uno dei ragazzi, e la margheritina cominciò a tremare di paura, perché essere strappata significava perdere la vita e lei ora desiderava vivere e entrare nella gabbia dell'allodola con la zolla di erba.
"No, lasciala" rispose l'altro ragazzo "ci sta così bene!" e così il fiore restò lì e giunse nella gabbia dell'allodola.
Ma il povero uccello si lamentava a voce alta della libertà perduta e batteva con le ali contro le sbarre della gabbia; la margheritina non poteva parlare, non poteva dirgli una sola parola di conforto, come pure desiderava tanto. Così passò tutta la mattina.
"Qui non c'è acqua" disse l'allodola prigioniera. "Tutti sono usciti e non mi hanno dato una sola goccia d'acqua; ho la gola secca e infuocata, c'è fuoco e ghiaccio dentro di me e l'aria è così pesante! Ah, devo morire, lasciare il sole caldo, il fresco verde, tutte quelle bellezze che Dio ha creato!" e intanto affondava il becco nella fresca zolla d'erba, per refrigerarsi un po'; in quel momento il suo sguardo si posò sulla margheritina e l'uccello le fece un cenno di saluto, la baciò con il becco e esclamò: "Anche tu dovrai appassire qui dentro, povero fiorellino! Mi hanno portato te e la piccola zolla d'erba al posto del mondo intero che avevo là fuori! Ogni stelo d'erba è per me come un albero verde, ognuno dei tuoi petali bianchi un fiore profumato! Ah, voi mi ricordate quanto ho perduto!"
"Se solo potessi consolarlo!" pensava la margheritina, ma non poteva muovere neppure un petalo. Tuttavia, il profumo che i sottili petali emanavano era molto più intenso di quello che di solito hanno le margherite; e anche l'uccello lo notò tanto che, sebbene stesse morendo di sete e nella sua disperazione strappasse ogni filo d'erba, non toccò affatto il fiorellino.
Venne sera, ma ancora nessuno portò acqua al povero uccello; l'allodola allora allargò le belle ali, le agitò convulsamente, e il suo canto divenne un malinconico cip-cip, la testolina si piegò sul fiore e il cuore dell'uccello si spezzò per inedia e nostalgia; e il fiore non potè chiudere i petali e dormire, come faceva ogni sera, ma si piegò malato e triste verso la terra.
Solo il mattino dopo giunsero i ragazzi e, vedendo che l'uccello era morto, piansero, piansero a lungo e lo seppellirono in una graziosa fossa che ornarono con petali di fiori. Il corpo dell'uccello fu posto in una bella scatola rossa; doveva avere un funerale da re quel povero uccellino! Quando era vivo e cantava, lo avevano dimenticato, abbandonato nella gabbia a soffrire di nostalgia; ora ricevette onori e molte lacrime.
Ma la zolla di terra con la margheritina fu gettata via, nella polvere della strada. Nessuno pensò a lei, che aveva sofferto più di tutti per l'uccellino e che avrebbe tanto voluto consolarlo.

Un burino va dal dottore


Un burino va dal dottore: - Dottore... ciavrebbi m'broblema che quanno scureggio faccio tandissimo rummore ma nun emetto puzza. - E' un vero problema! Comunque si può sempre rimediare con un operazione all'ano. - a cheee? - Ar culo! E si rimedia tutto!... ma può emettere un po' d'aria per farmi vedere? - Certo dotto', prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr! Il dottore semisvenuto per l'odore nausabondo: - tacci tua... ar naso te devo opera'... no ar culo!


Un cane ed un cavallo

Un cane domanda a un cavallo: "Perché voi cavalli avete i buchi del naso tanto grandi?"
E il cavallo: "Prova tu a scaccolarti con uno zoccolo!"

Tra cammelli

Un cammellino va dal cammello babbo e gli dice:
"O' babbo, certo che noi 'ammelli siamo proprio brutti, 'on
questi baffacci sul muso ..."
E il babbo: "Ma che tu va' a dire, brutti i baffi??? quando
tu 'ssei nel deserto, ci sono le tempeste di sabbia e tutti l'altri animali moiano soffocati. Noi c'abbiamo 'baffi, che filtrano l'aria e si 'ampa lo stesso!!!"
Il cammellino:
"Già , ....un ci avevo mica pensato....ganzo!"
Dopo un po' torna il cammellino e dice:
"Certo babbo, è vero la tempesta di sabbia e' baffi....però noi 'ammelli e siamo brutti lo stesso, bada te che piedoni lunghi e larghi cha ci s'ha!"
E il babbo: "Cosa???!!! brutti i piedoni?? Allora tu'se' propio scemo! Quando nel deserto l'altri animali affondano nella rena, e 'un riescano a arriva' all'oasi e tirano'l calzino, noi 'ammelli ci si 'ammina propio bene e si 'ampa!"
Il cammellino: "Tu ha' ragione, babbo! E' vero....un ci avevo pensato neanche!"
Dopo un altro po' il cammellino: "Oh babbo, 'apisco le tempeste, l'oasi, i piedoni, 'baffi che filtrano. Però noi 'ammelli, hai voglia di di', e siamo brutti davvero, con queste du' gobbacce!!"
E il babbo: "Oooh nini! Che tu vo' dire??? brutte le gobbe??? quando nel deserto l'altri animali moiano di sete perchè 'un si trova l'acqua, noi nelle gobbe ci abbiamo la riserva d'acqua! E noi si 'ampa!!!"
Il cammellino: "Tu ha' ragione un'altra volta! 'un ciavevo pensato."
Alla fine torna il cammellino dubbioso e dice: "Certo babbo io 'apisco tutto. La riserva d'acqua nelle gobbe, le tempeste di sabbia, i piedoni, ma mi spieghi una 'osina, allora? Che ci si fa noi allo zoo di Pistoia??!

melen.me il 16/01/14 alle 17:15 via WEB
Ti ammazzo,Pasquaaaaaaaaa' non e' oggi! Comunque te lo dico in un orecchio...e' sabato,la torta me la magno lo stesso :)Grazie.

 
 
 
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 MESSAGGIO PER I GIOVANI

...Droga e alcool portano alla distruzione fisica e mentale!!! La vita e' troppo bella per essere distrutta dalle sostanze!!!!!! Vogliatevi bene !!!

http://spazio.libero.it/SARA28LUGLIO/

 

 

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AREA PERSONALE

 

CITAZIONI DI

Beata Madre Teresa di Calcutta


Quello che noi facciamo
è solo una goccia nell'
oceano,
ma se non lo facessimo
l'oceano avrebbe una
goccia
in meno

Non importa quanto
si dà
ma quanto amore si
mette nel dare.


Trova un minuto
per pensare,
trova un minuto
per pregare,
trova un minuto
per ridere.

La peggiore malattia
dell'uomo?
La solitudine.


Le parole gentili
possono essere brevi
e facili da pronunciare
ma la loro eco è infinita.

 

 

GRAZIE AMICI QUESTI REGALI SONO PER VOI

 

          Grazie Solic

 

Grazie diana.fini

 

 Grazie Trappolinax ( Wanda )

Grazie aumania_12 ( Alisia )

Grazie Trappolinax ( Wanda )

grazie STREGAPORFIDIA (Sonia)

questi splendidi regali,
li voglio
dedicare a
tutti voi amici

Aforismi 

Edward Morgan Forster è stato uno scrittore
britannico,autore di racconti brevi,
di romanzi e saggi letterari.
Da alcuni suoi romanzi sono stati
tratti film di grande successo come:
Passaggio in India (1984, regia di David Lean)
Camera con vista (1986, regia di James Ivory),
Maurice(1987, regia di James Ivory)
e Casa Howard (1992, regia di James Ivory).


Se è facile raccontare la vita,
ben più difficile è viverla,
e siamo tutti dispostissimi a
chiamare in causa "i nervi",o qualsiasi
altra parola d'ordine che serva a
occultare i nostri desideri.
( Edward Morgan Forster )

 Albert Einstein è stato un fisico
a soli 26 anni, ha mutato
il modello istituzionale di
interpretazione
del mondo fisico


E' più facile spezzare
un'atomo, che
un pregiudizio
( Albert Einstein )

 

GRAZIE PER I VOSTRI DONI

       Carissimi amici,
       grazie a tutti
       per i vostri doni.
       Questi sono solo
       una piccolissima
       rappresentanza
       della vostra amicizia
       ed affetto.
       sono felicissimo di
       ciò...bacioni
        a tutti

      vivi la vita    

      Grazie agli amci Trappolinax e luce 1001 per
      i bellissimi regali per il compleanno del mio blog

                    

               

 

SAGGEZZA POPOLARE ANDREOLESE

Cu ava focu campau,cu ava pana moriu.
Chi ha del fuoco è vissuto,
chi ha pane è morto a causa del freddo

'A casa mbidìàta,o pòvara o malàta.
La casa ch'è oggetto d'invidia va
incontro a povertà o malattia.

A bbona lavandàra on manca petra.
Ad una brava lavandaia non manca
pietra (su cui lavare).

E cu' t'affìdi, ti nganni.
Sulla persona a cui presti
fiducia ti sbagli (facilmente).

Canta lu gaddru e si scòtula li pinni.
Il gallo canta e si scuote le piume.
(Si dice di persona che di un fatto
non vuole assumersi alcuna responsabilità
e "se ne lava le mani", come Pilato.

Per altri curiosi proverbi andreolesi:

http://www.andreolesi.com/dialetto/proverbi.htm

 

FRASI CELEBRI

Golda Meir, fu una donna politica
israeliana, quarto premier d'Israele
e prima donna a guidare il governo
del suo Paese.

La vecchiaia è come un aereo
che punta in una tempesta.
Una volta che sei a bordo non puoi
più fare niente
(Golda Meir)

Anton Pavlovič Čechov è stato uno
scrittore, drammaturgo e
medico russo.
Laureatosi in medicina,
scriveva novelle di notte.

L' intelligente
ama istruirsi,
lo stupido istruire.
( Anton Cecov )

Non sappiamo cosa può accaderci
in quello strano guazzabuglio che è la vita.
Possiamo però decidere quello che avviene
in noi, come affrontarlo, che uso farne...
ed è questo, in conclusione,
ciò che conta.
( Joseph Fortton )

 

Henry Ford è stato un imprenditore statunitense.
Fu uno dei fondatori della Ford Motor Company,
società produttrice di automobili, ancora oggi
una delle maggiori società del settore negli
USA e nel mondo.

Chiunque smetta di imparare è vecchio,
che abbia venti o ottant'anni.
Chiunque continua a imparare resta
giovane. La più grande cosa
nella vita è mantenere la
propria mente giovane.
( H. Ford )

Riflessioni sul Tempo ... Il passato rivive ogni giorno perché non è mai passato. (Proverbio Africano); Il tempo è un grande maestro, ma sfortunatamente uccide tutti i suoi studenti. (Hector Berlioz);        Una briciola d’oro non può comprare una briciola di tempo. (Proverbio Cinese);                                            Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità, il tempo non ci  sarà più. (Fëdor Dostoevskij)Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J Lennon )Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.(Charlie Chaplin) L'unica cura per l'acne giovanile è la vecchiaia.( Totò )Ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due. ( Eduardo De Filippo )Chi vive troppo tempo in un luogo perfetto finisce per annoiarsi. (Paulo Coelho)

 
 

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